Ogni forma d’arte ha le sue icone, le sue fondamenta, quei nomi, quei personaggi che, come tali, fanno da riferimento dai quali puoi sempre trarre qualche insegnamento o, più in generale, qualche perla di saggezza. Fino a qualche anno fa il mondo metal aveva la fortuna di avere, sul gradino più alto di tutti, un certo Lemmy Kilmister. Ora che il godfather non c’è più, il testimone è passato ad alcuni suoi colleghi, amici di vecchia data: tra di loro sicuramente Rob Halford e Dee Snider, nuovamente in pista ed autore di un album, “Leave A Scar”, che, oltre a confermare il suo stato di forma dietro al microfono davvero invidiabile, ci trasmette la sua buona dose di energia ed ottimismo. Una fortuna aver quindi la possibilità di interloquire con una figura di tale portata: nonostante il tempo a nostra disposizione non sia stato di quelli leggendari, abbiamo fatto il massimo per raccogliere alcune sue dichiarazioni relative alla sua ultima release e alla sua carriera fatta di aneddoti, ricordi ed incontri… Plasticosi. Buona lettura!
DEE SNIDER: UN’ICONA! UNA GARANZIA! E’ UN ONORE AVERTI QUI CON NOI. INIZIAMO SUBITO PARLANDO DEL NUOVO ALBUM: “LEAVE A SCAR”, UN MONITO RIPRESO E RIPETUTO PIU’ VOLTE NEL BRANO CONCLUSIVO, L’EMOZIONANTE “STAND”. RIBALTANDO IL CONCETTO SULLA TUA PERSONA, QUAL E’ LA TUA CICATRICE E QUAL E’ IL MESSAGGIO DI QUESTO TUO NUOVO LAVORO?
– Il messaggio è molto semplice: tutti nella nostra vita vogliamo lasciare un segno; ci crediamo, è un obiettivo, inutile nasconderci. Ma un segno può essere coperto, può in qualche modo venire spazzato via; una cicatrice invece rimane, per sempre! Quando ero un ragazzino, ho scritto il mio nome sul muro di un edificio, tuttavia dei ragazzini mi dipinsero sopra. Allora decisi di incidere il mio nome su un albero: di recente ho rivisto quell’albero e il mio nome è ancora lì, cazzo, cinquantacinque anni dopo; il mio nome è ancora su quell’albero! Questa è la differenza tra lasciare un segno e lasciare una cicatrice e voglio incoraggiare le persone a pensare in questi termini. Come sarai ricordato? Quale sarà la tua eredità? Non si tratta di pensare alla morte, sia chiaro, ma solo di riconoscere il nostro tempo e di viverlo appieno. Non è lunghissimo se ci pensiamo, tutt’altro; è molto breve: ecco perché dobbiamo avere una motivazione, dobbiamo fare qualcosa per lasciare la nostra cicatrice.
COSA MI PUOI DIRE CIRCA LA COPERTINA DELL’ALBUM? VI SONO MOLTI DETTAGLI, QUAL E’ IL SUO SIGNIFICATO?
– L’idea di piazzare un cuore torturato in centro alla copertina è venuta a Jamey (Jamey Jasta, cantante degli Hatebreed nonché produttore esecutivo dell’album di Dee Snider, ndr): idea che è stata subito comunicata a Marcelo Vasco, già autore della cover del precedente disco “For The Love Of Metal”. Marcelo ha letto il titolo, ha ascoltato alcuni brani e in una sola notte ha realizzato la copertina. A quel punto Jamie ha chiesto il mio parere. Cosa pensavo? Che era semplicemente incredibile, ho apprezzato da subito il risultato che può dare ogni volta l’ispirazione. Ho chiesto solo una modifica, un’aggiunta per la precisione: al centro del cuore c’è infatti una porta aperta che inizialmente era buia. Ho chiesto a Marcelo di aggiungere un po’ di luce proveniente da quella porta. Una luce, seppur fioca, indice di speranza: combattiamo tutti, ogni giorno; la vita di ognuno di noi può essere dura ma questa luce vuol essere la promessa di qualcosa di positivo.
A PROPOSITO DI SPERANZA E DI POSITIVITA’: IL PRIMO BRANO SI INTITOLA “I GOTTA ROCK” E POI C’E’ QUELL’AGAIN TRA PARENTESI. UN’AGGIUNTA SIGNIFICATIVA: CHE EFFETTO TI FA ESSERE ROCK, SUONARE ROCK DOPO COSI’ TANTI ANNI?
– Nel 2019 avevo annunciato alla mia famiglia, alla band e ad altre persone che non avrei più proseguito con il rock. Avevo già numerosi impegni tra TV, film ed altri progetti poi nel 2020, in un periodo di assoluta costrizione globale, qualcosa è iniziato nuovamente a frullarmi nella testa, un messaggio che diceva continuamente: “Hey, ma io sono ancora rock, I gotta rock again!“. E allora ho cominciato a pensare alla registrazione di qualcosa di nuovo e del fatto che alla fine il rock ha sempre fatto parte della mia vita: “I wanna Rock”, “You can’t stop rock’n’roll” e ora “I gotta rock”. E allora eccomi qui, a scrivere nuovamente canzoni dopo moltissimo tempo, in pratica dagli anni ’90 con i Widowmaker: posso dire quindi che è un ritorno a tutti gli effetti, rimarcando il fatto che sì, sono ancora qui per fare rock’n’roll, come Alice Cooper, come Mick Jagger.
TORNANDO AL TEMA PRINCIPALE DELL’ALBUM, QUELLA CICATRICE DA LASCIARE AI POSTERI, IL BRANO “BEFORE I GO” HA I TRATTI DI UN VERO E PROPRIO TESTAMENTO, SEI D’ACCORDO?
– Quando ho annunciato il titolo del pezzo a Jamey, lui, in tutta risposta, mi ha chiesto: “Stai per morire?” Ho detto “No no, non ora!“. Voleva solo essere una sorta di condivisione circa tutto quello che ho imparato nel corso della mia vita, tra album, show e le altre esperienze che ho vissuto. Diciamo che in qualche modo ho avuto diverse risposte ad una serie di domande molto importanti che nel corso degli anni mi ero fatto; ho accumulato saggezza ed ho voluto condividerla.
ARRIVIAMO AL PEZZO DAL TITOLO “S.H.E.”: CHI E’ LA DONNA A CUI FAI RIFERIMENTO NEL BRANO?
– Qualche giorno fa mi hanno chiesto se questa canzone era dedicata alla musica. Del resto anche la donna a cui faceva riferimento Rod Stewart nel pezzo “You’re In My Heart” era in realtà il calcio; anche se poi tutti la adottarono come una perfetta canzone d’amore da dedicare alla propria ragazza. Nel mio caso, invece, confermo: “S.H.E.” è dedicata a mia moglie Suzette, che mi segue e mi supporta da quarantacinque anni ormai, nella buona e nella cattiva sorte: dedicarle un brano in questo album era il minimo che potessi fare.
UNO DEI BRANI PIU’ CURIOSI E PODEROSI DELL’ALBUM E’ SICURAMENTE “TIME TO CHOOSE”: COME E’ NATA LA COLLABORAZIONE CON GEORGE FISHER?
– Dunque, spieghiamo bene le cose. Sono un fan del metal, un vero fan del metal; Jamey mi chiama OGDee: original gangster! Mi piace seguire la scena metal, sostenerla: l’ho sempre fatto o lo faccio tutt’ora, anche grazie ai miei figli che mi informano circa le nuove uscite o le nuove band. Amo il metal! E allora cosa è successo? Ci serviva una bonus track ed ecco che abbiamo scritto “Time To Choose”: doveva essere semplicemente un brano che sarebbe comparso su una versione speciale del disco. E mentre ero in studio di registrazione, ad un certo punto, tra una pausa e l’altra ho detto a Jamey: “Sai chi sarebbe fantastico avere in questa canzone? George Fisher!“. Jamie mi guarda e dice: “Ma chi? Corpsegrinder?“, pensava scherzassi. E invece no: per me era una buonissima idea. Spesso questa sorta di commistione di voci non è ben vista, tutt’altro: parecchia gente della mia generazione non ama questo genere di cose; soprattutto coloro che arrivano dal metal classico… Mischiarlo con il death? “Assolutamente no, quello non è cantare!” E perché? Anche questo è un genere. Qual è il problema? Per me George era perfetto per questa canzone e, quando l’ho contattato per chiedergli di collaborare, è rimasto entusiasta, quasi sorpreso, accettando immediatamente il mio invito. E non ti dico la reazione della Napalm Records: Dee Snider con George Fisher? Ebbene si: quella che doveva essere una semplice bonus track alla fine si è trasformata nella focus track.
SONO TRASCORSI TRE ANNI DAL TUO ULTIMO ALBUM: IN MEZZO SI E’ VERIFICATO UN EVENTO CHE HA COLPITO TUTTI, INDISTINTAMENTE. COME HAI VISSUTO QUESTO PERIODO?
– Ho utilizzato il periodo del Covid come un’opportunità di miglioramento: ho avuto la possibilità di investire il tempo in un altro modo, in altri progetti, cercando di ricavare elementi positivi da ognuno di essi: ho scritto un libro, ho scritto una sceneggiatura, ho collaborato alla creazione di una serie animata per bambini che è ora in fase di sviluppo presso una rete televisiva degli Stati Uniti. Ho fatto tutto questo. Ho cercato di sfruttare al meglio il tempo, riuscendo a scrivere un nuovo album. E’ stata una vera opportunità e naturalmente una grandissima fonte di ispirazione: ci ha davvero dato una prospettiva sulla vita di tutti noi. Vedere tutte quelle persone morire, soffrire, bloccate e incapaci di socializzare, ci ha permesso di riflettere sul vero significato delle cose, invitandoci ad apprezzare solo quelle più importanti. E’ stato un momento terribile, senza dubbio, ma voglio dargli un risvolto anche positivo, proprio per le ragioni che ti ho spiegato.
IL TEMPO E’ TIRANNO DEE: PASSIAMO A DOMANDE EXTRA ALBUM E VEDIAMO SE HAI BUONA MEMORIA. NEL 2004, NEL CORSO DEL GODS OF METAL, IN QUEL DI BOLOGNA, ERI PRESENTE CON I TWISTED SISTER: AD UN CERTO PUNTO STOPPASTI LA BAND E RICORDO CHE TI RIVOLSI A TUTTA QUELLA GENTE SEDUTA E SDRAIATA SULLA COLLINETTA CHE FACEVA DA CONTORNO ALLA ZONA PALCO, INVITANDOLI AD ALZARSI E A PARTECIPARE ALLO SHOW. E TUTTI SI ALZARONO! FU UN MOMENTO ESILARANTE CHE HA CONFERMATO ANCORA UNA VOLTA IL TUO ENORME CARISMA: DA DOVE NASCE TUTTA QUESTA ENERGIA?
– Ah, (grasse risate, ndr), si lo ricordo benissimo quel concerto! Ho rotto le palle a tutta quella gente che stava appollaiata sulla collina; fa piacere che pure tu ricordi quell’episodio, significa che ho fatto centro! La mia energia? Da dove arriva? Forse è semplicemente un dono! E per una buona parte devo ringraziare mio padre: è lui che ha fatto da ‘guida’ a quel ragazzone che avete visto in parecchi video dei Twisted Sister, che sbraita di fronte al ragazzino, lanciando cose per la sua stanza e urlandogli in faccia. L’insegnante che vedete nel video di “I Wanna Rock”? Quello era mio padre. E’ stato molto duro con me e per molto tempo. Per questo lo devo ringraziare: per avermi reso uomo. La sua durezza e il modo in cui si poneva con me mi ha dato questa forza: anziché rompere quel ragazzino, lo ha rinforzato. Se tu hai verso di me quell’atteggiamento te lo mostrerò, lo mostrerò al fottuto mondo. Vedrai che lo userò, cazzo, lo userò per fare il bene. E il bene più grande per quelle persone era quello di alzarsi in piedi! È stato un grande momento. Tu Andrea te lo sei ricordato e come te tanti altri, me compreso. Le persone si sono divertite e pure quelli sulla collina. Loro erano lì con noi, facevano parte della stessa cosa, dello stesso concerto, non potevano rimanere disconnessi; era necessario raggiungerli, toccarli, e così è stato!
RIMANENDO IN TEMA TWISTED SISTER, CREDI CHE IL MOTO “WE’RE NOT GONNA TAKE IT” SIA ANCORA VALIDO OGGI A DISTANZA DI TRENTASETTE ANNI?
– Sì, assolutamente. O meglio, è sicuramente ancora molto popolare, quasi un tormentone, nel bene e nel male! Quando abbiamo inciso quel pezzo, il nostro intento non era quello di essere irrispettosi, era semplicemente una rivolta, molto aggressiva, rapida. Era il nostro momento, dovevamo fare delle scelte e non volevamo aderire alla maggioranza.
DEE, SEI SEMPRE STATO UN’ICONA DI COERENZA E DI VICINANZA NEI CONFRONTI DELLA COMMUNITY METAL COME HAI SOTTOLINEATO PRIMA. TUTTI RICORDANO LA TUA PRESENZA IN TRIBUNALE PER DIFENDERE LA CAUSA HEAVY METAL CONTRO I RECLAMI AVANZATI DAL PMRC: SE DOVESSI TORNARCI ORA, IN UN MOMENTO IN CUI CERTE PAROLE, ESPRESSIONI, IDEE SONO PERENNEMENTE, SPESSO GIUSTAMENTE, PASSATE AL VAGLIO DI CENSORI, CHE POSIZIONE PRENDERESTI?
– Sai, c’è sempre stato qualcuno che ha cercato di fermare certi modi di agire, di parlare, di esprimersi. La censura non la inventiamo certamente oggi, c’è sempre stata ma, mentre prima aveva dei caratteri conservatori/puritani basati sulla religione, oggi si è passati al liberalismo del politically correct. Dobbiamo stare attenti a ciò che diciamo perché sai benissimo che potrebbe ferire i sentimenti di qualcuno e qualcun altro potrebbe star male. Un aspetto che ha inciso anche su una delle figure retoriche più usate dagli scrittori e cioè quello della metafora che, spesso e volentieri, è la chiave della riuscita dei nostri testi. E’ fondamentale per creare un immaginario ed inserirlo nelle nostre canzoni: ecco, questo nuova visione delle cose, mi ha portato a riflettere più del previsto. In “Leave A Scar” per esempio c’è il brano “In For The Kill”: mi sono detto “oh cavolo, qualcuno potrebbe arrabbiarsi per ciò che ho scritto: ‘in for the kill… gonna fire at will’ “; se leggi bene tutto il testo, il messaggio non è certamente quello di uccidere le persone anzi, di alzarti, prendere in mano la tua occasione e giocartela. So che il 99,99% del pubblico metal capirà il vero significato del testo tuttavia, capisco, che queste nuova revisione delle parole e dei concetti può creare problemi anche in questo campo.
DEE SNIDER, DANDO UNO SGUARDO GLOBALE ALLA TUA CARRIERA, CI TROVI RIMORSI?
– Sono sincero: di errori ne ho fatti molti nella mia vita, come tutti credo. Con la mia band, con mia moglie, con la mia famiglia e questi errori, ovviamente, non posso più risolverli. Quello che posso, e che ho voluto fare è stato quello di migliorare: guardando il passato sono cambiato, cercando ovviamente di non ripetere più quegli errori. Che è un po’ il senso del brano “Time To Choose” e della vecchia “Burn In Hell”: sta a te decidere come proseguire nella tua vita, sulla base di quello che hai fatto in precedenza. Non parlerei quindi di rimorsi ma semplicemente di come hai deciso di vivere.
C’E’ UN FATTO PARTICOLARE DELLA TUA CARRIERA DI CUI NON HAI MAI PARLATO? UN QUALCOSA DI VERAMENTE STRANO CHE HAI VISSUTO E CHE CI VUOI RACCONTARE?
– Con gente come me di momenti buffi e divertenti ce ne sono stati parecchi però aspetta un attimo… sì, questo è stato veramente strano. Stavo partecipando ad un festival e stavo firmando degli autografi: come sai i fan in queste occasioni portano album, foto e tutto ciò che hanno. Quando all’improvviso – oh mio Dio, hanno iniziato a presentarsi con dei feti di plastica. Ma dove diavolo li hanno presi questi? Guardando bene, poco distante da noi, c’era uno stand antiaborto in cui gli organizzatori distribuivano questi feti per mostrare cosa avviene in quel momento, e di fronte a questo stand c’era una fila di ragazzi in attesa di prendere il gadget; gli anti-abortisti pensavano che la manifestazione stesse andando alla grande, in realtà non avevano capito che erano in fila per avere un autografo dal sottoscritto… Pazzesco.
QUANDO FINIRA’ QUESTA SITUAZIONE, TI RIVEDREMO IN ITALIA?
– Sicuramente! Amo il vostro paese: mia moglie ha origini italiane e quando possiamo, cerchiamo sempre di passare da quelle parti. Per cui, sì, cercheremo di portare il nostro show in Europa ed ovviamente anche in Italia.