DESTRAGE – Menti aperte

Pubblicato il 03/07/2019 da

Ormai passati stabilmente da ‘next big thing’ a ‘current big thing’ della scena modern metal nazionale, i milanesi Destrage non smettono di stupire, collezionando il quarto capolavoro di file con l’ultimo arrivato “The Chosen One”. Dopo averne apprezzato la carica anche in sede live, abbiamo intercettato il singer Paolo Colavolpe, interlocutore estremamente piacevole e preparato anche quando si esce fuori dai confini della nostra musica preferita…

PARTIAMO DAL TITOLO DEL DISCO: CHI E’ IL ‘PRESCELTO’?
– Il prescelto è soggettivo, è la persona che decidiamo di essere in determinate situazioni, quando pensi che non possa arrivarti nessun aiuto da fuori: è nel momento di massimo sconforto che uno decide chi essere veramente, come in quei momenti della vita in cui per rialzarti devi decidere di cambiare qualcosa del tuo modo di essere o di vivere. Il “Chosen One” quindi non è nato con i mezzi ma con un obiettivo, mentre il “Gifted One” è l’altro lato della medaglia, ovvero chi è nato con un grande talento, e deve solo metterle in pratica. In realtà i due aspetti non sono mutualmente esclusivi, perchè in determinate situazioni della vita puoi essere l’uno o l’altro.

A LIVELLO DI BAND A CHI VI SENTITE PIU’ VICINI, AI ‘BENEDETTI’ O AI ‘PRESCELTI’?
– Ovviamente non era pensata in questa prospettiva, ma se dovessi ripensare agli ultimi anni direi che siamo molto più chosen che gifted, perchè siamo una band che cerca sempre di evolvere e di cambiare, difficilmente restando ferma, quindi con un approccio sempre in movimento.

SO CHE ASCOLTI MOLTA MUSICA DIVERSA, TRA CUI GENERI LONTANI DAL METAL COME L’HIP-HOP: IN QUESTA SCENA, CON CHI TI PIACEREBBE COLLABORARE ?
– Mi piacerebbe registrare un pezzo coi Dope DOD o con qualche artista dalla scena estrema dell’hip-hop. Apprezzo molto XXX Tentacion, Kendrick Lamar e Action Bronson, mentre in Italia mi piace il primo Salmo, peraltro anche lui grande fan dei Dope Dod, così come Gemitaiz e Mad Men. Come diceva De Sica in Enrico e Barabba “Leggo, mi informo e sono curioso”. Nel genere più mainstream, trovo che Anderson Paak sia un artista clamoroso, oltre che un frontman incredibile e anche un batterista di livello.

ASCOLTANDO OGNI VOSTRO DISCO NON SMETTO DI MERAVIGLIARMI DI COME SIATE SEMPLICEMENTE COMPLICATI…QUAL E’ LA VOSTRA FORMULA MAGICA IN SALA PROVE?
– La nostra dannazione è la paura di annoiarci, il non voler ripetersi: è un percorso che abbiamo sempre intrapreso e che ci fa andare avanti. E’ stato il nostro approccio anche su questo disco, ed è quello che vogliamo ricevere e dare come musicisti. Non è però un semplice collage, ma un processo creativo collettivo: abbiamo sempre odiato la musica progressiva che mette insieme diverse parti senza legarle, ma rendendo meglio sulle singole sezioni. Per fare un esempio, ammiriamo band come i The Ocean, gli And You Know Us by The Trail Of The Dead, i nostri amici Contorsionist… Da parte nostra l’unica formula che conosciamo è un continuo parlare e confrontarsi, ad esempio su come far evolvere un riff.

COSA CI PUOI RACCONTARE DEGLI OSPITI?
– Sono ragazzi che conosciamo da tanto tempo e finalmente siamo riusciti a collaborare. Siamo grandi fan degli Zu, quindi anche con Luca è stato facile trovarsi. Siamo molto contenti di averli con noi sul disco!

NONOSTANTE LA COMPLESSITA’ DEI PEZZI, IL MINUTAGGIO FINALE E’ ABBASTANZA CONTENUTO…
– Volevamo un disco che ci convincesse al 110%, quindi questo ci ha portato a scartare molto idee e anche alcuni pezzi, non perchè fossero brutti ma perchè non eravamo convinti dovessero far parte dell’album. Questo nasce dalla convinzione che non tutto debba essere messo su disco, anche perchè la fruizione della musica è cambiata completamente, andando sempre più verso una playlist. Purtroppo si sta un po’ perdendo il concetto di album, ma proprio perchè siamo ancora legati a questa modalità di fruizione sentiamo la responsabilità prima di tutto verso noi stessi di fare qualcosa che ci convinca in tutto e per tutto.

AVETE QUINDI AVANZATO MATERIALE PER QUALCHE BONUS TRACK / SPECIAL EDITION?
– Mai dire mai, ma per esperienza guardiamo sempre avanti, quindi finiamo col buttare via tutto dopo le sessioni di registrazioni. Anche se a volte si rischia di buttare via qualcosa di buono: ad esempio “Jade Place” doveva essere la bonus track giapponese, invece è diventato il singolo del nostro secondo album!

IN “RAGE MY ALIBI” SI SENTE QUALCHE INEDITO RETAGGIO NU-METAL…E’ UN GENERE CHE APPREZZATE?
– Per questioni anagrafiche siamo cresciuti negli anni d’oro del nu-metal, ma in generale direi che abbiamo tutti altri gusti. Detto questo, rispetto al resto dell’abum lo vedo semplicemente come un pezzo un po’ più oscuro e basato sull’elettronica fin dalle battute iniziali.

CHI E’ IL PROTAGONISTA DI “MR.BUGMAN”?
– E’ ispirata ad un mio caro amico, ed è dedicata a tutte le persone che devono per forza trovare qualcosa di negativo o un problema in ogni cosa che gli succede o li circonda: la vita è fatta di schiaffi e carezze, ma se non ti sai godere le carezze sarà sempre una vita di merda.

NELLA FOTO PROMOZIONALE SIETE RITRATTI CON LA PANDA GIALLA: QUANTO E’ IMPORTANTE PER VOI IL ‘MADE IN ITALY’, E COME VIENE VISTO ALL’ESTERO?
– La foto con la Panda è un’idea cromatica di Pietro Agostini, e il concept è legato a come certe volte ci si può sentire in certe situazioni mega-serie e patinate. Per noi la Panda gialla è legata alla consapevolezza di chi si è e delle proprie origini. Il made in Italy dal punto di vista del metal ha delle ripercussioni soprattutto per le band giovani, che si accorgono come fuori dalla loro saletta ci sia poca gente che ascolta questo genere. Allo stesso tempo, ti dico che se non fossimo stati italiani non avremmo mai fatto questa musica: pensa che, ad esempio, durante un tour coi Periphery ci hanno detto che hanno capito subito che eravamo italiani per lo stile, quindi onestamente non farei cambio con nessun passaporto perchè se no non saremmo più noi stessi.

SIETE ORMAI AL TERZO DISCO CON LA METAL BLADE: COME VANNO LE COSE CON LORO?
– Siamo molto soddisfatti soprattutto del loro approccio verso la nostra musica. Loro ci hanno messo sotto contratto ai tempi di “Are You Kidding Me? No” perchè avevano già capito cosa sono i Destrage e il nostro concetto di evoluzione di cui abbiamo parlato prima. Per quanto mi riguarda questo è quello che mi aspetto da un’etichetta, quindi per il momento non potremmo chiedere di meglio.

SE DOVESTE SCEGLIERE UNA FEATURE ITALIANA SUL PROSSIMO DISCO, IL FORTUNATO SAREBBE…
– Il primo che mi viene in mente Venerus, un ragazzo che è uscito da poco ma molto valido.

QUANDO NON SIETE IN SALA PROVA O SUL PALCO, DI COSA VI OCCUPATE?
– Io lavoro per un’etichetta discografica, Matteo è regista, Federico e Ralf vivono di musica e Gabriel invece è tour manager.

FINORA NON AVETE MAI REGISTRATO UNA COVER: COME MAI?
– Il problema è trovare la cover giusta: dev’essere un pezzo che piace a tutti e che potrebbe effettivamente rendere con il tuo stile, ma poi se trovi la canzone che ti piace hai paura di rovinarla… E’ una scelta difficile, ma ce la faremo (Risate, NdA)!

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