Quattro anni dopo “My Name Will Live On” i Doomsword sono tornati sulle scene con “The Eternal Battle”, un disco come da tradizione epico e battagliero ma più atmosferico ed introspettivo rispetto ai precedenti. Osannati da molti e riconosciuti anche all’estero come una delle migliori realtà epic metal di sempre, i quattro lombardi sono riusciti ancora una volta a compiere un passo in avanti per quanto riguarda l’evoluzione del loro sound, confermando inoltre l’ottimo livello qualitativo su cui da sempre si muovono le loro composizioni. Nell’attesa che la band torni ad esibirsi sui palchi italiani, abbiamo scambiato due parole con il cantante e leader Deathmaster.
“Sì, ad essere precisi poco più di tre anni e mezzo e considera che solitamente un paio di anni tra un album e l’altro ci vorrebbero comunque. Le registrazioni in realtà sono state piuttosto veloci ma al termine io non ero del tutto convinto della mia interpretazione vocale. Ho deciso quindi di prendermi una pausa, scatenando anche le ire del gruppo. La prestazione a livello strumentale era spettacolare, non volevo rovinare il tutto con delle parti vocali non all’altezza. Ho quindi riascoltato il lavoro e aggiustato alcune cose… ok, diciamo che forse l’ho tirata un po’ per le lunghe (ride, ndr). Non sono mai sato perfezionista dal punto di vista musicale ma dopo cinque album è anche giusto esserlo, per evitare errori di superficialità commessi in passato”.
COME STA ANDANDO IL NUOVO DISCO A LIVELLO DI RECENSIONI?
“Sta andando benissimo. Con ‘My Name Will Live On’ c’erano recensori che si esaltavano e ci davano 10/10 ma anche altri a cui magari non piaceva il genere che ci davano un 4… Ad ogni modo i voti erano piuttosto variegati. Con ‘The Eternal Battle’ invece finora il voto più basso sarà stato 7,5 e il più alto 9, con una media tra 8 e 8,5. Non so cosa si possa desiderare di meglio! Unico voto negativo ad oggi è arrivato su Metal Hammer tedesco… un tipo che probabilmente era la prima volta che sentiva un disco dei Doomsword”.
DAL PUNTO DI VISTA VOCALE HO NOTATO UN CAMBIO DI STILE CHE INIZIALMENTE MI HA SPIAZZATO. SI TRATTA DI UN DIFFERENTE APPROCCIO OPPURE È PROPRIO LA TUA VOCE AD ESSERE CAMBIATA?
“La voce di per sè non è cambiata, anche se a dirla tutta nel 2008, quattro mesi prima del Keep It True, ebbi un problema vocale serio e per quattro mesi rimasi senza voce. Mi tornò molto gradualmente pochi giorni prima del festival e anche il giorno stesso del concerto ero a non più del 50% delle mie possibilità vocali. Dopo quell’evento un cambio a livello sonoro della voce c’è stato ma non così radicale come traspare dalla prestazione sul nuovo album. Si tratta dunque di una cosa proprio voluta. L’approccio vocale è cambiato, così come era cambiato in ogni disco. Con ‘My Name Will Live On’ volevo mirare alto, spingere le mie possibilità all’estremo in linea con la parte strumentale del disco che era roboante, pomposa, a tratti virtuosa. ‘The Eternal Battle’ è un disco più intimo, le emozioni contano molto di più e pertanto l’attenzione non si focalizza più sulla performance ma sul pathos”.
DAL VIVO CANTERAI I VECCHI PEZZI COSÌ COM’ERANO O PREVEDI DI RIADATTARLI CON QUESTO NUOVO STILE PIÙ CALDO E A TRATTI QUASI SUSSURRATO?
“No i pezzi vecchi li farò alla vecchia maniera, questo è sicuro. Ad ogni modo, come al solito per quanto riguarda i Doomsword, non è che una volta intrapreso un cambio, poi si prosegue sempre su quella via, altrimenti ad esempio saremmo considerati una band viking quando in realtà abbiamo fatto solo ‘Let Battle Commence’ con quelle tematiche. Il cambio di approccio vocale riguarda dunque ‘The Eternal Battle’ anche se è possibile che io in futuro torni ad usare quello che ho imparato facendo questo disco. Ho sperimentato e ho scoperto una parte importante della mia voce che non sapevo di avere. Ho dunque solo aumentato il mio ‘vocabolario’ di interpretazione vocale. Ho già in mente alcune cose per il futuro e certe idee saranno cantate in pieno stile Deathmaster vecchia maniera, altre con il nuovo stile. Ci tengo comunque a sottolineare che quando formai i Doomsword nel 97, la band era la trasposizione metal di un progetto medievale e il mio modo di cantare era molto più vicino a quello di ‘The Eternal Battle’ piuttosto che a quello degli album che abbiamo fatto in mezzo. Questo il pubblico non lo sa perchè la demo ce l’avranno sì e no in trenta persone ma quello era il mio modo di cantare allora: più tendente al bardico, al narrativo che al battagliero. È dunque un altro cambio che rende ogni nostro disco diverso l’uno dall’altro. Credo che i fan dei Doomsword si siano ormai abituati al cambiamento”.
QUANDO HAI INIZIATO A COMPORRE I PEZZI? CHI HA CONTRIBUITO ALLA STESURA?
“In passato il processo compositivo era abbastanza definito: io portavo delle idee melodiche che poi venivano arrangiate dalla band e trasformate in brani. Non era una proprio una regola fissa, perchè ad esempio per ‘Resound The Horn’ anche The Foger scrisse due pezzi che poi arrangiammo assieme. Anche su ‘The Eternal Battle’ ci sono parti scritte da lui ma la vera differenza è che per quest’ultimo disco l’idea originale ha ricoperto un ruolo molto meno importante. La mia prima idea è stata infatti lasciata più vaga, in modo che gli arrangiamenti potessero arricchire e trasformare il pezzo in maniera definitiva. Si è quindi dato più spazio agli arrangiamenti proprio per poter anche demolire e rifare una struttura da zero o cambiare determinate idee melodiche o armoniche. Il lavoro del chitarrista Alessio Berlaffa e del batterista Wrathlord è stato fondamentale per il raggiungimento dello stato finale dei pezzi. Si è trattato dunque di una specie di rimbalzo di idee dalla mia parte alla loro. Da questo punto di vista i Doomsword adesso sono molto più band di quanto non lo fossero in passato e ora c’è anche più amalgama, più entusiasmo.
SO CHE TU VIVI IN IRLANDA MENTRE GLI ALTRI MEMBRI SONO QUI IN ITALIA. COME VI SIETE ORGANIZZATI PER SCRIVERE E REGISTRARE I PEZZI?
“Abbiamo fatto tutto via internet. La distanza oggi non influisce più, anzi. Quando si era ragazzini ad esempio si lavorava in sala prove e spesso si arrivava tardi oppure ubriachi o si dimenticava la chitarra e il ritmo di composizione era più lento di quello attuale. Inoltre ora non siamo più ventenni senza un cazzo da fare, dunque abbiamo la necessità di concentrare il lavoro in un determinato periodo. Per arrivare alla versione finale di tutti i brani di ‘The Eternal Battle’ non abbiamo impiegato più di cinque o sei mesi”.
DUNQUE VUOI DIRMI CHE NON VI SIETE MAI TROVATI NEMMENO UNA VOLTA TUTTI ASSIEME PER PROVARE I PEZZI E AVETE FATTO TUTTO SEPARATAMENTE?
“Non ci siamo mai trovati tutti quanti ma il resto della band ha provato assieme la parte strumentale. Io registravo le mie parti vocali e loro andavano in sala prove e provavano sulle mie parti registrate. Non è stato come se io fossi lì ma per la band si è comunque trattato di un ottimo rimpiazzo”.
RIGUARDO AI TESTI DI “THE ETERNAL BATTLE” ABBIAMO GIÀ PARLATO A LUNGO SULLA NOSTRA ANTEPRIMA TRACCIA PER TRACCIA, QUINDI NON E’ IL CASO DI TORNARE SULL’ARGOMENTO. VOGLIO COMUNQUE CHIEDERTI SE C’È QUALCHE PEZZO DELL’ALBUM A CUI TIENI DI PIÙ PER VIA DEL CONCEPT O DELLA MUSICA?
“Sono due i pezzi a cui tengo in maniera particolare. Uno è ‘Warlife’, perchè è un tipico brano dei Doomsword che mostra il lato tragico della guerra. Lo scrivere un testo così drammatico mi ha portato a sperimentare con la voce e ad ottenere un risultato così inusuale. L’altro è ‘Battle At The End Of Time’, perchè è un brano filosofico. È una canzone anti eroica basata sul concetto che siccome il passato non esiste più e il futuro non si sa se esisterà, non ha senso combattere per qualcosa di passato o di futuro. Pertanto, tutti i concetti di onore e gloria sono molto vani e ‘vanitosi’, nel senso che non dovresti combattere per la tua reputazione o per il tuo nome ma per qualcosa che onora te in quel preciso momento. La battaglia alla fine del tempo dunque non è tra un miliardo di anni ma è in ogni singolo momento della vita. È una canzone che non capiranno in molti, perchè il testo è rimasto volutamente criptico”.
VUOI DIRCI INVECE COSA RAPPRESENTA LA COPERTINA?
“L’album innanzitutto è privo di una dimensione temporale, come se volessimo collocare i nostri messaggi in un luogo che va oltre lo spazio e il tempo. Ci voleva inoltre una copertina che raffigurasse i concetti di conflitto interiore e il conflitto esteriore. Per la dimensione fisica del conflitto non si poteva che scegliere un’immagine di una battaglia o di un soldato, per la dimensione interiore ci voleva invece qualcosa che esprimesse dubbio e struggimento. Questa fotografia ci è piaciuta tantissimo proprio perchè è un’ottima rappresentazione di un conflitto sia esteriore che interiore e perchè manca l’espressione negli occhi del guerriero e questo lo colloca in una dimensione oltre lo spazio e oltre al tempo. E’ tutto riconducibile al logo dei Doomsword, ossia il guerriero pensante. È il concetto stesso della band: mostrare sia il lato glorioso della guerra che quello tragico”.
PRIMA HAI NOMINATO THE FORGER, VUOI SPIEGARCI COME MAI HA LASCIATO LA BAND?
“Per motivi personali… per metterla in termini molto semplici, non c’è nessun problema tra noi e Maurizio ‘The Forger’… ci sentiamo e siamo ancora amici. Vedi, non c’è alcun tipo di tirannia all’interno dei Doomsword. Siccome i membri cambiano così spesso, può sembrare che io decida continuamente di far entrare o buttare fuori qualcuno ma non è così. Quando uno decide di andarsene non è perchè io lo forzo a farlo. Il motivo è riconducibile a quanto detto prima, ossia al fatto che quando i Doomsword fanno un album, non sempre viene fuori quello che ci si aspettava. Certi cambiamenti non sono una sorpresa solo per i fan ma anche per la band e anche all’interno di essa c’è chi si adatta e chi si adatta di meno non riconoscendosi in questi cambiamenti. In questo senso la colpa un po’ la do a me stesso, nel senso che io cambio ed è difficile starmi dietro. Può capitare che io metta il piede sull’acceleratore con le composizioni o gli arraniamenti e uno mi dica: ‘non è così che si lavorava una volta, meglio che mi trovi altro da fare’. È più o meno come è andata con Maurizio”.
ANCHE GELIT, TUO FRATELLO, HA RECENTEMENTE DECISO DI LASCIARE IL GRUPPO. VUOI DIRCI QUALCOSA DI PIÙ A RIGUARDO?
“Vedi, se io cambio spesso, mio fratello cambia ad un ritmo a dir poco allucinante. È un artista eclettico dalla personalità molto forte e in questo periodo mi ha fatto presente che voleva concentrarsi su sforzi artistici di altra natura. Questo non solo perchè ha una sua band principale, i Midryasi, con cui è abbastanza impegnato ma anche perchè dipinge. Dunque, dei tanti progetti artistici in cui è impegnato, i Doomsword si erano venuti a trovare su un piano di priorità diverso. Ad ogni modo si tratta di una decisione personale e non ci sono assolutamente problemi con lui, anche perchè siamo fratelli. Abbiamo lavorato assieme per tanto tempo e di sicuro lavoreremo ancora assieme in futuro”.
IN MOLTI SI CHIEDONO QUANDO POTRANNO RIVEDERVI SUL PALCO…
“Per ora abbiamo fissato solo l’Hammer Of Doom del 28 ottobre 2011 a Wurzburg, Germania. Per l’Italia non c’è ancora niente in programma. Non so nenache darti anticipazioni, perchè l’intenzione di suonare in Italia c’è ma non so ancora quando e come. Vorremmo riuscire a ripetere il successo dell’ultima volta che suonammo a Milano, perchè fu veramente fantastico. Con i Doomsword abbiamo suonato in posti eccezionali come la Grecia, dove per una epic metal band è il Paradiso in quanto la scena è molto seguita, ma quella sera a Milano fu magia pura. Ti dico comunque che ci piacerebbe anche suonare in una parte diversa dell’Italia come a Roma, dove so che c’è parecchia gente che vorrebbe vederci”.
PRIMA HAI DETTO DI AVERE GIÀ DELLE NUOVE IDEE… SEI GIÀ AL LAVORO SU QUALCOSA DI NUOVO QUINDI?
“Sì… in realtà sul mio computer ho ben 42 bozze di canzoni ma credo che alla fine non userò nulla di tutto quanto fatto in passato, perchè secondo me è giusto continuare sulla strada dell’evoluzione. Pur non potendovi assicurare ancora nulla, vi dico che è possibile si tratti di un concept in senso stretto. Sarà probabilmente una storia come al solito a sfondo filosofico, anche se presentata in veste molto epica”.
TEMPI DI LAVORAZIONE QUESTA VOLTA? ALTRI QUATTRO ANNI… TRE ANNI E MEZZO? (risate, ndr)
“No, non credo proprio… anche perchè ora siamo in quattro e dovremmo essere più veloci. Batterista e bassista inoltre suonano assieme nei Fury n’ Grace, con cui anche io ho collaborato per il nuovo album. C’è sintonia dunque ed è probabile che si vedano risultati concreti in tempi molto minori”.
UNA DOMANDA INFINE SUI GJALLARHORN: INTENDI FARE QUALCOSA DI NUOVO ANCHE SU QUESTO FRONTE?
“Ci stavamo pensando circa un paio di mesi fa, poi invece abbiamo deciso di concentrarci su altro. Posso però dirti che c’è già un pezzo scritto e che non abbiamo nessuna intenzione di farlo morire, anzi. ‘Nordheim’ fu un vero scossone nella scena viking metal, un lavoro che è diventato un disco di culto. Non vale dunque la pena lasciar morire i Gjallarhorn”.