DEATHFUCKER – Estremo underground

Pubblicato il 11/10/2021 da

Insulter, J.K., Pest: semplicemente Deathfucker. Il terzetto tutto italiano ha recentemente dato alle stampe il proprio esordio sulla lunga distanza: “Firespawn” ha i tratti emblematici della vecchia scuola death-thrash, ricoperti di sana originalità, plasmati dalla passione inossidabile per l’estremo, per l’underground. Idee chiare, definite, senza maschere o archetipi del caso; i Deathfucker hanno un unico e preciso obbiettivo: trasmetter in musica una demoniaca ed esplosiva creazione scaturita dalle profondità dell’inferno e con “Firespawn” le intenzioni di Insulter e compagni sono state perfettamente rispettate. Ed è proprio con il chitarrista e cantante della band che abbiamo chiesto qualche informazione in merito a questa interessantissima realtà dalle tinte fiammanti e tricolore. Buona lettura!

 

BENVENUTI RAGAZZI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. DOPO I COMPLIMENTI PER IL VOSTRO ALBUM D’ESORDIO, POTETE RACCONTARCI UN PO’ DI STORIA? DOVE E COME NASCONO I DEATHFUCKER?
– Ciao, grazie per i complimenti e per il supporto dimostrato nei nostri confronti. I Deathfucker nascono tra Mantova e Reggio Emilia nel 2015 inizialmente come duo formato dal sottoscritto, Insulter, e J.K. con l’intento di dar vita ad una bestia che puzzasse di zolfo; ci conoscevamo da molti anni ed è stato semplicemente spontaneo unire le nostre forze per questo percorso. Dopo aver registrato il primo demo ed EP “Fuck the Trinity”, si è unito a noi Pest, già Necromutilator, Sadomortuary e Black Ejaculation in veste di bassista; un altro amico di vecchia data.
Chiudendo il cerchio della line-up, che è rimasta invariata fino ad ora, abbiamo cominciato anche con i primi live oltre a registrare del nuovo materiale: dapprima l’EP “Devil’s Fist” e uno split con i Morbus Grave, infine siamo giunti al full-length d’esordio.

UN MONICKER DIRETTO, SPIETATO, COME LA VOSTRA MISCELA DI DEATH’N’THRASH. COSA SI CELA DIETRO QUESTO NOME?
– Per la scelta del nome avevamo necessità di qualcosa di diretto e semplice, che rispecchiasse la crudezza ed aggressività del sound che volevamo proporre e che fosse anche legato ad una identità blasfema della band. Il moniker comunque è stato scelto dopo la composizione dei primi pezzi, proprio prima di registrare la demo: possiamo dire che è stata la musica ad ispirare la scelta e, a distanza di tempo, direi che ha funzionato benissimo.

PARLANDO DI DEATH E THRASH, IL RAGGIO DI BAND IN QUESTIONE E’ AMPLISSIMO: QUALI SONO, NEL VOSTRO CASO, LE INFLUENZE MUSICALI DEI DEATHFUCKER?
– Si, concordo, le influenze possono essere innumerevoli in questo ambito e sicuramente più che ad una band specifica, ci ispiriamo ad un certo sound di fine anni ’80 e primi ’90 quando il semplice thrash ha iniziato ad imbastardirsi con il death metal: Massacra, Revenant, Incubus, Nocturnus, Sadus, Ripping Corpse, Merciless, Mercyless, Necrodeath, Mutilated, Funeral Nation, Poison e decine di altre band. Personalmente uno dei principali punti di riferimento di sempre è “Altar of Madness”, anche se è un livello talmente irraggiungibile che non si può nemmeno considerare come ispirazione, e ovviamente gli Slayer… D’altra parte chi non può essere influenzato dalla più grande band di sempre? Poi potrei fare una lista infinita di altri gruppi che adoro, che sicuramente hanno un’influenza sul mio modo di scrivere e da cui non posso prescindere: Bathory, Possessed, Sadistik Execution, Bulldozer, Hell Hammer/Celtic Frost, Destroyer 666, Vomitor, Infernal Majesty, Demolition Hammer, Sarcofago. Comunque quando componiamo nuovi riff, canzoni o arrangiamenti cerchiamo sempre di farlo in modo, per quanto possibile in un genere come questo, personale, senza rifarci direttamente a qualche band e stile in particolare; è semplicemente impossibile raggiungere la grandiosità di certe band, quindi, per quanto mi riguarda, l’unico modo per risultare quantomeno efficaci è attraverso un melting pot di gusti personali e proporsi come obbiettivo che i pezzi suonino sempre più marci e violenti possibile.

LA DECISIONE DI UNA FORMULA POWER TRIO E’ PERFETTA PER IL CARATTERE DEL VOSTRO SOUND: ANCHE QUESTA FACEVA PARTE DEL VOSTRO PROGRAMMA O L’INTENZIONE E’ QUELLA DI ARRICCHIRE/ALLARGARE LA LINE-UP?
– Sicuramente per un certo verso in pochi si lavora meglio, e personalmente è il modo che preferisco per comporre, anche se effettivamente un’unica chitarra dal vivo a volte può essere limitante. La scelta del power trio è venuta in automatico dal momento che una volta completata la line-up essenziale non c’era nessuna necessità di far entrare qualcun altro nel nostro cerchio; considera inoltre che trovare le persone giuste e motivate non è affatto scontato; al momento comunque non è previsto nessun allargamento.

ATTIVI DAL 2015, SIETE ARRIVATI ALL’ESORDIO UFFICIALE DOPO SEI ANNI DI ‘GAVETTA’: COME E’ NATO “FIRESPAWN”?
– I pezzi del disco sono nati poco per volta in un lasso di tempo di almeno due anni, durante il quale abbiamo comunque stampato un EP, uno split e continuato a fare live. Non siamo di certo dei compositori veloci: abbiamo preferito aspettare di essere pronti e di aver maturato un sound che rappresentasse concretamente le nostre intenzioni, senza contare che il lockdown ha rallentato molto la nostra attività. Credo che per poter arrivare a metabolizzare appieno le proprie visioni serva un background solido e del tempo per arricchirsi di vari stimoli, conoscenze ed esperienze live ed in studio; per noi è stato indispensabile attraversare tuti i vari passaggi e ne è valsa la pena. “Firespawn” è il culmine delle nostre capacità attuali e, senza falsa modestia, sono assolutamente convinto che sia un lavoro riuscitissimo.

PARLIAMO DELL’ALBUM: UNA COPERTINA INFERNALE CHE TI PORTA DIRETTAMENTE NEI GIRONI PIU’ BECERI. CE LA PUOI DISCREVERE?
– Finora gli artwork sono stati realizzati da Thomas ‘Necromaniac’ che ha sempre svolto un eccellente lavoro; per questo disco però volevamo uno stile differente, meno ‘necro’ ma più visionario, così visto già il rapporto di amicizia e l’esperienza dei suoi precedenti lavori, ci siamo avvalsi del talento di Mariya Popyk che effettivamente ha uno stile perfetto per quello che era il nostro obbiettivo. La copertina deve lanciare un messaggio immediato che non lasci dubbi, ed era quindi assolutamente necessario dare un’immagine infernale e di perdizione. Siamo partiti da un’idea che avevo in mente legata alla titletrack: una demoniaca ed esplosiva creazione dalle profondità dell’inferno, parzialmente ispirata anche al mito di Dionisio come citato nel testo dell’intro. Per il resto le abbiamo semplicemente suggerito qualche dettaglio e le abbiamo lasciato la massima libertà nello sviluppo del disegno, condividendo solamente qualche schizzo in corso d’opera; lo stile medievale che ha adottato si abbina perfettamente al significato del concept. Mariya è un’artista incredibile, a mio parere ha partorito un lavoro superbo, anche oltre le nostre aspettative: un pezzo di fottuta arte nera!

VUOI PARLARCI UN PO’ DELLE TEMATICHE AFFRONTATE NEI VARI BRANI?
– Le tematiche rispecchiano i classici cliché del genere, e per quanto mi riguarda non potrebbe essere diversamente, sono intrisi di un forte anticristianesimo, di ricerca spirituale e devozione al lato oscuro della vita, ostilità verso il divino e la morale. Ho cercato tuttavia di interpretare le mie visioni in una chiave più personale per non scadere nel banale. Ad essere sincero non ho mai apprezzato più di tanto band che suonano un certo tipo di musica ma con un approccio lirico ‘sociale’: per me il metal estremo deve essere un omaggio al Diavolo e tutto ciò che esso rappresenta.

COSA SI CELA DIETRO L’USCITA DI “FIRESPAWN”: SEMPLICE PASSIONE, OPPURE UNA CERTA VOLONTA’ DI EMERGERE, PUR RIMAMENDO NEL VOSTRO AMBITO.
– Entrambe le cose: la passione è il motore di tutto, ed è ciò che ci spinge a raggiungere un sempre maggior livello di intensità nella nostra musica ed a migliorarci. E per migliorare non intendo cose come la tecnica oppure la qualità del suono o complessità degli arrangiamenti: per migliorare intendo la continua ricerca che ci spinge ad avvicinarci il più possibile al nostro ideale di musica estrema. Il fatto di emergere, o meglio, di distinguerci dagli altri, può essere positivo fintanto che si mantiene la coerenza dei propri intenti.

IL VOSTRO PROFILO SPOSA PERFETTAMENTE L’ATTITUDINE UNDERGROUND. COSA SIGNIFICA PER VOI QUESTO AGGETTIVO?
– Per underground intendo quella schiera di band/label/zine/organizzatori di concerti/ascoltatori che agiscono esclusivamente per pura passione e necessità di esternare la propria bestia: l’underground è la melma da cui nasce la vera arte, senza alcuna speculazione e con la libertà di esprimere un estremismo sonoro e concettuale che può anche essere pericoloso, e per questo non deve essere accessibile a tutti. Questo non implica per forza fare le cose alla cazzo, anzi, a maggior ragione si deve mantenere una certa serietà e soprattutto coerenza per evitare contaminazioni non in linea con questo pensiero.

A PROPOSITO DI UNDERGROUND, COSA CI PUOI DIRE IN MERITO ALLA SCENA TRICOLORE? NONOSTANTE IL PERIODACCIO, IL SUBSTRATO E’ SEMPRE IN MOVIMENTO, CE LO CONFERMI?
– I gruppi validi ci sono, eccome: tuttavia, come dicevo prima, il problema è la mancanza di unità nella scena e la difficoltà di affrontare i live in modo underground con serietà, anche se ci sono stati comunque degli episodi davvero degni di nota. Per citare alcune delle band che apprezzo e supporto e con cui siamo in contatto: Morbus Grave, Boia, Bunker 66, Lich, Valgrind, Vomitmantik, Sadomortuary, Radon Trench, Noia, Macabro Genocidio, Black Legion, Terrorsaw, Orgiastic Pleasure, Sepolcro, Thulsa Doom, Extirpation, Voids of Vomit, Necromutilator, Blasphemous Noise Torment, In League With Satan, Blasphemophagher, Uncreation, Necro, Sepolcro, Children of Technology, Abhor, Abysmal Grief, Demonomancy, Barbarian, Black Oath, Vomit Vulva, Continuum of Xul, Unctoris, Spasticus, Order of the Iron Fist… E molti altri, sicuramente mi sto dimenticando qualcuno.

ANCORA A LIVELLO UNDERGROUND: COSA NE PENSI DEL RITORNO, CON SUCCESSO, DELLE MUSICASSETTE?
– Una moda probabilmente, come tutte le cose, comunque in questo caso è una moda che non fa del male finché non diventa una speculazione. Il formato analogico ed in particolare la tape si sposa perfettamente con l’ideologia underground, soprattutto se si parla di demo dovrebbe essere l’unico formato ad essere utilizzato; personalmente le ho sempre acquistate anche prima di questa rinascita.

PARLARE DI FUTURO IN QUESTO PERIODO DI INCERTEZZE GENERALI E’ ASSAI DIFFICILE TUTTAVIA, QUALI SONO GLI OBBIETTIVI PROSSIMI DEI DEATHFUCKER?
– Se ci sarà la possibilità, sarebbe decisamente importante fare qualche live a supporto del disco.
Per il resto la cosa principale è continuare a scrivere nuova musica e proseguire il percorso sulla direzione di “Firespawn”, la spinta per partorire nuovi aborti musicali è ancora viva.

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