DEWFALL – Tra i misteri dell’Oscura Landa

Pubblicato il 18/02/2025 da

Il bello di un disco come “Landhaskur” dei Dewfall, è la percezione del lavoro certosino dietro alla produzione, tanto musicale quanto concettuale, lirica e artistica in toto.
Si avverte chiaramente il profondo studio della materia trattata, la passione per la ‘messa in scena’, per la scrittura, e anche in questa densa intervista con Flavio Paterno, chitarrista e compositore della band pugliese, e Vittorio Bilanzuolo, voce, riusciamo a percepire il fervido attaccamento al tema descritto.
Non di meno fa la musica, nell’aiutarci a smarrirci nelle terre oscure di questa Italia spaventosa e arcaica: il black metal dei Dewfall è epico, irruento, melodico e tradizionale, ma fresco e al passo coi tempi, capace di restare facilmente impresso grazie all’uso di strumenti arcaici e cantati in longobardo  e latino. Ma lasciamo che siano i protagonisti a raccontarci i retroscena della creazione del loro ultimo uscito!

 

SONO PASSATI CINQUE ANNI DAL DISCO PRECEDENTE, E SEMBRA CHE UN DISCRETO PERIODO DI TEMPO FRA UN ALBUM E L’ALTRO SIA UN PO’ UN VOSTRO ‘TRADEMARK’. COSA VI HA SPINTO A PRENDERE TUTTO QUESTO TEMPO, E COME AVETE TRASCORSO QUESTI ANNI?
Flavio: – Gli anni che ci conducono da “Hermeticus” (2018) a “Landhaskur” (2024) hanno conosciuto non pochi cambiamenti ed evoluzioni all’interno della band, a cominciare dalla line-up. Dopo un paio di avvicendamenti alle chitarre e alla batteria, la formazione ha riacquisito una nuova stabilità con l’arrivo di Nico Lassandro alle sei corde ed il ritorno di Ambrogio Locardo dietro le pelli (dopo alcuni anni dalla sua ultima apparizione con i Dewfall al tempo dell’EP “Painful Death Lake”, nel 2013).
Sebbene il tema del nuovo album fosse già in fase di studio e in corso di scrittura, a conti fatti, abbiamo iniziato a ricarburare a pieno regime a cavallo fra il 2022 e il 2023, recuperando la promozione di “Hermeticus” con alcuni live dopo i vari lockdown.
Nel 2023 ci siamo dedicati al consolidamento dei nuovi brani, ultimando la setlist. Siamo entrati in studio di registrazione all’inizio del 2024 (seguiti da Alessandro Memmi dello Spring Reverb Studio, Bari) e in un anno esatto la gestazione del nuovo disco si è compiuta, con le successive fasi di mixaggio (curato al britannico Chris Fielding, già producer per Drudkh, Winterfylleth, Primordial, Conan ed Electric Wizard), (e di mastering (come per “Hermeticus”, affidato ad Herbrand Larsen, ex-Enslaved, presso i Conclave & Earshot Studio, Norvegia, già sala di produzione per Enslaved, Gorgoroth, Taake, Helheim, Demonaz e altri).
Sul finire dell’estate abbiamo realizzato il videoclip sulle note del brano “Skalks”, seconda traccia del disco che presenta la presenza del throat singing di Ivan Eder dei NĀV, black metal band boema, che ha magistralmente interpretato anche il ruolo dello sciamano Othar.
La roadmap si è completata con l’artwork del disco a firma dell’illustratore serbo Khaos Diktator (al secolo, Stefan Todorovic, autore anche della copertina di “Hermeticus”) e con il lavoro realizzato da Sara Sostini (SavageArtworks) per lo stage visual e t-shirt sigil, entrambi soggetti legati al concept. Sono tutte talentuose collaborazioni di cui andiamo fieri e siamo molto grati a questi artisti per il contributo che hanno potuto offrire alla causa di “Landhaskur”.

“LANDHASKUR”, CRESCE MOLTO CON GLI ASCOLTI, SI ACCUMULANO SENSAZIONI E STRATI NON PERCEPITI IN PRECEDENZA. COSA PENSATE CHE RENDA QUESTO ALBUM SPECIALE RISPETTO AI VOSTRI PRECEDENTI LAVORI? COME DESCRIVERESTE L’EVOLUZIONE DEL VOSTRO SOUND?
Flavio: –  Ci fa davvero piacere sapere che l’album ti abbia trasmesso queste sensazioni. Significa che in un certo senso siamo riusciti a trasferire il carattere che contraddistingue una naturale evoluzione della band. Prendendo in esame gli ultimi lavori, la scrittura dei brani in “Landhaskur” è stata realizzata in un arco temporale più corto rispetto ad “Hermeticus”, l’ispirazione è stata molto più unitaria e questo, a nostro avviso, ha conferito una maggiore compattezza al disco, senza che ciò si traducesse in una semplificazione in termini riduttivi, bensì in una più consapevole maturità.
Nel nostro ultimo album abbiamo osato di più, adottando un cantato epico più polifonico e armonico, e facendolo dialogare maggiormente con le interpretazioni vocali più estreme. Pur mantenendoci su una solida base di blast-beat e grind, la nostra tradizione old-school ed heavy metal riemerge nelle solistiche ed in alcune strutture ritmiche in particolare, in cui anche il basso si esprime con un suo canone preciso, e dove la batteria conferisce un blend decisamente acustico e anni ’90.
L’adozione di un numero maggiore di strumenti tradizionali ci ha permesso, infine, di cesellare l’album con uno spirito folk personale e riconoscibile, richiamando alcune atmosfere già presenti in “Hermeticus”.
Vittorio: – Mi permetto di dire in primis che, considerata la velocità e la superficialità in qualche modo imposta dai tempi moderni, il fatto di essere riusciti a indurre tanti ad ascoltare ripetutamente l’intero disco, come la tua domanda peraltro conferma, rappresenta per noi un motivo di forte orgoglio e soddisfazione.
Rispetto a quanto già detto da Flavio, considero l’elemento del cantato polifonico quello che probabilmente ha segnato un passaggio più marcato rispetto alla nostra precedente produzione – personalmente dopo vent’anni abbondanti dietro il microfono ho dovuto imparare a cantare in pulito (ride, ndr) e sono molto contento che lo sforzo profuso anche grazie al supporto degli altri ragazzi della band abbia prodotto un risultato per noi davvero soddisfacente.

COSA VI HA ISPIRATO DAL PUNTO DI VISTA PRETTAMENTE MUSICALE? AVETE ‘UN FARO’ DA SEGUIRE O LA VOSTRA MUSICA VIENE ‘FUORI COSI” E BASTA?
Flavio: – La nostra musica emerge tendenzialmente come un’idea e un motivo nella mente, o direttamente sullo strumento in un dialogo intimo e solitario. Così come i nostri testi, spesso è affiorata in superficie ascoltando i suoni della natura o osservando il paesaggio, visitando un museo e studiando reperti di un tempo remoto, leggendo un romanzo o avvicinandoci ad un tema con approccio storiografico, attingendo dal mito o addirittura catturando le note da un sogno, come ci è successo in “Landhaskur”, nel caso dell’ultimo brano “Laur”. Questi bagliori vengono poi fissati su spartito e prendono forma in sala prove in una successiva fase di arrangiamento corale.

PARLIAMO DEL CONCEPT, CHE ESPLORA IL MEDIOEVO, I LONGOBARDI E I CULTI PAGANI. CI RACCONTATE UN PO’ I TESTI? 
Flavio: – “Landhaskur” è un racconto allegorico ambientato nell’Alto Medioevo, che traduce in maniera figurata molti temi e sentimenti personali e comuni al mondo attuale, ma che non nasconde un tributo al mito dei Winnili, nome ancestrale dei Longobardi, e l’eredità spirituale, culturale e linguistica con cui questo popolo ha lasciato traccia nella storia d’Italia.
Nel vocabolario della lingua italiana figurano circa trecento parole di origine longobarda, abbiamo quindi scelto di riportare alla luce l’antico idioma nel disco, affiancandolo al latino e ad inserti in italiano arcaico. L’antico longobardo si è rivelato particolarmente evocativo e musicale, per quelle che erano le nostre intenzioni letterarie e compositive: il titolo dell’album, delle sette canzoni e molti passaggi nei testi sono stati proposti in questa lingua.
“Landhaskur” si compone, per l’appunto, di due termini e vuol significare ‘Terra Oscura’, descrivendo non solo la penisola Italica così come la trovarono i Longobardi al loro arrivo, dilaniata da guerre ed epidemie, ma anche il nuovo velo di mistero che l’avrebbe avvolta di lì a poco, nel suo periodo storico apparentemente più buio.
Nel disco, oltre al discorso più storiografico ed epico affrontato nei brani “Fara” e “Lackeskur”, trattiamo temi come la schiavitù, in senso figurato in “Skalks” (schiavi) dove raccontiamo la leggenda degli Hàri (corpo militare legato agli antichi culti pagani ed arborei), la solitudine e lo smarrimento in “Laur” (vuoto), il giudizio ed il pregiudizio in “Maska” (strega), brano che narra antiche ordalie; la spiritualità come eredità etnica comune, legata alla natura e al cosmo, in “Hrings” (cerchi).

CI SONO MOMENTI DI CANTO IN LATINO E IN LONGOBARDO, SE IL LATINO E’ GIA’ MENO INUSUALE NEL METAL, DIREI CHE IL LONGOBARDO, SALVO ALCUNI ESEMPI, E’ UN CAMPO MENO ESPLORATO. RACCONTATECI UN PO’.
Vittorio: – Con questo album siamo tornati tutti un po’ a scuola (ride, ndr), e la ricerca in ambito lessicale è stata certamente uno dei passaggi più interessanti di questo viaggio. Dal punto di vista dell’interpretazione vocale, il longobardo, seppur apparentemente meno musicale e di più difficile esecuzione rispetto al latino (già presente nei nostri precedenti lavori), si rivela molto molto evocativo, soprattutto in diversi passaggi ritualistici e/o legati a canti di battaglia.

COME MAI AVETE DECISO DI TRATTARE QUESTI TEMI E COME AVETE APPROCCIATO QUESTE TEMATICHE? QUANTO È STATO IMPORTANTE PER VOI RENDERE STORICAMENTE ACCURATI I DETTAGLI? CHE TIPO DI RICERCA C’È DIETRO QUESTA DECISIONE?
Flavio: – Ci piace molto connotare il nostro racconto e la nostra musica con un look più arcaico e sempre legato alla storia del nostro territorio.
Se con “Hermeticus” abbiamo evocato il mito esoterico di Federico II e dei suoi luoghi, in “Landhaskur” ci siamo immersi nuovamente nello studio e nella ricerca filologica per evidenziare, con un linguaggio a volte anche criptico, quanto i culti, l’arte e i valori trasmessi nei duecento anni di regno longobardo (568 – 774 d.C.) siano rimasti nelle trame del tessuto culturale e storico del nostro Paese.
Abbiamo quindi offerto una citazione paesaggistica e architettonica nel nostro videoclip musicato dal brano “Skalks”, in cui compaiono scene girate nelle foreste della Boemia (territorio lambito dal passaggio dei longobardi diretti in Pannonia, prima di far rotta verso la penisola Italica) e sulla Daunia, dove risiede anche la Torre di Tertiveri (Fg), baluardo di Puglia che è stato teatro di numerosi scontri fra Longobardi e Bizantini. Il video è stato prodotto dal regista pugliese Francesco Manfredi (Manfrofilms), con il contributo della crew del regista boemo Pet’a Miloš (TripleBackSlash Studio) per le riprese effettuate in Repubblica Ceca.
Per realizzarlo, abbiamo costruito uno storyboard che potesse rappresentare la trasposizione nella realtà di quello che viene raffigurato sulla copertina del disco, riproducendo con trucchi e costumi i canoni del mito. In questo senso c’è stata grande sinergia fra noi e la crew in Boemia, grazie al prezioso contributo della costumista Radmila Ederová e della make-up artist Kateřina Kümmelová. Anche nella nostra dimensione live, l’accuratezza del dettaglio è una prerogativa imprescindibile, ci teniamo infatti ad accennare l’immaginario del disco e del video anche sul palco, con opportuni elementi scenici.

CI SONO STRUMENTI COME LA VIOLA O IL CORNO DI GUERRA, E MI PARE ANCHE UNO SCACCIAPENSIERI? COME AVETE IMMAGINATO E CONIUGATO QUESTI STRUMENTI NEL VOSTRO TIPO DI METAL? 
Flavio: – In “Landhaskur” abbiamo cercato di far dialogare la nostra attitudine black & heavy con l’espressività degli strumenti più tradizionali, creando un unicum sonoro e progressivo che potesse trasportare noi e l’ascoltatore in una dimensione remota e potente allo stesso tempo.
Se in alcuni brani gli inserti folkloristici sono stati concepiti come una decorazione, in altri hanno costituto il tema portante attorno a cui si è sviluppato il leitmotiv della canzone: è questo il caso di “Fara”, “Hrings” e “Lackeskur”. Sul disco ci siamo quindi avvalsi della magnetica interpretazione di Veronica Iannella al violoncello e di Giada Cancelli al violino (nei brani “Fara”, “Hrings” e “Laur”) – con l’arrangiamento del Maestro Alessio Roma – e del coinvolgimento di Giuseppe Ricco sul war horn (in “Hrings”). Io ed il mio collega Nico abbiamo invece assestato qualche colpo con bouzouki, liuto, ocarina, flauto irlandese e scacciapensieri, tutte voci allegoriche per le vicende narrate su “Landhaskur”.

IL DISCO HA SUSCITATO UNA BUONA REAZIONE DA PARTE DELLA CRITICA, MI SEMBRA. STATE RICEVENDO REAZIONI PARTICOLARI? STA PIACENDO? CHE ASPETTATIVE AVETE PER QUEST’ALBUM?
Flavio: –  Siamo a dir poco entusiasti dal feedback che il disco sta ricevendo dall’audience internazionale sui social media e dalla stampa di settore. “Landhaskur” è stato citato tra gli ‘album of the year’ più volte da diverse webzine nazionali ed estere per quanto riguarda le uscite del 2024 e valutato anche in un più ampio raggio temporale retroattivo, nel panorama del Pagan Black Metal. Siamo davvero molto orgogliosi che anche la Redazione di Metalitalia.com lo abbia annoverato fra gli Hot Album di dicembre! Tutto questo ci conferma che probabilmente abbiamo compiuto le scelte giuste, convogliando bene le nostre energie, e che il messaggio sta arrivando in maniera impattante.
Vittorio: – Tra le nostre aspettative e desideri principali, ci piacerebbe certamente allargare il riscontro a livello nazionale ed internazionale. Come menzionato già da Flavio, i segnali iniziali ci dicono che siamo sulla strada giusta.
Ci auguriamo che “Landhaskur” possa essere un buon bigliettino da visita anche per importanti festival di settore, dal momento che la realizzazione in sede live è certamente uno dei motori principali che ci spinge a lavorare con estrema dedizione al progetto Dewfall.

RECENTEMENTE, QUALI BAND O GENERI AVETE ASCOLTATO? CI SONO STATI GRUPPI O ALBUM CHE VI HANNO ISPIRATO DURANTE LA REALIZZAZIONE DI “LANDHASKUR”?
Flavio: –  In verità, siamo molto allineati negli intenti espressivi della nostra musica e nel volerla restituire all’ascoltatore e a noi stessi con un blend originale. Al netto di ciò, i membri dei Dewfall sono accomunati dal prediligere ascolti differenziati nel vasto panorama metal e rock. Ma non solo.
Ci lasciamo ispirare tanto dai codici dei grandi classici del back metal europeo (fra titoli storici e alle volte più recenti) quanto da quelli della musica classica e antica. In merito alle novità, spesso i nostri ascolti approfondiscono realtà interessanti scoperte durante i live, ma che non necessariamente sono vicine alle nostre sonorità.

COME VEDETE LA SCENA METAL IN ITALIA OGGI? CI SONO ASPETTI CHE VI ENTUSIASMANO (O CHE NON VI PIACCIONO) NEL PANORAMA MUSICALE NAZIONALE E NEL SUD ITALIA?
Vittorio: –  La nostra esperienza rispetto ai circuiti metal in Italia è senza dubbio positiva; negli ultimi anni stiamo personalmente assistendo ad un ulteriore incremento dello spirito collaborativo tra i tanti circuiti underground che animano il nostro Paese; in particolare la Puglia (regione dalla quale proveniamo) sembra vivere un periodo particolarmente florido da questo punto di vista, ma mi sento di dire che in generale questo giudizio possa estendersi a tutto lo Stivale.
Un aspetto del quale invece personalmente mi dispiaccio è che rispetto anche a sette, otto anni fa, mi appaiono esserci molte meno band di giovanissimi, la cui freschezza e spinta emotiva è da sempre stata un motore fondamentale per il nostro underground.

AVETE GIÀ IN PROGRAMMA UN TOUR PER PROMUOVERE “LANDHASKUR”?
Flavio: –  In questo periodo stiamo curando molto il booking. L’album sta interessando e incuriosendo i promoter e questo ci consente di avanzare con un concreto ottimismo verso un nuovo percorso dei Dewfall con “Landhaskur”, in contesti nazionali ed europei.
Vittorio: – Certamente! Come menzionato qualche domanda fa, la dimensione live è fondamentale per noi Dewfall. Stiamo attualmente lavorando ad una prima parte di tour che ci vedrà impegnati al centro-sud Italia sino alla primavera, la cui prima tappa sarà Palermo il 15 febbraio (l’intervista è stata raccolta tra dicembre e gennaio, ndr), un luogo che riteniamo altamente simbolico in termini di continuità del nostro lavoro, poiché proprio nel Duomo del capoluogo siciliano è sepolto Federico II di Svevia, alla cui allegoria era dedicato il nostro precedente album “Hermeticus”.

GRAZIE PER IL VOSTRO TEMPO! SENTITEVI LIBERI DI FINIRE COME VOLETE.
Flavio: –  Innanzitutto ringraziamo te e la Redazione per lo spazio che ci avete voluto dedicare. Saluto voi e i lettori confidandovi che non attenderemo molto prima di rimetterci al lavoro per dare un seguito discografico a “Landhaskur”, dando forma alle nuove idee e, chissà, sfidando anche il nostro ‘trademark’ temporale!
Vittorio: – Un saluto a tutti i lettori e alla gentilissima Redazione di Metalitalia.com, con l’augurio di potervi incontrare nei prossimi live in giro per la ‘landa oscura’ italica.

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