DEICIDE – Cadendo da altezze sconosciute

Pubblicato il 01/05/2024 da

Se non si può dire che “Banished by Sin” ci abbia entusiasmato, arrancando nel tentativo di risollevare le quotazioni in studio del brand Deicide, parlare con un musicista del calibro di Steve Asheim è sempre un piacere.
Il Nostro, da anni leader silenzioso del gruppo di Tampa, si presenta come l’esatto opposto del suo sodale Glen Benton: affabile, disponibile, genuinamente entusiasta del proprio lavoro. Un tipico americano del Sud, insomma, il cui approccio gioviale e rilassato non tarda a manifestarsi nel momento in cui lo contattiamo su Skype a qualche settimana di distanza dall’uscita del disco, il tredicesimo di una carriera (nel bene e nel male) fra le più discusse nella storia del death metal…


COMINCIAMO DALLA PRIMA GRANDE NOVITÀ DELL’ALBUM, OSSIA L’INGRESSO DI TAYLOR NORDBERG COME CHITARRISTA AL FIANCO DI KEVIN QUIRON. COM’È ENTRATO A FAR PARTE DELLA FORMAZIONE E CHE TIPO DI INPUT PENSI ABBIA DATO ALLA VOSTRA MUSICA?
– Ho incontrato Taylor circa cinque anni fa. All’epoca faceva il sostituto al basso in una cover band che avevo messo in piedi con Rob (Barrett, ndR) dei Cannibal Corpse. Nulla di serio, solo un pretesto per divertirci e cazzeggiare nei fine settimana.
Ad ogni modo, all’inizio pensavo fosse solo un bassista. Poi è saltato fuori che viveva nello stesso quartiere di Glen con Jeramie (Kling, ndR), insieme al quale suonava anche nei The Absence. Jeramie, oltre ad essere un musicista instancabile, gestisce uno studio di registrazione, e in quel periodo ci stava dando una mano con alcune tracce che dovevamo pubblicare. Non mi ricordo esattamente per cosa, ma avevamo bisogno che alcune parti di chitarra fossero sistemate. Così Taylor si è messo in mezzo e, nel giro di pochissimo, ha rassettato il tutto.
A quel punto, ci siamo guardati dicendo “Wow, questo ragazzo è davvero bravo!”. Credo ci abbia aiutato con gli assoli di “Homage for Satan”, ma potrei sbagliarmi. È stato naturale chiedergli di suonare con noi dal vivo, e lui si è subito mostrato entusiasta all’idea. Quindi si può dire che sia successo così, per caso. Non era previsto che intervenisse in studio, né che iniziasse a tenere concerti con noi o che incidesse un disco, ma ha funzionato tutto alla grande. È una persona fantastica, divertente da frequentare, oltre ad essere ovviamente un chitarrista e un songwriter di prim’ordine. Quel ragazzo sa fare tutto.

L’HO MOLTO APPREZZATO NEGLI INHUMAN CONDITION…
– Sì, sono davvero bravi. Pensa che abbiamo suonato con loro… quand’era (ci pensa su, ndR)? Sì, nella primavera 2021, uno dei primi spettacoli a tenersi in Florida dopo il blocco della pandemia. Memori di quella volta, li abbiamo invitati con noi in tour qualche tempo dopo.

STILISTICAMENTE, DOVE COLLOCHERESTI IL NUOVO ALBUM NELLA DISCOGRAFIA DEI DEICIDE? PENSO SIA UNO DEI VOSTRI LAVORI PIÙ THRASHEGGIANTI…
– Sì, non mi sento di dissentire, penso sia un buon amalgama dei nostri stili. Ci sono molti segmenti thrashy nel corso dell’album, su questo sono assolutamente d’accordo. È un disco divertente suonare.
Ascoltare il prodotto finito è stato molto soddisfacente questa volta: voglio dire, è sempre bello vedere un album prendere forma, ma penso che questo sia davvero un ottimo lavoro. Le voci, i testi, le canzoni, la musica, il lavoro in chitarra, il lavoro alla batteria… Mi sono divertito come un matto a suonare la batteria. Lo inserirei decisamente fra i nostri lavori migliori.

IL PRESS-KIT FORNITOCI DALLA REIGNING PHOENIX MUSIC DICHIARA CHE TUTTI HANNO CONTRIBUITO ALLA STESURA DELLE CANZONI, SIA DAL PUNTO DI VISTA MUSICALE CHE LIRICO. NELLO SPECIFICO, CHI HA SCRITTO COSA?
– Personalmente, mi sono occupato della musica della title-track, di “Faithless” e di “Woke from God”. Sono sicuro invece che Kevin abbia composto “Sever the Tongue” e “The Light Defeated”, mentre Taylor la canzone che apre il disco, “From Unknown Heights You Shall Fall”. Sul resto, dovrai perdonare la mia pessima memoria (ride, ndR).
Ognuno comunque ha portato la musica per circa tre brani. Kevin e Taylor hanno anche scritto qualche testo, mentre su quel fronte io non ho fatto nulla. Diciamo che le liriche non sono il mio forte. Penso che leggendole il primo pensiero di una persona sarebbe “Non ho mai letto niente di più banale” (ride, ndR). La scrittura dei testi non è sicuramente il mio cavallo di battaglia. Preferisco concentrarmi sulla musica e su altri aspetti legati alla gestione della band.

JOSH WILBUR NON È ESATTAMENTE UN NOME NOTO PER IL SUO LAVORO NELLA SCENA DEATH METAL, AVENDO COLLABORATO PRINCIPALMENTE CON BAND COME KORN, LAMB OF GOD E TRIVIUM. COM’È STATO LAVORARE CON LUI? HA CAPITO SUBITO LE VOSTRE ESIGENZE?
– Il disco è stato registrato in Florida, negli studi di Jeramie. Josh non è entrato in gioco finché non abbiamo iniziato a cercare qualcuno per il mixing e il mastering. In realtà, non l’ho neanche mai incontrato di persona. So che Glen ci ha parlato diverse volte durante il mixaggio, e ho intuito che si sono trovati molto bene. E, ovviamente, ha fatto al 100% quello di cui avevamo bisogno per il suono dell’album.
Confrontato a tutti gli altri mix che abbiamo sentito, il suo era di gran lunga il migliore. Per il prossimo disco, potremmo effettivamente rivolgerci a lui anche per le registrazioni. Vedremo cosa succederà. In generale, penso che la nostra collaborazione sia partita col piede giusto.

LA RESA SONORA, IN EFFETTI, È NOTEVOLE. FORSE LA MIGLIORE DAI TEMPI DI “THE STENCH OF REDEMPTION”…
– Beh, grazie mille. Come ho detto, tutti nella band sentiamo di aver svolto un ottimo lavoro con questo disco. Molte cose fantastiche hanno preso forma. Ottime canzoni, ottimi testi, ottimi assoli. Le percussioni sono venute davvero bene. Le ho registrate rapidamente, e trovo che il risultato finale suoni molto naturale. Sono sempre felice quando le registrazioni prendono questa piega. Se si va veloci, significa che tutto sta filando liscio.
Anche Glen è stato fantastico con le voci… in generale, sono molto soddisfatto.

PASSIAMO ORA AL TOUR CELEBRATIVO DI “LEGION”. PER UNA VITA, AVETE SUONATO POCHISSIME CANZONI DI QUELL’ALBUM DAL VIVO, IMMAGINO A CAUSA DELLA LORO INTRINSECA DIFFICOLTÀ TECNICA. POI, ALL’IMPROVVISO, LA NOTIZIA DELLA TOURNÉE IN CUI LO AVRESTE RIPROPOSTO PER INTERO. VORRESTI RACCONTARCI I RETROSCENA DI QUESTO EVENTO COSÌ SPECIALE PER MOLTI FAN?
– Sì, come hai accennato, per anni abbiamo suonato solo alcuni pezzi di quell’album, i più semplici. Ricordo che negli anni ’90, con i fratelli Hoffman, non riuscivamo mai a far funzionare quelle canzoni, c’erano sempre attriti al riguardo. Non penso che quei ragazzi, Eric e Brian, riuscissero a suonare granché bene i brani di “Legion” dal vivo. C’era sempre qualche problema, ma non era mai colpa loro. Un modo piuttosto infantile di affrontare le cose.
Una volta presentatasi l’opportunità, abbiamo proposto le canzoni ai nuovi chitarristi e, dopo aver studiato a fondo i riff e le strutture, sia Kevin che Taylor ce l’hanno fatta alla grande. Dato che non suonavamo quei pezzi da un bel po’, anche Glen ha dovuto rimettersi a studiare. Un passo per volta, esercitandosi al basso e cantando i testi in studio, ha re-imparato tutto da capo.
Dal canto mio, suonare quelle cose non è mai stato un problema, quindi mi ci sono buttato a capofitto. È stato comunque necessario qualche mese di pratica per mettere tutto insieme, ma siamo riusciti rendere giustizia a quel lavoro in modo fantastico, secondo me. Portare “Legion” in giro per il mondo, il tutto sotto agli occhi degli Hoffman, è stato molto appagante e divertente. Hanno sempre pensato che avessimo bisogno di loro per realizzare quell’impresa, e questa è stata semplicemente la prova che si sbagliavano. Di sicuro, erano le ultime persone che si aspettavano l’annuncio di quel tour.
Il responso comunque è stato ottimo: la gente è accorsa in massa a vederci come non accadeva da anni, e mi sembra che abbia davvero apprezzato la resa live di quei pezzi. Siamo stati felici di regalare ai fan quell’esperienza.

RIMANENDO SU “LEGION”, PARLIAMO DI UN ALBUM UNICO E IRRIPETIBILE, UN VERO E PROPRIO PILASTRO NELLA STORIA DEL DEATH METAL. COSA RICORDI DI QUEL PERIODO DELLA VOSTRA CARRIERA? ERAVATE CONSAPEVOLI DEL PICCO APPENA RAGGIUNTO?
– Fin dalle prime sessioni di songwriting, avevamo capito che la musica sarebbe stata molto più tecnica rispetto a quella contenuta nel primo album. Eravamo consapevoli del taglio che stavamo prendendo, e volevamo sicuramente spingere in quella direzione. Per noi, non era altro che un passo in avanti nella musica dei Deicide, nel nostro modo di concepire e strutturare i nostri brani. Volevamo portare il nostro stile su un livello più tecnico, ma ancora oggi, riascoltandolo, è evidente come “Legion” mantenga intatta anche la brutalità. Non è così tecnico da diventare jazz, come i lavori degli Atheist. È ancora decisamente metal.
Penso sia stato un grande… tu l’hai chiamato ‘picco’. Ecco, con quell’album abbiamo raggiunto l’apice della tecnica e della violenza. Purtroppo, come dicevo prima, quando abbiamo cercato di suonarlo dal vivo non è andata molto bene, a causa dei problemi con gli Hoffman. E non è un caso che dopo sia arrivato un disco relativamente semplice come “Once upon the Cross”… almeno sapevamo che quei bambocci sarebbero stati in grado di suonare le canzoni dal vivo, senza lamentarsi. Ma sì, è stato sicuramente un periodo stimolante e interessante. Considera che per questioni di budget, quando eravamo in studio, non potevamo fare più di uno o due tentativi per suonare le varie parti in modo corretto.

NON C’ERA SPAZIO PER GLI ERRORI…
– Esatto. Quando registri dal vivo non c’è spazio per gli errori, o lo fai bene o sei fottuto. Sembreresti un mentecatto, altrimenti. Ma sai una cosa? Quello era allora e questo è anche adesso. L’importante è che siamo finalmente riusciti a portare quella musica sul palco. Se mi permetti, comunque, c’è voluto del tempo affinché le persone iniziassero ad apprezzare “Legion”. Non è stato un processo immediato. Negli anni ’90, gli ascoltatori non amavano quel disco quanto oggi.
Il tempo aiuta a rivalutare le cose, si sa, ed è stato un trentesimo anniversario incredibile. Trent’anni… se ci penso è una cosa pazzesca. È dovuta passare una vita, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

DOPO TANTI ANNI, QUAL È IL TUO GIUDIZIO SULLA SCENA METAL?
– Penso che il metal sia senza tempo. Voglio dire, quando ti guardi indietro e pensi ai fan degli anni ’80 e ’90, o all’heavy metal di quel periodo, vedi capelli lunghi, pelle e denim. Il ‘denim & leather’ ci ha riuniti tutti.
Se poi guardi alla scena attuale, le cose non sono cambiate più di tanto. È una dichiarazione di moda senza tempo. La musica stessa è senza tempo. Invecchia bene perché non invecchia affatto. È come se il tempo si fermasse nel mondo del metal, ed è una gran cosa. Se qualcosa funziona durerà, proprio come il metal. Voglio continuare a farne parte finché il fisico me lo consentirà. E sono contento che alcune delle band con cui sono cresciuto siano ancora in giro: Iron Maiden, Priest… mi spiace molto per Ozzy. È triste saperlo in quelle condizioni. Lo stesso vale per i Sabbath, che non ci sono più, o per Dio.
Molti gruppi e membri chiave sono morti. È triste, ma la loro musica continua a vivere. Speriamo che sarà lo stesso per noi, una volta che ce ne saremo andati.

I FAN SOGNANO DA ANNI UN TOUR DEI ‘BIG FOUR’ DEL DEATH METAL AMERICANO, CON VOI, OBITUARY, MORBID ANGEL E CANNIBAL CORPSE. PENSI CHE SARÀ POSSIBILE REALIZZARLO UN GIORNO O, QUANTOMENO, AVVICINARSI A QUALCOSA DI SIMILE?
– Ho sentito parlare di questa possibilità, e penso sarebbe fantastico riuscire a radunarci tutti in un unico pacchetto. Un buon punto di partenza sarebbe iniziare a farlo nella cornice di qualche festival. I promoter di un evento del genere saprebbero come gestire la cosa. Sarei più che felice di parteciparvi e portare il mio contributo. Sono sicuro che anche gli altri lo sarebbero. Sì, sarebbe uno spettacolo incredibile, un grandissimo tour. Sarei totalmente favorevole all’idea.

MI SEMBRA DI CAPIRE CHE TU SIA RIMASTO IN CONTATTO CON I MEMBRI DELLA VECCHIA GUARDIA. PRIMA CITAVI ROB DEI CANNIBAL…
– Paul (Mazurkiewicz, ndR) e Rob li vedo spesso, sono buoni amici. E anche i ragazzi degli Obituary, li ho incontrati non molto tempo fa. Eravamo ad un concerto. Mi capita anche di vedere Pete (Sandoval, ndR) e Dave (Vincent, ndR) di tanto in tanto, per altre cose. È bello uscire con quei ragazzi. Quindi sì, tutto è possibile. Sicuramente, siamo in buoni rapporti fra di noi.
È solo una questione logistica, assicurarsi che tutti, da un punto di vista finanziario, siano trattati con cura. Questi sono i dietro le quinte che gli organizzatori, i promoter e i manager dovrebbero risolvere. Ma, a livello personale, tutte le band vanno d’accordo, e sarebbe una cosa fantastica da mettere in piedi. È certamente possibile, se ci fermiamo a quell’aspetto.

I DEICIDE SONO SEMPRE STATI UN NOME POPOLARE ANCHE TRA QUEGLI ASCOLTATORI NON ESATTAMENTE DIE-HARD FAN DEL DEATH METAL. QUALE PENSI SIA LA RAGIONE?
– Non saprei. Le persone amano e sono attratte da quello che le colpisce di più. Di certo, abbiamo fatto la nostra parte per capirlo e per portarlo a compimento nella nostra musica. E il metal, per quanto simile possa sembrare, è un paesaggio diversificato di stili differenti. E così ognuno, nel suo piccolo, porta il proprio contributo sul tavolo.
Dal lato nostro, speriamo solo di continuare a raggiungere il maggior numero di persone possibile. Più fan ci sono, meglio è per noi. Più spettatori decidono di venire ai concerti, meglio è. Più album riusciamo a vendere, meglio è. Penso che comunque, finora, ce la siamo cavata abbastanza bene (ride, ndR).

UN’ULTIMA DOMANDA SU UNO DEI TUOI VECCHI SIDE PROJECT: GLI ORDER OF ENNEAD SONO ANCORA ATTIVI?
– Non proprio. Quel progetto, per quanto divertente fosse, potrebbe aver fatto il suo corso. Abbiamo inciso un paio di album, tenuto qualche concerto, ma ormai è passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ci abbiamo lavorato su. Penso siano ormai trascorsi dieci anni.
All’epoca, stavamo cercando di mettere insieme un EP, o qualcosa del genere. Avevamo quattro o cinque canzoni pronte, e avevamo anche iniziato il processo di registrazione, poi però lo studio ha chiuso, e così abbiamo perso il controllo su quei master. Stavamo pensando di riunirci e riprendere il discorso da Jeramie, dove abbiamo registrato il nuovo Deicide, ma vedremo. Sarebbe divertente, mi piacerebbe farlo, ma l’ultima parola spetta a Kevin, è lui che si occupa della band. Ne abbiamo parlato, ma non è un qualcosa su cui ci siamo effettivamente concentrati. Forse in futuro, chissà.

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