Inarrestabili i Disturbed, nel ciclo album tour sempre vincente, nella qualità incredibile delle loro pubblicazioni, nell’etica lavorativa in generale, nell’impegno sociale e nella continuità sorprendente che ripaga l’attaccamento fortissimo della propria cerchia di fan, sempre molto fornita anche in Italia. Si sentono spesso le parole del frontman David Draiman, personaggio magnetico, colto e davvero disponibile. In occasione della data di giugno abbiamo però l’occasione di incontrare il resto della band, in una chiaccherata tranquilla sui divani di un hotel in centro Milano. Ecco il resoconto…
LA FORMULA DEI DISTURBED E’ ORMAI STABILE E AFFINATA: E’ UNA DECISONE PONDERATA O AVETE DEGLI SPUNTI IN DIREZIONI DIFFERENTI?
Mike Wengren: “Spero che ci vengano altri spunti!”.
Dan Donegan: “Cerchiamo sempre di motivarci a vicenda per integrare nuove idee nel nostro suono. Non vogliamo uscire troppo dal seminato, stilisticamente il nostro stile è fortemente consolidato, ma resta la sfida dell’andare avanti e del cercare nuove soluzioni e motivazioni, per mantenere il nostro suono fresco e interessante. Nessuno vuol sentire lo stesso album all’infinito”.
CHE CI RACCONTATE DI QUELLA CHE CHIAMATE LA “DANNY DONEGAN ORCHESTRA”?
Dan: “(Ride, ndR). E’ quello che mi piace fare in studio, tirar fuori dei suoni strani con l’elettronica, schiacciar bottoni e sperimentare cose nuove, per dare un sottofondo vitale alla canzone, una base quasi subliminale che si può notare solo ascoltandola con calma in cuffia. Non è un lavoro facile, va fatto con calma e con un certo gusto e solo se necessario, senza essere invadenti. Bisogna rimanere sul piano del ‘sentito’ a livello emozionale, anche se non troppo ‘udibile’ al primo ascolto”.
RECENTEMENTE AVETE RESO DISPONIBILE UNA CANZONE CHIAMATA “3”, DEDICATA AL DELICATO CASO GIURIDICO DEI WEST MEMPHIS THREE. PERCHE’ AVETE DECISO DI PUNTARE IL FARO SU QUEL CASO PARTICOLARE?
Dan: “Per il semplice fatto che questi tre ragazzi sono stati accusati senza prove evidenti, solo perchè vestivano di nero e amavano la musica heavy. Erano le pecore nere della comunità per questo, ed è stato facile per tutti puntare il dito su di loro in seguito ai tragici avvenimenti dell’omicidio di tre ragazzi più giovani. Tutti furono soddisfatti dell’accusa, anche se maledettamente superficiale e priva di reali fondamenta. Non siamo gli unici ad aver gettato luce su questo fatto, ma vogliamo tener viva l’attenzione su questi ragazzi, tutt’ora detenuti dopo un processo sommario, ed aiutare le famiglie a sostenere le spese legali, sempre costosissime. Tra l’altro la tecnologia oggi è ad uno stadio avanzatissimo rispetto al 1993, come gli studi sulla criminologia forense, dei test avanzati sul dna potrebbero provare la loro innocenza in maniera relativamente semplice”.
LA CASA DISCOGRAFICA O IL MANAGEMENT VI HANNO FATTO PROBLEMI PER INCLUDERE LA CANZONE SU “ASYLUM”?
Dan: “Nessun problema, è stata una scelta nostra, per una raccolta fondi mirata all’aiuto delle spese processuali e una campagna di propaganda in questo senso. E’ di sicuro una tematica controversa, ci sono delle probabilità che i ragazzi coinvolti siano realmente colpevoli, ma attenzione: noi stiamo solo chiedendo ‘dove sono le prove?’. Hanno forzato uno dei ragazzi a confessare ma non si sa in che modo, i video di quegli interrogatori sono andati misteriosamente perduti, sembra davvero tutto molto conveniente per l’accusa. Il ragazzo tra l’altro è un minorato mentale”.
FESTIVAL ITINERANTI COME IL ‘MUSIC AS A WEAPON’ SONO UN MUST NEGLI STATI UNITI, PENSATE SIA POSSIBILE FARE UNA COSA DEL GENERE IN EUROPA?
John Moyer: “Il Music As A Weapon non è un vero e proprio festival, è un po’ il ‘nostro’ marchio. Scegliamo le band di supporto in base ai gusti personali, non è una cosa come il Mayehm Festival. E’ uno show indoor dove tentiamo di unire le band più interessanti del momento, un po’ come il ‘Taste Of Chaos Tour’ che ci ha fatto girare l’Europa recentemente. Per quanto riguarda i festival la situazione è diversa negli Stati Uniti: da noi il festival viene a casa tua, qui è la gente che va a Festival consolidati, che hanno una storia decennale. Solo negli ultimi anni questa filosofia sta invadendo gli Stati Uniti. E’ una mentalità differente che mi piace, decisamente”.
Mike: “Stiamo provando anche a trasportare in Europa il ‘Music As A Weapon’, è stato discusso in maniera seria e non escludiamo di poterlo fare in un futuro prossimo, è un desiderio anche nostro”.
POSSIAMO SPERARE QUINDI DI VEDERE LA BRILLANTE PRODUZIONE CHE VI PORTATE IN GIRO PER GLI STATES, FATTA DI SCHERMI A LED, FIAMME E TUTTO IL RESTO?
Mike: “La produzione di questo tour è quanto di più spettacolare e costoso abbiamo avuto la possibilità di portare in Europa sino ad ora. Logisticamente ed economicamente per un gruppo che viene dagli Stati Uniti non è facile portarsi tutto dietro, forse potremo migliorare ancora in futuro ma questa è la migliore produzione che abbiamo mai avuto”.
SUONATE DAL 1993, QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFERENZE DA ALLORA?
Dan: “Non viviamo più sotto lo stesso tetto, e questa è già una bella cosa. Per quanto riguarda la musica non è cambiato praticamente nulla, quando arriva il tempo di scrivere nuovo materiale deve essere una progressione naturale delle cose. Non scriviamo quando siamo in tour. Non riusciamo oggi, finite le interviste, ad andare alla venue e metterci al lavoro su una nuova canzone. Sarebbe forzato. Una volta finito il tour, con delle tempistiche oggi più dilatate, possiamo scrivere singolarmente, poi chiamarci, confrontarci, lavorare tutti insieme dando ognuno il proprio input”.
RIUSCIRESTE A FARE A MENO DELLA MUSICA?
Dan: “Non potremmo, è nel nostro sangue. L’heavy metal non è una scelta, è uno stile di vita. Sin da ragazzi è quello che avremmo voluto fare, è in noi da sempre, non è parte di un trend”.
Mike: “E’ anche arrivato prima della famiglie. La musica c’era, la famiglia è arrivata successivamente, e divanta parte della vita della famiglia in ogni caso. C’è la famiglia vera e c’è la famiglia allargata Disturbed. Mia moglie probabilmente non sarebbe stata interessata a me se non fosse per la musica, la musica mi definisce, fa parte delle vite di ognuno di noi”.