Puntualissimi nella loro tabella di marcia, i Devangelic si riaffacciano sul mercato a tre anni di distanza dalla precedente fatica in studio, riconfermandosi ancora una volta ai vertici della scena death metal tricolore.
Una band, quella guidata da Mario Giambattista (Vulvectomy) e Paolo Chiti (Antropofagus), fin qui protagonista di un’evoluzione lenta ma costante, che dai registri tipicamente brutali delle prime opere su Comatose Music ha saputo spostarsi su un suono più aperto e dinamico, il cui potenziale è stato dapprima sondato in “Ersetu” e poi esplorato convintamente da “Xul”.
Come ormai da prassi per Metalitalia.com, ecco a voi un’intervista per fare il punto della situazione in casa del quartetto, con il chitarrista/membro fondatore ancora una volta esaustivo e disponibile ai nostri microfoni…
“ERSETU”, IL VOSTRO DISCO PRECEDENTE, NONCHÉ ESORDIO SU WILLOWTIP RECORDS, USCENDO IN PIENA PANDEMIA NON È STATO PRATICAMENTE PROMOSSO DAL VIVO. COME VI SIETE SENTITI AL RIGUARDO?
– Purtroppo è stato un caso sfortunato di tempismo: l’album era pronto in ogni suo aspetto a gennaio 2020, e a quel punto ci siamo accordati con la Willowtip per un’uscita a maggio. Poco più di un mese dopo, quindi a metà febbraio, si è verificato il primo caso Covid in Italia che ha spalancato le porte al brutto periodo che tutti noi conosciamo. Fosse successo un mese prima, molto probabilmente avremmo tardato l’uscita di almeno qualche mese, anche se poi non penso sarebbe cambiato molto. Doveva andare in questo modo.
Nonostante non ci sia stato modo di promuoverlo con i dovuti live, posso dire comunque che ci riteniamo soddisfatti sia del lavoro svolto in studio, sia del livello di apprezzamento online da parte del pubblico; c’è stato un riscontro più che positivo. Guardando l’altra faccia della medaglia e volendo trovare un’altra nota positiva, posso dire che avendo già un quarto album fuori, il quale abbraccia il medesimo concept di “Ersetu”, con i prossimi concerti avremo modo di presentare i Devangelic in un’ottica diversa. Andremo dunque a promuovere esclusivamente brani delle ultime due uscite (“Ersetu” e “Xul”, appunto), essendo in qualche modo più legati tra loro dal punto di vista stilistico e ‘concettuale’. I brani dei primi due album, seppur molto apprezzati, credo che pian piano verranno accantonati, anche perché non li ritengo più in linea con l’immaginario della band.
GUARDANDOTI INDIETRO, COME RIASSUMERESTI L’EVOLUZIONE ARTISTICA DEI DEVANGELIC? DOVE PENSI SIATE MIGLIORATI MAGGIORMENTE E DOVE INVECE CREDI CI SIA ANCORA MARGINE DI CRESCITA?
– Credo che ad oggi siamo migliorati tantissimo dal punto di vista compositivo. Riascoltando “Resurrection Denied”, e mettendolo a confronto con il nuovo “Xul”, non c’è paragone, secondo me. Con questo non vogliamo rinnegare il nostro passato, ma sentivamo tutti il bisogno di evolvere mentalmente e musicalmente, anche per trovare nuovi stimoli compositivi e divertirci di più nel suonare i brani in studio e dal vivo.
Personalmente, ritengo che non si smetta mai di crescere musicalmente o di imparare cose nuove, quindi c’è ancora tanta strada da fare. Detto questo, con il nuovo album penso ci siano delle ottime basi su cui proseguire.
MAI COME QUESTA VOLTA, COPERTINA, MUSICA E TITOLI RIPORTANO ALLA MENTE I NILE. IN CHE MODO L’ASCOLTO DELLE LORO OPERE HA INFLUENZATO “XUL” E – PIÙ IN GENERALE – IL TUO MODO DI CONCEPIRE IL DEATH METAL?
– I brani di Xul sono stati scritti interamente durante la pandemia, tra il 2020 e il 2022. Il processo di scrittura è stato completamente naturale, nessuna forzatura, probabilmente per il fatto che eravamo tutti più ‘rilassati’ dal punto di vista mentale e totalmente privi di altri impegni (concerti, tour, organizzazione viaggi/spostamenti, ecc).
Ho trovato molto divertente sperimentare nuove soluzioni compositive, anche usando sample atmosferici e usando vari campionamenti di strumenti etnici per arricchire i brani. Essendo il compositore principale nei Devangelic, ti dico che i Nile li ascolto da sempre, chiaramente, e sì, ci sono delle influenze evidenti in “Xul”, ma credo ci sia anche molto stile Devangelic. D’altronde, è il mio modo di comporre. Sicuramente, ho semplificato tante cose nei pezzi rispetto al passato; ho cercato di creare canzoni con una loro identità, e credo che l’intento iniziale sia riuscito molto bene.
Sono sempre molto critico su quello che scrivo, soprattutto quando riascolto le nostre uscite, ma questa volta posso dirti che non cambierei nulla né dei brani, né della produzione. Personalmente, ritengo che le differenze con i Nile siano tante: innanzitutto, i brani dei Devangelic non sono così tecnici; forse i nostri possono essere più brutali? Non saprei. Inoltre, non abbiamo tre voci, e quella di Paolo è comunque inconfondibile e totalmente diversa dalle timbriche di Sanders e Dallas, quindi secondo me il richiamo ai Nile arriva più che altro dai titoli e – forse – dall’artwork. Anche il concept generale è diverso. Noi ci siamo orientati maggiormente verso il mondo e le tematiche dei Sumeri.
Ad ogni modo, credo che come Devangelic ci stiamo dirigendo verso una concezione più ‘classica’ di death metal. La differenza con il passato è notevole.
QUESTA VOLTA, OLTRE A COINVOLGERE IL ‘SOLITO’ STEFANO MORABITO, VI SIETE RIVOLTI A DAVIDE BILLIA PER LE REGISTRAZIONI DELLE VOCI E DELLA BATTERIA. QUALI NUOVI INPUT PENSI ABBIA PORTATO IN SENO ALLA BAND?
– Oltre ad essere un amico, Davide è un ottimo musicista, considerando le sue abilità non solo come batterista. La scelta di rivolgerci a lui per le registrazioni della batteria si ricollega all’evoluzione del nostro sound e del processo creativo nel suo complesso. Ci ha dato tanti ottimi suggerimenti su come arrangiare alcune parti, ha portato una nuova prospettiva sulle dinamiche ritmiche della band, e ha contribuito con alcune idee molto fresche alle armonie vocali e al sound generale della band, grazie alla sua esperienza in studio di registrazione. È stato molto utile e interessante lavorare con lui agli Mk2 Recording Studio di Ivrea.
Stefano invece è una garanzia; abbiamo lavorato insieme tante volte, ma penso che con “Xul” si sia superato. Abbiamo avuto un incontro preliminare prima di entrare in studio, abbiamo ascoltato insieme le pre-produzioni e ci siamo scambiati idee e suggerimenti sulla strada da percorrere per il risultato finale. Il processo è stato molto naturale e costruttivo.
SEMPRE PER RIMANERE IN TEMA DI COLLABORAZIONI, LE CHITARRE ACUSTICHE DI ALCUNE TRACCE SONO STATE INCISE DA MASSIMILIANO CIRELLI (HELION, HISS FROM THE MOAT)…
– Inizialmente, non erano stati previsti intermezzi musicali o tracce strumentali, però man mano che i brani venivano chiusi e ufficializzati sentivamo il bisogno di rendere il tutto più completo. Seguivo da tempo Massimiliano su Facebook e Instagram, sia per le band in cui milita, sia per i video in cui dimostra il suo grande talento alla chitarra elettrica ed acustica. Da lì mi venne l’idea di aggiungere qualcosa di diverso al nostro album, soluzioni e idee che non avevamo mai utilizzato fino a quel momento, interludi strumentali dalle sonorità arabeggianti che potessero arricchire il concept generale; così contattammo Max, che si mostrò subito entusiasta della proposta. Abbiamo lavorato bene insieme. Dopo alcune call preliminari per fargli capire ciò che avevamo in mente, ha colto in pieno le nostre richieste. Da parte sua c’è stata un’enorme disponibilità e professionalità.
Un mix secondo me perfetto di idee lo si può ascoltare in “Hymns of Savage Cannibalism”, nel quale abbiamo collaborato insieme; Max ha composto e registrato tutte le linee di chitarra classica, alle quali ho aggiunto campionamenti, suoni e sample vari che lo rendessero più completo. Sicuramente la nostra collaborazione non finisce qui.
DA UN PUNTO DI VISTA DEI TESTI, SU COSA SI CONCENTRA “XUL”?
– “Xul” è un termine sumerico usato per indicare il Male, ed è su questo aspetto che si basa principalmente il concept del nuovo album. Fondamentalmente, si tratta di un viaggio introspettivo in cui l’essere umano, fin dalla sua comparsa sulla Terra, è costretto ad affrontare i suoi demoni interiori; il Male visto come rappresentazione della dualità dell’uomo, il quale cerca di esorcizzare le proprie emozioni negative che però, come la Storia ci insegna, hanno quasi sempre la meglio e riescono a prevalere sulla debolezza umana.
Rivisto in chiave più moderna, ho deciso di usare questo termine – piuttosto semplice ma, credo, di grande significato emotivo – in riferimento al periodo buio che abbiamo attraversato negli ultimi anni; un periodo in cui tutti noi abbiamo dovuto fronteggiare i nostri demoni, quali paura, rabbia e depressione, e che molto spesso, purtroppo, hanno preso il sopravvento su tante persone. Paradossalmente, questo antico concetto oggi mi sembra più attuale che mai.
L’ARTWORK DI NICK KELLER È DAVVERO DI FORTE IMPATTO, E DÀ L’IMPRESSIONE DI BASARSI SU UNA SIMBOLOGIA SPECIFICA. QUAL È IL SUO SIGNIFICATO?
– Come per “Ersetu”, anche per “Xul” ci siamo affidati al grande Nick Keller. Ha catturato perfettamente il concept e dato vita alle nostre idee con un’opera d’arte eccezionale. Puoi vedere un demone gigante che stringe una figura umana, volendo rappresentare con questa scena gli esseri umani incapaci di superare le loro debolezze; i loro demoni interiori prevarranno sempre su di loro. Per questo artwork abbiamo lavorato con Keller per tirar fuori delle idee, scambiandoci tanti spunti via e-mail e inviandoci dei video in cui venivano descritti alcuni demoni sumeri; è stato un processo interessante oltre che divertente, perché in fin dei conti non erano così facili da replicare.
Il demone gigante si ispira a una divinità mesopotamica di nome Humbaba, ossia colui che provoca i terremoti, ed è rappresentata con denti di drago e una faccia ripugnante formata da viscere. Decisamente brutale!
AVETE ANCHE REALIZZATO UN VERO E PROPRIO VIDEOCLIP, PER IL BRANO “UDUG-HUL INCANTATION”. COM’È STATO LAVORARVI?
– È stata un’esperienza incredibile, in quanto non avevamo mai realizzato un video professionale. L’idea di realizzare un videoclip per questo brano c’era già da tempo, in quanto volevamo sorprendere il nostro pubblico promuovendo un brano lento, piuttosto insolito per i Devangelic. La scelta di lavorare con Martina e il team della Sanda Movies è stata piuttosto scontata, in quanto abbiamo sempre apprezzato i bellissimi lavori realizzati in questi anni per molte band importanti; essendo poi anche loro di Roma e dintorni, il tutto è stato molto più semplice da mettere a terra.
Ho presentato a Martina le mie idee preliminari e l’ipotetico storyboard che avevo in mente, e devo dire che insieme al suo team ha svolto un lavoro straordinario (basti pensare ai meravigliosi costumi utilizzati). Non era affatto scontato realizzare qualcosa di così bello con il nostro concept, ma ci sono riusciti in pieno e spero che il risultato sia stato apprezzato anche dal nostro pubblico.
È DA ANNI ORMAI CHE SI PARLA DI UN VOSTRO TOUR EUROPEO CON I DECREPIT BIRTH. PENSI CHE PRESTO O TARDI SI RIUSCIRÀ A CONCRETIZZARE?
– Speriamo! Per noi poteva essere un’ottima occasione sia dal punto di vista promozionale, sia da quello personale, ma purtroppo il Covid ci ha remato contro e non si è potuto realizzare. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
QUAL È L’ULTIMO DISCO DEATH METAL CHE TI HA DAVVERO IMPRESSIONATO?
– Nel 2022 sono usciti tanti bei dischi death metal, speriamo che il genere stia in qualche modo rinascendo dopo qualche anno di vuoto (a mio modo di vedere). I gusti sono chiaramente soggettivi, ma se devo citarti qualche nome in loop continuo nella mia playlist posso dirti l’ultimo Immolation “Acts of God”, il nuovo Antropofagus “Origin”, “Under Serpents Reign dei sardi Deathcrush e, in ambito death più brutale, “Extirpated Mortal Process” degli Stabbing.
Se parliamo di passato e volendo rimanere in casa, secondo me “No Waste of Flesh” degli Antropofagus, “The Vile Conception” degli Hour Of Penance e “Negative Prevails” dei Natron sono tre dischi death metal inarrivabili.
BREVE DIGRESSIONE: I VULVECTOMY SONO STATI RIMESSI IN PISTA CON L’AGGIUNTA DI MARCO COGHE ALLA BATTERIA. TI SARESTI MAI ASPETTATO TUTTO QUESTO HYPE NEI LORO CONFRONTI? CHE RICORDI HAI DI QUEL PERIODO DELLA TUA CARRIERA – DICIAMO FRA il 2007 E IL 2013 – QUANDO IL GRUPPO ERA IL TUO IMPEGNO MUSICALE PRINCIPALE?
– La storia (se così vogliamo chiamarla) dei Vulvectomy penso sia qualcosa di veramente divertente. Intendo dire che, quando iniziammo nel 2007, non avevamo esperienza di live e attività in studio, io in primis; forse Diego un po’ di più suonando già negli Stench of Dismemberment. Il tutto è iniziato quasi per gioco da un paio di brani che scrissi a tempo perso e che pubblicai strumentali sul nostro caro Myspace. Mi contattò Diego dicendomi che li aveva ascoltati e chiedendomi se potesse registrarci sopra le parti vocali. Accettai senza problemi, anche perché conoscevo le sue band (Penis Leech e Stench of Dismemberment, appunto). Qualche giorno dopo mi scrisse che stava provando a mettere su una band slam chiamata Vulvectomy e che cercava componenti. Di nuovo, accettai subito, anche perché venivo da esperienze musicali disastrose, gente poco seria con la quale avevo suonato e avevo voglia di cambiare aria. Praticamente i due pezzi strumentali che scrissi diventarono poi il primo promo ufficiale dei Vulvectomy… il resto penso lo conoscano in molti.
Abbiamo fatto tanti bei concerti e il pubblico ha sempre apprezzato le nostre release, e questo ci ha dato la forza per andare avanti. Purtroppo, nel 2015 c’è stato l’ultimo tour europeo e poi un lungo stop, dovuto principalmente al trasferimento di Diego in Cile. Per motivi logistici non abbiamo più continuato, anche se siamo rimasti sempre in contatto durante questi anni e l’idea di fare qualcosa di nuovo, compreso un album, c’è sempre stata.
L’ingresso di Marco è stato quasi inevitabile, suonando già con me nei Devangelic; è un ottimo batterista, serio e competente, quindi la collaborazione con Vulvectomy è venuta da sé. Con questa nuova formazione a quattro elementi abbiamo sicuramente più possibilità di suonare in bei festival, e qualcosa si già sta muovendo. Fortunatamente, nonostante il lungo stop, l’interesse per la band è sempre stato costante, e di questo siamo molto contenti e orgogliosi. Vogliamo regalare ai nostri fan un ottimo disco, già in lavorazione da tempo, stiamo ultimando gli ultimi dettagli prima dell’entrata in studio. Abbiamo firmato da poco per la DF-Booking, la quale credo ci aiuterà molto a trovare festival e tour quando avremo pubblicato il nuovo lavoro, il resto si vedrà col tempo.
QUALI SONO I PROGRAMMI DEI DEVANGELIC DA QUI AI PROSSIMI MESI?
– Sicuramente continuare la promozione online del nuovo album. Inoltre, avendo praticamente due dischi da portare in giro, abbiamo in cantiere diverse situazioni interessanti: innanzitutto, per la prima volta, avremo un bel po’ di date in Italia, poi con l’aiuto dalla nostra nuova agenzia di booking (Grave Sin Booking) stiamo provando ad organizzare un tour europeo a settembre, con qualche festival di contorno.
A maggio andremo per la prima volta in Sud America, più precisamente in Colombia per il Bogotà Grind Death Fest, dove saremo gli headliner del sabato. Abbiamo già alcune proposte per il 2024, alle quali lavoreremo dopo l’estate. Nel frattempo, come detto, ci concentreremo sul promuovere al meglio “Xul”.