Non si ferma la parabola dei Defeater, ormai pienamente immersi in una carriera dove musica e concept vanno di pari passo, legati indissolubilmente. La hardcore band statunitense non ha mai faticato a farsi riconoscere, ostentando sin dagli esordi un particolare approccio lirico e sonorità ben più ricercate e gravi rispetto alla media dei gruppi appartenenti al suo filone, e la storia (in tutti i sensi) non cambia con il nuovo “Abandoned”, quarto full-length della discografia. Purtroppo la notizia della separazione dal chitarrista e produttore Jay Maas è stata diramata qualche tempo dopo il giorno in cui è avvenuta l’intervista che segue, quindi è per questo che non troverete nulla in merito all’inaspettato split. In ogni caso, le parole di Derek Archambault sono pur sempre efficaci nello sviscerare altri argomenti: dall’operazione chirurgica che il carismatico frontman ha subito, al concept alla base dei testi, sino ovviamente ad arrivare alla direzione musicale della band. Andiamo a conoscere meglio una formazione realmente sui generis…
DI RECENTE SEI STATO OPERATO ALL’ANCA E I FAN HANNO CONTRIBUITO A PAGARE L’INTERVENTO TRAMITE UNA CAMPAGNA ONLINE. COME TI SENTI OGGI? QUAL È STATO L’ESITO DI QUESTA CAMPAGNA?
“Mi sento benissimo, grazie. L’operazione è riuscita perfettamente e ho impiegato circa due mesi per riprendermi del tutto. La campagna è stata favolosa, non mi aspettavo che così tante persone avessero a cuore la mia salute. Non avevo affatto voglia di chiedere un aiuto economico – in verità odio chiedere aiuto in generale – ma quando mi sono reso conto che non sarei riuscito a fare fronte a tutte le spese mediche da solo i miei amici e i miei familiari mi hanno implorato di provare ad avviare questa campagna. Tutti coloro che hanno donato hanno avuto in cambio un EP di cover acustiche: era il minimo che potessi fare. Non avrei mai potuto chiedere una donazione senza dare nulla in cambio: dovevo fare capire loro che mi sentivo in imbarazzo nel chiedere soldi e che l’unico motivo per cui lo stavo facendo era per potere tornare on the road con la band di cui loro sono fan”.
TI SEI MAI SENTITO STANCO DI ANDARE IN TOUR? HAI MAI PENSATO DI MOLLARE TUTTO QUANDO L’OPERAZIONE SEMBRAVA INEVITABILE?
“Sì, in alcuni momenti nel 2013 il dolore era insostenibile e mi è capitato di pensare di andare a casa e di chiudere con i tour. Faticavo a stare in piedi, non riuscivo a camminare… l’unico momento in cui non provavo dolore era quando ero a letto, nel sonno. Ma alla fine ho resistito: sono riuscito a completare tre tour in quella situazione, prima che la campagna mi mettesse nelle condizioni di farmi operare. Oggi mi sento incredibilmente fortunato per essere in grado di pubblicare dei dischi per delle persone che hanno davvero a cuore sia la mia musica che la mia persona. È una sensazione splendida”.
CON IL NUOVO ALBUM “ABANDONED” I DEFEATER RIPRENDONO IL CONCEPT SU CUI È BASATA TUTTA LA LORO PASSATA PRODUZIONE. C’È CHI VI CONSIDERA ORMAI DEI CANTASTORIE, PIÙ CHE UNA BAND…
“Sì, non si può nascondere il fatto che per noi i testi siano importanti quanto la musica. La storia che stiamo raccontando – basata sulle vicende di una famiglia del New Jersey verso la fine degli anni Quaranta – ha vari protagonisti e ogni nostra uscita si è concentrata su ognuno di essi. ‘Abandoned’ parla di un prete che è stato presentato per la prima volta nel brano ‘Cowardice’, presente sul nostro debut album ‘Travels’. Inizialmente i fan e gli stessi altri membri della band pensavano che questo fosse un personaggio secondario, ma in realtà si è ora rivelato una figura di primaria importanza nello svolgimento della storia. ‘Abadoned’ può essere visto come un grande colpo di scena nello svolgimento della trama. Penso alla storia continuamente, ma non sono solito rivelare i nuovi sviluppi agli altri ragazzi: mi piace l’idea di sorprenderli una volta in studio, quando arriva il momento di presentare testi e linee vocali”.
DA DOVE DERIVA QUESTA TUA PASSIONE PER LA NARRATIVA?
“Ho sempre letto tanto, ma la storia alla base dei nostri lavori deriva anche da esperienze vissute dalla mia famiglia. Entrambi i miei nonni hanno servito nell’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale e i loro racconti indubbiamente influenzano ciò che scrivo. Si può dire che il concept dei Defeater derivi per metà da queste storie e per metà dalla mia passione per la lettura. Mi è capitato più volte di rendermi conto di avere ‘rubato’ alcune frasi ed espressioni da alcuni dei miei autori preferiti: Salinger e Cormac McCarthy sono due di questi…”.
IN EFFETTI L’OPERATO DI MCCARTHY È SPESSO UN MISTO DI VIOLENZA E PACE, QUASI COME LA MUSICA DEI DEFEATER…
“Sì, soprattutto con questo nuovo album siamo riusciti a confezionare una base musicale decisamente accurata: parole e musica sono legate come mai prima d’ora. In generale, sono molto contento di questo nuovo disco. Per la prima volta tutti i membri della band hanno contribuito alla composizione e credo che siano stati compiuti diversi passi in avanti rispetto ai lavori precedenti. Assieme al debut, questo è il nostro album di cui vado più fiero”.
IL DISCO PREFERITO DAI FAN SEMBRA PERÒ ESSERE SEMPRE “EMPTY DAYS & SLEEPLESS NIGHTS”…
“Onestamente non trovo che quel disco sia qualcosa di speciale. Secondo me la gente lo ricorda soprattutto per i pezzi acustici che abbiamo incluso nel finale. Era la prima volta che sperimentavamo qualcosa di simile e l’esperimento ha spiazzato molti. Ma se penso al songwriting, credo che gli altri album gli siano superiori in tutto. Non ho bei ricordi di quelle registrazioni, all’epoca non eravamo una vera band. Io e Jay non andavamo molto d’accordo in quel periodo e gli altri membri del gruppo non vennero affatto coinvolti nella stesura del materiale. ‘Empty…’ è il parto del lavoro mio e di Jay, ma io preferisco i lavori concepiti come band. In verità anche il debut è poco più che il risultato degli sforzi di un singolo: Jay scrisse quel disco per un altro gruppo, poi, in seguito al mio arrivo, i testi cambiarono completamente e venne pubblicato come Defeater. Tuttavia, a differenza di ‘Empty…’, questo è un lavoro che ascolto ancora con piacere: ha un’atmosfera unica”.
“LETTERS HOME” E “ABANDONED” NON PRESENTANO ALCUNA TRACCIA ACUSTICA: SEMBRA CHE ABBIATE VOLUTO RIVENDICARE LE VOSTRE RADICI HARDCORE-PUNK DOPO GLI ESPERIMENTI DI “EMPTY DAYS & SLEEPLESS NIGHTS”…
“In verità l’edizione limitata di ‘Abandoned’ contiene due pezzi sulla scia di quelli del finale di ‘Empty…’, ma devo confessare che si tratta di due canzoni originariamente composte per il mio progetto Alcoa e poi rielaborate per finire su questo disco. La nostra casa discografica ha chiesto un paio di tracce in più e, siccome non avevamo nulla di pronto, ho tirato fuori dal cassetto questi due episodi. Comunque, se la narrazione lo richiederà, torneremo a proporre qualcosa di più leggero; semplicemente, gli ultimi sviluppi della storia hanno richiesto delle trame più cupe e pesanti. Dopo tutto, come hai detto anche tu, siamo una band hardcore-punk ed è nostra intenzione evitare di snaturarci troppo”.
ALCUNI PENSAVANO CHE IL PASSAGGIO ALLA EPITAPH RECORDS PORTASSE AD UN ALLEGGERIMENTO DELLA MUSICA…
“Questa storia che certe etichette dettino il songwriting dei gruppi è ormai superata. Non siamo più negli anni Novanta, quando una label poteva sperare di vendere anche milioni di copie con il gruppo e il singolo giusti. Certe dinamiche avvengono solo in ambienti pop, nella nostra scena hanno avuto vita breve. La Epitaph ha puntato su di noi perchè apprezza ciò che abbiamo sempre fatto e, come puoi vedere, ‘Abandoned’ è esattamente un disco alla Defeater. Forzare una band a suonare qualcosa di diverso non ha mai dato buoni frutti nel nostro campo. Devo dire che ormai non facciamo quasi più caso a questi discorsi: c’era chi temeva che ci saremmo trasformati in un gruppo indie già dopo aver ascoltato certi brani di ‘Empty…’, ma poi avete visto tutti come è andata…”.
I TESTI NELL’HARDCORE HANNO QUASI SEMPRE UNA GRANDE IMPORTANZA, ANCHE E SOPRATTUTTO PERCHÈ BASATI SU UNA FORTE CRITICA SOCIALE O SULL’ESALTAZIONE DEI COSIDDETTI VALORI DI QUESTA MUSICA. CON I DEFEATER PARLATE INVECE DI FICTION, COSA CHE VI DISTANZIA PARECCHIO DAL RESTO DELLE HARDCORE BAND. VI SIETE MAI SENTITI UN’ENTITÀ A SE STANTE? QUALCUNO VI HA MAI ACCUSATO DI NON ESSERE VERAMENTE HARDCORE O PUNK?
“Certe accuse ogni tanto si sentono, ma queste arrivano sempre da persone che non si sono mai prese la briga di analizzare a fondo il nostro concept. Certo, in apparenza il nostro concept è pura fiction, ma sono tanti i significati che si celano dietro la storia: molti dei concetti che esprimiamo tramite le gesta dei nostri personaggi possono essere applicati alla vita reale. Vi è tanto di hardcore e di punk in quello che facciamo. Si tratta soltanto di non fermarsi alle apparenze. La musica, la nostra attitudine, il nostro rapporto con i fan rientrano in tutto nei canoni tipici di questo genere musicale e di questa comunità. Vi sono altre spezie e altre sfumature, questo è indubbio, ma l’hardcore-punk è una parte integrante delle nostre vite”.
COSA HANNO IN SERBO IL RESTO DEL 2015 E IL 2016 PER I DEFEATER E PER DEREK ARCHAMBAULT?
“Sostanzialmente, tante date live. Per ‘Letters Home’ non siamo riusciti a suonare quanto avremmo voluto a causa delle mie condizioni di salute, quindi contiamo di rifarci con il nuovo album. Siamo una live band, non riusciamo ad immaginarci lontano dal palco. Conto poi di scrivere nuova musica, sia per Defeater che per Alcoa”.
COMPONI MUSICA TUTTI I GIORNI?
“Mi piacerebbe, ma non sempre gli impegni me lo permettono. Per l’ultimo album abbiamo lavorato sodo in un periodo di tempo piuttosto limitato: prima ero stato impegnato con la mia riabilitazione e riuscivo a concentrarmi a dovere. Mi piacerebbe scrivere in tour: buona parte del primo album di Alcoa era stata concepita mentre ero in tour con la mia vecchia band. Oggi però i Defeater sono un gruppo piuttosto grosso e prima di ogni show ho sempre delle interviste e degli altri impegni promozionali da portare a termine. Ho sempre la mia chitarra con me, però… si tratta solo di trovare i momenti giusti”.
VI È UN BRANO SU “ABANDONED” DEL QUALE VAI PARTICOLARMENTE FIERO?
“Per adesso non ho una canzone preferita. Come dicevo, il disco mi piace molto perchè è il frutto di un vero lavoro di squadra. In molti hanno citato ‘Atonement’ perchè è una traccia molto diversa dalle altre, qualcosa che non avevamo mai composto prima; in effetti è una canzone davvero speciale, ma non so dire se sia la mia preferita, nè se detterà futuri esperimenti. Come hai visto, non siamo un gruppo molto prevedibile…”.