I nostrani DGM non ne sbagliano una, e su questo c’è ben poco da obiettare; ma stavolta sono davvero in molti a ritenere che la formazione capitanata dal virtuoso Simone Mularoni sia riuscita davvero a superarsi, grazie a quel “Tragic Separation” che ormai da mesi non vuole proprio saperne di abbandonare i nostri impianti di amplificazione domestici. Sarà proprio lui quest’oggi a fornirci qualche dettaglio interessante in merito a tutto ciò che ruota attorno ad una delle formazioni più meritevoli di un nostro ringraziamento, oltre che di un elogio – tenendo conto che, se in questo periodo tanto infausto siamo riusciti a non crollare mentalmente ed emotivamente, è anche grazie al loro maestoso operato musicale. Inoltre, ne approfittiamo per ricordare a qualsiasi ascoltatore scettico che anche in Italia la grande musica continua a lottare, e quest’anno in particolare non sono mancate le occasioni di mostrare al mondo intero la grande passione che permea una folta schiera di musicisti, tra cui appunto questi cinque assoluti fuoriclasse romani. Buona lettura!
CIAO SIMONE, COME AVRAI AVUTO BEN MODO DI LEGGERE, IL VOSTRO NUOVO ALBUM “TRAGIC SEPARATION” È STATO ACCOLTO CON SOMMO ENTUSIASMO ANCHE PRESSO LA NOSTRA REDAZIONE. ESSENDO PASSATI BEN QUATTRO ANNI DA “THE PASSAGE”, COME DESCRIVERESTI PER L’APPUNTO IL ‘PASSAGGIO’ ARTISTICO TRA QUESTI DUE ALBUM?
– Ciao a tutti! In realtà il processo di songwriting è stato pressoché immutato rispetto a “The Passage”, ma ovviamente essendo trascorso un po’ di tempo i nostri gusti e le nostre preferenze musicali mutano continuamente e sono sempre in divenire, anche se ritengo che il nuovo disco abbia sempre come sottofondo il nostro sound peculiare e distinguibile. Rispetto agli album precedenti abbiamo maggiormente cercato di focalizzarci sull’impostare delle linee vocali melodiche e orecchiabili, intersecate ad un riffing per quanto possibile mai scontato o banale.
PER CERTI VERSI CI È PARSO UN LAVORO MUSICALMENTE PIÙ AGGRESSIVO E IMPETUOSO RISPETTO AGLI ULTIMI, SI TRATTA DI UNA CARATTERISTICA VOLUTA?
– Per certi versi sì! Ci mancavano un po’ i brani sullo stile dei nostri vecchi pezzi tipo “Reason” o “Hereafter” quindi siamo tornati in certi casi a quelle sonorità, con però arrangiamenti più compatti/maturi. Ci sono però anche tanti episodi più melodici e più ‘dritti’ rispetto al passato, quindi in sostanza ritengo sia un lavoro più equilibrato con al suo interno tutti gli stili musicali che ci piacciono, dalla musica più heavy a quella più in linea con l’hard rock anni 80′.
RITIENI SIA UN ALBUM DA GUSTARE E OSSERVARE SEMPRE E COMUNQUE NELLA SUA INTEREZZA, O MAGARI AL SUO INTERNO C’È QUALCHE BRANO CUI SEI PIÙ AFFEZIONATO RISPETTO AD ALTRI?
– Penso che ogni brano abbia una sua peculiarità unica e insostituibile, e quindi non avrebbe senso per me estrapolarne solamente uno in quanto non renderebbe giustizia alla ricerca di diversità che abbiamo cercato di mantenere per tutta la durata del disco. Quindi sì, direi che in linea di massima questo è un album da gustare nella sua interezza!
SE TI CHIEDESSERO DI DESCRIVERE CIÒ CHE PIÙ DIFFERENZIA I DGM ATTUALI DA QUELLI DELLA PRIMA DECADE ABBONDANTE (DICIAMO FINO A “FRAME”), COME RISPONDERESTI?
– Ti posso rispondere per quanto riguarda la differenza che intercorre tra gli album in cui io ho seguito il songwriting, quindi da “Different Shapes” in poi. Sicuramente vi è sempre una maggiore ricerca della canzone nel senso stretto del termine, e sempre meno la volontà di stupire o spiazzare a tutti i costi con tecnicismi, virtuosismi e parti intricate e iperveloci, decisamente più presenti una decina di anni fa.
L’ANNO PROSSIMO RICORRERÀ IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO DALLA FORMAZIONE, C’È QUALCHE LAVORO DEL VOSTRO PASSATO CHE VORRESTE RIPROPORRE PER L’OCCASIONE, MAGARI CON DELLE DATE COMMEMORATIVE O UN’EDIZIONE SPECIALE IN FORMATO FISICO?
– Non ci abbiamo ancora pensato, ma penso che la band oggi voglia guardare sempre di più in avanti piuttosto che indietro. Non ci sentiamo questi venticinque anni addosso insomma, detta come va detta! Sarebbe però sicuramente divertente organizzare anche solo una data con i membri passati, appartenenti quindi a formazioni diverse rispetto a quella attuale, più che altro per passare una bella serata insieme e risuonare brani che non abbiamo mai eseguito o che non suoniamo da tanto tempo.
RICORDIAMO CON SOMMO PIACERE LE COMPARSATE DI COLLEGHI COME MICHAEL ROMEO, RUSSELL ALLEN E TOM ENGLUND ALL’INTERNO DELLE VOSTRE PRODUZIONI, C’È QUALCUN ALTRO CON CUI TI PIACEREBBE COLLABORARE PRIMA O POI?
– Di sicuro, parlando di cantanti, menzionerei Jorn Lande! È in assoluto uno dei nostri vocalist e frontman preferiti e prima o poi ci piacerebbe ascoltarlo su uno dei nostri brani. A livello di chitarristi invece sicuramente il mio sogno sarebbe quello di avere il grande Yngwie Malmsteen che duetta con me in un solo, così potrei approfittarne per sotterrarmi definitivamente come chitarrista, ma pur sempre avendo realizzato un sogno. (Ridiamo, ndr)
PRENDENDO COME SPUNTO L’ESIBIZIONE CHE AVETE TENUTO AD ATLANTA, POI INSERITA NEL LIVE “PASSING STAGES” ASSIEME A QUELLA DI MILANO, COME DESCRIVERESTI L’ACCOGLIENZA OTTENUTA NEGLI STATES DA UNA BAND ITALIANA CON UNA PROPOSTA COME LA VOSTRA?
– La prima volta che abbiamo suonato negli USA non sapevamo eravamo totalmente ignari di cosa aspettarci, ma suonare al Prog Power è stata veramente un’esperienza unica e proprio per questo la seconda volta che ci siamo stati abbiamo deciso di immortalare lo show nel DVD ufficiale. É difficile fare paragoni tra il mood dei vari paesi, ma di sicuro la caratteristica impressionante è che in quei concerti ogni persona presente nel pubblico era veramente interessata e presa dal concerto – anche se chiaramente noi non eravamo gli headliner della giornata – ed è una cosa che, spiace dirlo, non capita spesso, soprattutto dalle nostre parti.
ESSENDO ENTRATI IN CONTATTO CON MOLTE REALTÀ PIÙ PICCOLE NEGLI ULTIMI ANNI, ITALIANE E NON, C’È QUALCHE FORMAZIONE CHE VORRESTI PORTARE ALL’ATTENZIONE DEI LETTORI?
– (Ci pensa, ndr) Difficile citarne solo una o poche, fai conto che ci sono davvero tantissime band che a mio parere meriterebbero di essere più riconosciute a livello locale ed internazionale, e ne vedo tante anche ogni mese in studio di registrazione da me. Diciamo che citarne solamente alcune significherebbe escluderne automaticamente altre, e sia mai che qualcuno si offenda. (Ridiamo, ndr) A parte gli scherzi, in generale ritengo che in Italia ci siano tantissime band di grande valore oggi, perciò auguriamoci che vengano notate da più estimatori possibile.
COSA RISPONDI A QUEGLI ASCOLTATORI, PIUTTOSTO SUPERFICIALI SE VOGLIAMO, CHE ANCORA VI DEFINISCONO COME LA VERSIONE ITALIANA DEI SYMPHONY X?
– Beh, in generale penso sia comunque un grande complimento, dal momento che i Symphony X sono indubbiamente, da sempre, tra le nostre band preferite in assoluto. Però allo stesso tempo ritengo che con gli anni siamo riusciti a sviluppare un sound comunque personale, e se prendi brani come per esempio l’ultimo nostro singolo “Surrender” è tutto tranne che simil-Symphony X come ispirazione; quindi direi che sicuramente sono tra le nostre influenze, ma non la principale ed unica soprattutto ora.
UNA DOMANDA CHE ULTIMAMENTE FACCIAMO SPESSO: CONSIDERANDO LA DIFFICILE SITUAZIONE IN CUI STIAMO VIVENDO, ANCHE PER QUANTO RIGUARDA LA MUSICA, COSA RITIENI SIA OPPORTUNO FARE PER LA SALVAGUARDIA DELLA SCENA A NOI TANTO CARA?
– Difficile a dirsi, di sicuro supportare le band acquistando direttamente da loro il merchandise, CD e vinili rappresenterebbe un ottimo modo per fornire un supporto, anche se sono al corrente che ormai alcuni siano supporti un po’ ‘vintage’, ma con tutto il rispetto per i sistemi più moderni ritengo sia l’unico modo per supportarsi a vicenda con effetti convincenti.
CHE IDEA HAI DI QUELLO CHE SARÀ IL DOPO, SEMPRE IN MERITO ALLA SCENA MUSICALE E NON SOLO?
– Spero vivamente che quando tutto ritornerà in una condizione quantomeno vicina alla normalità, si riparta con il piede giusto e col doppio dell’entusiasmo rispetto a prima, così da far fioccare eventi uno dopo l’altro, anche perché penso sia impossibile che tutto sia finito per sempre!