DER WEG EINER FREIHEIT – La nostra forza interiore

Pubblicato il 24/10/2025 da

Non scopriamo oggi la rilevanza assunta dai Der Weg Einer Freiheit nel panorama black metal europeo. È almeno dal terzo album “Stellar” (ormai lontano una decina d’anni) che la formazione di Wurzburg si è tolta di dosso i panni della ‘promessa’ per diventare qualcosa di tremendamente concreto e affascinante nel panorama del black metal evoluto.
Dopo un buon disco di transizione come “Finisterre”, ecco che con “Nokturn” il quartetto guidato da Nikita Kamprad ha compiuto il passo successivo, ovvero annettere altre influenze, altre coordinate, al conosciuto alveo post-black metal. Compiendo ampie escursioni verso tonalità dark, neofolk, post-rock, utilizzando voci pulite e melodie più ariose, i quattro tedeschi hanno arricchito il proprio suono senza alleggerirlo o snaturarlo, regalandoci un’opera intensa e sfaccettata come mai prima di allora.
Con “Innern”, uscito a metà settembre di quest’anno, questo piccolo miracolo di equilibrio ed espressività si è compiuto nuovamente: un album, quest’ultimo, all’interno del quale la ferocia del black metal va a emergere orgogliosa, al pari di un’emotività profonda, che dà origine a cambi di umore repentini ma perfettamente calibrati, segno di una scrittura sempre più matura e sicura.
Nostro interlocutore in questa intervista è proprio il cantante/chitarrista, principale compositore, Nikita Kamprad, anche stavolta prodigo di dettagli sulla sua creazione e sulle motivazioni che guidano lui e gli altri membri della band nel produrre musica sotto le sembianze di Der Weg Einer Freiheit.

COMINCEREI L’INTERVISTA DA UNA FRASE CHE SI PUÒ LEGGERE NELLA PRESENTAZIONE DEL DISCO RIGUARDO ALLE TEMATICHE DEI TESTI: “UNA MEDITAZIONE SULLA SOFFEREZA, LA TRASFORMAZIONE, E LE FRAGILI PARETI DELLA PSICHE UMANA”. PERCHÈ PENSI SIA COSÌ IMPORTANTE PARLARE DI QUESTI ARGOMENTI?
– A mio parere, a maggior ragione in questi tempi frenetici, caotici e turbolenti, è più importante che mai riconnettersi con se stessi. O, per alcuni, persino scoprire quella connessione per la prima volta.
Quando gran parte di ciò che ci circonda nelle notizie, nei media e nella vita di tutti i giorni appare estremamente negativo, diventa essenziale spostare l’attenzione sugli aspetti positivi che portiamo dentro di noi: la nostra autostima, la nostra capacità di amare noi stessi e la forza che può nascere coltivando queste qualità.
Soffrire, dopo tutto, è inevitabile nella vita. Quello che importa è come decidiamo di reagire alla sofferenza, come le rispondiamo. Che si tratti di uno stato di difficoltà generale, manipolazione o di lotte più ampie che affrontiamo, per me questo album è stato un modo per riscoprire la mia voce interiore e la mia forza, che sentivo essere state gradualmente sepolte dalla costante negatività che ci opprime e finisce per avvelenarci.
“Innern” parla proprio di questo, del tornare a ciò che è reale e tangibile: la bellezza esiste nel mondo, nei suoi aspetti fisici e materiali e, cosa più importante di tutte, esiste tra le persone. C’è tantissima positività che merita di essere cercata, ma spesso internet e il mondo digitale mostrano l’esatto opposto. Credo che necessitiamo di rimanere consapevoli e attenti a non lasciarci catturare da questa distorsione e pensare che ciò che internet ci mostri di negativo rispecchi per forza la realtà.

“INNERN” PROSEGUE NEL SOLCO DI UN SUONO MOLTO SFACCETTATO E AMBIVALENTE, COME ACCADUTO NEL PRECEDENTE “NOKTURN”. CI SONO ANALOGIE CON QUEL DISCO, MA ANCHE IMPORTANTI DIFFERENZE.
NEL COSTRUIRE QUESTO NUOVO ALBUM, VOLEVATE MANTENERE ALCUNI PUNTI DI CONTATTO CON “NOKTURN”, OPPURE INTENDEVATE STARNE IL PIÙ POSSIBILE LONTANI?

– No, non direi che volessimo ‘fuggire via’ dal suono di “Nokturn”. Nella nostra discografia, ogni album ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione della band: non siamo una di quelle band che ad ogni uscita opera una svolta a centottanta gradi e rivoluziona la propria identità, non è il nostro stile, non è il nostro approccio. Allo stesso tempo, crediamo nell’innovazione, nella sperimentazione, provare qualcosa di nuovo è essenziale per la nostra crescita artistica.
Con “Innern” volevamo costruire qualcosa partendo da alcuni elementi già presenti nel disco precedente, che avevano dimostrato di funzionare bene ed erano stati apprezzati da chi ci segue.
Per esempio, l’introduzione di sintetizzatori di “Nokturn”, come le sperimentazioni su vari approcci vocali, sono aspetti che hanno ricevuto commenti molto positivi. Questi sono diventati per noi elementi chiave, sviluppati e ampliati nel nuovo album. Così, invece che allontanarci da “Nokturn”, “Innern” risuona come una sua naturale evoluzione.

NONOSTANTE QUESTA FORTE SPINTA EVOLUTIVA, IL BLACK METAL RIMANE PER VOI CENTRALE E SI PERCEPISCE ANCHE UNA NOTEVOLE CRUDEZZA IN ALCUNI DELL’ALBUM. PENSO AD ALCUNI FASI BRUTALI E VELOCI DELLA TITLE-TRACK OPPURE DI “XIBALBA”.
QUANTO È IMPORTANTE PER VOI RESTARE NELL’ALVEO DEL BLACK METAL, INCLUDENDO SÌ RIMANDI AD ALTRI MONDI SONORI, MA MANTENENDO INFINE UNA COSTANTE AGGRESSIONE E FEROCIA?

– Il black metal è sempre stato il fondamento della band, la sua base. Per me, personalmente, è il genere che ha il più profondo impatto emotivo sulla mia persona, più di qualsiasi altro stile musicale. Ecco perché continuiamo ad abbracciare gli elementi fondamentali del black metal nel nostro suono: i blast-beat, gli screaming, le chitarre in tremolo-picking e certe combinazioni di aggressività e melodia.
Allo stesso tempo, non descriverei necessariamente la nostra musica come qualcosa di così aspro e aggressivo nella sua essenza. Ad esempio, anche nel modo in cui ci approcciamo alla chitarra, evitiamo consapevolmente un suono di plettro troppo aspro o eccessivamente percussivo.
Abbiamo invece sviluppato uno stile molto particolare, suonando il plettro più vicino al punto in cui il manico incontra il corpo della chitarra: questo conferisce alle chitarre una qualità più orchestrale e stratificata, piuttosto che abrasiva. Quando questo modo di suonare si combina con i blastbeat, ovviamente, mantiene comunque la classica intensità del black metal, ma la nostra intenzione è spesso quella di rendere la musica ‘bella’, piuttosto che puramente brutale.
Naturalmente, abbiamo anche brani come “Eos” che puntano molto sull’aggressività, con una vocalità particolarmente malvagia, blast-beat veloci e un picking intenso. Ma prendiamo “Xibalba” come un altro esempio di quello che facciamo: mentre l’apertura è innegabilmente veloce e feroce, la sezione centrale si sposta verso un’atmosfera quasi cinematografica, più vicina a una musica basata sui sintetizzatori che non a un tradizionale passaggio black metal, focalizzato sui riff. Questo equilibrio tra aggressività e atmosfera è molto importante per noi ed è fondamentale per avere quel tipo di suono black metal che caratterizza i Der Weg Einer Freiheit.

RIMANENDO SU “XIBALBA”, DOPO UN INIZIO MOLTO HEAVY DIVENTA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIFFERENTE, INTRODUCENDO SOUNDSCAPE ETEREI E UN’ATMOSFERA GOTICA. QUAL È IL SIGNIFICATO DEL BRANO E IN CHE MODO LA MUSICA RIFLETTE IL SIGNIFICATO DEL TESTO?
– In realtà, credo avvenga il contrario. Nella maggior parte dei casi, la musica viene prima e il testo viene scritto dopo. Quindi, in questo caso, la musica non riflette direttamente il contenuto del testo. Per “Xibalba”, mi sono lasciato ispirare esclusivamente dalla parte strumentale del brano durante la scrittura delle liriche.
Al momento, tutti nella band ritengono che questo sia il pezzo più forte dell’album: non so dire esattamente perché, ma quando lo suoniamo dal vivo o lo proviamo insieme, crea naturalmente un’atmosfera così bella che ci si può immergere completamente. Gli ascoltatori ci hanno dato feedback simili: ritengono che questo brano si distingua dal resto dell’album. Anche con la sua lunga outro di quattro minuti, che ripete un singolo riff più volte, produce un flusso che ti fa perdere la cognizione del tempo e dello spazio.
È esattamente ciò che cerchiamo di ottenere con la nostra musica, soprattutto con questo nuovo album: creare uno spazio in cui l’ascoltatore possa lasciarsi andare, essere solo con la musica ed essere trasportato in un altro luogo e tempo.

IL NUOVO ALBUM CONTIENE PICCOLI-GRANDI ESPERIMENTI, ALCUNI DEI QUALI RIMANGONO, PUR ESSENDO UN PO’ FUORI DAI VOSTRI CANONI, SALDAMENTE ANCORATI A UNA QUALCHE FORMA DI BLACK METAL.
STO PENSANDO AD ESEMPIO A “FRAGMENTS”. NELLA SUA PRIMA PARTE, CON LE CHITARRE ACUSTICHE E LA VOCE PULITA, MI RICORDA ALCUNE COSE DEGLI OPETH, RIMANENDO INFINE UNA DINAMICA CANZONE DI BLACK METAL ATMOSFERICO. C’È QUALCOSA IN PARTICOLARE CHE CI PUOI RACCONTARE SU QUESTO BRANO E LA SUA STRUTTURA?

– Ricordo che “Fragment” è stato il quarto brano scritto per l’album. A proposito, l’album è stato scritto in ordine cronologico, quindi il primo brano in tracklist è proprio il primo a essere stato composto, e così via fino all’ultimo.
Dopo aver completato i primi tre brani, il nostro bassista di allora, Nicolas, disse che sentiva che l’album aveva bisogno di una canzone guidato da un ritmo di batteria molto forte. Quell’idea divenne l’ispirazione principale per la prima metà di “Fragment”.
La sezione iniziale presenta questo pattern di batteria terzinato, abbinato a un riff relativamente semplice, ma che trasmette molta atmosfera, soprattutto per la presenza della voce pulita, come da te menzionato. Questa sezione è stata molto importante, non solo per “Fragment” in sé, ma per l’album nel suo complesso, perché mi ha spinto fuori dalla mia comfort zone vocale e mi ha permesso di esplorare nuove modalità espressive.
La seconda metà della canzone, tuttavia, prende una direzione molto diversa: passa dalle atmosfere della prima sezione a un bridge più cupo e pesante, che riflette l’intensità del testo, e si sviluppa verso un momento culminante dove compare un lungo e potente urlo. Infine, si risolve nell’interludio di pianoforte sfociante in “Finisterre III”.
Non avevo pianificato questa progressione in anticipo: “Fragment” si è praticamente scritta da sola in un giorno. Soprattutto in termini di varietà vocale, lo considero uno degli episodi più ambiziosi e sperimentali dell’album.

IN TRACKLIST APPARE UN ALTRO CAPITOLO DI “FINISTERRE”, DUE MINUTI DI PIANOFORTE MALINCONICI E TOCCANTI. CHE TIPO DI CONNESSIONE PRODUCE QUESTA TRACCIA CON “FINISTERRE I” E “FINISTERRE II”?
– La ragione per la quale ho denominato quella traccia “Finisterre III” è molto semplice. È una strumentale di solo pianoforte, senza voce o testi, così necessitavamo di un titolo che potesse identificarla e distinguerla da tutto il resto. Considerato che “Finisterre II” su “Nokturn” era un’altra strumentale, ho deciso di continuare questa tradizione. Tutto qua.

COME ACCADUTO IN “NOKTURN”, UTILIZZI SPESSO LE VOCI, CON ECCELLENTI RISULTATI. TI SENTI ORAMAI COMPLETAMENTE A TUO AGIO A CANTARE IN QUESTA MANIERA, ALTERNANDO LE VOCI PULITE ALLO SCREAMING BLACK METAL?
– Ti ringrazio dei complimenti, fa proprio piacere riceverli. Le voci pulite sono sempre state una grossa sfida per me, sono un po’ fuori dalla mia zona di comfort e non è stato semplice iniziare a utilizzarle.
Ma se come musicista, come artista, non provi mai qualcosa di nuovo, se non azzardi, ti perdi qualcosa. Non c’è mai ‘il tempo giusto’ per fare una cosa, va provata e basta.
Il mio approccio con le linee vocali, in particolare quelle pulite, è di sperimentare e osservare non soltanto a come le persone reagiscono ma anche come mi sento io quando canto dal vivo. C’è un ampissimo campo da esplorare in questo senso, richiede costante pratica ed evoluzione. Per quest’album, mi sono esercitato con la voce pulita quasi ogni singolo giorno per sei mesi prima delle registrazioni, mi ci è voluto uno sforzo notevole per giungere fino a questo punto.
Sono elettrizzato dal fatto che alle persone piaccia come canto in pulito, perché tutte le volte che mi risentivo riuscivo solo a pensare: “È abbastanza buono così?”. Alla fine, si tratta di arrivare a un punto in cui ci si sente a proprio agio, e piace come si sta cantando.
Detto questo, le voci urlate, aspre, il tipico screaming black metal, rimane l’ambito dove mi sento più a mio agio. Canto in screaming da oltre dieci anni, quando lo faccio mi sento veramente ‘a casa’.

A PROPOSITO DI ALCUNI ASPETTI PIÙ SOFT DEL VOSTRO SUONO, IN ANALOGIA A “NOKTURN” CHIUDETE L’ALBUM CON UNA TRACCIA LONTANA DAL BLACK METAL, “FORLORN”, DALLE CARATTERISTICHE NON MOLTO DISSIMILI DA QUELLE DI “HAVEN”, CHE CHIUDEVA APPUNTO IL VOSTRO DISCO PRECEDENTE.
COSA PUOI DIRCI SU QUESTA CANZONE E PERCHÈ ANCHE STAVOLTA AVEVATE PIACERE A CHIUDERE LA TRACKLIST CON UN EPISODIO COSÌ TRANQUILLO?
– Come già detto, le canzoni dell’album sono state scritte in ordine cronologico, così come le trovi posizionate in tracklist. Quando ho terminato “Fragment” e il suo outro/interludio “Finisterre III”, ho sentito di aver espresso tutto quello che c’era da dire su questo disco. Percepivo però in quel momento una specie di vuoto, come se mancasse qualcosa: così ho chiesto agli altri ragazzi se avessero delle idee su come concludere l’album.
Allora Nicolas, il nostro chitarrista – che è sua volta un ottimo songwriter e produttore – ha suggerito di poter contribuire alla band con una sua canzone, cosa mai avvenuta in precedenza. Mi ha chiesto un’idea base sulla quale lavorare, così gli ho passato un breve pattern di chitarra acustica di quattro note, attraverso un semplice messaggio vocale. Quello è servito da intro per “Forlorn”. Da lì, Nicolas ha sviluppato la canzone nella sua interezza, ci siamo scambiati diverse idee sul suo sviluppo fino a giungere alla sua versione conclusiva.
Questa collaborazione tra noi due dà a “Forlorn” un suono leggermente differente da tutto il resto del disco, ma che penso che vada benissimo per chiudere “Innern”. In un certo senso, ha la stessa funzione di quella avuta da “Haven” per “Nokturn”, specialmente per l’uso delle voci pulite. Le liriche, scritte interamente in inglese da Nicolas, a loro volta si staccano dai temi dominanti negli altri testi, che ho scritto io. Tutti questi elementi fanno di “Forlorn” qualcosa di speciale e una perfetta chiosa al disco.

L’ARTWORK È STATO DIPINTO DA MAX LÖFFLER, DISEGNATORE ANCHE DI QUELLI DI “NOKTURN”, “STELLAR” E “FINISTERRE”. PER QUALI MOTIVI È AD OGGI IL VOSTRO ARTISTA PREFERITO PER RAPPRESENTARE LE IDEE VISIVE DEI DER WEG EINER FREIHEIT E QUAL È L’IDEA PRINCIPALE DIETRO L’ARTWORK DI “INNERN”?
– Per noi vale il principio di ‘non cambiare un sistema che funziona’. Gli artwork dei nostri ultimi quattro dischi sono riusciti benissimo, sono piaciuti molti sia ai nostri fan che ai giornalisti di settore, siamo stati molto felici di quanto siano stati apprezzati.
Conosciamo Max Löffler da vent’anni e siamo buoni amici. Vive abbastanza vicino alla mia città, ci possiamo incontrare di persona, questo rende la comunicazione tra di noi molto aperta ed efficace, quando parliamo dei nuovi artwork. Dopo “Stellar”, “Finisterre” e “Nokturn” era chiaro che volessimo proseguire a lavorare con lui.
Per “Innern”, Max ha prodotto quello che considero il suo miglior lavoro tra quelli svolti per noi. Siamo molto contenti non solo per la copertina, ma soprattutto per gli elementi aggiuntivi, specialmente quelli per l’edizione in vinile. Lì abbiamo una die-cut cover e una custodia interna che può essere capovolta e reinserita per rivelare un’immagine alternativa, creando una sorta di esperienza interattiva. Tutti questi dettagli sono riusciti benissimo, tutto questo ci ha rassicurato sul fatto che non avevamo bisogno di cambiare il nostro approccio sul piano visivo.

IN QUESTI ANNI AVETE AVUTO UN’ATTIVITÀ LIVE MOLTO INTENSA. VI HA AIUTATO A PRENDERE CONSAPEVOLEZZA DI QUELLO CHE FUNZIONA MEGLIO NELLA VOSTRA MUSICA, DANDOVI UNA PROSPETTIVA DIFFERENTE SUL METODO DI COMPOSIZIONE ADOTTATO?
– Suonare la nostra musica dal vivo, che sia davanti a fan di lunga data o a qualcuno che proprio non ci conosce, è sempre un’esperienza di grande valore per noi. Per esempio, durante il nostro tour con Igorrr e Amenra nel 2023 abbiamo suonato davanti a platee di duemila persone ogni sera, circostanza che ci ha introdotto a un pubblico completamente diverso da quello nostro abituale.
Suonare dal vivo ti dà la possibilità di ricevere una reazione immediata da parte degli ascoltatori, così puoi capire effettivamente cosa provoca quello che suoni. Certamente, ci piace prima di tutto comporre, produrre e suonare la nostra musica per noi stessi, per il nostro piacere, connetterci con le nostre creazioni e renderle il più piacevoli possibili. Ma condividere tutto questo durante i concerti è una parte altrettanto essenziale della nostra attività.
Una determinata canzone suonata dal vivo potrà apparire in modo diverso da come l’abbiamo percepita mentre la registravamo; alcuni brani che funzionano perfettamente in studio potrebbero assumere un carattere completamente nuovo dal vivo. I live ci permettono di esplorare questa diversa dimensione della nostra musica.
Per quanto riguarda la nostra attività concertistica, vorrei chiarire che, sebbene potremmo sembrare molto attivi, in realtà facciamo circa venti-trenta concerti all’anno. Nel 2023 abbiamo fatto un tour di sei settimane, che è stato intenso, ma abbiamo tutti quanti un lavoro a tempo pieno al di fuori della band. Questo limita la nostra capacità di fare tournée rispetto ai gruppi che fanno solo quello, quindi ci concentriamo sugli spettacoli più significativi, quelli che offrono una buona esperienza sia per noi che per il pubblico.
Amiamo esibirci in posti nuovi e raggiungere un’audience per la quale non abbiamo mai suonato prima. Ad esempio, quest’anno suoneremo in Turchia per la prima volta in assoluto, e l’anno prossimo abbiamo in programma di esibirci negli Stati Uniti e forse in America Latina. Questi tour sono spesso difficili da programmare, da incastrare rispetto alla programmazione delle date per l’Europa, ma cerchiamo di bilanciarli al meglio.
Il tempo e la logistica sono fattori limitanti, ma il nostro obiettivo è sempre quello di portare la nostra musica ovunque sia possibile.

OGNI ALBUM DEI DER WEG EINER FREIHEIT ESPRIME PENSIERI MOLTO PERSONALI, CHE VANNO IN PROFONDITÀ NEL VOSTRO SENTIRE E NEI VOSTRI PENSIERI, PER ESTRARRE LA MUSICA E LE PAROLE CHE POSSIAMO UDIRE NELLE VOSTRE CANZONI. DA QUESTO PUNTO DI VISTA, FINORA QUALE È STATO L’ALBUM PIÙ FATICOSO E DIFFICILE DA SCRIVERE?
– È una domanda molto difficile, non ho una risposta univoca da darti. Il mio obiettivo è sempre quello di rendere il processo di scrittura, creazione e produzione il più piacevole possibile. Quando arrivo a un punto in cui mi sento bloccato, insicuro su come completare una canzone, cerco di allontanarmene per un po’, cambiare ambiente o fare qualcosa di completamente estraneo alla musica. Spesso, quando torno all’opera, la soluzione si rivela spontanea.
Ad esempio, ricordo che “Gegen das Licht”, brano di “Noktvrn”, è stato particolarmente impegnativo da concludere. Ci sono voluti molti mesi per finirlo e ho faticato a trovare il modo di arrivare in fondo. È stato un processo estenuante, ma alla fine ho trovato una via d’uscita. Allo stesso modo, con “Innern”, il processo di scrittura è fluito naturalmente nel complesso, ma verso la fine dell’album, come detto, ho provato un senso di vuoto, incerto su come concluderlo. Collaborare con Nicolas su “Forlorn” ha fornito la soluzione perfetta.
Creare un album è un procedimento profondamente personale, richiede un’immensa energia mentale. Non è qualcosa che posso fare casualmente, parallelamente al lavoro o ad altri impegni. Richiede attenzione, concentrazione e spesso ha un costo. Ma è anche incredibilmente gratificante.
Scrivere testi mi permette di esplorare domande ed emozioni che altrimenti non condividerei con nessun altro, rendendola un’esperienza molto catartica. Quindi, se da un lato è impegnativo e faticoso, dall’altro è anche profondamente appagante.

COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE DAI DER WEG EINER FREIHEIT NEI PROSSIMI MESI?
– Il processo che porta all’uscita di un album è sempre estenuante ed entusiasmante. Ci sono aspetti molto positivi, ma anche momenti estenuanti. Nel complesso, però, tutto è filato liscio e siamo molto felici di aver pubblicato “Innern”. Ora possiamo concentrarci completamente sulle nostre attività live.
Dopo l’uscita del disco, intraprenderemo un tour promozionale in Europa con i nostri amici Heretoir. A fine novembre suoneremo il nostro primo concerto in assoluto in Turchia, oltre a un concerto gratuito a Budapest, entrambi presumo che saranno esperienze molto emozionanti. Più avanti nel corso dell’anno, suoneremo nella nostra città natale, Würzburg, e concluderemo così quest’anno così importante per noi.
Nel 2026 suoneremo il nostro primo concerto negli Stati Uniti, al Maryland Death Fest, a fine maggio, e speriamo di esibirci al maggior numero possibile di festival estivi. Spero anche di trovare un po’ di tempo per lavorare a nuova musica, perché, mentre ultimavo “Innern”, sentivo già l’impulso di iniziare a scriverne altra. Tuttavia, per noi, il processo creativo deve avvenire in modo naturale; non si può avere fretta e non deve essere troppo stressante.
La nostra priorità principale è portare la nostra musica nel maggior numero possibile di posti nel mondo e continuare a condividere queste esperienze con il nostro pubblico.

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