DEWFALL – Stupor Mundi

Pubblicato il 05/04/2019 da

A dispetto dell’età anagrafica della band, “Hermeticus” è solo il secondo disco dei pugliesi Dewfall, ma la bontà dell’opera è qui a dimostrare quanto i Nostri sono stati in grado di accumulare nel corso degli anni, come ci racconterà Flavio Paterno, chitarrista del combo, nel corso di questa intervista ricca e dettagliata. Il black metal suonato dalla band è epico e ricco di sfumature, ma la cosa che più colpisce è la sua capacità di essere riconducibile ad un filone anche melodico dai connotati geografici ben marcati: se da una parte la freddezza dei Dewfall è decisamente scandinava, certe soluzioni trasudano un calore e una passione istintivamente mediterranee, e il concept stesso trasuda un orgoglio figlio di radici ben connotate; un concept complesso e colto, come ci hanno spiegato i diretti interessati. 

PARLIAMO DI “HERMETICUS”. COME LO DESCRIVERESTE IN POCHE PAROLE AI NOSTRI LETTORI?
– Musicalmente possiamo definire “Hermeticus” come un classico mai ascoltato sino ad ora. Nel suo complesso si presenta come un codex epic black metal ispirato alla storia e al mito esoterico di Federico II di Svevia e ai misteri di Castel del Monte. Il primo concept album del suo genere dedicato alla figura dello ‘Stupor Mundi’.

COME MAI AVETE SCELTO LA FIGURA DI FEDERICO II E DI COSA VOLEVATE PARLARE UTILIZZANDOLA? QUALI ALTRE TRAME SEGUE LA STORIA DI “HERMETICUS”?
– Il personaggio storico del ‘Puer Apuliae’ tramandatoci da Federico II è icona e simbolo di un forte orgoglio nazionale e meridionalista. Il mito moderno lo dipinge con un tratto dicotomico di sovrano illuminato e custode di tradizioni occulte. Non potevamo non restare affascinati da questa figura che ha così misteriosamente caratterizzato la nostra cultura. Abbiamo così deciso di musicare la sua leggenda in un’opera che potesse anche comunicare l’antica eredità ermetica del nostro territorio, che è stato ancor prima quello di Federico II di Svevia, in cui storia e natura s’intersecano in trame dalle forti tinte esistenzialiste, mistiche, esoteriche e pagane. Gli otto episodi della narrazione di “Hermeticus” si rifanno alla numerologia magica che ricorre in maniera affascinante nel destino dell’Uomo e dell’Imperatore. Le canzoni si dividono poi in due capitoli principali, ‘Vivet Draco Magnus’ e ‘Vitae Mortisque Mysterium’, in cui si racconta rispettivamente l’epica esistenza terrena e il mito storico-spirituale e occulto dello svevo, nonché i luoghi significativi in cui si svolsero le sue vicende, tutt’oggi avvolti da un alone di mistero.

QUALI SONO STATE LE ISPIRAZIONI MUSICALI? COME DESCRIVERESTE IL VOSTRO GENERE AD OGGI?
– La musica dei Dewfall eredita prevalentemente la tradizione metal di matrice europea, ma in via del tutto naturale crediamo di riuscire a tradurla e a reinterpretarla secondo dei canoni stilistici personali, in una proposta artistica che per sonorità e tematiche ci sentiamo di poter semplificare come epic black metal. Ad ogni modo, tra le nostre influenze, oltre alle più esplicite partiture black ed heavy, confluiscono memorie di stampo progressive, ambient, classico-antico ed etnico, persino alcune venature di rock, punk e soundtrack, ma siamo molto attenti anche ai suoni che ci trasmette la natura.

NOVE ANNI TRA UN DISCO E L’ALTRO CON UNA DEMO IN MEZZO, COSA E’ SUCCESSO NEL FRATTEMPO?
– Subito dopo aver pubblicato il nostro primo full length “V.I.T.R.I.O.L.” nel 2009, il progetto ha conosciuto una pausa lunga più di due anni, a causa di impattanti contingenze professionali e trasferimenti in regioni lontane che smembrarono la line-up ed impedirono le attività promozionali. Sulla base di quanto continuava ad esistere in una dimensione più intima, si poté ripartire solo tra il 2011 e il 2012, materializzando le nuove idee nell’EP “Painful Death Lake” pubblicato autoprodotto nel 2013, ma con una nuova formazione che vedeva me come unico erede di quella originale, già in presenza di Vittorio, Saverio e Niko in pianta stabile, con i quali “Hermeticus” avrebbe successivamente preso forma e suono. Dopo aver dedicato tre anni alla stesura dei nuovi brani del concept e ad un’intensa attività live che ci ha fortemente amalgamati nonostante alcuni avvicendamenti dietro le pelli, tra il 2016 e il 2017 abbiamo iniziato a plasmare il nuovo disco in studio. Le sfumature che avrebbero potuto rendere la tela come la desideravamo erano molteplici, dall’ideazione alla realizzazione dell’artwork, dalle fasi di registrazione a quelle di produzione di missaggio e master, fino alla definizione del lancio del disco con il supporto della nostra nuova etichetta discografica Naturmacht Productions, che ha scelto di curarne la produzione e la distribuzione in formato fisico e digitale su scala internazionale.

SIETE CONTENTI DEL VOSTRO DEBUT ALBUM?
– “V.I.T.R.I.O.L.” è stato un lavoro importante per l’evoluzione del progetto Dewfall, un esperimento artistico che ha traghettato la band verso quello che attualmente esprime attraverso la musica di “Hermeticus”. “V.I.T.R.I.O.L.” è stato un collante per ripartire dal 2011 con alcuni dei membri dell’attuale formazione, ma i tempi erano ormai maturi per lavorare sui nuovi spartiti e puntare verso orizzonti più cupi ed ‘ermetici’.

COME MAI AVETE DECISO DI AVERE DEGLI OSPITI SULL’ALBUM? SI TRATTA DI UNA SCELTA ARTISTICA O DICIAMO ‘DI PIACERE’?
– E’ stata una piacevole scelta artistica. Azzardando, ma non troppo, un parallelismo con l’identità della corte federiciana, è possibile definire “Hermeticus” un progetto multiculturale dal respiro internazionale. Questo, grazie al coinvolgimento di diversi attori italiani e stranieri che hanno messo a disposizione il loro talento sui vari fronti. Aver ricevuto il contributo originale e genuino di artisti provenienti da esperienze musicali differenti, ma che da sempre godono della nostra ammirazione, ha rappresentato per noi una sincera dimostrazione di stima. Parliamo delle vocals di Davide Straccione (frontman di Shores of Null, Zippo) sul brano d’apertura intitolato “The Abomination Throne” e dell’artista norvegese V’gandr (Taake, Heilheim) sulla quarta traccia “Apud Portam Ferream”. L’attitudine nel prendere parte al nostro progetto, assieme alla cura nella particolarità delle interpretazioni offerte nei brani, hanno tradotto i sentimenti di amicizia e rispetto artistico che ci hanno legato nel corso delle numerose esperienze live condivise soprattutto con Taake e Shores of Null, oltre ad essere anche grandi estimatori degli Helheim. Ma entusiasmante per noi è stato anche l’aver collaborato con Herbrand Larsen (ex Enslaved, Audrey Horne) impegnato nella produzione del master del disco presso i Conclave & Earshot Studios di Bergen (Norvegia), e prima ancora con Andrea Lenoci che ha condotto le fasi di registrazione e missaggio del disco presso il Molotov Recording Studio di Cassano delle Murge (Bari). La dimensione visual e scenografica di “Hermeticus” ha poi coinvolto l’artista serbo Khaos Diktator (già autore per band internazionali come Horna, Nordjevel, Saor) per la realizzazione dell’artwork ufficiale, e l’illustratore friulano Manuel Scapinello che ha riprodotto con il suo tocco minimale le simbologie dei due capitoli di “Hermeticus” presenti sugli stendardi che utilizziamo durante i nostri concerti. I drappi sono stati successivamente lavorati sartorialmente dagli artigiani pugliesi di BlackSheep Store ed installati sulle strutture lignee scolpite da Woodartworks by Arcangelo Ambrosi, autore anche dell’asta microfono che riproduce il sigillo tratto dal nostro nuovo logo ad opera dell’illustratore ceco Vojtěch Doubek – Moonroot Art.

IL DISCO E’ IMPREGNATO DI UNA VENA MELODICA MOLTO MEDITERRANEA, QUANTO INFLUISCE LA PROVENIENZA GEOGRAFICA NELLA VOSTRA MUSICA?
– E’ un piacere ricevere questa impressione sulla mediterraneità delle nostre melodie. Siamo consapevoli che il nostro sound è velato da una drammaticità che va a caratterizzare il nostro songwriting. Credo che questo pathos espressivo sia tipico della italianità di alcune band appartenenti alla scena nazionale, un’eredità stilistica che mi piacerebbe ricondurre a quanto l’Italia ha bellamente prodotto in epoche a noi contemporanee nel mondo del cinema e del teatro, inconsciamente influenzata nelle intenzioni dall’estro di autori come Ennio Morricone, Nino Rota, Riz Ortolani, Piero Piccioni, Fabio Frizzi… solo per citarne alcuni. Alcune opere del nostro sottobosco nazionale credo che abbiano proprio questo come comune denominatore, una tipica drammaticità mediterranea.

SIETE STATI RECENTEMENTE IN TOUR CON I TAAKE, E AVETE SUONATO CON NOMI ANCHE MOLTO NOTI. COME VI VEDETE NEL VOSTRO ASPETTO LIVE?
– I Taake per noi hanno una valenza cabalistica. Più volte abbiamo condiviso il percorso dal 2014 ad oggi con Hoest e la sua falange avvolta dalle nebbie. In un certo senso, assieme a loro i Dewfall hanno scandito tappe importanti. Ultimamente ci siamo ritrovati a condividere l’esperienza della presentazione di “Hermeticus” durante il loro tour celebrativo per il ventennale di “Nattestid…”, in quattro date dedicate esclusivamente al pubblico italiano, che si sono inserite fra i sette appuntamenti della prima tornata promozionale del nostro nuovo disco, fra ottobre e dicembre 2018. La dimensione live è quindi per noi una componente irrinunciabile, che si tratti di tour, festival più impegnativi e dal respiro internazionale, o di eventi che ci coinvolgono nel mondo underground dove abbiamo l’opportunità di entrare più in contatto con il pubblico. Per noi sono occasioni di crescita artistica e di dialogo, dove oltre a nutrirci della vera essenza della musica e delle emozioni offerte dalle circostanze, cerchiamo di comunicare il nostro show curandone anche i dettagli scenici, questo grazie ad una elevata attitudine, sensibilità e attenzione al particolare che caratterizza i membri della nostra band. Proprio in questo periodo stiamo lavorando alla programmazione di nuove date promozionali e ci auguriamo di riuscire ad incontrare le combinazioni giuste per continuare a portarlo in scena in Italia e all’estero nel migliore dei modi.

COME SI SCRIVE UN ALBUM COME “HERMETICUS”?
– Ripensando ai luoghi visitati, scostando il velo del tempo ed immaginandosi in altre epoche, osando il mistero, interpretando il mito, osservando la natura e traducendo tutto questo in musica, parole ed immagini, concependo un’idea e allevandola coralmente per farla diventare un’opera da condividere.

QUAL E’ IL VOSTRO RAPPORTO CON L’ESOTERISMO?
– E’ un rapporto molto intimo, di osservazione ed introspezione. Nella sua dimensione letteraria nasce da una profonda ricerca consapevole sin dagli anni accademici, per quanto mi riguarda, dalla necessità decodificare ciò che è essoterico e che dovrebbe essere apparentemente più comprensibile, attraverso il mito, la magia, la storia e l’occulto. Da un punto di vista più corale e di gruppo, cerchiamo di trasmettere emotivamente le nostre antiche tradizioni e il nostro pensiero attraverso un rituale che si esprime in musica e con la musica, in cui le formule sono pronunciate anche attraverso i testi e le visioni simboliche.

L’ITALIA STA VIVENDO UN PERIODO MOLTO PARTICOLARE, CREDETE CHE GLI ARTISTI DEBBANO STARE ‘AL LORO POSTO’ O CHE L’ARTE E L’ATTUALITA’ POSSANO – O ADDIRITTURA DEBBANO – ANDARE DI PARI PASSO, NON PER FORZA POLITICIZZANDOSI MA NEMMENO IGNORANDO COSA SUCCEDE NEL MONDO ATTORNO?
– Penso che la musica, così come l’arte, debba essere innanzitutto libertà. La storia ci insegna che gli artisti, chi in maniera criptica, chi esplicita, sono riusciti ad esprimere il loro messaggio finale ed intimo all’interlocutore. È bene e responsabile essere uomini del proprio tempo, ed è importante che ognuno utilizzi il proprio talento per comunicare il proprio pensiero, ma personalmente sono più attratto da chi riesce a farlo con onestà intellettuale. Penso che bisogna essere consapevoli e padroni dell’argomento, che sia semplice narrazione, metafora, apologia, critica o denuncia. Per quella che è la nostra esperienza, in “Hermeticus” l’uomo ed imperatore Federico personifica una nostra personale visione del mondo attuale, in bilico su atavici dualismi manichei, ancora oggi irrisolti e forse irrisolvibili.

COME VEDETE OGGI LA SCENA MUSICALE ITALIANA RAPPORTATA AI COLLEGHI DEL RESTO DEL MONDO?
– Ritengo che l’Italia, nella nostra dimensione musicale, abbia dal canto suo la fortuna di continuare, ancora oggi, a poter contare su un importante contributo dei suoi pilastri storici, così come sul talento delle nuove generazioni. Per quella che è stata sinora la nostra esperienza nell’aver condiviso palchi e backstage con numerose realtà nazionali, capita spesso nei nostri discorsi ‘in famiglia’ di rimarcare quanto sorprendenti riescano ad essere alcuni nuovi progetti artistici che stanno emergendo negli ultimi anni dal nostro underground, e quanto bene riescano ad amalgamarsi con la scena estera, nonché a distinguersi per la loro identità. Penso che l’Italia abbia svariate opportunità, in termini di band, per meritarsi una maggiore presenza negli eventi internazionali, e che ultimamente possa coglierne altrettante nella geografia dei festival per coinvolgere maggiormente il flusso dell’audience straniero e locale entro i suoi confini.

GLI ULTIMI TRE DISCHI ACQUISTATI?
– “Ulykke” (Angantyr), “Kelle Surut Soi” (Havukruunu), “Arpitanian Lands” (Enisum).

AVETE LETTO QUALCOSA DI PARTICOLARMENTE ISPIRANTE DI RECENTE?
– Mi perdoneranno i lettori se non rivelerò tout court i miei ultimi titoli più ‘ispiranti’, ma rischierei di svelare troppo in anticipo alcuni dettagli preziosi sul nuovo album in lavorazione. Posso dire che attingendo da raccolte di leggende, romanzi e trattati su luoghi, personaggi ed epoche particolarmente importanti per la nostra tradizione storico-culturale, rispolvereremo ciò che è caduto nell’oblio e ne faremo ancora una volta allegoria, alimentando così i contenuti del successore di “Hermeticus” da esprimere a tinte oscure.

DOVE VEDETE I DEWFALL FRA UNA DECINA D’ANNI?
– Fra un disco e l’altro, impegnati in un tour celebrativo di “Hermeticus”, sebbene nel rispetto della sua numerologia, più che un decennale, sarebbe meglio immaginarlo da qui ad otto anni!

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