DGM – Prog goes on

Pubblicato il 04/02/2024 da

Nel corso degli anni, la creatura del prog italico chiamata DGM si è evoluta e trasformata cambiando faccia più e più volte, grazie soprattutto al lavoro di Simone Mularoni alla chitarra. Definiti da molti ‘i Symphony X italiani’, i Nostri però non si sono mai cristallizzati su una formula, preferendo le sperimentazioni all’immobilismo e cercando di aggiungere uno strato a ogni tassello impresso nella loro discografia.
“Life” è solo l’ultimo arrivato di una carriera ormai stabile, con numerosi show anche oltre i confini nazionali, che hanno esportato il loro modo di scrivere e suonare il progressive metal ‘neoclassico’ a molte altre orecchie. N
on potevamo dunque non parlarne un po’ proprio con Simone, mastermind della band e produttore musicale ormai riconosciuto a livello internazionale per la qualità e la passione che mette in tutti i suoi lavori, sia per quanto riguarda lo strumento che il missaggio in studio. Buona lettura!

CIAO SIMONE E BENTORNATO SULLE PAGINE DI METALITALIA. PER PRIMA COSA VORREMMO CHIEDERTI COSA HANNO IN SERBO I DGM PER QUESTO 2024.
– Ciao! Sempre un piacere! Per quanto riguarda il 2024, di sicuro rilasceremo il seguito di “Life”, visto che durante gli ultimi tre anni abbiamo composto parallelamente due album, inizialmente pensati come un ‘doppio’. Il secondo e prossimo album sarà abbastanza diverso e ‘nuovo’ rispetto a quanto fatto fino ad ora, con sonorità più ‘prog old-school’, più dinamica e tanti inserti acustici. Visto che i due album sono stati registrati contemporaneamente, è per noi importante farli uscire non troppo distanti tra loro. Oltre a questo sicuramente avremo qualche appuntamento live a supporto dei dischi.

PARLIAMO SUBITO DI “LIFE”: RISPETTO AL PRECEDENTE “TRAGIC SEPARATION” CI È SEMBRATO UN DISCO PIÙ RILASSATO E QUASI PIÙ ORIENTATO VERSO L’AOR. È CORRETTA COME CONSIDERAZIONE?
– Non saprei se definire “Life” ‘AOR’ sia giusto o sbagliato. Non abbiamo mai pensato di dare una ‘direzione’ all’album seguendo un filone piuttosto che un altro, ma di sicuro il rock melodico ‘classico’ (Toto, Journey) è una componente fondamentale nel nostro songwriting, e ultimamente preferisco di gran lunga cercare di comporre una melodia ‘azzeccata’ piuttosto che mettere insieme tanti riff più ‘heavy’, che sicuramente hanno impatto ma dopo un po’ cominciano a ripetersi e ad essere simili l’uno con l’altro…
La componente melodica è sempre stata presente da quando sono entrato nella band e probabilmente quello che dici è una conseguenza naturale della sua evoluzione.

C’È UN CONCEPT DIETRO AL DISCO? DAI TITOLI DELLE CANZONI CI SEMBRA COME SE PARLASSE DI UN VIAGGIO…
– No, il prossimo album sarà un vero e proprio ‘concept’. Le liriche di “Life”  sono  state scritte tutte in unadeterminata fase della mia/nostra vita, con momenti spesso poco sereni nella sfera personale, quindi rispecchiano un po’ gli stati d’animo di quel periodo. Ci sono poi alcuni testi direttamente ispirati ad alcune letture (“Neuromancer” di W. Gibson e “Journey to Nowhere” di Asimov, nello specifico).
Di sicuro non c’è un concept univoco, ma c’è sicuramente un filo conduttore che tratta della ricerca costante di un equilibro interiore sempre difficile da raggiungere.

NEL DISCO AVETE INSERITO ANCHE UN PEZZO TOTALMENTE STRUMENTALE COME “EVE”, CE NE VUOI RACCONTARE LA GENESI?
– Il brano in questione è nato semplicemente come un semplice riff improvvisato in studio, non avevo intenzione di inserirlo in un disco dei DGM! Avevo appena acquistato un amplificatore per chitarra e quando ho attaccato lo strumento per testarne il funzionamento il riff è venuto fuori da solo e l’ho registrato al volo.
Mesi dopo, facendo ascoltare alcune idee ai ragazzi della band, si sono soffermati proprio su quell’idea, e da lì insieme ad Emanuele abbiamo finito di comporlo e deciso di inserirlo nel disco. È sicuramente un bel ‘break’ nel mezzo di tanti brani cantati.

DOVE AVETE REGISTRATO IL VIDEO DI “UNRAVEL THE SORROW”? C’È UNA RAGIONE PARTICOLARE DIETRO LA SCELTA DELLA LOCATION?
– La location è una villa seicentesca a Rimini, molto vicino a dove vivo. Eravamo insieme al regista in cerca di una location prima di tutto luminosa, che desse un senso di apertura piuttosto che di decadenza, molto tipica dei video metal ‘standard’, un po’ per sottolineare la direzione più melodica. Abito da quarant’anni in questa zona e non avevo mai visto il posto! È stato un caso fortuito.

LO SCORSO 24 NOVEMBRE AVETE SUONATO IN ACUSTICO A ROMA PER PRESENTARE IL DISCO, CI RACCONTI QUALCOSA DI QUESTA ESPERIENZA PARTICOLARE? COME VI SIETE TROVATI NEL DOVER RIADATTARE LE CANZONI?
– Inizialmente eravamo preoccupati che i nostri brani non si prestassero ad una versione acustica, ma devo dirti che dopo aver suonato, non vedevamo l’ora addirittura di proporre un tour in questa veste diversa. Suonare in acustico comporta uno ‘sfoltimento’ delle parti e quello che rimane è il brano e la sua melodia, senza gli artefatti della produzione e del ‘muro’ di chitarre. È stato divertentissimo ed emozionante, e a mio avviso sarà un preludio al nuovo disco/corso della band che includerà sicuramente più momenti di questo tipo, sempre per cercare di rendere la proposta meno uniforme e più variegata!

SONO PASSATI GIÀ QUINDICI ANNI DA “FRAME”, IL PRIMO ALBUM CON QUESTA LINE-UP: GUARDANDOTI INDIETRO, COME PENSI SIA CAMBIATO IL VOSTRO SONGWRITING DA ALLORA?
Wow, quindici anni, sembra davvero ieri. Di sicuro oggi ci soffermiamo di più sulla ricerca della giusta melodia, mentre all’epoca ricordo che l’obiettivo primario era quello di spingere sull’acceleratore e di impressionare con continui virtuosismi e parti più tecniche.
Oggi questa continua esagerazione ci ha onestamente un po’ annoiato e stiamo ricercando delle sonorità diverse e un po’ più varie, come accennavo, e penso che nel futuro ci saranno di più idee diverse tra loro, per non fossilizzarsi in uno stile ripetitivo. In fondo se ci pensi la parola ‘progressive’ significa letteralmente avanzare, progredire e ripetendo sempre la stessa formula si rischia di rimanere fermi.

PENSI CHE IL DIGITALE VI ABBIA AIUTATI MOLTO A USCIRE DALL’UNDERGROUND ITALIANO? ORA CI SONO MOLTE CONTROVERSIE DIETRO A PIATTAFORME COME YOUTUBE MUSIC E SPOTIFY…
– Non saprei. Sicuramente a livello economico era molto meglio quindici/vent’anni fa, quando ho iniziato con la band. Indubbiamente con il formato fisico si guadagna di più, ma con quello digitale, come giustamente notavi, si ha la possibilità di raggiungere più ascoltatori.
Quindi ti direi che non penso ci sia una situazione peggiore/migliore ma diversa: un gruppo del nostro livello non guadagnerebbe comunque milioni, quindi se il digitale aiuta a far arrivare la nostra musica a più orecchie, ben venga! Bisognerebbe solamente ridistribuire meglio gli introiti per valorizzare i compositori/musicisti.

UN’ULTIMA DOMANDA UN PO’ PIÙ PERSONALE: COME VA L’ATTIVITÀ DEL TUO STUDIO? HAI AVUTO MODO DI LAVORARE CON MOLTE BAND ITALIANE E NON NELL’ULTIMO ANNO: CI VUOI RACCONTARE QUALCHE ANEDDOTO?
– Lo studio va sempre a gonfie vele, per fortuna! Metto anima e corpo in ogni lavoro e sono sempre contento quando le band riconoscono i miei sforzi ed il mio impegno e si fidano di me per le loro nuove produzioni.
Lavoro tanto con l’estero, ma una buona fetta di band è sempre italiana, anche per ragioni logistiche, ovviamente. Di aneddoti in studio ce ne sono veramente troppi: ogni tanto scherzando con gli amici dico sempre che dovrei farne un libro!
In verità la grande maggioranza del tempo trascorso in studio è veramente duro lavoro e concentrazione, quindi le giornate sono molto più monotone di come molti si immaginano!

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