DEFTONES – Questione di equilibrio

Pubblicato il 25/09/2020 da

Scrivendo per la prima volta dopo anni nella loro vecchia sala prove, ancora intonsa dai tempi dell’incidente che ci ha portato via Chi Cheng, i Deftones hanno riallacciato i ponti col passato ed esorcizzato il dolore della perdita e l’incompiutezza di “Eros”, andando ad affrontare il nuovo album con l’unico traguardo di avere ogni singolo componente rappresentato in maniera soddisfacente. Obiettivo pienamente centrato con “Ohms”, anche grazie al produttore storico Terry Date in cabina di regia. Dopo i primi ascolti del disco, che andrà sicuramente a soddisfare gran parte dell’audience storica del gruppo, raggiungiamo telefonicamente il batterista Abe Cunningham per approfondire i retroscena del nuovo lavoro e scoprire quali sono i piani per il futuro prossimo in questo periodo anomalo e fortemente limitante per l’industria discografica e per il mondo intero…

SIAMO IN UNA PANDEMIA GLOBALE, OGNUNO DI VOI HA LASCIATO SACRAMENTO. COME SIETE RIUSCITI A LAVORARE SUL DISCO?
– Abbiamo registrato tutto a Los Angeles tra giugno e luglio dello scorso anno, in realtà, qualche mese prima che il mondo venisse investito dal Covid-19. Lavorando con il nostro produttore Terry Date, che ha gli studi a Seattle, ci siamo mossi con lui per registrare le parti vocali. Il problema è sopraggiunto quando eravamo nella fase di mixaggio, con le registrazioni terminate, per fortuna. Alla fine abbiamo risolto con un estenuante scambio di file. Il risultato l’abbiamo portato a casa, ma sarebbe stato assolutamente più facile e rapido stando tutti insieme in una stanza.

COM’È STATO TORNARE A LAVORARE CON TERRY DATE?
– Lui fa parte della famiglia. Ci ha sempre detto di essere pronto a tornare con noi se ne avessimo avuto bisogno. E’ una persona molto solida e un gigante nella sua professione. E’ stato bello lavorare con altri ma lui è una parte così importante della nostra carriera, con i nostri primi quattro album e con “Eros”, che nessun altro può esserci così familiare. Con lui è tutto assolutamente semplice, non c’è bisogno di imparare, di allinearsi ad una personalità che non conosciamo.

HO AVUTO LA POSSIBILITÀ DI ASCOLTARE IL DISCO: UNA RACCOLTA MOLTO OMOGENEA, NON C’È’ UN PEZZO CHE SI DISCOSTA TROPPO DAGLI ALTRI O DALLA VOSTRA PRODUZIONE, SEMBRA FATTO PER ESSERE ASCOLTATO IN UNA SINGOLA SESSIONE…
– Non accade molto frequentemente di questi tempi, ma siamo ancora una band che vuole creare album completi, che la gente abbia voglia di ascoltare dall’inizio alla fine. Nel mondo pop ed hip-hop oramai esistono solo singoli: noi siamo vecchi, arriviamo dagli ’70 e ’80, abbiamo cercato di pubblicare un buon disco che possa essere ascoltato in cuffia, con un percorso e una successione delle canzoni ben ponderata e prestabilita. E’ anche quella la parte divertente, creare un viaggio.

HO SEMPRE APPREZZATO I DEFTONES ANCHE SE NON HO MAI CONOSCIUTO ED APPROFONDITO LE VOSTRE INFLUENZE ESTERNE AL METAL E ALL’HARDCORE, QUINDI CHIEDO DIRETTAMENTE A TE SE PUOI ELENCARE QUALI SONO IN QUESTO DISCO.
– All’interno del gruppo siamo tutti amanti della musica e riusciamo a spaziare in diversi generi esterni a metal ed alternative. Abbiamo molti gruppi in comune tra i nostri ascolti, ma ognuno ha le sue cose, le sue passioni personali, quindi è difficile farti dei nomi. Nelle nostre case la musica è sempre accesa e lo è anche quando siamo insieme, in tour o alle prove, quindi c’è sempre una costante sorgente di gioia ed ispirazione.

PUOI SPENDERE QUALCHE PAROLA SULL’ARTWORK DI COPERTINA?
– Vorrei esserne capace (ride, ndR)! E’ opera di questo artista che si chiama Frank Maddocks, con cui abbiamo lavorato dai tempi di “White Pony” e in svariate occasioni successivamente. Avevamo in mente qualche idea, una sorta di direzione in cui andare, quindi gli abbiamo consegnato la nuova musica. E’ tornato con due cose: una era molto diversa, che poi è finita all’interno del booklet, e l’altra erano quegli occhi. Tutti hanno gravitato istantaneamente attorno a quest’ultima. A me ricorda un po’ Prince, potrebbe essere la copertina di un suo disco, mi fa pensare al video di “When Doves Cry”, ha delle vibrazioni anni ’80. Ci ha colpito, abbiamo detto subito tutti “cazzo, è quella giusta”.

OGNI VOLTA CHE PUBBLICATE UN DISCO C’È SEMPRE QUALCUNO CHE SI CHIEDE SE SARÀ ABBASTANZA INCAZZATO, PESANTE E VELOCE. QUESTE PERSONE SARANNO CONTENTE STAVOLTA? LAVORATE PER ACCONTENTARE QUALCUNO OLTRE A VOI STESSI?
– Lo so, lo chiedono sempre. La nostra musica è un prodotto del nostro stare insieme. Abbiamo una relazione da moltissimi anni, siamo cinque fratelli che scrivono insieme, vivono insieme quando sono in tour, sparano cazzate insieme. Quello che sentite è quello che esce: non voglio sminuire la nostra musica, ma è semplicemente il frutto della nostra interazione. Siamo fortunati a poter vivere di questo.

AVETE RILASCIATO “GENESIS”, UNA TRACCIA IMPONENTE CHE SETTA I TONI DEL DISCO. COM’E’ NATA?
– “Genesis” è stata una delle prime canzoni che abbiamo scritto. E’ nata come una jam, come quasi tutte le nostre canzoni. Non accade spesso che qualcuno arrivi con un brano completo. “Ohms” è una di quelle eccezioni essendo una demo di Stephen, ma l’abbiamo riarrangiata completamente, il tempo era dimezzato rispetto alla versione che è finita su disco e il pezzo durava dodici minuti. Tutto il resto è frutto di jam ed improvvisazioni in sala. “Genesis” è uscita un po’ dal nulla, con il suo muro di chitarre e il bridge che unisce le due parti del brano. E’ una delle prime canzoni che ci ha fatto guardare negli occhi e che ci ha fatto capire “ci siamo”. In un certo senso è la scintilla che ha fatto accendere il fuoco su cui abbiamo costruito l’intero disco.

…DODICI MINUTI?
– Forse anche quattordici! Abbiamo dovuto per forza tagliarla e velocizzarla. Il resto è stato tutto un lavoro di litigi, risate e mestiere. Più risate che litigi.

HO LETTO CHE CI SONO SOLO DUE TRACCE CHE NON SONO FINITE SUL DISCO.
– Sì, non abbiamo scritto molti brani extra, ci siamo concentrati su un disco che potesse avere un inizio, un percorso e una fine, come dicevo prima. Di solito i nostri dischi sono di undici o dodici canzoni, questo ne ha dieci, è più conciso. Più diretto.

AVETE PRESO IN CONSIDERAZIONE UN LIVE IN STREAMING PER PROMUOVERE IL DISCO? NE HAI VISTO QUALCUNO E QUAL E’ LA TUA OPINIONE SU QUESTO TIPO DI EVENTI?
– La gente non vede l’ora di poter partecipare di nuovo ad un concerto, quindi questi eventi sono una bella cosa, avere delle tecnologia che lo permette è fantastico. Al momento non abbiamo preso in considerazione l’opportunità, speriamo di avere il via libera nel futuro prossimo e poter suonare i nuovi brani dal vivo ed incontrare nuovamente tutti voi.

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