“Ersetu” ha definitivamente ascritto i Devangelic ai nomi di punta della scena death metal nostrana. Un disco che, senza reinventare la ruota del genere o discostandosi dall’operato di certi nomi tutelari (Nile, Hate Eternal, Antropofagus, ecc.), ci presenta la band guidata dal chitarrista Mario Di Giambattista e dal cantante Paolo Chiti all’apice della forma e dell’ispirazione, finalmente pronta a discostarsi dal comunque apprezzabile passato oltranzista per abbracciare una formula più snella e ordinata, figlia di un evidente desiderio di crescita compositiva e personale che non potrà che portare grosse soddisfazioni. All’indomani dell’uscita dell’album, Metalitalia.com si è quindi rimessa in contatto con i Nostri per tastarne il polso e saperne di più circa questo piccolo concentrato di ingegno e brutalità…
BASTA POCO PER VEDERE IN “ERSETU” IL VOSTRO DISCO DELLA SVOLTA. QUANDO E PERCHÈ AVETE SENTITO IL BISOGNO DI CAMBIARE?
– Il terzo album rappresenta solitamente il disco della cosiddetta maturità, e credo che in buona parte abbiamo gettato delle basi per quello che saranno le prossime release. Sentivamo il bisogno non tanto di cambiare, quanto di evolvere il nostro sound in qualcosa di più particolare e personale. Sicuramente con l’album precedente, “Phlegethon”, seppur un bel disco per tutti gli appassionati del brutal death più tecnico e veloce, abbiamo abusato di certe soluzioni che poi anche in sede live abbiamo faticato a riproporre e che soprattutto (essendo alcune di esse molto frenetiche, intricate e particolari) non venivano recepite al meglio dal pubblico. Quindi, studiando una serie di fattori e concentrandoci maggiormente sull’aspetto live, abbiamo deciso di apportare delle modifiche al nostro songwriting generale. Oggi in ambito musicale, ancor di più in un genere selettivo come il death metal, è veramente difficile potersi distinguere all’interno della massa; noi abbiamo cercato di fare del nostro meglio per creare un sound più definito ed identificativo, e finora ho letto quasi solo commenti positivi al riguardo, quindi credo che sia la strada giusta.
IL SONGWRITING HA UN APPROCCIO MAGGIORMENTE VECCHIA SCUOLA RISPETTO A QUELLO DEI LAVORI PRECEDENTI. MENO RIFF, MENO CAMBI DI TEMPO, UNA RICERCA PIÙ INSISTITA DELLA FORMA CANZONE… IN GENERALE, MAI COME IN QUESTO MOMENTO, LA TECNICA SI PRESENTA AL SERVIZIO DEI PEZZI. COSA NE PENSATE E COSA HA COMPORTATO QUESTA SCELTA DA UN PUNTO DI VISTA DELLA COMPOSIZIONE?
– Stiamo invecchiando (ride, ndR). Battute a parte, diciamo che la ‘maturità’ è anche il capire cosa può piacere al pubblico, e come puoi riprodurre al meglio il tuo lavoro in sede live. Suoniamo e continueremo a scrivere musica principalmente per noi stessi, ma anche il pubblico e la sua eventuale reazione ad un nuovo album sono concetti che vanno considerati, e diciamo che con “Ersetu” abbiamo affrontato parallelamente questi elementi. Quando si è più giovani ed incazzati si tende ad accelerare sempre di più, ma poi, con il passare degli anni, dopo vari ascolti, magari ponendo l’attenzione su determinati dettagli, ti accorgi che puoi essere brutale rallentando i bpm, ed è quello che abbiamo iniziato a fare con “Ersetu”. Considera che le prime demo degli attuali brani erano molto sulla scia di “Phlegethon” ma poi, ragionandoci bene, suonandoli centinaia di volte, ci siamo resi conto che non era ciò che volevamo e abbiamo riscritto quasi tutto, lasciando veramente pochissimo di quelle idee iniziali. Abbiamo riarrangiato tutto e lavorato più ad un concetto di ‘canzone’ anziché ad un semplice susseguirsi di riff, cercando di dare ad ogni brano una sua forma e una sua identità, con degli elementi che potessero rimanere in testa più facilmente, con una struttura più semplificata rispetto al passato.
PER RIMANERE IN TEMA, DIVERSI PASSAGGI MI HANNO RICORDATO I MORBID ANGEL DI FINE ANNI ’90 O I PRIMI DISCHI DI NILE ED HATE ETERNAL. VI CI RITROVATE? QUALI SONO STATI I VOSTRI MODELLI DI RIFERIMENTO DURANTE LA STESURA DI “ERSETU”?
– Beh, tutti i gruppi che hai menzionato rappresentano una buona parte delle influenze del nuovo album, ma aggiungerei anche gli Hour of Penance (principalmente dell’era “The Vile Conception” e “Paradogma”) e ovviamente i Disgorge americani. Diciamo che l’intento dei ‘Devangelic 2.0’ è quello di fondere il lato brutale ed underground del sound Disgorge con le parti più melodiche e le strutture complessive di Nile, Hate Eternal, ecc. “Ersetu” rappresenta il primo passo verso questa nuova direzione. Consideriamo anche i nuovi elementi inseriti nei brani, come le doppie voci o gli assoli, che secondo me fanno da collante per il mix stilistico di cui ho parlato prima. Per i soli mi sono lasciato ispirare dallo stile di Trey Azaghtoth e Pat O’Brien, e penso sia evidente soprattutto in quello del brano “Upon the Wrath of Divinities”.
I DEVANGELIC SONO SOLITI VIAGGIARE A RITMI MOLTO ELEVATI, E ANCHE “ERSETU”, PUR CON QUALCHE BREAK, NON OFFRE DEI MIDTEMPO IN SENSO STRETTO. PENSATE CHE PRIMA O POI VI CIMENTERETE ANCHE IN QUESTO TIPO DI COMPOSIZIONI?
– Questo è un altro aspetto piuttosto importante per noi, ed abbiamo già iniziato a ragionarci su. Considerando che in tre dischi abbiamo utilizzato un solo brano in mid/low-tempo (“Of Maggots and Disease” da “Phlegethon”), posso dirti che nel prossimo album ce ne saranno sicuramente di più; abbiamo già tante idee in lavorazione, e da quel poco di concreto che c’è posso dirti che il songwriting generale sarà ancora più chiaro e definito.
ANCHE PER QUANTO RIGUARDA L’ASPETTO LIRICO, L’ALBUM ABBRACCIA TEMI INEDITI PER VOI…
– Già con “Phlegethon” avevamo affrontato tematiche diverse e particolari, considerando un elemento fondamentale della nostra storia come la Divina Commedia e sfruttando quella che è la parte più brutale ed oscura del suo concept. Nel caso di “Ersetu” abbiamo voluto parlare di aspetti storici più sofisticati, quasi mistici e filosofici, senza però abbandonare né l’aspetto religioso né quello crudo e truculento. Ad esempio, nel brano “Embalmed in Visceral Fluids”, viene descritto l’antico rituale dell’imbalsamazione e della mummificazione. Come tutti sanno, secondo le usanze del passato, una serie di procedure e trattamenti post-mortem rendevano sia il corpo che l’anima pronti ad affrontare quello che poteva essere il viaggio verso l’aldilà, ma nel nostro caso l’anima del defunto viene imprigionata nel sarcofago insieme al suo corpo ed è condannata ad un aldilà di sofferenza eterna anziché di redenzione. Ad ogni modo, lo spunto principale di “Ersetu” deriva dagli scritti di Zecharia Sitchin; basandosi su teorie bibliche e su misteriosi ritrovamenti archeologici risalenti alla civiltà sumera, egli afferma che l’uomo deriva da una razza aliena giunta sulla Terra in cerca di oro, necessario per l’atmosfera del suo pianeta di origine (Nibiru). Questi esseri costruirono un primo avamposto (noto come Eridu) nell’estremo sud della Mesopotamia, vicino alla foce del fiume Eufrate, e dopo aver osservato strani ominidi (presumibilmente homo erectus e/o homo habilis) ne manipolarono il DNA innestando porzioni di DNA alieno, generando così il ben più evoluto homo sapiens sapiens e da lì la prima civiltà umana della Storia. È sicuramente un argomento affascinante, che però non trova conferme scientifiche. Le parti che sollevano comunque degli interrogativi sono quelle in cui molte civiltà antiche (sumeri, egizi, civiltà precolombiane, ecc.), divise da migliaia di chilometri, pur non conoscendosi, presentano diversi punti di contatto, soprattutto su queste teorie di connessione tra alieni e umani. Basta pensare ai ritrovamenti di incisioni rupestri o di manufatti in cui sono rappresentati oggetti volanti e strane figure con caschi e tute spaziali che ricordano molto gli attuali astronauti. Quindi la domanda sorge spontanea: come potevano queste popolazioni sapere dell’esistenza di oggetti volanti e astronauti? Anche in numerosi testi sacri vi sono queste strane connessioni e citazioni: nell’Epopea di Gilgames, nel Ramayana (dove si parla di oggetti volanti chiamati vimana) o nella stessa Bibbia, dove nel Libro di Ezechiele sembrano esserci descrizioni di oggetti tecnologicamente avanzati… è un argomento piuttosto misterioso, che ho pensato potesse sposarsi bene con un nuovo concept stilistico e lirico della band. Lo approfondiremo sicuramente nei prossimi album, provando ad ampliare le nostre conoscenze in questione ed immergendoci ancora di più in questo concept.
STEFANO MORABITO E WOJTEK WIESŁAWSKI: SI PUÒ DIRE CHE A LIVELLO DI RESA SONORA NON ABBIATE BADATO A SPESE. IL PRIMO È UNA VOSTRA VECCHIA CONOSCENZA, MA COM’È RICADUTA LA SCELTA SUL SECONDO PER IL MASTERING DEL DISCO?
– L’album della maturità si vede (o per meglio dire si sente) anche dalla produzione, e per questo motivo ci siamo affidati a due studi top. Penso che il risultato finale parli da solo. Stefano, oltre ad essere un amico è un vero professionista, non ha certo bisogno di presentazioni, ma per chi ancora non lo conoscesse si occupa di produzioni importanti, soprattutto in campo estremo, presso i 16th Cellar Studio di Roma. Basti dire che ha lavorato con gente come Hour of Penance, Fleshgod Apocalypse, Hideous Divinity, Decrepit Birth e tantissimi altri, quindi è stato naturale rivolgersi a lui volendo una produzione di livello superiore per il nostro nuovo full. Sicuramente il suo aiuto, il suo orecchio e i suoi suggerimenti hanno contribuito a completare le nostre aspettative. La qualità che potete sentire in “Ersetu” è anche opera sua, quindi siamo felicissimi di aver lavorato nuovamente con lui dopo l’esperienza di “Resurrection Denied”, che era stato prodotto per intero nel suo studio. Per quanto riguarda il mastering finale, volevamo quel tocco di classe in più per raggiungere al meglio l’obiettivo prefissato. Abbiamo contattato diversi studi, ma dopo un attento esame abbiamo optato per gli Hertz. Sono stati superdisponibili ad aiutarci con le nostre richieste, ed è stato veramente difficile scegliere le opzioni che ci hanno inviato una volta ultimato il lavoro, erano tutte incredibili. Con un ascolto finale del mastering di nuovo ai 16th Cellar di Stefano, abbiamo optato per la versione migliore.
COSÌ COM’ERA STATO PER “RESURRECTION DENIED” (TOSHIHIRO EGAWA) E “PHLEGETHON” (KEN SERAFIN), L’ARTWORK DI “ERSETU” PORTA LA FIRMA DI UN ILLUSTRATORE MOLTO PERSONALE E RINOMATO. COME SI È SVOLTA LA COLLABORAZIONE CON NICK KELLER?
– Nick Keller è un artista con il quale volevamo lavorare già da tempo. Con il terzo album, un’etichetta diversa, diciamo anche con un ‘nuovo’ stile, era giunto il momento di avere un suo capolavoro per completare la parte visiva della nostra release. È stato superdisponibile a proporci le sue idee riguardanti l’argomento trattato, e penso che il risultato finale parli da sè. Ha lavorato all’opera d’arte che vedi per oltre un anno, ma l’attesa ne è valsa la pena! Credo che inizieremo una lunga collaborazione per i prossimi full. Ci piace l’idea di rimanere legati ad un singolo artista e sviluppare con lui un concept visivo che possa accomunare tutti i futuri artwork in un unico filo conduttore. Vedremo.
DOPO DUE ALBUM SU COMATOSE MUSIC, PER “ERSETU” SIETE ENTRATI NEL ROSTER DELLA WILLOWTIP RECORDS, TRA LE ETICHETTE PIÙ IN VISTA DEL SETTORE AVENDO LANCIATO E/O SCOPERTO GENTE COME ULCERATE, FLESHGOD APOCALYPSE E DEFEATED SANITY. COSA HA SIGNIFICATO PER VOI QUESTO TRAGUARDO? AVETE SENTITO QUALCHE FORMA DI PRESSIONE?
– Avendo in mano un prodotto migliore rispetto ai due precedenti, era necessario provare a fare un piccolo salto di qualità anche per il discorso etichetta e cercare qualcuno che potesse darci una spinta maggiore in termini di promozione e visibilità. A dir la verità abbiamo contattato pochissime etichette, ma la Willowtip è quella che ci ha convinto di più offrendoci un contratto migliore sia dal punto di vista economico che da quello promozionale, quindi la scelta è stata più che scontata. Inoltre, come hai già sottolineato, è una label che non ha bisogno di presentazioni avendo stampato delle pietre miliari del genere estremo come i debut album di Fleshgod Apocalypse e Ulcerate, passando per Defeated Sanity e Putridity, fino ad arrivare a Wormed e Malignancy (solo per citarne alcuni); siamo orgogliosi di far parte del suo roster. Sulla decisione di firmare per un’altra label, avendo comunque un rapporto di amicizia, oltre che professionale, con Steve (Comatose Music), posso solo dire che ne abbiamo parlato insieme spiegandogli le nostre motivazioni, e lui stesso ci ha incoraggiato a continuare augurandoci il meglio. È una persona eccezionale e un musicista eccellente, ed è normale avere un forte rapporto di fiducia nonostante le nostre strade si siano separate. Continueremo comunque a supportarlo.
POCHE USCITE A DISTANZA DI ANNI, MA UNA QUALITÀ MEDIA IN CONTINUA CRESCITA. PENSATE CHE I DEVANGELIC CONTINUERANNO A SEGUIRE QUESTA POLITICA?
– Finora la nostra caratteristica è stata quella di rilasciare un nuovo album ogni tre anni. Non è una scelta imposta, quanto piuttosto una casualità, ma direi che comunque è il giusto periodo per far uscire qualcosa di interessante senza far passare troppo tempo tra una release e l’altra. Non siamo una band mainstream, per cui anche se facessimo un album ogni cinque anni avremmo sempre lo stesso interesse. È importante, se non fondamentale, non far passare troppo tempo tra le varie uscite perchè c’è il rischio di non essere più sulla cresta dell’onda e quindi venire in parte dimenticati. Purtroppo oggi il pubblico ha costantemente bisogno di materiale fresco da ascoltare, come se non fosse già pieno di musica, ma sono le regole del gioco e, vuoi o non vuoi, vanno rispettate se punti ad avere un ritorno sia economico che di promozione e visibilità. Detto questo, non abbiamo nessun obbligo contrattuale nel dover rilasciare un album ogni tot anni, il tutto è avvenuto piuttosto spontaneamente, almeno fino ad ora. Magari più in la potremmo prendercela più comodamente.
COME AVETE SCOPERTO IL DEATH METAL E QUALI SONO STATI I GRUPPI-CHIAVE DELLA VOSTRA FORMAZIONE MUSICALE?
– Scambiando le vecchie cassette copiate con i nostri amici di scuola… bei tempi quelli! Come formazione musicale sicuramente i grandi classici e le pietre miliari del genere, per cui Cannibal Corpse, Obituary, Morbid Angel, Malevolent Creation e Immolation, per poi passare all’underground. L’influenza del brutal death americano è innegabile. È il genere che amiamo, lo ascoltiamo da sempre ed è quello che abbiamo sempre voluto suonare.
SAPPIAMO CHE UN NUOVO LAVORO DEGLI ANTROPOFAGUS È IN CANTIERE, MENTRE È DA TEMPO CHE SI VOCIFERA DI UN POSSIBILE RITORNO DEI VULVECTOMY. COSA POTETE DIRCI AL RIGUARDO?
– Ci piacerebbe tornare in attività con i Vulvectomy. È incredibile come a distanza di tanti anni dal nostro ultimo tour (2015) c’è gente che ancora ci chiede un nuovo album o quando torneremo a suonare live. Il discorso di fondo però è piuttosto semplice: la band è in standby principalmente per motivi logistici. Diego, il nostro cantante, vive ormai da anni in Cile, e capisci bene che è impossibile (o comunque troppo dispendioso) fare anche solo un festival singolo; al momento la situazione è questa, ma la band non è sciolta ufficialmente, quindi mai dire mai per un nostro ritorno improvviso anche con un nuovo album. Ad ogni modo, mi fa molto piacere che ci sia ancora un interesse forte e sentito per la band, soprattutto considerando che il mercato di oggi è sommerso di gruppi slam. Questa richiesta continua significa che un piccolo segno nella scena underground mondiale lo abbiamo lasciato, e ne andiamo fieri. Per quanto riguarda gli Antropofagus, attualmente stiamo lavorando ai primi otto nuovi pezzi, vedremo se ce ne saranno altri. Si è da poco conclusa anche la stesura dei testi; abbiamo tante idee ancora da sviluppare, ma nel frattempo posso anticiparti che sarà una via di mezzo tra “M.O.R.T.E.” ed “Architecture of Lust”, per cui credo (e spero) che piacerà parecchio.
QUALI SONO I VOSTRI PROGRAMMI PER IL FUTURO? DOVEVATE IMBARCARVI IN UN TOUR EUROPEO CON I DECREPIT BIRTH, MA SE NON HO CAPITO MALE –
COME DEL RESTO LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEGLI EVENTI ESTIVI – È STATO RINVIATO ALL’ANNO PROSSIMO…
– Costretti a rimanere a casa, causa pandemia globale, abbiamo dovuto posticipare al 2021 tutti gli impegni live già fissati per quest’anno, inclusa una data esclusiva negli USA al Chicago Domination Fest ed un tour europeo di supporto ai Decrepit Birth. Era l’unica soluzione da prendere, attendiamo dunque tempi migliori per riprendere con l’attività live. Per ora, l’unico modo di sfruttare al meglio il tempo a disposizione è quello di promuovere il più possibile il nuovo album attraverso i vari canali social e di mettersi al lavoro sul successore di “Ersetu”. Può sembrare assurdo considerando che il nuovo album è uscito da pochi giorni (l’intervista è di maggio, ndr), ma possiamo sfruttare il periodo di stop forzato in qualcosa di positivo iniziando a buttare giù tutte le idee ed iniziare a svilupparle. Quindi sì, ho già iniziato a gettare le basi per quello che sarà il quarto album dei Devangelic, sia dal punto di vista musicale che tematico, approfondendo molti argomenti interessanti sempre riguardanti il concept affrontato in “Ersetu”. Diciamo che sarà un 2020 meno attivo dal punto di vista dei concerti, ma attivissimo dal punto di vista creativo.