I DGM si sono presentati nel bel mezzo della oramai passata estate 2016 con quell’album bomba dal semplice titolo di “The Passage”. Prodotto completo, caratterizzato da un sound esplosivo e ricco che riassume alla perfezione venti anni di vita della band (seppur solo la metà con la line-up attuale), “The Passage” rappresenta quindi il perfetto indicatore del livello raggiunto dalla prog band tricolore a questo punto della loro carriera. Grazie a un disponibile Simone Mularoni facciamo quindi il punto sui successi e i trascorsi di questa ottima band, di recente passata tra l’altro nel roster di una Frontiers fortunatamente sempre più attenta alle realtà nostrane.
PARTIAMO SUBITO DAL NUOVO ALBUM E DA ALCUNE DOMANDE CHE LO RIGUARDANO… IL SUO PACKAGING GRAFICO E LA REALIZZAZIONE DELLA COPERTINA SEMBRANO ANDARE NELLA DIREZIONE OPPOSTA RISPETTO AL LOOK MINIMALE, SEMPLICE E MODERNO DI “MOMENTUM”. E’ STATA UNA SCELTA PRECISA? OPPURE VI SIETE LASCIATI RAPIRE DALLA SOGNANTE E COLORATA PROPOSTA DI GUSTAVO SAZES?
Simone Mularoni: “Si è trattato di una scelta presa a priori, direi! In realtà non avevamo nessuna idea sul tema grafico, sapevamo però di sicuro che per questo disco volevamo una soluzione diversa da quella adottata su ‘Momentum’. Per prima cosa quindi ci siamo rivolti ad un artista con il quale non avevamo lavorato in passato, e dopo varie proposte la scelta è ricaduta infine su Gustavo. Devo dire che è stato davvero bravissimo ad incanalare in immagini quello che è il messaggio e la ‘visione’ della nostra musica… quella che puoi vedere oggi in copertina è esattamente la prima versione del disegno che ci ha mandato! Nessuna modifica!”.
RISPETTO A “MOMENTUM” RICONOSCIAMO SU “THE PASSAGE” UN APPROCCIO UN PO’ PIÙ RICCO SULL’ARRANGIAMENTO, E UN POCO PIÙ DECLINATO SUL FRONTE MELODICO. CONDIVIDETE QUEST’IMPRESSIONE? RICONOSCETE IN “THE PASSAGE” UN ALBUM PIÙ ELABORATO MA IN QUALCHE MODO PIÙ ACCESSIBILE RISPETTO A “MOMENTUM”?
Simone: “Ascoltando il disco a lavoro finito non posso che darti ragione, ma ti assicuro che durante la stesura non ci eravamo posti alcun obiettivo come quello. Volevamo solamente scrivere belle canzoni e arrangiarle al meglio. Di sicuro però devo convenire che a livello di risultato è venuto fuori maggiormente il nostro background melodico e hard-rock oriented, pur mantenendo intatta la voglia di ‘pestare’ quando serve e di non ripetersi sulle soluzioni più progressive. Su quest’ultimo argomento vorrei dire che suonare questo tipo di musica non vuol dire per noi solamente comporre parti intricate o fare assoli lunghissimi il significato che gli diamo è quello di cercare di inserire nuovi spunti e nuove influenze in ogni lavoro, senza porci limiti o paletti dettati da etichette o trends. In fin dei conti abbiamo sì qualche episodio più ‘accessibile’ che in passato, ma penso che il sound e lo stile della band siano rimasti intatti”.
DI SICURO BUONA PARTE DEL SUCCESSO DI “THE PASSAGE” RISIEDE NELLA RICCHEZZA DEL SUO PENTAGRAMMA. ACCANTO AL PROGRESSIVE MELODICO PER CUI LA BAND È NOTA, CI SONO NOTEVOLI APERTURE ANCHE IN DIREZIONE DI UN CERTO HARD ROCK ’80 CHE PEPANO LA PROPOSTA. CHI È IL PRINCIPALE PROMOTORE DI QUESTO TIPO DI INPUT?
Simone: “In generale penso tutti noi… il 90% delle musiche dei nostri lavori sono frutto della mia mano, ma la parte vocale la curo insieme a Mark (Basile, ndR). Tutti nella band però siamo fan sfegatati del rock anni ‘80, dai gruppi più commerciali fino a quelli più di nicchia. Abbiamo sempre avuto, soprattutto a livello degli arrangiamenti vocali, una certa tendenza a seguire questo tipo di influenze, solo che mai come in questo disco le abbiamo sviscerate prima. Ma erano preesistenti! Tra i nostri ascolti di tutti i giorni si trovano infatti band come Toto, Whitesnake e Journey… penso fosse un po’ inevitabile che prima o poi questa componente si fondesse con le parti più metal nel senso stretto del termine. Penso che il metal melodico in generale sia una diretta conseguenza delle band hard rock Anni ‘70-‘80 quindi pur non essendo niente di totalmente innovativo, ritengo che questa influenza rimarrà di sicuro anche nel futuro!”.
TRA L’ALTRO, LA LINE-UP CON LA QUALE È STATO REGISTRATO “THE PASSAGE” È LA PIÙ LONGEVA IN CARRIERA PER I DGM. PENSATE CHE QUESTA ATTUALE STABILITÀ ABBIA DATO FRUTTI DAL PUNTO DI VISTA COMPOSITIVO?
Simone: “Assolutamente sì. Spesso ci viene chiesto come sia avere alle spalle venti anni di carriera, ma in fin dei conti se ci pensi sono solamente dieci anni che lavoriamo con la line-up attuale. In tutto questo tempo però abbiamo sicuramente fatto molto: abbiamo pubblicato quattro album, registrato un DVD live e suonato un po’ ovunque nel mondo. Queste di sicuro sono esperienze che fanno in modo che ci si impari a conoscere sempre meglio. Adesso, quando compongo un brano, so già come lo canterà Mark, so cosa ci suonerà Emanuele (Casali, ndR) con le tastiere, e così via. Capisci che è molto più semplice avere una visione chiara di come il brano suonerà una volta finito e una volta che lo trasporteremo in sede live con un simile livello di sinergia e conoscenza gli uni degli altri. Oltre al lato più prettamente musicale va poi considerato anche l’aspetto strettamente personale: questa line-up la considero ormai come una famiglia, abbiamo condiviso tante esperienze, da quelle bellissime alle tensioni più difficili, e tutto questo penso si rifletta nella serenità e nella sicurezza con cui approcciamo la scrittura e l’esecuzione di nuovi brani”.
NELLA TRACKLIST TROVIAMO DELLE SCELTE INTERESSANTI. AD ESEMPIO IN APERTURA AVETE MESSO DUE PEZZI, LUNGHI PERALTRO, DI UNA UNICA SUITE, CHE INTERA AVREBBE SUPERATO I 15 MINUTI. DA DOVE NASCE L’ESIGENZA DI DIVIDERLA? E COME MAI È STATA MESSA IN APERTURA?
Simone: “Come prima, non si tratta di un’idea premeditata quella di scrivere brani così lunghi, anche perchè non l’avevamo mai fatto. Di solito i nostri pezzi hanno più la classica forma canzone… Dopo aver terminato però la scrittura di ‘The Secret Part 1’ – brano già di per sé piuttosto inusuale per noi con i suoi otto minuti e passa di lunghezza – mi sono buttato poi a capofitto nella stesura della parte successiva, con la quale volevo dare un risvolto più complesso e se vuoi ‘dark’ al tutto. Le due parti sono come le due facce di un’unica medaglia, la prima parte è più aperta e solare mentre la seconda contiene elementi un po’ nuovi per noi, si tratta di un midtempo, con molte parti dinamiche, senza troppe chitarre ma con molte più tastiere prog. La divisione delle due tracce è stata scelta solo per facilitare l’ascoltatore qualora volesse ascoltare solo una delle due parti, ma se ascolti i pezzi di fila suoneranno chiaramente come un’unica suite. La scelta di affidare a questi due pezzi l’apertura è stata presa un po’ all’unanimità, anche perché siamo convinti che entrambi i brani siano un po’ la summa di tutto quello che abbiamo fatto finora e di quello che facciamo oggi. In quei quindici minuti e rotti si ha una vera e proprio radiografia del nostro stile!”
DAL PUNTO DI VISTA LIRICO, POSSIAMO CONSIDERARE ‘THE PASSAGE’ COME UN CONCEPT? ALCUNI ARGOMENTI NELLE ALTRE NOVE CANZONI RITORNANO IN QUELLI TRATTATI NELLA SUITE OMONIMA? DI COSA PARLA?
Simone: “No, in realtà no. Tutti i brani dell’album sono in effetti scollegati a livello di tematiche. Una cosa però li accomuna, ed è che in generale ci piace parlare quasi sempre di argomenti attuali o personali. Non mi riferisco a politica o attualità, ma a sensazioni o avvenimenti che ci sono capitati in prima persona, nella vita reale. Molte volte trasformiamo queste idee in testi più astratti, altre volte invece vengono trattati in modo più diretto, come ‘Animal’ ad esempio”.
CI RACCONTATE QUALCOSA DEL VOSTRO PASSAGGIO IN FRONTIERS DALLA SCARLET? LA COSA VI HA APERTO NUOVI ORIZZONTI? TRA L’ALTRO, IL PASSAGGIO È STATO DIREI CONCOMITANTE CON QUELLO DI UN’ALTRA BAND DAL SOUND PARAGONABILE AL VOSTRO, I SECRET SPHERE…
Simone: “Il passaggio a Frontiers non è stato così semplice a livello affettivo… la band è cresciuta con Scarlet negli ultimi dieci anni, e abbiamo pubblicato tante cose insieme a loro. Non abbiamo però potuto rifiutare l’offerta propostaci da Frontiers, prima di tutto per un discorso di capillarità nella promozione e nella distribuzione, ma anche per le grandi band che sono transitate nella loro scuderia! È un emozione forte quella di vedere il proprio nome accostato a quello di mostri sacri come Toto, Whitesnake e altri, non potevamo farci scappare questa occasione! Per quanto riguarda i Secret Sphere, quest’anno Frontiers ha scelto di dare credito e spazio a tante band italiane, nuove o storiche che fossero, e questo fa ben sperare nella crescita della nostra scena”.
SEI UNO DEI PIÙ PROLIFICI PRODUTTORI ITALIANI, E IL TUO NOME È BEN CONOSCIUTO ANCHE ALL’ESTERO. PENSI CHE IL LAVORO CHE FAI ALLA CONSOLLE AL FIANCO DI BAND CON UN SOUND SIMILE A QUELLO DEI DGM INFLUENZI IN QUALCHE MODO LE TUE SCELTE IN STUDIO PER LA TUA BAND? TI È MAI CAPITATO DI SPERIMENTARE UN SUONO, O UNA SOLUZIONE, PER QUALCUNO E POI PENSARE A ‘COME STAREBBE’ SU UN PEZZO DEI DGM?
Simone: “Guarda, è una cosa che capita spesso, ma più che altro in direzione invertita. Quando lavoro sui miei dischi sono più propenso a spingermi e a sperimentare certe scelte, siano esse di missaggio o a livello di singoli suoni. Non è un discorso di preferenza, piuttosto la cosa deriva dal fatto che essendo il mio lavoro posso permettermi di ‘sbagliare’ qualcosa. Quindi certe volte scopro o trovo soluzioni un po’ diverse, che magari migliorano o diversificano un po’ le produzioni con i miei album e mi ritrovo ad applicare questa nuova conoscenza sugli album di tutte le band che produco o seguo. È un processo in continua evoluzione, ogni giorno cerco qualche stimolo nuovo sia a livello di sound che di tecniche che possa portare ad un innalzamento della qualità!”.
SIMONE, TI DICO TRE NOMI: ANDY SNEAP, JENS BOGREN E TOMMY HANSEN. CI DESCRIVERESTI CON UNA FRASE IL LAVORO DI QUESTI TRE TUOI ILLUSTRI COLLEGHI?
Simone: “Sono i miei eroi! Andy Sneap ha un po’ rivoluzionato il modo in cui suonano i dischi metal moderni, insieme a Colin Richardson secondo me. Bogren e anche Jakob Hansen (che preferisco un po’ rispetto a Tommy…) hanno portato invece un’ulteriore innovazione nel sound di tantissime band. Adoro quando al primo ascolto di un brano si riesca sia a riconoscere il sound della band ma anche la mano del produttore, penso sia un indubbio sinonimo di qualità. Per anni ho studiato e analizzato i loro lavori e ancora continuo a farlo, penso sia fondamentale nel mio lavoro confrontarsi con i più grandi e cercare di imparare il più possibile!”.
MARK, IL TUO NOME INVECE È SPESSO CITATO AFFIANCO AI TRE GRANDI NOMI TRICOLORI PER IL NOSTRO GENERE: TIRANTI, LIONE E LUPPI. AVETE ANCHE PARTECIPATO A MOLTI PROGETTI MULTICANTANTE ASSIEME, COME I NO GRAVITY DI FIORLETTA O GLI EARTHCRY DI SIDOTI. IN CHE RAPPORTI SIETE? TI SENTI CRESCIUTO INSIEME A LORO O LI VEDI UN PO’ COME ‘GUIDE’?
Mark Basile: “Innanzitutto è un grandissimo onore per me essere accostato a questi colleghi tanto blasonati, con alcuni di loro, come dicevi, ho anche partecipato a dischi piuttosto interessanti con multi-interpreti, devo dire che dei tre sicuramente quello al quale mi sento più affine è Roberto, l’ho sempre ammirato per il suo approccio ‘non prettamente metal’ nell’uso della voce, e l’ho seguito oltre che con i Labyrinth, anche con i New Trolls ed in tante altre cose che ha fatto. Nutro per lui grande stima umana e professionale, e devo dire che noi due abbiamo un background simile, che spazia dall’AOR al Soul al Rock Anni ’70, cosa che secondo me permette a entrambi di trovare uno spazio vocale nel panorama metal violandone leggermente i confini. Con Fabio e Michele, straordinari professionisti, e anche musicisti egregi nel caso di Luppi, ho avuto invece spesso modo di scambiare pareri e chiacchiere, allorchè ci incrociavamo nei vari concerti e festival cui abbiamo preso parte. Che dire, quando si è così in ottima compagnia credo che si possa solo cercare di migliorare giorno per giorno, avendo affianco cantanti e musicisti bravi che ti fanno spingere sull’acceleratore e restare sempre sul pezzo”.
QUAL È LA VOSTRA VISIONE DELLA SCENA ITALIANA ATTUALE? AVETE MOLTI AMICI TRA LE ALTRE BAND? CREDETE CHE GRAZIE ALLE INIZIATIVE DI AGENZIE DI PROMOZIONE COME TRUCK ME HARD E ALTRE CI SI STIA MUOVENDO NELLA DIREZIONE DI UNA SCENA PIÙ COMPATTA E MENO EROSA DAL SOLITO CAMPANILISMO/INVIDIE?
Simone: “La scena italiana è più attiva e carica che mai, secondo il mio giudizio. Lavorando in studio con quasi tutte le band che posso definire ‘colleghe’, si è creato un rapporto di stima e rispetto reciproco che spesso è sfociato in amicizia anche al di fuori della scena musicale. Per farti un esempio, con i ragazzi dei Trick Or Treat, ho registrato e prodotto praticamente tutta la loro discografia, ma siamo anche cresciuti un po’ assieme, quindi è inevitabile che i nostri percorsi si intreccino ogni tanto e si diventi come una grande famiglia. Penso veramente che ogni band italiana abbia un suo modo e stile personale e che ci sia spazio per convivere tutti, senza dover farsi la guerra”.
ORAMAI LA CARRIERA MUSICALE DI CIASCUNO DI VOI È AMPIAMENTE AVVIATA… MA C’È QUALCHE SFIZIO CHE VI SENTITE DI VOLERVI TOGLIERE NEI PROSSIMI ANNI? QUAL È IL SOGNO NEL CASSETO PER MEMBRI DI UNA BAND AFFERMATA COME I DGM?
Simone: “Un sogno nel cassetto è sicuramente quello di intraprendere un intero tour da headliner, riempiendo i locali ovviamente! Dopo ogni uscita ci siamo tolti soddisfazioni e sogni che avevamo, come suonare in Asia, negli States, o avere ospiti importanti nei dischi… ma il nostro sogno più grande è far sì che più persone possibili al mondo ascoltino ed apprezzino la nostra musica”. Questo è sempre stato e sempre rimarrà il nostro obiettivo primario!”.