Creature della notte dalle molteplici striature e propensioni, i danesi Demon Head non hanno tremato al momento di dare un successore al fortunato “Viscera”.
A tre anni da quel disco, sfiziosa rivisitazione e approfondimento di sonorità gotiche e dark sotto la lente dell’heavy metal classico e del doom, il gruppo è tornato a farsi sentire con l’altrettanto valido “Through Holes Shine The Stars”: aumentando le dosi di death-rock e dandoci in pasto qualche melodia più ammiccante del solito, pur non lesinando in teatralità e atmosfere argutamente cinematografiche, i musicisti nordici hanno colpito nuovamente nel segno.
Alternando soluzioni dal taglio rock, che li avvicinano addirittura ai Baroness degli ultimi tempi, ombrosità assimilabili a quel del dark prog tricolore, metal corposo tra NWOBHM e Mercyful Fate, i Demon Head sono usciti con un altro album affascinante, da ascoltare con cura per carpirne integralmente le qualità e apprezzarne appieno lo spessore.
Della nuova opera e dell’attuale momento nella vita della band ci parla l’esaustivo cantante Marcus Ferreira Larsen, la cui voce spiritata e baritonale è una delle principali caratteristiche della formazione.
“VISCERA” HA RAPPRESENTATO UN IMPORTANTE PUNTO DI SVOLTA PER VOI, UN’OPERA NELLA QUALE AVETE ESPLORATO DIVERSE TIPOLOGIE DI SONORITÀ OSCURE, METAL E NON METAL.
PER “THROUGH HOLES SHINE THE STARS” QUALI ERANO LE VOSTRE INTENZIONI? UNA PROSECUZIONE DEL DISCORSO INTRAPRESO CON “VISCERA”, OPPURE QUALCOSA CHE FOSSE PIÙ DISTANTE DALL’IDEA DI SUONO DEL DISCO PRECEDENTE?
– “Through Holes Shine The Stars” è il nostro tentativo di essere più diretti e immediati, suonare con un piglio più rock di quello che possedeva “Viscera”. Già con quel disco eravamo intenzionati a esplorare diversi tipi di tonalità del dark rock, tuttavia il processo compositivo ci ha portato verso composizioni più introverse ed ermetiche di quanto fossero inizialmente le nostre intenzioni. Questo sia con i primi demo che con le voci.
Questa volta invece siamo effettivamente andati verso canzoni più scorrevoli, pur restando in quell’alveo di sonorità plumbee, che fanno parte della nostra identità sin dagli inizi e successivamente sono andate evolvendosi.
Ritengo che ad ogni disco abbiamo compiuto dei significativi passi in avanti, nel cercare nuovi suoni e nel migliorare il nostro modo di suonare, ma penso anche che con “Through Holes Shine The Stars” per certi versi abbiamo compiuto un lavoro di recupero, siamo tornati indietro, costruendo qualcosa di nuovo ripartendo dalle nostre fondamenta e da tutto quanto abbiamo creato nei dodici anni di vita dei Demon Head. Se dovessi indicarti quale sia stato il nostro ‘album di svolta’, ti direi “Hellfire Ocean Void”, più che “Viscera”.
DA ASCOLTATORI, L’IMPRESSIONE CHE ABBIAMO AVUTO È QUELLA CHE SIATE RIMASTI NEL MEDESIMO MOOD DI “VISCERA”, ANDANDO PERÒ AD ESPLORARE ALTRE ATMOSFERE ED ALTRI SUONI. IN QUESTO MODO, COME HAI DETTO ANCHE TU NELLA RISPOSTA ALLA PRECEDENTE DOMANDA, SIETE DIVENTATI PIÙ DIRETTI, ANCHE SE PER ALTRI ASPETTI IL VOSTRO STILE, ALMENO PER ALCUNE CANZONI, SI È FATTO ADDIRITTURA PIÙ INTANGIBILE, CON UN APPROCCIO ANCORA PIÙ PERSONALE ALLA MATERIA MUSICALE. QUALI SONO GLI ASPETTI CHE, ATTUALMENTE, PIÙ VI SODDISFANO DI “THROUGH HOLES SHINE THE STARS”?
– “Viscera” rimane un album importante per noi, specialmente per il modo in cui l’ispirazione ci ha trascinato nella scrittura; infatti è stata la prima volta che è sembrata provenire solamente dalle nostre conoscenze e dalle nostre abilità, non condizionata da fattori esterni. Quando puoi trovare creatività dentro di te e non necessiti di altra musica simile perché scocchi quella scintilla che ti permette di metterti all’opera, quello secondo me è il momento in cui una band riesce a camminare davvero con le sue gambe.
Penso che in qualche modo siamo riusciti a farlo già coi primi lavori, ma nel caso di “Viscera” per la prima volta siamo stati nella condizione di essere da soli con noi stessi, ‘da soli in una nave in mezzo al mare’, capaci di guardare al di sotto, al di sopra e dentro di noi in maniera totalmente autonoma.
Come detto prima, con l’ultimo disco volevamo un album di canzoni più incisive, estroverse, dotate dello spirito di un album classic rock o di heavy metal classico di qualche tempo addietro.
Alla fine, “Through Holes Shine The Stars” è stato scritto collettivamente da tutto il gruppo durante tre periodi di isolamento ben distinti, dove eravamo in un posto un po’ remoto e lontano da tutto. Quando lo abbiamo registrato, “Through Holes Shine The Stars” è diventato un vero ‘studio album’, nel senso che nonostante il grande lavoro compositivo già compiuto in precedenza, molto altro è stato fatto e aggiunto quando già eravamo in studio.
Questa cosa per fortuna non ha tolto nulla all’idea di un disco di forte e genuina energia, allo stesso tempo avvolto da un alone di misticismo.
ALCUNE CANZONI IN EFFETTI SONO PIÙ DIRETTE E FACILI CHE IN PASSATO, PENSO AD ESEMPIO ALLE PRIME DUE, “THE CHALICE” E “DRAWN DROWN THE SKY”.
STRANAMENTE, IL TIPO DI ATMOSFERA E LE LINEE VOCALI RICHIAMANO, ALMENO DAL MIO PUNTO DI VISTA, AGLI ULTIMI ALBUM DEI BARONESS. UNA BAND ABBASTANZA DISTANTE DA VOI COME SONORITÀ.
COME SI SONO ORIGINATI QUESTI BRANI E PERCHÈ SONO COSÌ DIRETTI E FACILI DA APPROCCIARE, ANCHE PER CHI MAGARI NON VI CONOSCE?
– Le canzoni di “Through Holes Shine The Stars” sono state scritte da diverse persone, così se è vero che ci sono state molte modifiche all’idea di partenza, a volte veramente tante e sostanziali, il riff principale o lo scheletro del brano provengono da un singolo individuo.
Le canzoni che hai citato sono tra le più veloci ed energiche del disco, pertanto è venuto naturale inserirle a inizio tracklist. Sono state composte principalmente da Birk (Gjerlufsen Nielsen, chitarrista ritmico e in alcune occasioni seconda voce, ndr) e Mikkel (Fuglsang, bassista, ndr), ricordo che qualcuno tra di noi ha affermato che “The Chalice” gli suggeriva un incrocio tra Scott Walker e gli Europe di “The Final Countdown”, mentre “Draw Down The Sky” finiva per assomigliare ai Mercyful Fate dei primi album e, almeno per le mie orecchie, si avvicinava al prog rock ottantiano.
Le linee vocali sono il risultato delle mie limitate abilità di cantante, e delle melodie che riesco ad ottenere per far funzionare al meglio una canzone. E, ovviamente, a volte puoi sentire le urla e il falsetto di Birk.
I Baroness sono un accostamento interessante, ne ho memoria come di un gruppo abbastanza progressivo negli arrangiamenti e che si muove parecchio tra scale minori, maggiori e dissonanze, che è poi in fondo un metodo utilizzato anche da Birk nell’arrangiare la musica che compone. Non è certamente una delle nostre primarie fonti di ispirazione, penso di non ascoltarli da quindici anni circa, forse dovrei ricominciare a farlo!
ALTRE TRACCE SONO NETTAMENTE PIÙ DOOM, PIENE DI MISTERO E CON OPPRESSIVE VIBRAZIONI GOTICHE: UNA DELLE MIGLIORI SU QUESTO FRONTE È “EVERY FLATWORM”.
È UNA CANZONE MOLTO DRAMMATICA E TEATRALE: RACCONTATE QUALCOSA DI PARTICOLARE QUI? QUAL È L’IDEA DIETRO LA SUA STRUTTURA, CHE PRESENTA UN’ALTERNANZA DI MOVIMENTI LENTI E PARTI, INVECE, MOLTO DIRETTE E FIERAMENTE HEAVY METAL?
– “Every Flatoworm” è una canzone frutto principalmente delle idee di Birk. Questo procedere della musica in maniera appunto lenta, faticosa, come se avanzasse nel fango, è ciò che ha ispirato inizialmente il testo.
Quando ho registrato le prime prove della voce per un demo, Birk ha modificato la canzone per adattarla meglio alle linee vocali. Durante questo processo ha riarrangiato il pezzo fino a farlo diventare un’epica cavalcata che parte lenta, e arriva fino a ritmi frenetici, quasi tipo Mayhem, esplodendo in una sezione che mi ricorda molto il black metal underground. Da qui arriviamo in un’altra sezione dove ci si muove avanti e indietro tra bellezza e disperazione, velocità e lentezza.
È un ottimo esempio delle abilità compositive e arrangiamento di Birk, il suo saper orchestrare della musica con una sua forte complessità, melodie dissonanti (il suo modo di suonare la chitarra in questa canzone andrebbe studiato da qualcuno), mantenendo tutto ciò scorrevole e addirittura orecchiabile. Il testo di “Every Flatworm” è uno di quelli che definisce i temi del disco, il suo principale flusso narrativo. È una disperata ricerca di significato, di fronte al vuoto e alle infinite domande che ci facciamo sulla condizione umana.
SONO CURIOSO SULLE DIVERSE VOCI CHE SI SENTONO DURANTE “DEEPER BLADES”. C’È UN OSPITE SU QUEL BRANO? PERCHÈ AVETE UTILIZZATO QUEL TIPO DI VOCALITÀ?
– In tutto l’album, puoi sentire me e Birk cantare assieme. Mi ha stupito e mi ha spiazzato, quando Birk ha registrato quelle linee vocali pazzoidi e malvage nel nostro studio domestico, durante due lunghe sessioni di registrazione. Una cosa magnifica. Negli ultimi due anni abbiamo provato questa interazione vocale in diverse occasioni dal vivo, Birk canta con me anche su brani più vecchi, ma solo su “Through Holes Shine The Stars” si prende la scena come dovrebbe.
Quando stavamo lavorando su “Deeper Blades”, il mio demo delle voci non mi soddisfaceva, non dialogava bene con la musica come avrei voluto. Le voci di Birk e il suo lavoro su quel brano gli hanno dato tutt’altra complessità armonica. Per le mie caratteristiche vocali, alcune melodie sono veramente difficili da sostenere, per via di questo timbro che sta un po’ tra il cantato heavy metal, un po’ in quello da crooner. Per questo motivo la voce di Birk colma questo vuoto e sono contento sia su come sia espresso così bene su “Deeper Blades”, così come abbia una sua centralità in altri punti dell’album.
NELLA TRACCIA CONCLUSIVA, “THIS VESSEL IS WILLING”, LE INFLUENZE DARK-PROG SONO PIÙ PRESENTI CHE NEL RESTO DELL’ALBUM, CON UN USO DEI SINTETIZZATORI CHE PUÒ RICHIAMARE QUELLO DEI GOBLIN E LE LORO COLONNE SONORE DI FILM DELL’ORRORE.
COME AVETE LAVORATO SU QUESTO BRANO? QUAL È IL SIGNIFICATO DEI TESTI?
– “This Vessel Is Willing” nasce dalla progressione ripetitiva di un singolo accordo, mentre il testo parla di una trasformazione e dell’essere pronti a diventare qualcosa di radicalmente nuovo. Ho pensato che sarebbe stato bello avere una canzone che poteva evolvere in una nervosa, rozza improvvisazione, con un finale che andava collassando violentemente, dopo un avvio piuttosto quieto. In studio, questa idea astratta è andata concretizzandosi benissimo, pervenendo a un risultato finale che ha sorpassato le nostre aspettative. Ti direi addirittura che è il mio pezzo preferito dell’album!
Birk ha registrato e poi modificato alcuni aspetti dei pattern di batteria, per farla suonare frammentaria ma molto ritmica, per concludere con questa chitarra molto dark nel finale, quella rappresentante l’avvenuta trasformazione. Infine Thor (Gjerluff Nielsen, chitarrista solista, ndr) ha preso l’archetto per suonare il violino e ha suonato una chitarra ribassata nelle tonalità su quel frammento; abbiamo concluso il lavoro con una lunga sessione notturna per la batteria, in quel caso suonata da Adam Ccsquele, e l’aggiunta del clarinetto, suonato dal nostro amico Jim Slade.
L’atmosfera finale è simile a quella che si potrebbe provare nell’essere risucchiati da un buco nero!
PER “THROUGH HOLES SHINE THE STARS” SIETE TORNATI A INCIDERE PER LA SVART RECORDS. C’È QUALCOSA CHE NON È ANDATO PER IL VERSO GIUSTO NELLA VOSTRA COLLABORAZIONE CON LA METAL BLADE PER “VISCERA”, OPPURE CI SONO ALTRE RAGIONI PER QUESTO VOSTRO RITORNO ALLA SVART?
– La Svart Records è la casa discografica che ha il più ampio e variegato catalogo tra metal, rock, punk e altro ancora, siamo felici di essere tornati a lavorare con loro. Siamo stati altrettanto contenti di aver fatto uscire un album per la Metal Blade e ci siamo confrontati con ottime persone anche in quel caso, soltanto che noi non siamo una metal band ‘mainstream’ e mai lo saremo, probabilmente, per cui una label come la Svart è più adatta a noi.
CI SONO CONTRIBUTI ESTERNI AL GRUPPO IN “THROUGH HOLES SHINE THE STARS”: PUOI INTRODURCI CHI SONO GLI OSPITI SUL DISCO E COME VI HANNO AIUTATO SU DI ESSO?
– Alcuni dei nostri amici più talentuosi sono venuti a farci visita in studio: Adam Ccsquele suona in Scimitar, Cuirass, Jesum Christum e altre band locali. È un grande musicista e una fonte di ispirazione per noi. Come già detto prima, ha suonato alcune parti di batteria su “This Vessel Is Willing”.
Anders M Jørgensen suona pure lui nei Scimitar, è una grande chitarrista e suona gli assoli di “Drawn Down The Sky” e “Frost”.
Jim Slade è il nostro esperto di clarinetto e sax, ha dato una mano significativa sulla maggior parte delle tracce del disco. È molto bravo e molto umile, quando le circostanze lo consentono suona con noi dal vivo.
IN QUESTO DETERMINATO PERIODO STORICO CI SONO TANTI ARTISTI CHE SUONANO HEAVY METAL DALLE FORTI INFLUENZE DEATH-ROCK, POST-PUNK E GOTHIC ROCK, COME ACCADE NEL VOSTRO CASO. C’È QUALCHE GRUPPO DI OGGI CHE CONSIDERATE A VOI AFFINE PROPRIO PER QUESTO MOTIVO?
– A dire il vero non penso che noi come Demon Head abbiamo molto a che fare con questi generi. Penso a noi come a una dark rock band oppure una heavy metal band, nient’altro.
Non conosco molti gruppi che abbiano un suono simile al nostro, mentre ci sono diverse band che mi piacciono con uno spirito o un approccio alla musica analoghi o vicini ai Demon Head. Per citarne alcune: Scimitar, Ill Wicker, Shaam Larein, Aptera, Grobian, Phrenelith, Of The Wand And The Moon, Riders Of Rohan, Offermose, Hexvessel, Henrik Palm.
A DIFFERENZA CHE NEL 2021, QUEST’ANNO POTETE ANDARE IN TOUR E PORTARE LA VOSTRA MUSICA DAL VIVO. QUALI SONO LE VOSTRE SENSAZIONI A RIGUARDO E COSA VI ASPETTATE DAI PROSSIMI CONCERTI?
– Non vedo l’ora di tornare a suonare dal vivo! Il tour inizierà il 20 settembre (l’intervista si è svolta all’inizio dello stesso mese, ndr), in questo momento ci stiamo preparando e provando spesso per arrivare pronti ai primi concerti. Più avanti spero ci sia occasione per altri tour e festival.
AL DI FUORI DEI DEMON HEAD, SIETE COINVOLTI IN ALTRI PROGETTI ARTISTICI, OPPURE TUTTE LE ENERGIE E L’IMPEGNO SONO CONCENTRATI SU QUESTO GRUPPO?
– Tre di noi hanno anche altri progetti musicali, per conto proprio, oppure lavorano in campo musicale come lavoro principale. I Demon Head sono qualcosa a cui tengo moltissimo, quando siamo assieme i nostri sforzi si concentrano per dare il massimo per la band.
Purtroppo viviamo in tre stati diversi, così per forza di cose c’è anche tanto tempo disponibile da dedicare ad altri progetti.