DRAGONFORCE – Furia power nerd

Pubblicato il 13/10/2019 da

Come ribadito anche in fase di recensione, i Dragonforce riescono sempre e comunque a farci divertire e gasare come ragazzini, nonostante tutte le varie critiche che, volendo proprio fare i metallari seriosi, si potrebbero assemblare con risultati più o meno credibili. Dopo aver parlato nel dettaglio dell’ultimo, tamarrissimo album “Extreme Power Metal”, ci siamo messi personalmente in contatto con sua maestà Herman Li, in modo da intrattenere una piacevole conversazione a base di aneddoti interni alla band, citazioni all’universo videoludico, argomentazioni sul corretto modo di approcciare la passione per la musica e così via; d’altronde è risaputo che se si è entrambi chitarristi e videogiocatori ci sono molteplici argomenti sui quali può essere piacevole dibattere in compagnia. Facciamo quindi un plauso ancora una volta ai Dragonforce e anche a messer Li per la sua disponibilità, simpatia e capacità di formulare concetti magari apparentemente semplici, ma piuttosto sfuggevoli nella mente di molte persone oggigiorno. Buona lettura!

CIAO HERMAN! IL TITOLO DEL VOSTRO NUOVO ALBUM É DAVVERO EMBLEMATICO A MODO PROPRIO. LO AVETE SCELTO PER UN MOTIVO SPECIFICO?
– Ciao ragazzi! Immagino ricorderete che, ormai parecchi anni fa, io e Sam Totman abbiamo in un certo senso coniato questo termine per identificare quello che era il nostro personale approccio alla musica che avevamo scelto di suonare per vivere ed esprimere noi stessi; al punto tale da dedicare un brano intero a questa definizione, inserito poi come bonus track all’interno dell’album “Ultra Beatdown”. Il nostro modo di proporre il power metal è comunque piuttosto riconoscibile, con tutti gli stilemi tipici del genere portati in un certo qual modo all’estremo e combinati in una miscela potenzialmente fiammeggiante ed ‘estrema’. Giunti a questo punto, abbiamo deciso di intitolare così il nostro nuovo album anche per identificare la nostra volontà di proseguire sulla nostra linea, ribadendo quello che è il nostro stile e toccando nuove frontiere di esplosività ed intrattenimento musicale.

A LIVELLO DI SONGWRITING E ATMOSFERA IL NUOVO LAVORO APPARE DECISAMENTE MENO ‘SCURO’ E/O DISTOPICO RISPETTO AL PREDECESSORE. QUAL’ERA LA VOSTRA IDEA PRINCIPALE AL MOMENTO DI DEDICARVI ALL’ALBUM?
– Sì, diciamo che l’intenzione era appunto quella di proporre un prodotto molto più solare e colorato rispetto a quanto fatto in “Reaching Into Infinity”, volto anche a rappresentare appunto quella volontà di cui ti parlavo poco fa: ovvero il continuare ad intraprendere una direzione volta alla valorizzazione di una proposta orientata principalmente sull’intrattenimento musicale e sull’espressione di ciò che più ci appassiona, ovviamente con lo scopo di risultare una band la cui musica deve divertire, fomentare e far sorridere chi la ascolta, su disco o dal vivo. Alla fine i Dragonforce hanno sempre rappresentato questo, e col nuovo album ritenevamo fosse opportuno enfatizzare ulteriormente questo concetto nei testi, così come nella musicalità e nell’atmosfera in generale. Il tutto con una maggiore varietà in termini di songwriting, data la presenza di midtempo e in generale di estratti che spezzano una struttura potenzialmente lineare; e ovviamente, con ancora più riferimenti al mondo dei videogiochi, nostro più grande amore insieme alla musica. Per il resto, a livello puramente musicale “Extreme Power Metal” prosegue esattamente ciò che i Dragonforce propongono da sempre: molti sfoggi di tecnica strumentale, linee vocali evocative e cantabili e tanta carica da trasmettere all’ascoltatore.

COME É SOPRAGGIUNTA L’IDEA DI COLLOCARE UNA COVER DI CELINE DION COME TRACCIA CONCLUSIVA?
– Beh, perché no? (ridiamo, ndr) Dopotutto i Dragonforce amano da sempre prendere dei brani famosi e reinterpretarli secondo quello che è il proprio stile: ricordiamo ad esempio “Ring Of Fire” di Johnny Cash e “Evil Dead” dei Death. Inoltre, volendoci fare bene caso, “My Heart Will Go On” rispecchia esattamente quello che i Dragonforce mirano a valorizzare all’interno di un brano, dal ritornello orecchiabile in poi; e riadattata in chiave power metal il risultato ci è parso sin da subito convincente, piacevole e divertente.

RITIENI CHE IL CAMBIO ABBASTANZA CORPOSO DI LINE-UP APPENA AVVENUTO POTREBBE PORTARE DEI CAMBIAMENTI PER QUELLO CHE É SEMPRE STATO IL MODUS OPERANDI DEI DRAGONFORCE COME BAND? 
– In tutta sincerità, credo che i cambiamenti alla fine ci siano sempre e che siano parte integrante della carriera di una band, e per quanto possa essere spiacevole separare la nostra strada da quella di Frédéric e Vadim, lo spettacolo deve comunque continuare, e io e Sam siamo sempre e comunque sul pezzo per permettere alla creatura Dragonforce di proseguire al meglio delle proprie possibilità. Trovare dei nuovi membri idonei al compito è naturalmente nostra premura, e sicuramente ci assicureremo di scegliere con cura.

TORNANDO MOMENTANEAMENTE INDIETRO FINO A “VALLEY OF THE DAMNED” E POI FACENDO UN’ESCALATION FINO AD OGGI, COME DESCRIVERESTI QUELLO CHE É STATO IL VIAGGIO DEI DRAGONFORCE IN QUESTI ANNI?
– Sin dall’inizio i Dragonforce hanno adottato un approccio alla musica che potesse essere indice rappresentativo della nostra volontà di divertirci suonando, come più ci è sempre piaciuto, quella che è a tutti gli effetti la nostra musica preferita, senza la pretesa di voler insegnare chissà cosa a chissà chi o di farci prendere eccessivamente sul serio; e persino i videogiochi e il nostro amore per essi hanno avuto un ruolo in tutto questo, anche musicalmente: dopotutto, io ero un fan del power metal e dei videogiochi ai tempi, e lo sono tutt’ora (ridiamo, ndr). Col procedere della carriera la nostra presentazione è in parte cambiata, passando dal fantasy degli inizi a una sorta di fantascienza, fino a quell’alone di intrattenimento quasi puro che abbiamo raggiunto ora; sempre però con la sola volontà di portare avanti ciò che ci piaceva fare, a volte incontrando qualche ostacolo magari, ma l’importante per i Dragonforce è sempre stato quello di rappresentare una fonte di divertimento per se stessi e per chiunque avesse deciso di entrare in contatto con la loro musica.

VORRESTI FARE QUALCHE APPUNTO ALL’HERMAN LI DI QUASI VENT’ANNI FA, SE NE AVESSI LA POSSIBILITÀ?
– Ci sono molte cose che vorrei dire in merito a ciò che è venuto prima, al giovane Herman Li così come a chi ha preso parte alla sua personale carriera, ma alla fine credo che se cresci facendo ciò che ami e ottenendo dei risultati quasi inaspettati puoi solo proseguire sulla tua via con entusiasmo e passione, com’è giusto che sia.

VISTO CHE LI HAI NOMINATI, COME RACCONTERESTI I RIFERIMENTI AL MONDO VIDEOLUDICO CONTENUTI NEL DISCO?
– Come penso ben saprai, i richiami all’universo videoludico rappresentano da sempre una parte fondamentale della proposta dei Dragonforce, sia per quanto riguarda l’elemento visivo che quello musicale. In questo caso suggerirei di partire dalla copertina: quest’ultima combina numerose influenze tipiche dello stile anni ’80, con quindi l’immortale Lamborghini Countach rossa e numerosi effetti laser e neon di derivazione cyberpunk, con in più un paio di riferimenti ai videogiochi moderni, tra cui “Gears Of War” per le armature che indossiamo, passando ad esempio per un “Halo” e così via; il tutto ovviamente abbinato al drago e all’esplosione infuocata che enfatizza quella che è la nostra essenza. Musicalmente, volendo fare un esempio, in “Cosmic Power Of The Infinite Shred Machine”, se ascoltate con attenzione, noterete che con la chitarra io emulo un effetto sonoro proveniente direttamente dai vecchi cabinati di Pac-Man; elemento che abbiamo ripreso anche per la realizzazione della nuova scenografia da utilizzare sul palco, con tanto di cabinati giganti ben visibili e utilizzabili come piattaforme.

I DRAGONFORCE SONO STATI FORSE UNA DELLE PRIME METAL BAND AD ATTINGERE E A PRENDER PARTE AL MONDO DEI VIDEOGIOCHI IN MANIERA CONSAPEVOLE E BEN ARCHITETTATA. QUAL’É LA TUA OPINIONE SU QUESTA FUSIONE SEMPRE MENO RARA TRA I DUE SETTORI?
– Immagino tu ti riferisca alla presenza di “Through The Fire And Flames” all’interno di “Guitar Hero 3” ormai ben più di dieci anni fa, il che è stato anche una scelta fondamentale che ci ha permesso di raggiungere un livello di popolarità quasi inaspettato, contando che eravamo appena al terzo disco. Tuttavia, la nostra musica si è dimostrata quanto di più azzeccato da inserire in un simile contesto, sia per il nostro peculiare approccio al chitarrismo, sia per i richiami musicali ben assimilabili da chi ama i videogiochi. Credo che sia davvero una figata la possibilità che il metal e i videogiochi possano fondersi sempre di più, anche perché si tratta di due settori indirettamente molto legati tra di loro e che potrebbero volendo rappresentare un possibile supporto reciproco in termini commerciali, così come una scelta vincente a livello stilistico e di atmosfera generale; tutto questo anche grazie al fatto che moltissimi fan, così come parecchi musicisti, sono dei discreti appassionati di videogiochi. Anche in questo caso i Dragonforce o anche i Sabaton potrebbero essere un discreto esempio, avendo noi appena suonato in occasione del Twitchcon e loro alla Gamescom un paio di anni fa.

CREDI CHE POTREBBE MAI ESSERE POSSIBILE VEDERE I DRAGONFORCE COME PARTE ATTIVA DI UN VIDEOGIOCO?
– Non mi sento di dire troppo in merito, ma recentemente siamo entrati in contatto con uno sviluppatore di videogiochi ed è molto possibile che presto avrete notizie in merito alla presenza dei Dragonforce all’interno di un prodotto videoludico come parte attiva. Un po’ come fu per i Blind Guardian in “Sacred 2” e nella colonna sonora di “The Dwarves”.

PARLANDO INVECE DI CHITARRISMO: DALL’ALTO DELLA TUA ESPERIENZA, COME MUSICISTA E COME DOCENTE, IN QUANTO INAUGURATORE DI UNA SCUOLA DI MUSICA, CHE CONSIGLIO TI SENTIRESTI DI DARE AI CHITARRISTI AGLI ESORDI? 
– So che, per quello che risulta spesso essere oggi giorno l’approccio all’apprendimento dello strumento, potrei dire una cosa abbastanza impopolare, ma ritengo che l’importante dovrebbe essere l’espressione di ciò che davvero si ama e che ci appassiona al momento di tenere in mano lo strumento: di questi tempi si tende molto a schematizzare la didattica e ad inculcare agli studenti di musica un programma fatto con lo stampino e colmo di nozioni che magari, ad un determinato aspirante musicista, non interessano affatto, col rischio di abbattere quello che è il suo entusiasmo. Per come la vedo io, bisognerebbe invece valorizzare ciò che davvero ci piace suonare e magari trovare degli stimoli per affinare la nostra tecnica, il songwriting e le varie nozioni teoriche; tant’è che io da ragazzo mi esercitavo otto ore al giorno, ma sempre dando la priorità alla mia voglia di divertirmi e provare soddisfazione con in mano la chitarra. Dopotutto, di studenti di musica che seguono i programmi alla lettera è pieno il mondo, e allora forse potrebbe valere la pena provare ad adottare un approccio diverso e più orientato sul singolo.

COSA RISPONDI A CHI RITIENE CHE UN VERO CHITARRISTA DOVREBBE SUONARE LENTO? 
– (Ridiamo, ndr) Esattamente come dicevo poco fa, ognuno dovrebbe essere artefice del proprio metodo di approccio allo strumento, a prescindere che si preferisca andare lenti, suonando un paio di note ogni tot di secondi, o che si sia dei velocisti con l’animo Lamborghini dentro; anche perché la musica è un’espressione di noi stessi, e non di certo di qualcosa che viene eventualmente imposto da qualche d’un altro. Inoltre, invito sempre i soggetti in questione a non commettere errori di valutazione banali: fidatevi che, se voglio, so anche suonare lento, anche se mi piace di meno (ridiamo, ndr).

CAMBIANDO ARGOMENTO, PRIMA DI CHIUDERE, RICORDIAMO ANCORA QUANDO, UN PAIO DI ANNI FA DURANTE UNA DATA A MILANO, HAI ELENCATO DIVERSE BAND ITALIANE ANCHE RELATIVAMENTE SCONOSCIUTE, LASCIANDO ABBASTANZA BASITI MOLTI DEI PRESENTI. CHE IDEA HAI IN MERITO ALLA MUSICA PROVENIENTE DALL’ITALIA?
– Capisco che possa fare strano che Herman Li possa essere ancora oggi un discreto ascoltatore di musica nel suo privato; ebbene, io non mi limito a suonare power metal, ma ne sono un amante anche quando questo non proviene da un album composto da me. L’Italia dagli anni ’90 in avanti è sempre stato un paese da non sottovalutare, anzi si potrebbe quasi dire che buona parte delle power metal band migliori del mondo provenga proprio dalle vostre terre: dai più famosi e popolari Rhapsody, con tutte le varie ‘ramificazioni’ che hanno intrapreso successivamente, fino ai vari Secret Sphere, Labyrinth, Vision Divine e, soprattutto, Domine. Questi ultimi ad essere sincero sono una delle mie band preferite in assoluto, con uno dei migliori cantanti mai esistiti all’interno del genere d’appartenenza e un chitarrista/compositore davvero notevole; credo avrebbero meritato decisamente di più nel corso dei loro anni di carriera sulle scene.

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