Nikita Kamprad è indubbiamente un ragazzo determinato. Coi suoi Der Weg Einer Freiheit è ormai in giro da una dozzina d’anni e nel tempo, quella che poteva essere una comune formazione dedita a miscugli di black metal, sludge e influssi ‘post’, ha ispessito il proprio repertorio, portandolo alla definitiva maturazione con l’ultimo “Nokturn”. Un album nel quale far erompere quella vena sperimentale ed intimista intuita nel precedente “Finisterre”, ma in quel caso rimasta solo abbozzata. Mentre l’ultimo lavoro, annunciato da una copertina intrigante nella sua algida semplicità, porta avanti una commistione di stili di limpido coraggio, senza che ciò vada ad annacquare o distorcere la personalità del gruppo. Nikita passa volentieri in rassegna con noi tutti i pensieri, le riflessioni e il lavoro che hanno condotto a “Nokturn”, per il quale prova una sacrosanta soddisfazione, nel vedere i suoi sforzi e le sue idee concretizzarsi pienamente.
PARTIAMO DAL TITOLO, “NOKTURN”, CHE RICHIAMA ESPLICITAMENTE I “NOTTURNI” DI CHOPIN. A COSA DOBBIAMO QUESTO ACCOSTAMENTO, COSA TI HA SPINTO A IMPRONTARE SU DI ESSI I CONTENUTI DEL NUOVO ALBUM?
– Sono un grande fan della musica classica, le composizioni di Chopin sono tra quelle che mi affascinano maggiormente. In particolare le sue ventuno composizioni per pianoforte, racchiuse nei “Notturni”. Collego una molteplicità di emozioni ad esse, con “Nokturn” ho inteso dare il mio personale tributo a Chopin. La musica per pianoforte è una delle più intime che esistano, allo stesso tempo è una musica vasta, di grande forza emotiva: riesce a suscitare un forte impatto, nonostante si basi su di un solo strumento, il pianoforte.
DEL SOGNO, DELLA DIMENSIONI ONIRICA, DELLA NOTTE, LE TUE PRINCIPALI FONTI DI ISPIRAZIONE PER IL NUOVO ALBUM, QUALI ASPETTI TI SUSCITANO MAGGIORE INTERESSE?
– Avevo da tempo il desiderio di scrivere un album parlando della notte. Normalmente, le mie attività per i Der Weg Einer Freiheit, che siano scrivere la musica, le liriche, la composizione in generale, sono cose di cui mi occupo di giorno. Quando dormi accadono cose diverse nella tua attività notturna, quando non te ne accorgi consapevolmente passano una gran quantità di pensieri e idee. Ho dovuto compiere uno sforzo per trasportare quel che avviene durante la notte, nei pensieri che ho quando sono sveglio, durante il giorno. C’è un episodio che mi ha colpito da questo punto di vista, nel corso del 2019. Ero nel letto, tra le quattro e le sei del mattino, in quella situazione dove non sai bene se sei desto o stai ancora dormendo; in quel momento mi è venuta in mente la struttura principale di “Immortal”, una delle canzoni più importanti di “Nokturn”. È un pezzo molto semplice, non ha una struttura chissà quanto articolata. Ero talmente coinvolto in esso durante quella specie di sogno, che appena mi sono svegliato completamente ho dovuto cercare un pezzo di carta e scrivere velocemente quello che mi era saltato in mente, per paura potesse svanire dalla mia testa. Quando ho scritto “Immortal”, ho capito che era il momento di osare, di provare a esplorare in profondità quel che è legato alla notte.
A PROPOSITO DI “IMMORTAL”, QUI COLLABORI CON DÁVID MAKÓ, MEGLIO CONOSCIUTO CON IL NOME DEL SUO PROGETTO NEOFOLK, THE DEVIL’S TRADE. COSA TI HA PORTATO A REGISTRARE UN BRANO CON LUI E COSA TI AFFASCINA DEL SUO STILE?
– Ho incontrato David per la prima volta nel 2018, mentre ero in tour assieme ai Crippled Black Phoenix. In quel tour The Devil’s Trade era il gruppo di supporto. Io normalmente non sono un grande fan di queste sonorità, ma il modo in cui David interpreta la sua musica mi aveva preso molto, mi ero subito interessato a quello che suonava. Il suo banjo, la sua voce, nonostante suonasse da solo riusciva ad avere un suono forte, pesante, che non faceva sentire la mancanza di altri elementi sul palco. Ci siamo conosciuti in quell’occasione e siamo diventati buoni amici. Ha partecipato al nostro tour del decennale, nel 2019, noi tutti nella band siamo molto legati a David. Così, quando si è trattato di scrivere il nuovo album, ci siamo chiesti come avremmo potuto farlo partecipare. “Immortal” sembra fatta apposta per la sua voce, siamo molto contenti che David abbia accettato il nostro invito a cantare in quella canzone.
IN “NOKTURN” NON VI SIETE AFFATTO FRENATI NELLA SPERIMENTAZIONE, ADOTTANDO SOLUZIONI CHE VANNO BEN DISTANTI DA QUANTO SIAMO SOLITI ASSOCIARE AL POST-BLACK METAL. PENSI CHE ABBIATE OSATO A SUFFICIENZA NEL DISCO, OPPURE C’ERANO ALTRE IDEE IN SERBO, CHE ALLA FINE NON VI SIETE SENTITI DI ESPORRE?
– La ragione per la quale il nuovo album suona molto differente da quanto abbiamo fatto in passato è che, già mentre stavamo componendo “Finisterre”, sentivo la necessità di introdurre nuove sfumature nel nostro suono. Avremmo voluto farlo già in “Finisterre”, solo che in quel caso non ho trovato il coraggio di farlo seriamente. Ho iniziato a chiedermi se alcune cose diverse dal solito sarebbero piaciute, se non avremmo finito per scontentare i nostri fan. Così mi sono detto che sarebbe stato meglio rimanere nel solco già tracciato, scrivere un album solido, nel nostro stile, e non provare a cambiare drasticamente. A distanza di tempo, pur piacendomi il nostro disco precedente, e pur essendo contento che abbia avuto in generale una buona accoglienza, so anche che “Finisterre” ha poco di innovativo. Stavolta ho deciso che non dovevo frenarmi, mi sono costretto ad osare. Ed è quello che è accaduto con “Immortal” o “Haven”, molto diverse dalle altre tracce.
COME ACCADUTO PER “FINISTERRE”, ANCHE IN “NOKTURN” CI SONO MOLTE VOCI PULITE. SONO DEL PARERE CHE SIANO DI QUALITÀ SUPERIORE DI QUELLE DELL’ALBUM PRECEDENTE. TI SENTI A TUO AGIO CON QUESTO STILE VOCALE, TI VENGONO NATURALI LE CLEAN VOCALS, OPPURE NECESSITI DI UN CERTO SFORZO, FATICA, PER RIUSCIRE A INTERPRETARLE AL MEGLIO DELLE TUE POSSIBILITÀ?
– Ho iniziato a cantare nel Der Weg Einer Freiheit nel 2013, “Stellar” è il primo album dove puoi sentire la mia voce. Da quanto canto, mi sono accorto che sono più interessato a cantare, che non a suonare semplicemente la chitarra. Continuo ad amare il fatto di suonare la chitarra, ma il cantato è il modo più immediato di esprimersi, di veicolare la propria visione artistica. C’è solo la tua voce, nessun’altra intermediazione tra te e chi ti ascolta. Mi accorgo di aver voglia di capire fino a che punto posso arrivare, con la mia voce, ho il costante desiderio di sperimentare altri approcci vocali e di verificare se funzionano o meno. Le voci pulite mi piacciono, presentano possibilità espressive più vaste delle harsh vocals, dello screaming, una forma di modulazione vocale che del resto continuo ad apprezzare e che mi consente comunque di spaziare parecchio. Sia all’interno della band, che da parte dei fan, finora questi tentativi di clean vocals sono stati apprezzati e la cosa mi fa ovviamente piacere.
RIMANENDO AL CANTATO, COME TI SEI SENTITO A CANTARE DUE BRANI IN INGLESE, MANTENENDO IL TEDESCO PER LE ALTRE TRACCE? NOTI DELLE MODIFICHE NEL MODO IN CUI LA MUSICA RISUONA, CAMBIANDO IL LINGUAGGIO DELLE PARTI VOCALI?
– Ad essere sincero, quando ho fondato la band ero sicuro che non avrei cantato in nessun’altra lingua che non fosse stata il tedesco. Ora sono passati dodici anni e anche il mio punto di vista sull’argomento è cambiato. Come per le clean vocals, la mia voglia di sperimentare mi ha portato anche a utilizzare l’inglese per le liriche. E proprio per le voci pulite, mi sono accorto che cantarle in tedesco può essere un forte limite. Il tedesco di per sé è una lingua dai suoni duri, ostici, va benissimo per lo screaming, mentre per il pulito finisce per distorcere il flusso della musica, per darle minore slancio. Così per “Immortal” ed “Haven” ho pensato che l’inglese potesse suonare meglio.
COSA HA GUADAGNATO LA MUSICA DEI DER WEG EINER FREIHEIT DALL’AVERE MAGGIORE COINVOLGIMENTO DA PARTE DEGLI ALTRI MEMBRI DELLA BAND NEL SONGWRITING, MENTRE IN PASSATO TUTTO IL PROCESSO COMPOSITIVO ERA CONCENTRATO SU DI TE?
– A dire il vero, il songwriting vero e proprio rimane ancora a mio totale appannaggio: le strutture base, le versioni demo dei pezzi, sono interamente farina del mio sacco. Quando ho completato la prima fase della composizione, sottopongo le mie idee al resto della band. La vera novità, per “Nokturn”, è il pieno coinvolgimento degli altri membri del gruppo nella registrazione e nella produzione. Tra settembre e ottobre ci siamo occupati della pre-produzione, suonando per una settimana live in studio le canzoni del nuovo album, tutti insieme nella stessa stanza. Volevamo verificare come suonassero i brani in un contesto live. Alla fine il disco è stato registrato così, live, registrando noi che suonavamo tutti insieme come fossimo stati in concerto. Ci siamo presi un bel rischio, ma per fortuna tutti quanti avevano imparato alla perfezione le loro parti, siamo stati molto professionali e precisi e il risultato finale ci ha soddisfatto in pieno. Abbiamo analizzato a fondo i pezzi prima di suonarli: anche se sto parlando di canzoni ‘mie’ quanto a scrittura, il modo in cui sono state suonate dagli altri ragazzi ha fatto sì che abbiano acquisito una personalità unica, così che stavolta si possa parlare di un vero lavoro collettivo nella realizzazione del disco. Se avessimo usato il metodo utilizzato per gli album precedenti, ossia la batteria suonata da Tobias, il nostro drummer, e il resto suonato interamente da me, ci saremmo trovati di fronte a un altro “Finisterre”. Non ci sarebbe stato quell’influsso portato da ogni singolo musicista sul suo strumento. Registrare “Nokurn” in questo modo gli ha dato tutt’altra freschezza.
COSA RICHIAMA IL MINIMALISTICO ARTWORK CHE AVETE SCELTO? NELLA SUA SEMPLICITÀ, PENSO DESCRIVA BENE I CONTENUTI DI “NOKTURN”.
– Sono contento ti piaccia. Stiamo ricevendo pareri contrastanti sull’artwork, ci sono anche persone che lo trovano poco adatto a una band black metal, che pensano non sia molto pertinente per il tipo di musica che suoniamo. Anch’io ritengo descriva bene l’atmosfera del disco. L’immagine scelta per la copertina fa riferimento alle prime ore del mattino, quando non è più notte ma il sole non è ancora così luminoso e c’è soltanto una flebile luce a far capolino. Quella che puoi vedere sulla cover di “Nokturn”. Quindi si tratta di un concetto semplice, quello della luce che interrompe la notte: eppure, guardando la copertina, il collegamento con la musica al suo interno è immediato.
ADESSO CHE AVETE CINQUE DISCHI ALLE SPALLE, COME VALUTI LE VOSTRE PRIME USCITE DISCOGRAFICHE E COME SPIEGHERESTI L’EVOLUZIONE COMPIUTA DAL DEBUT AD OGGI?
– Quando risento il nostro debutto, e l’abbiamo anche suonato per intero nel tour del decennale nel 2019, mi accorgo che oggi non scriverei più un album simile. Come musicista e come essere umano evolvi, quello che senti oggi non è quello che provavi dodici anni orsono. Mentalmente e fisicamente, oggi mi sento un’altra persona e questo si riflette nella mia musica. Quando risento il nostro vecchio materiale, mi rendo conto che appartiene al me stesso di qualche anno fa, faccio fatica a ritrovarvi quello che sono oggi. Allo stesso tempo, riascoltare i dischi dei Der Weg Einer Freiheit mi permette di immergermi nel momento in cui li ho scritti, mi ricollega a quello che stavo provando in quel periodo. Rimango orgoglioso di quello che ho fatto con la band, non penso arriverò mai ad odiare o ripudiare il mio operato con i Der Weg Einer Freiheit. Certamente, mi sento più a mio agio col materiale più recente, è quello che mi viene più voglia di suonare dal vivo, che meglio rappresenta la mia identità attuale.
RIFLETTENDO SULLA TUA PRODUZIONE ARTISTICA, QUALI PENSO SIANO LE PECULIARITÀ DISINTIVE DEI DER WEG EINER FREIHEIT RISPETTO AD ALTRE BAND?
– È una domanda a cui è difficile dare una risposta. Penso che la nostra musica sia capace di suscitare determinate immagini nella testa di chi l’ascolta, abbia un potere evocativo molto forte. Se ascolti la nostra musica e chiudi gli occhi, inizieranno a scorrere diverse immagini nella tua mente, come fosse un film. È un’impressione che ho io e che mi è stata confermata anche da altre persone. È un’abilità ovviamente condivisa con molte altre band, ma ce ne sono anche tante altre che questo potere evocativo non lo posseggono. In questi casi difficilmente riesco a provare una forte connessione con queste band, non si crea alcun feeling. Avere una connessione emotiva con altre persone tramite la musica è qualcosa di speciale. Anche se molti nostri fan non comprendono quello che cantiamo, data la lingua tedesca, sentono lo stesso un forte legame con la musica. È qualcosa a cui tengo moltissimo.
COME LA VOSTRA MUSICA DIMOSTRA, DI QUESTI TEMPI È POSSIBILE ATTUARE INTERESSANTI CROSSOVER CON MUSICISTI DI ESTRAZIONE E SENSIBILITÀ MOLTO DISTANTI DAL PROPRIO GENERE DI APPARTENENZA. SE DOVESSI IMMAGINARE PER IL FUTURO UN’ALTRA COLLABORAZIONE COME QUELLA AVVENUTA CON THE DEVIL’S TRADE, CON CHE TIPOLOGIA DI ARTISTA TI PIACEREBBE COLLABORARE?
– Mi piacerebbe molto, ad esempio, andare in tour con i Leprous. Ecco, loro sono una band con cui sento una forte connessione emozionale. Penso siano una delle migliori band in circolazione attualmente, hanno un drumming pazzesco ma, a dirla tutta, ciascuno di loro è un musicista pazzesco! Mi piacerebbe anche proseguire la collaborazione con Max Löffler, che ha disegnato l’artwork di “Nokturn” e quelli di “Stellar” e “Finisterre”, con lui riusciamo sempre a dare una forma visiva alle nostre idee sonore e ci ha disegnato anche molte delle nostre magliette.
COME ULTIMA DOMANDA, VOLEVO CHIEDERTI COME LA MUSICA TI AIUTA A VIVERE E SENTIRTI MEGLIO, IN SOSTANZA COME CONTRIBUISCE A MIGLIORARE LA TUA ESISTENZA.
– Mi ricollego a quello che diceva Chopin della sua arte, ovvero che ascoltarlo suonare al pianoforte serviva a capire cosa aveva nell’animo, senza dover ricorrere a spiegazioni, a parole, discorsi. Con la musica che suono, posso raccontare concetti più profondi di quelli che riuscirei ad esprimere con le parole. Esprimo segreti, cose intime, che in un incontro con una persona, o un’intervista, non riuscirei certamente a tirare fuori. La musica mi consente di parlare di cose che altrimenti rimarrebbero dentro di me.