Gli americani Dreadnought sono nati nel 2012 a Denver e, con il recente “The Endless”, giungono ormai al quinto album. La loro proposta è molto complessa, un progressive metal in cui affiorano elementi doom, jazz e metal estremo, e probabilmente questa difficoltà di catalogazione è sempre stata la barriera che ha impedito al quintetto di raggiungere un successo più ampio.
Del nuovo disco, del passato e del futuro della band parliamo in questa intervista con la cantante e chitarrista Kelly Schilling.
BENVENUTI SU METALITALIA.COM E COMPLIMENTI PER IL NUOVO ALBUM. PARTIAMO DALL’INIZIO: POTRESTE PRESENTARVI, PARLARE DEI VOSTRI OBIETTIVI, DELLA VOSTRA STORIA E DELLA MUSICA CHE SUONATE?
– Ciao! I Dreadnought sono nati a Denver, Colorado. Ci siamo formati nel 2012 ed abbiamo da poco realizzato il nostro quinto album, “The Endless”, pubblicato il 22 agosto da Profound Lore Records. Siamo felici di poter scrivere e suonare metal secondo il nostro gusto personale e vogliamo rendere il mondo un posto migliore attraverso la gentilezza ed una musica che abbia un significato.
A QUESTO PROPOSITO, PER DESCRIVERE LA VOSTRA MUSICA SONO STATE USATE MOLTE DEFINIZIONI, DA DOOM FINO A PROGRESSIVE, BLACK METAL E AVANGUARDIA. COME LA DESCRIVERESTE VOI STESSI, CHE NE SIETE GLI AUTORI, CON UNA SEMPLICE FRASE?
– Sono solita descriverla come rock e metal progressivo, etereo e con influenze doom, jazz, ambient, classiche, folk e avantgarde.
VENITE TUTTI DALLA SCENA METAL O AVETE BACKGROUND DIFFERENTI?
– Io, Kevin e Jordan siamo cresciuti nella scena metal ed abbiamo iniziato con la musica nel periodo della scuola. Come teenager siamo andati insieme a diversi concerti che ci hanno spinto con forza a fondare il nostro gruppo. Abbiamo così dato vita alla nostra prima band metal, chiamata Kastigation, quando avevamo sedici o diciassette anni, e col tempo le nostre influenze si sono estese fino alla nascita dei Dreadnought. La nostra nuova tastierista e cantante Emily si è formata imparando i pezzi di Tori Amos e solo più tardi è entrata nel mondo del rock e del jazz, mentre il nostro secondo chitarrista Ryan ha sempre suonato diversi stili di musica, quali post-rock, prog, math rock, indie, ambient, doom, hardcore.
QUANDO SI CREA MUSICA, E’ FACILE ENTRARE IN UNA SORTA DI COMFORT ZONE E DIVENTARE RIPETITIVI. NON E’ QUESTO IL VOSTRO CASO, POICHE’ AVETE PUBBLICATO ALBUM MOLTO DIFFERENTI TRA LORO. COME LAVORATE SUL VOSTRO PROCESSO CREATIVO? COME FATE A MANTENERE QUESTA VOGLIA DI AFFRONTARE SEMPRE QUALCOSA DI DIVERSO?
– Cambiamo ogni volta il soggetto dell’album e ciò ci permette di focalizzarci su mood differenti. A seconda di come la storia che raccontiamo ci fa sentire, scegliamo un tipo di strumentazione e suoniamo in modo diverso. Per esempio, nell’ultimo album abbiamo deciso che i fiati non avessero molto a che fare con ciò che stavamo componendo, ma è possibile che nel prossimo disco li andremo a riprendere o che aggiungeremo qualche altro strumento. I nostri gusti si espandono e variano anno dopo anno, allo stesso modo in cui cresciamo come persone, e ciò ha un influsso anche sulle nostre tecniche di scrittura. Penso che la musica progressive lasci spazio alla sperimentazione e noi cerchiamo di trarne vantaggio, ma sempre suonando come noi stessi.
E’ VERO CHE USATE DEI DISEGNI PER SCRIVERE LE VOSTRE CANZONI?
– Sì, a volte disegniamo figure o mappe che ci orientino nel processo di scrittura. Lo facciamo soprattutto quando siamo nella fase di creazione di un album o di una canzone, la rappresentazione visuale ci aiuta a trovare il focus necessario per proseguire.
UTILIZZATE UNA STRUMENTAZIONE MOLTO VASTA. PER QUALE MOTIVO AVETE FATTO QUESTA SCELTA? COME ARRANGIATE I PEZZI? COME FATE DAL VIVO?
– Da ragazzi eravamo molto influenzati dalle band che suonavano folk metal o symphonic black metal poiché riuscivano ad incorporare nella loro musica strumenti che non facevano parte della tradizione rock o metal; così, dal momento che già suonavamo questi strumenti, questa idea entrò a far parte del nostro processo di scrittura.
Cerchiamo di arrangiare i nostri pezzi in modo che il risultato sia scorrevole, ogni parte deve nutrirsi dell’energia di quella precedente, in modo che ci sia una progressione naturale. Gli arrangiamenti degli strumenti vengono di conseguenza da questo flusso di energia, così decidiamo che un flauto può essere utilizzato o meno in una certa sezione. Tendiamo a provare ogni idea che ci viene in mente finché non arriviamo ad un accordo tra noi su ciò che suona corretto.
Quando si tratta di utilizzare tutti questi strumenti live, cambiamo gli arrangiamenti in modo da essere in grado di suonarli tutti veramente.
COME HA PRESO FORMA “THE ENDLESS”? PERCHE’ QUESTO TITOLO? DI SOLITO LA NATURA E’ UNA DELLE VOSTRE FONTI DI ISPIRAZIONE. LO E’ STATA ANCHE QUESTA VOLTA? DI COSA PARLANO I TESTI?
– “The Endless” ha preso forma tra il 2021 ed il 2022 e mentre stavamo scrivendo sapevamo di volerci concentrare sulle ‘ombre’ dell’umanità, il lato oscuro del nostro essere. Volevamo parlare più della natura umana che della natura intorno a noi, ma tutto è interconnesso. I testi percorrono un oscuro viaggio fatto di sofferenza, battaglie, trionfi e trasformazioni, in un paesaggio post-apocalittico. Esploriamo la distanza tra le nostre azioni ed il nostro potenziale, i cicli negativi della manipolazione e della violenza nei quali gli esseri umani si trovano continuamente. Il ciclo vizioso appare senza fine, ma infinite sono anche le potenzialità dell’uomo quando aspira alla grandezza, e da qui “The Endless”. I testi tentano anche di entrare in sintonia con l’antica saggezza e creare metodi di aiuto in tempo di sofferenza. L’arte può essere interpretata in così tanti modi diversi e per questo noi speriamo che ogni ascoltatore possa trovare la propria unica connessione con quest’album.
POSSIAMO AFFERMARE CHE “THE ENDLESS” E’ IL VOSTRO ALBUM PIU’ COMPLETO FINORA? IN COSA ASSOMIGLIA E DIFFERISCE DAI VOSTRI ALTRI DISCHI?
– Sono convinta che con questo disco abbiamo fatto un passo avanti come compositori e musicisti, siamo stati molto rigidi con noi stessi durante il processo di scrittura ed il risultato parla chiaro, basta pensare al livello dei dettagli. Inoltre, siamo stati particolarmente attenti all’intenzionalità dei testi e a come questi legassero con le tematiche in ogni parte delle canzoni, in modo da creare un’esperienza d’ascolto in cui ci si possa letteralmente immergere. Come autori, è scontato premiare la creazione più recente, poiché è quella nella quale siamo temporalmente proiettati, ma c’è molto di buono anche nei nostri dischi precedenti, sicuramente. La produzione è differente in ciascuno di essi, e in questo la voce è molto cristallina. L’atmosfera è leggermente più oscura rispetto agli altri album, forse non così prog, ma suona sempre molto Dreadnought.
LA VARIETA’ A LIVELLO VOCALE E’ SICURAMENTE UNO DEI VOSTRI PUNTI DI FORZA…
– Da un punto di vista vocale, ho sempre voluto sperimentare con diverse tonalità senza pormi dei limiti legati ad un solo stile. Per quest’album in particolare, ho voluto estendere il mio range. “Liminal Veil” è il pezzo che mi ha più spronato. Mentre scrivevo, avevo chiaro in mente cosa volevo fare, dovevo solo imparare come farlo. Avere due voci in formazione ci consente di attingere da una tavolozza di colori più grande. Ho sempre amato l’interazione dei due cantanti, avere diversi toni ed armonie su un disco lo rende più vario e colorato. E’ sempre stato magnifico lavorare con Lauren negli anni ed ora anche con Emily.
QUALI SONO LE BAND CHE CONSIDERATE PIU’ IMPORTANTI PER LA VOSTRA FORMAZIONE? SENTITE DI AVERE INFLUENZE ANCHE ESTERNE AL MONDO DELLA MUSICA, COME LIBRI O FILM?
– Le nostre influenze più scontate sono Opeth e Moonsorrow , ma ovviamente ne abbiamo molte altre. Per questo disco citerei Hiatus Kaiyote, Oranssi Pazuzu e John Carpenter.
Il concept è ispirato alla fantascienza, alla natura, alle vecchie case dall’aspetto sinistro e ai posti più strambi del mondo in cui tutti abbiamo vissuto negli ultimi anni. Mentre scrivevo, ho letto molto “Berserk”, “Halo Jones” e “Sandman”. Queste storie hanno avuto sicuramente un impatto su “The Endless”.
C’E’ UN ARTISTA CON IL QUALE VI PIACEREBBE SUONARE?
– Assolutamente, ci piacerebbe andare in tour con Opeth, Oranssi Pazuzu, Yob, Hail Spirit Noir, Imperial Triumphant, Chelsea Wolfe, Hiatus Kaiyote, Mastodon, Iron Maiden, Gojira e altri.
LA VOSTRA CITTA’, DENVER, HA VISTO LA NASCITA DI MOLTE NUOVE BAND DI SUCCESSO NEGLI ULTIMI ANNI. C’E’ UN NOME EMERGENTE CHE VI VA DI SUGGERIRCI?
– Siamo fortunati a provenire da un luogo con un livello musicale così alto! Matriarch and Lykotonon sono due band in crescita che mi vengono in mente, oltre ai gruppi con i quali abbiamo alcuni membri in comune: Glass Human, BleakHeart e Grief Ritual.
C’E’ UN ASPETTO DELLA VOSTRA MUSICA CHE SENTITE DI DOVER MIGLIORARE?
– In generale sono soddisfatta dei risultati che abbiamo raggiunto, ma c’è sempre spazio per i miglioramenti. Non abbiamo ancora discusso la direzione che prenderà il nuovo album, ma l’obiettivo sarà un’ulteriore crescita, come compositori ed esecutori.
COME PROMUOVERETE L’ALBUM? AVETE IN PROGRAMMA DEI CONCERTI?
– Abbiamo appena finito il tour americano con Elder, Belzebong e Ruby The Hatchet a settembre, ma abbiamo in programma altri tour. Il prossimo concerto sarà il 29 ottobre a Denver con le leggende locali Itchy-O (l’intervista è stata fatta ad inizio ottobre, NdR).
AVETE PIANI PER IL FUTURO?
– C’è molto lavoro in preparazione, presto avrete delle novità!