In punta di piedi, rompendo un silenzio discografico che sembrava ormai essere sinonimo di un chiodo sulla bara della band, i Dormant Ordeal si sono riaffacciati sulle scene con un disco curatissimo che ne ha sancito una volta per tutta la capacità di plasmare la materia death metal in forma moderna e trasversale. Un amalgama delle migliori intuizioni partorite dal genere negli anni Duemila e contaminazioni che spaziano dal ‘post’ al black, per un viaggio drammatico che – qualora non lo aveste ancora vissuto – vi invitiamo a compiere quanto prima, assaporandone con calma i dettagli e il lirismo squisitamente apocalittico. A fronte di un simile exploit, una chiacchierata con la band polacca (qui rappresentata dal chitarrista Maciej Nieścioruk e dal batterista Radek Kowal) era assolutamente dovuta…
CIAO RAGAZZI, BENVENUTI SULLE PAGINE DI METALITALIA.COM. SONO TRASCORSI SEI ANNI DAL VOSTRO ULTIMO DISCO, UN LASSO DI TEMPO CONSIDEREVOLE DURANTE IL QUALE SIETE DI FATTO SPARITI DALLE SCENE… COS’È SUCCESSO NEL FRATTEMPO?
Maciek – Ciao a tutti, lasciami dire che siamo felici di essere qui! Francamente, la vita è andata avanti. Questa non è una band che diventerà grande o che morirà provandoci, e forse è per questo motivo che siamo ancora attivi. Parliamo solo quando abbiamo qualcosa da dire, quindi ci sono voluti alcuni anni per pubblicare un altro album. Alcuni di noi nel frattempo si sono sposati o hanno cambiato lavoro, inoltre – da un punto di vista interno al gruppo – non sembrava che là fuori potesse esserci qualcuno in attesa di un nostro disco, quindi ci siamo semplicemente presi il tempo necessario, aspettandoci di ricominciare da capo ancora una volta, come per tutte le pubblicazioni precedenti.
QUALI SONO STATE LE BAND CHE VI HANNO AIUTATO A DEFINIRE IL VOSTRO STILE? IN SEDE DI RECENSIONE, HO CITATO DECAPITATED, GOJIRA E ULCERATE PER DESCRIVERVI, CON UN TOCCO DI BLACK METAL MODERNO… VI RITROVATE IN QUESTA VISIONE?
Maciek – Sì, le abbiamo ascoltate tutte ad un certo punto della nostra vita, ma credo ci sia dell’altro. D’altronde, parliamo di band ispirate a grandi nomi degli anni Ottanta e Novanta, come Sepultura o Morbid Angel; gente che continua ad essere un punto di riferimento per la scena metal moderna. Il nuovo album è uscito da una settimana, e nel frattempo siamo già stati definiti ‘tecnici’, ‘dissonanti’ o ‘blackened death metal’. Anche se non sono necessariamente d’accordo con tutti questi aggettivi, capisco da dove provengono. Per me è solo death metal, come sempre.
LEGGENDO I PRIMI RESPONSI SU INTERNET, SEMBRA CHE “THE GRAND SCHEME OF THINGS” SIA STATO ACCOLTO BENISSIMO DAL PUBBLICO E DALLA CRITICA. VI ASPETTAVATE UNA SIMILE REAZIONE?
Maciek – Dopo l’uscita dei primi singoli abbiamo realizzato che, forse, avremmo potuto guadagnare un po’ di attenzione, ma onestamente non mi aspettavo tutti questi riscontri. Le persone ci contattano e si congratulano con noi, anche i siti più grandi lodano il nuovo album, e da praticamente due settimane siamo nella lista dei bestseller di Bandcamp… Ovviamente, il nostro seguito non è così grande, la nostra portata è piuttosto limitata e alcuni di questi ‘numeri’ sono da veri principianti, ma per noi la differenza è comunque enorme. Diciamo che avere un’etichetta alle spalle porta i suoi vantaggi, ci sono voluti giusto tre album per averne un assaggio (ride, ndR).
DA UN PUNTO DI VISTA LIRICO, SU QUALI ASPETTI SI CONCENTRA L’ALBUM? QUAL È IL ‘GRANDE SCHEMA’ CHE MENZIONATE NEL TITOLO?
Maciek – Il ‘grande schema’ è il quadro che ammiri quando ti allontani da qualcosa che dovrebbe essere molto importante, ma che finisce per essere piccolo e insignificante. Ogni nostro album segue un concept lirico, senza però essere un concept nel senso stretto del termine. Il primo ruotava intorno alla rapporto fra Uomo e Natura, il secondo sulle conseguenze delle nostre azioni, mentre l’ultimo su questo sguardo più ampio e su temi come l’ostilità, la mancanza di compassione e la cattiva comunicazione. Avere un concept in mente aiuta molto: è più facile trovare idee per la musica e spunti per i testi.
“HERE BE DRAGONS” È PER CASO UNA CONTINUAZIONE DELLA VECCHIA “HERE BE LIONS”?
Radek – No, sono due testi diversi, scritti da due persone diverse. Il primo – “Here be Lions” – è opera di Maciek, mentre il secondo – “Here be Dragons” – mia. Nel titolo, mi sono collegato volutamente al brano di Maciek perchè entrambi abbiamo affrontato il tema di una ‘zona inesplorata’. Ma cosa sono esattamente queste aree? Cosa nascondono? Mi fermo qui perché non voglio privare nessuno della gioia della scoperta individuale dei testi.
LA PRODUZIONE È SENZA DUBBIO UNO DEGLI HIGHLIGHT DEL DISCO; UN RISULTATO NON OVVIO SE SI CONSIDERA CHE L’ALBUM È AUTOPRODOTTO. VI ANDREBBE DI PARLARCI PIÙ NEL DETTAGLIO DI QUESTO PROCESSO?
Maciek – Per noi si è trattata della seconda volta ai JNS Studio con il tecnico del suono Janos (AKA Paweł Grabowski), ed è stata un’esperienza ancora più fluida e piacevole della precedente. Abbiamo registrato l’album in otto giorni, arrivando in studio ben preparati. Le registrazioni della fase di pre-produzione (fatte prima di entrare ai JNS) sono state utilizzate come base per l’intero disco, il che ha davvero accelerato le cose. Sul fatto che sia autoprodotto, avevamo la nostra visione prima di entrare in studio, ma è stato Janos a tradurla in quello che poi è diventato l’album. È molto più facile così concentrarsi interamente sulla musica, anziché sul lato tecnico delle cose.
ANCHE LE VOSTRE COPERTINE SONO SEMPRE MOLTO CURATE. COME E PERCHÈ QUESTA VOLTA VI SIETE ORIENTATI SU UN SOGGETTO FOTOGRAFICO?
Maciek – Per molto tempo abbiamo avuto un altro concept in mente, ma siamo giunti alla conclusione che sarebbe stato difficile da realizzare, quindi l’abbiamo abbandonato e Radek ha suggerito di provare con una fotografia. L’idea mi è piaciuta subito, dal momento che era completamente diversa dal collage di “It Rains, It Pours” e dal disegno di “We Had It Coming”. Sebbene non sia così diretta come le precedenti, penso si integri molto bene con il nuovo disco, lasciando un po’ di spazio all’immaginazione.
CHE TIPO DI EMOZIONI VORRESTE SUSCITARE CON LA VOSTRA MUSICA. I DORMANT ORDEAL SONO SINONIMO DI QUALCHE SENSAZIONE SPECIFICA?
Maciek – Non mi interessa molto il tipo di emozione, purché si tratti appunto di un’emozione. Non c’è cosa peggiore di registrare un album che non inneschi alcuna risposta da parte dell’ascoltatore. Detto questo, la mia opinione personale è che sia come una guerra bellissima: potrà anche schiacciarti al suolo con la sua implacabilità, ma non potrai fare a meno di sorridere quando ti ci troverai.
SE DOVESTE FARE UN RAFFRONTO CON UN’ALTRA OPERA D’ARTE (UN FILM, UN LIBRO, UN QUADRO, ECC.), A COSA PARAGONERESTE LA VOSTRA MUSICA? FIN DAL VOSTRO ESORDIO, PENSO CHE SAREBBE UN OTTIMO SOTTOFONDO PER LA LETTURA DI “LA STRADA” DI CORMAC MCCARTHY…
Maciek – “La Strada”, che bel libro! Direi che ci sei, il post-apocalittico è il mio genere preferito. Potrei citare anche un classico come “Io Sono Leggenda” o un’opera più recente come “Leave The World Behind” di Ruuman Alam; mi piacciono le storie semplici in cui lo sviluppo dei personaggi e della trama sono collocati in un ambiente ben definito che prende il sopravvento. Sono storie piuttosto oscure, raramente a lieto fine, eppure le trovo piacevolmente coinvolgenti. Quindi sì, penso che i libri post-apocalittici siano il collegamento più vicino alla musica che scrivo per la band.
GUARDANDOVI INDIETRO, QUAL ERA LA VOSTRA IDEA QUANDO AVETE INIZIATO A PENSARE ALLA MUSICA DEI DORMANT ORDEAL E ALLA DIREZIONE STILISTICA DA IMBOCCARE? QUAL È INVECE LA VOSTRA VISIONE OGGI?
Maciek – Agli inizi, presi in carica il songwriting della band con l’intento di scrivere semplici canzoni death metal, anche se non avevano ancora una direzione chiara o elementi che potessero essere attribuiti a noi. Voglio dire, eravamo felici di suonare insieme, alcune di quelle canzoni suonano ancora oggi piuttosto bene, ma molte non erano in linea col resto. Dopo tre album posso dire di conoscere il nostro stile e i nostri punti di forza e di debolezza; l’obiettivo ora è mantenere quei punti di forza e limare quelle debolezze.
CHE VALORE ATTRIBUITE ALL’ORIGINALITÀ? VI CONSIDERATE TALI?
Maciek – Non ci consideriamo degli innovatori, non siamo gli Ulcerate, i Mgła o i Meshuggah. Vero, stiamo facendo le cose a modo nostro, e forse potremmo anche avere alcuni tratti caratteristici, ma non credo che ci si possa definire una band originale. Forse non ancora. Penso che la gioia della creatività venga prima di tutto, l’originalità è solo una gratifica secondaria.
PENSATE CHE VIVERE IN POLONIA ABBIA IN QUALCHE MODO INFLUENZATO IL VOSTRO MODO DI COMPORRE?
Maciek – È una domanda difficile, perché ho vissuto in Polonia per tutta la vita, quindi chissà quanto di questo fatto influenza la nostra musica. Forse, per un estraneo, tutte le band death metal polacche si assomigliano o hanno tratti simili. Forse, siamo semplicemente cresciuti ascoltando gli stessi gruppi, e questo ci ha plasmato. Voglio dire, non ascolto molte band polacche, quindi sarebbe impossibile per loro influenzarmi, eppure sono pienamente consapevole che molti ascoltatori avvertono questo collegamento nella nostra musica.
COSA DIFFERENZIA A VOSTRO AVVISO LA BUONA DALLA CATTIVA MUSICA?
Maciek – La buona musica può risollevarti e farti svoltare una giornata storta, anche se è il tipo più ripugnante e gutturale di pornogrind. Certo, potrei dire che la cattiva musica sia quella ripetitiva, imitativa e forzata, ma a ciascuno il suo. Ci sono band e generi che non mi piacciono e che si adattano perfettamente alla descrizione qui sopra, ma so anche che hanno un forte seguito e una fanbase dedicata, quindi chi sono io per dire cos’è meglio per loro?
COMPATIBILMENTE CON L’EVOLVERSI DELLA PANDEMIA, QUALI SONO I VOSTRI PIANI PER IL FUTURO? PENSATE DI INCREMENTARE LE VOSTRE ATTIVITÀ O DI CONTINUARE A MANTENERE UN BASSO PROFILO?
Maciek – Nonostante sembri che ci sia una nuova ondata della pandemia in arrivo, questo fatto non ha colpito i piani della band, dal momento che non ne abbiamo. Per vari motivi, ormai da qualche anno siamo inattivi sul fronte live, e anche se la cosa a me sta benissimo mi rendo conto che gli altri ragazzi potrebbero essere interessati a suonare dal vivo. È qualcosa di cui andremo sicuramente a discutere fra noi in futuro. Grazie per l’intervista!