DISILLUSION – Il sonno delle ore inquiete

Pubblicato il 16/01/2023 da

Creativi, intensi, profondi, perfino spiazzanti: nonostante la storia non semplice che si portano dietro, i Disillusion non tradiscono mai. Attivi da ormai quasi un trentennio, sono stati in grado di dare alla luce un capolavoro indiscusso come “Back To Times Of Splendor”, un gioiello di death metal melodico a tinte progressive, per poi spostarsi, nel giro di due soli anni, su altre coordinate con il coraggioso “Gloria”, che all’epoca segnò un punto di svolta inaspettato e radicale nelle sonorità della band. Dopo una lunga pausa, i tedeschi sono tornati con due album che li hanno riportati ai livelli di eccellenza a cui sono abituati e, se “The Liberation” del 2019 aveva certificato la buona salute della band, il nuovo “Ayam” li conferma come entità unica nel genere, con una proposta musicale difficilmente accostabile a qualsiasi altra realtà.
Ne parliamo con il leader Andy Schmidt, unico membro originario ed anima della band, che ci racconta come è nato il nuovo lavoro e il suo significato, ci spiega alcune scelte del passato e ci  fornisce qualche piccola anticipazione per il futuro della formazione di Lipsia.

CIAO ANDY E COMPLIMENTI PER IL NUOVO ALBUM. DA “THE LIBERATION” AD “AYAM” SONO PASSATI TRE ANNI. COS’E’ SUCCESSO IN TUTTO QUESTO TEMPO? LA PANDEMIA HA AVUTO QUALCHE EFFETTO SULLA SCRITTURA DEL NUOVO ALBUM?
– Ciao e grazie per averci ospitato sulle vostre pagine! Sì, tre anni sono tanti eppure in qualche modo sono volati. In verità, la nostra intenzione era di quella di partire con la scrittura del nuovo album all’inizio del 2020, durante una breve pausa tra i vari concerti. Ma proprio in quel momento arrivò la pandemia, con i lockdown e tutto il resto. Così siamo stati costretti a trascorrere molto tempo a casa, e ognuno ha scritto qualcosa per se stesso; quindi la risposta è positiva, dovendo affrontare tutti i cambiamenti e le sfide di quel periodo, e questo ha avuto ovviamente un impatto sulla musica e sulle atmosfere del disco.

“AYAM” SUONA COME UN’EVOLUZIONE DI “THE LIBERATION”, COME SE AVESTE CONTINUATO A LAVORARE SULLO STESSO TIPO DI MUSICA, SCAVANDO ANCOR PIU’ IN PROFONDITA’. E’ LA GIUSTA IMPRESSIONE?
– Sì, effettivamente abbiamo voluto proseguire sulla nostra strada, invece di apportare cambiamenti eccessivi. Prima di partire con la scrittura, abbiamo deciso tutti insieme di portare tutto all’estremo, rendendo le parti pesanti ancora più pesanti e quelle atmosferiche ancora più atmosferiche. Così, secondo me, “Ayam” è un’estensione del nostro suono sotto ogni aspetto, spingendo agli estremi.

QUAL E’ IL SIGNIFICATO DEL TITOLO, “AYAM”, E LA STORIA CHE HA ALLE SPALLE? E’ UNA PAROLA IN SANSCRITO CHE APPARENTEMENTE PUO’ AVERE DIVERSE INTERPRETAZIONI.
– In effetti hai ragione sul discorso del sanscrito, ma non è tutto. Qui andiamo indietro alla pandemia e alle sfide di cui parlavo prima, che hanno costretto la maggior parte di noi a guardarsi dentro e a rallentare. Penso che molti dubbi a livello esistenziale siano nati in quei momenti, in particolare riguardanti tutte le domande più importanti a cui dobbiamo dare una risposta, come il cambiamento climatico ed i modi in cui il mondo si sta sviluppando. Ed era come se ciascuno, questa volta, fosse abbandonato a se stesso. Così quest’album, o perlomeno il suo titolo, è una riflessione su questo aspetto, sulle decisioni che dobbiamo prendere per noi stessi, chiedendoci: “Qual è il mio ruolo? Chi sono io?“.

C’E’ UN CONCEPT CHE LEGA TUTTI I PEZZI? DI COSA PARLANO I TESTI? C’E’ UN BRANO CHE DA QUESTO PUNTO DI VISTA CONSIDERATE FONDAMENTALE?
– Quando, a marzo 2022, mi sono isolato nella foresta per scrivere i testi, sapevo che questa volta sarebbe stato un duro lavoro. I due anni passati, le amicizie interrotte, i sogni scomparsi, i cambiamenti, le incertezze ed ovviamente la guerra e tutto ciò che è accaduto livello politico: tutti accadimenti che avrebbero avuto un’influenza. E infatti la ebbero. A parte il fatto che i nostri testi sono da sempre lirici e pittoreschi, lo scopo divenne quello di non subire in maniera eccessiva tutto ciò che è stato detto in precedenza. Con il primo brano, “Am Abgrund”, volevamo dare una sorta di continuazione a “The Liberation”, soprattutto al suo ultimo pezzo “The Mountain”, e costruire un ponte tra i due album. Così lo possiamo considerare come un seguito di quella storia. In questo senso, non direi proprio che c’è un concept preciso dietro “Ayam”.

PARLANDO PROPRIO DEL PRIMO SINGOLO ESTRATTO, “AM ABGRUND”, ESSO SEMBRA ESSERE IL PEZZO PIU’ RAPPRESENTATIVO DELLA VOSTRA MUSICA, IN QUANTO NE CONTIENE TUTTI GLI INGREDIENTI, DAL TIPICO DEATH METAL MELODICO AI MOMENTI EPICI, FINO AGLI ELEMENTI ORCHESTRALI, OLTRE AD UN’ENORME QUANTITA’ DI RIFF ED ASSOLI. QUANDO E COME E’ STATO SCRITTO?
– Grazie per l’apprezzamento. “Am Abgrund” è la prima canzone che abbiamo scritto per l’album e contiene molte sfaccettature dei Disillusion; e la cosa ovviamente ci piace. Ci sono voluti mesi per completare il pezzo e tutte le sue melodie, non l’abbiamo finito in poco tempo. Ma molto presto abbiamo deciso che sarebbe stato utilizzato come apertura del disco, anche se di certo non si tratta di un inizio semplice per gli ascoltatori. Come ho detto in precedenza, tematicamente è una prosecuzione di “The Liberation”. Lasciarsi alle spalle le proprie ombre e affrontare gli struggimenti interiori può portare a una situazione in cui non sappiamo dove andare dopo, a destra o a sinistra: tutto è inesplorato, si possono commettere errori. Man mano che il tempo passava e la situazione mondiale diventava sempre più drammatica, abbiamo drammatizzato anche il titolo della canzone, che così è diventata “Am Abgrund”.

AVETE SUBITO DIVERSI CAMBI DI FORMAZIONE RISPETTO ALL’ULTIMO ALBUM. COM’E’ ORA LA SITUAZIONE? PENSATE CHE I NUOVI MEMBRI ABBIANO APPORTATO DELLE NOVITA’ NEL VOSTRO SUONO?
– Ci sono stati diversi cambi, ma è tutto a posto, siamo e siamo sempre stati una band in evoluzione. E’ passato molto tempo da quando abbiamo pubblicato il singolo del nostro ritorno, “Alea” del 2016, dopo molti anni di pausa. Credo fortemente che la formazione attuale sia robusta e preparata per affrontare qualsiasi cosa possa accadere ora o in futuro.

IN “AYAM” CI SONO MOLTI OSPITI. CE LI PRESENTATE? QUAL E’ IL LORO CONTRIBUTO?
– Birgit (tromba, flicorno) e Frederic (tastiere) hanno già fatto parte in passato del mondo Disillusion, in quanto entrambi hanno partecipato ai nostri ultimi tre album. Semplicemente, quando scriviamo la nostra musica e realizziamo che servirebbe uno strumento particolare, cerchiamo chi può suonarlo. Volevo assolutamente un violoncello in “Ayam” e così ho chiamato Clara. Il triangolo era qualcosa di speciale a cui abbiamo pensato durante la scrittura, e non poteva non esserci: in questo caso, l’ottimo lavoro è stato eseguito da Marek Stefula.

PER QUESTO ALBUM AVETE LAVORATO CON IL RINOMATO PRODUTTORE JENS BOGREN. COME VI SIETE TROVATI? AVETE DOVUTO APPORTARE DEI CAMBIAMENTI AL VOSTRO PROCESSO CREATIVO?
– Avrei voluto che Jens registrasse l’album, ma alla fine si è occupato solo del missaggio e ci siamo dovuti sobbarcare la registrazione da soli. Ma sono estremamente soddisfatto del risultato! La masterizzazione è opera di Tony Lindgren. Lavorare con loro e con tutta la crew allo studio è stata un’esperienza meravigliosa, la loro capacità di capire la musica è semplicemente strabiliante.

PENSATE CHE, IN FUTURO, POTRESTE CIMENTARVI NUOVAMENTE IN QUALCOSA DI FUORI DAL CONSUETO COME E’ STATO PER “GLORIA”?
– Non lo so. Specialmente ora, con il nuovo disco appena pubblicato e senza una pausa durante la quale riflettere negli ultimi tre anni, non c’è possibilità che possa parlare del futuro. Quello che posso dire è che “Gloria” era il frutto di una decisione che prendemmo ed è stato un bene averla presa. A quei tempi semplicemente non potevamo uscire con “Back To Times Of Splendor” parte seconda. Qualcosa doveva accadere, qualcosa di differente. Quel disco uscì così diverso da come era stato pensato da essere spiazzante, ma ne è valsa la pena.

AL CONTRARIO, “BACK TO TIMES OF SPLENDOR”, DOPO COSI’ TANTI ANNI, E’ ANCORA UTILIZZATO COME PIETRA DI PARAGONE OGNI VOLTA CHE REALIZZATE UN NUOVO DISCO. VI INFASTIDISCE? QUAL E’ IL VOSTRO RAPPORTO CON QUELL’ALBUM ORA?
– Io amo quell’album! Sono veramente grato della sua esistenza, felice che sia nato. E di certo è il nostro marchio di fabbrica e ogni cosa che faremo sarà paragonata o misurata con esso. Va bene così. “Back To Times Of Splendor” compirà presto vent’anni ed è stupendo vedere come, ancora adesso, molte persone ne siano ancora ispirate!

TRA DUE ANNI COMPIRETE, INVECE, TRENT’ANNI DI CARRIERA. COSA VI RENDE PIU’ ORGOGLIOSI? AVETE RIMPIANTI? SE FOSSE POSSIBILE, CAMBIERESTE QUALCOSA?
– Trent’anni, ragazzi, non sono molto lieto che tu me l’abbia rammentato (ride, ndr)! Ovviamente ci sono molte cose che avrei fatto in modo differente se l’avessi saputo. Ma va così, non lo sai in anticipo. Accetto ed abbraccio ogni decisione da me presa nelle diverse circostanze e cerco di dimenticare i miei errori più spesso che posso.

COME E’ ANDATO IL TOUR CON PERSEFONE ED OBSCURA? AVETE ALTRE DATE IN PROGRAMMA PER PROMUOVERE “AYAM”?
– Il tour è andato benissimo e tutte le band e le persone coinvolte hanno lavorato alla grande. E’ stata un’ottima esperienza per noi e, sì, sarebbe stata ancora migliore se avessimo potuto farlo subito dopo l’uscita di “The Liberation”, invece abbiamo dovuto posporlo per il Covid…
Suoneremo molto dal vivo il prossimo anno e speriamo di poter girare l’Europa ed il mondo; abbiamo molti piani perciò, per favore, rimanete sintonizzati!

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