DISKORD – Sonata macabra

Pubblicato il 14/10/2021 da

I Diskord sono certamente annoverabili tra le band meno prolifiche – e al contempo più interessanti – del panorama death-thrash europeo. Con solo tre album in oltre vent’anni di attività, il gruppo di origine norvegese si è spesso fatto desiderare, riuscendo tuttavia a farsi puntualmente perdonare grazie alla notevole qualità delle proprie uscite. Artefice da tempo di una complessa miscela di death, thrash e prog metal dalle atmosfere stranianti, la band ha raggiunto con il recente “Degenerations” il proprio apice compositivo, mettendo insieme un’avvincente serie di canzoni il cui cuore pulsante viene custodito dentro strati di suoni abrasivi e intuizioni folli. Parliamo di questa particolare vena creativa con il bassista Eyvind Wærsted Axelsen e il chitarrista Dmitry Sukhinin, entrambi più che mai eloquenti nell’illustrare l’attitudine alla base dei Diskord.

DAL MOMENTO CHE ALCUNI LETTORI POTREBBERO NON AVERE MOLTA FAMILIARITÀ CON VOI, VI DISPIACEREBBE PRESENTARE LORO I DISKORD? COME SI È FORMATA LA BAND? C’È MAI STATO UN PIANO SPECIFICO PER IL SUONO CHE VOLEVATE PRODURRE?
Eyvind: – La band si è formata inizialmente quando Hans Jørgen e il chitarrista Chris si sono incontrati per suonare alcune cover degli Autopsy nel ’99. Per inciso, all’epoca vivevo nello stesso dormitorio studentesco di Chris, e a un certo punto siamo stati presentati da un amico comune (grazie Kim!). Si è scoperto che stavano cercando un bassista e avevamo gusti musicali simili, quindi ci siamo ritrovati con la formazione al completo. Abbiamo presto iniziato a scrivere materiale originale e da allora abbiamo toccato una cover. Non c’era nessun piano fin dall’inizio, e immagino che non ci sia mai stato, davvero. La musica è nata dal desiderio di creare qualcosa che rappresentasse i suoni che sentiamo nelle nostre teste.

IL FATTO CHE SIATE SEMPRE ANDATI AVANTI NEGLI ANNI NONOSTANTE NON ABBIATE MAI RAGGIUNTO GRANDI RISULTATI DI VENDITE O CONTRATTI CON ETICHETTE IMPORTANTI È AMMIREVOLE. QUAL È LA FILOSOFIA ALLA BASE DEL GRUPPO?
Dmitry: – Potremmo non essere la band più grande in circolazione, ma siamo stati abbastanza fortunati da riuscire a tenere un certo numero di concerti dal vivo – inclusi diversi tour in Europa e parecchi festival. Abbiamo suonato in Sud Africa e in Giappone. Questo ci gratifica molto! Ma come soddisfazione potrei anche citare il piacere di vedere finalmente riprodotta e registrata la musica che ti gira in testa.
Eyvind: – Ad essere onesto, non sono molto interessato alle grandi etichette, alle vendite o altro. Ovviamente è bello se le persone hanno davvero la possibilità di ascoltare la nostra musica e possono esprimere un’opinione su di essa, ma oltre a questo, non vado in giro a bramare il salto per una grande etichetta. Faccio musica principalmente per il mio piacere personale, e se piace anche ad altre persone, questo è un bel bonus.

“DEGENERATIONS” È UN ALBUM MOLTO INTRIGANTE E DIREI CHE È IL PIÙ COMPLETO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA: IL SONGWRITING E LA PRODUZIONE RISULTANO MOLTO RAFFINATI E NON A CASO AVETE IMPIEGATO PARECCHI ANNI PER PUBBLICARLO. VI RISULTA DIFFICILE CREARE NUOVI RIFF, IDEE E CANZONI SU QUESTO STILE DOPO OLTRE VENT’ANNI DI CARRIERA?
Dmitry: – Dato che sono relativamente ‘nuovo’ nella band, è difficile commentare sulla continuità nella composizione, ma per quanto riguarda la mia parte del songwriting, il tutto è stato relativamente facile. Infatti, secondo me, è molto più facile scrivere musica ‘complicata’ che ‘semplice’. Apprezzo il fatto che tu abbia trovato il disco più rifinito: ci siamo concentrati molto sul suo suono, tanto che abbiamo adottato un approccio diverso a livello di produzione rispetto ai lavori precedenti. La registrazione e le attività correlate a essa hanno richiesto la maggior parte del tempo.

PER LA MAGGIOR PARTE DEGLI ARTISTI, L’APPRODO A QUALCHE FORMA DI ORIGINALITÀ È PRIMA PRECEDUTO DA UNA FASE DI APPRENDIMENTO E, SPESSO, DI EMULAZIONE DEGLI ALTRI. COM’È STATO PER VOI? COME DESCRIVERESTE IL ​​VOSTRO PERCORSO?
Eyvind: – Non ho mai avuto alcun interesse ad emulare gli altri, tanto che non so quasi come suonare una singola canzone di qualsiasi altra band, specialmente all’interno del genere metal. Ovviamente, crescendo, avevo il desiderio di realizzare album fantastici, come ad esempio quelli dei Sepultura (un’enorme influenza su di me all’epoca), ma non ho mai cercato di assomigliare a qualcosa di specifico. E onestamente non so se sarei comunque stato in grado di farlo, se mai ci avessi provato. Per me, l’impulso dietro la musica è la libertà di espressione, creare qualcosa di completamente nuovo e non avere alcun vincolo se non le idee che mi girano in testa. Certo, nessun uomo è un’isola, e questo vale per me come per chiunque altro – non siamo mai liberi dai nostri riferimenti – ma in quanto tale è più una cosa inconscia che uno sforzo cosciente per cercare di emulare o adattarci a qualcosa di specifico.

PENSATE CHE CI SIANO STATI CAMBIAMENTI SIGNIFICATIVI NELL’UNDERGROUND E NEL MONDO DELLA MUSICA NEGLI ULTIMI ANNI CHE HANNO PORTATO A UN AMBIENTE PIÙ RICETTIVO NEI CONFRONTI DEL VOSTRO TIPO DI MUSICA?
Dmitry: – Difficile da dire, visto che mi sono trasferito in Norvegia nel 2012. Posso dire che i gusti musicali sono drammaticamente diversi in Norvegia rispetto alla Russia, quando si tratta di metal. L’underground non aveva alcuna rilevanza nella zona da cui provengo, e le band popolari nell’underground non ricevevano alcuna attenzione quando ancora vivevo nella mia città natale. Forse qualcosa nel frattempo è cambiato, non lo so.
Ciò che è una costante è che pochissime band underground diventano poi realmente più grandi. C’è un certo numero di grandi artisti nel sottobosco, ma questi non ottengono promozione sulle riviste, nonostante i tour o i grandi album. Per quanto riguarda noi, siamo stati solo fortunati a poter suonare dal vivo e fare qualche tour di buon successo.
Eyvind: – Penso che il cambiamento principale che si è verificato ultimamente, che avvantaggia l’artista più piccolo, sia la rinascita del vinile e della cassetta, oltre alla facilità di poter usufruire di negozi online con una portata internazionale, come ad esempio Bandcamp. Queste cose sono importanti per una piccola band al fine di raggiungere la più ampia base di fan possibile e rendere disponibile la propria musica senza dover trattare con le etichette.

COME AVETE IMPARATO A SUONARE? FATE TESORO DELLA TEORIA MUSICALE O AVETE UN ALTRO METODO? L’ANALFABETISMO MUSICALE VI HA AIUTATO O VI HA OSTACOLATO NELL’IMPARARE A FARE MUSICA CHE SUONASSE COME VOLEVATE?
Dmitry: – Fortunatamente qualcuno ha iniziato a registrare musica per tab. Anche se ho studiato e suonato il pianoforte, esso non ha avuto alcuna influenza sul mio modo di suonare. Ho ammirato un sacco di orchestre sinfoniche tra i quattro e i diciassette anni. La mia città, Novosibirsk, aveva un’orchestra sinfonica molto importante, guidata da un direttore estremamente carismatico, entusiasta e influente: Arnold Katz. Diciassette concerti all’anno sono un numero incredibile! Avevamo poi il piacere di vedere molti solisti e altri grandi direttori come parte del programma stagionale; inoltre, la mia famiglia aveva una sorta di abbonamento per gli eventi di musica da camera. Ascoltare molta musica diversa aiuta davvero a capirla e ti porta ad analizzare meglio le melodie su cui vuoi concentrarti. Questo processo non aiuta necessariamente a suonare meglio, tuttavia allena il tuo cervello, che alla fine resta l’elemento più importante.
Eyvind: – Ho iniziato imparando a suonare il violino, quando ero solo un bambino. Vorrei riprenderlo, ma, ahimè, ora sono senza speranza. Al basso sono completamente autodidatta e probabilmente faccio la maggior parte delle cose nel modo sbagliato… L’analfabetismo musicale per me è senza dubbio un ostacolo: la mancanza di teoria e conoscenza non è mai utile, indipendentemente dall’argomento. Vorrei saperne di più, probabilmente migliorerei le mie composizioni se sapessi davvero cosa sto facendo (ride, ndR)!

QUALE ASPETTO DEL FARE MUSICA VI ENTUSIASMA DI PIÙ IN QUESTO MOMENTO?
Eyvind: – In questo momento sto imparando a suonare il violoncello correttamente. O almeno ci sto provando. Amo le potenzialità espressive di quel particolare strumento: penso che abbia pochissimi eguali in questo senso. In generale, scoprire nuovi suoni, e quindi nuovi strumenti, effetti, amplificatori, ecc. sono cose che mi entusiasmano.
Dmitry: – È l’essere in grado di ascoltare dal vivo ciò che ti gira in testa da un po’ di tempo. Questa è la parte migliore di tutto il processo.

QUALE ASPETTO DEL FARE MUSICA VI SCORAGGIA DI PIÙ, INVECE?
Eyvind: – Immagino la mia – a volte – incapacità di esprimere in modo concreto le idee astratte che mi vengono in mente. Inoltre, la mancanza di tempo è sempre un problema!
Dmitry: – Aspettare gli altri, se ti tocca dipendere da qualcuno.

MENTRE COMPONETE NUOVI BRANI, COME VALUTATE LA QUALITÀ DELLA VOSTRA MUSICA? QUALI SONO I VOSTRI CRITERI PER UNA BUONA CANZONE DEI DISKORD? QUALI PASSAGGI SEGUITE PER COMPLETARE UN BRANO?
Eyvind: – È difficile. Prendersi del tempo sicuramente aiuta, e anche discuterne con i tuoi compagni di band è vitale. A volte le cose che pensi siano grandiose sono in realtà schifezze, ed è qualcosa che devi imparare a gestire.
Se sapessi come creare una canzone perfetta te lo direi, ma ahimè…
Dmitry: – Quando una nuova idea di canzone rende vita, tendo a rigirare la melodia centinaia di volte, cercando combinazioni nuove, provando variazioni e vedendo poi cosa funziona. Si tratta di fare un sacco di esperimenti, quindi quando la canzone è finalmente pronta, sono certo che essa sia qualcosa che per me vale la pena registrare e suonare. La chiave è sperimentare il più possibile.

VI È UN DISCO IN PARTICOLARE CHE TENDETE A VEDERE COME ARCHETIPO DI CIÒ CHE CERCATE DI PROPORRE CON LA VOSTRA BAND?
Eyvind: – Forse non sono esattamente un archetipo, ma ci sono alcuni album quasi perfetti là fuori. Comincerei con “Obscura” dei Gorguts, per l’approccio implacabile, senza compromessi; è davvero un lavoro magistrale, molto in anticipo sui tempi – probabilmente anche in anticipo sui tempi di oggi. Per un esempio più recente, vorrei indicare “Sweven” dei Morbus Chron: ha un’atmosfera così profonda, emotiva, soave, pur essendo a volte decisamente brutale.

PROBABILMENTE A UN CERTO PUNTO IN TUTTI QUESTI ANNI DI CARRIERA AVETE SENTITO IL COMMENTO “NON SUONATE MOLTO NORVEGESI” DA QUEGLI ASCOLTATORI CHE CREDONO CHE “NORVEGIA = BLACK METAL”. QUINDI VI ANDREBBE DI CONSIGLIARE ALCUNI ALBUM METAL NORVEGESI AL DI FUORI DEL MONDO BLACK METAL CHE VI PIACCIONO PARTICOLARMENTE?
Eyvind: – Sì, volentieri! Ce ne sono così tanti tra cui scegliere, ma eccone comunque un piccolo esempio: Obliteration – “Nekropsalms”; Execration – “Odes of the Occult”; Virus – “The Agent that Shapes the Desert”; Altaar – “Altaar”; Reptilian – “Perennial Void Traverse”. Potrei andare avanti!
Dmitry: – Oh, per me non è facile trovare qualcosa che mi piace che non sia del tutto lontano dal black metal!
Shining – “Blackjazz” (uno dei miei preferiti tra gli album norvegesi); Atrox – “Contentum” (quelle voci!); Manes – “Vilosophe”; Virus – “Memento Collider”; Zyklon – “Aeon” (il batterista degli Emperor è molto riconoscibile, ma si adatta davvero bene al death metal!). Tutti questi hanno delle vibrazioni black metal, però… Potrei anche menzionare Grimfist – “Ghouls of Grandeur”, ma, accidenti, anche questi hanno elementi black.
Ora qualcosa di più lontano dal black metal: Shaving the Werewolf – “Adapt and Die”: EP veramente interessante, voglio averlo in formato fisico, ma è disponibile solo in digitale.
Djerv – “Djerv”: semplicemente del brillante rock! Suono fantastico ed estremamente groovy!
Inoltre, se vi piacciono i Gentle Giant, ascoltate i Wobbler, prog rock di prim’ordine!

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