“A Dramatic Turn Of Events” ha rappresentato un passo importante nella carriera dei Dream Theater, soprattutto in quanto capitolo primo della formazione di Boston senza la carismatica figura del precedente batterista, Mike Portnoy. Alle prese adesso con il tour di promozione dell’album stesso, i Dream Theater stanno poco a poco raccogliendo, in termini di presenze e consensi, quando seminato dall’uscita dell’album fino ad ora. Noi di Metalitalia.com abbiamo pensato però di mettere a confronto James Labrie, cantante della band, con l’ingombrante eredità del gruppo, ponendogli delle domande che spaziano dal tour attuale ad alcune strane iniziative compiute in passato. Nel corso di questa intervista vediamo come il simpatico cantante si destreggia tra il passato ed il futuro della sua band…
OK, SONO PASSATI SEI MEDI DALL’USCITA DI “A DRAMATIC TURN OF EVENTS”. CI DIRESTI, ADESSO, A MENTE FREDDA, COME IL PUBBLICO HA ACCETTATO IL DISCO? SIETE FELICI DI QUANTO PRODOTTO, ALLA LUCE DELLA RISPOSTA DEI FAN?
James: “Assolutamente! Sono assolutamente soddisfatto sia di come il disco sta andando sia di come è venuto. Siamo sempre stati bene accolti in tutto il mondo ad ogni uscita, ma penso che questo fosse esattamente l’album che dovevamo fare in questo periodo, in questo momento. Avevamo la sensazione di aver fatto un buon lavoro già attraverso quello che i fan esprimono attraverso i vari forum, le chat o i canali di discussione; ma è proprio durante questo tour che abbiamo osservato veramente quanto tutti stiano apprezzando questo nuovo lavoro. E tutto ciò ci conforta, ci dice che ‘A Dramatic Turn Of Events’ era una release davvero necessaria per i Dream Theater attuali. Dimostra anche che siamo sempre la stessa band, che i compositori principali della band sono ancora tutti qui, e che in definitiva l’unica differenza con i Dream Theater di un tempo è che ora abbiamo un nuovo batterista. Un batterista davvero eccezionale, peraltro”.
QUINDI IL TOUR STA ANDANDO BENE? SONO IN TANTI A VENIRE AGLI SHOW? VI SENTITE IN FORMA?
“Il tour sta andando meglio di come pensavamo! C’è tanta gente e… se ci sentiamo in forma? Be’, lo vedrai stasera!”.
PARLANDO DI CONCERTI, COME SUONANO LE CANZONI DI “A DRAMATIC TURN OF EVENTS” DAL VIVO? SONO PIÙ O MENO DIFFICILI DA RIPROPORRE RISPETTO ALLA VOSTRA PASSATA PRODUZIONE?
“In realtà, non è che cambia molto sotto questo aspetto. Davvero. Ogni nostra canzone ha sempre richiesto di essere molto concentrati sul palco. Non per paura di dimenticare un pezzo, o di fare un errore, ma proprio per come sono fatte le canzoni stesse. Richiedono sempre tantissima attenzione. E i brani nuovi non sono né più difficili né più facili di quelli vecchi da suonare sul palco, se è questo che intendi. Si tratta solo di concentrazione, come dicevo, e anche di predisposizione, in modo da riuscire a suonare restando naturali, e divertendosi mentre lo si fa. Possiamo dire che le canzoni nuove che stiamo riproponendo in questo tour suonano però leggermente più potenti sul palco, o almeno questa è l’impressione che ne ricavo io. Comunque, la resa dal vivo è un aspetto che abbiamo sempre curato molto, anche in passato, in tutti i momenti passati in studio. Per quasi ogni canzone ci siamo sempre chiesti: ‘Bella, sì, ma come suonerà una volta portata in concerto?’. Il concerto è il momento più importante per una band; quando si è davanti ai propri fan, è proprio lì che la canzone deve suonare veramente ‘grande’!”.
LA SCELTA DEI PERIPHERY COME GRUPPO D’APERTURA È FORSE UN PO’ STRANA. HANNO UN SUONO MOLTO PIÙ COMPRESSO ED ESTREMO DEL VOSTRO, ED UN APPROCCIO AL PROGRESSIVE METAL DAVVERO MODERNO. COME STANNO REAGENDO I VOSTRI FAN ALLA MUSICA DI QUESTA INTERESSANTE BAND?
“A me questa band piace tantissimo! Penso siano dei tizi davvero straordinari, con un potenziale altissimo anche per il futuro. Il loro suono è super esplosivo e Spencer ha davvero una grande voce, fenomenale! I nostri fan li stanno ricevendo benissimo. Ma perché non dovrebbero? Loro sono progressive, sono pesanti, sono melodici… e noi come siamo? Noi siamo progressive, pesanti e melodici! In effetti, mi ricordano come eravamo noi Dream Theater nei primi anni ’90, quando avevamo quella sete di successo e quella voglia di spaccare che hanno loro ora. Sono dei grandi, comunque, e auguro loro tutto il successo che possono avere perché si sbattono un sacco, lavorano veramente duro, credimi!”.
NEL 1997, DURANTE ALCUNE DATE SUONAVATE UNO O DUE PEZZI SCAMBIANDOVI GLI STRUMENTI. SI TRATTAVA DI UN’IDEA ABBASTANZA SIMPATICA CHIAMATA ‘NIGHTMARE CINEMA’, SE NON ERRO… NON RIFARETE PIÙ NIENTE DI SIMILE IN FUTURO?
“Quell’idea non mi è mai piaciuta in realtà… la trovavo stupida! Magari come iniziativa poteva sembrare anche ‘simpatica’, ma in realtà era qualcosa che ci portava lontano da quello che volevamo, e vogliamo tutt’ora, essere. La nostra è musica molto emozionale, molto complessa, e quella cosa lì risultava essere soltanto comica. E’ una contraddizione a tutto quello che volevamo rappresentare… il lato emotivo della nostra musica, la passione e la serietà… erano cancellate da qualcosa che era solamente comico. Non rifaremo mai più niente del genere, è sicuro, anche perché sono convinto in primo luogo che non avremmo mai dovuto farla”.
DURANTE LA VOSTRA CARRIERA AVETE SEMPRE MOSTRATO UN CERTO INTERESSE NELLE COVER, SIA DAL VIVO CHE REGISTRATE COME B-SIDE O CONTENUTI SPECIALI. QUALI SONO LE RAGIONI CHE VI SPINGONO A DEDICARE COSÌ TANTO TEMPO E SPAZIO A COVER DI CANZONI DI ALTRI GRUPPI?
“In realtà era Mike il vero fanatico delle cover. Non che a noi non piacciano, ma molte di quelle che sono state proposte provenivano da lui. Per noi si è sempre trattato però di una sorta di omaggio a quelle band ci hanno ispirato, un modo di ringraziare, quindi. Vuoi sapere se faremo ancora cover in futuro? Io dico di sì, e magari anche riproporremo album interi, veri classici di altre band, come abbiamo fatto in passato (ricordiamo che i Dream Theater hanno riproposto in alcune date dal vivo gli interi album ‘The Number Of The Beast’ e ‘Master Of Puppets’ di Iron Maiden e Metallica, ndR). Vuoi invece sapere se faremo qualcosa del genere durante questo tour? No. Non credo proprio, spiacente, ma vedremo in futuro cosa succederà…”.
CAPITO… MA IN UNA COVER, È PIÙ IMPORTANTE CATTURARE IL FEELING ORIGINALE DELLA CANZONE O INSERIRE INVECE LE EMOZIONI CHE ESSA VI SUSCITA?
“Sai, dovresti cercare di rispettare entrambi gli aspetti… rispettare la direzione e l’intenzione originale dell’artista è certamente importante, ma allo stesso tempo una cover ha veramente valore solo se rispecchia una parte di te. Un copia perfetta di una cover non aggiunge molto a livello musicale a ciò che c’era già. La gente sta ascoltando una tua interpretazione di una certa canzone, quindi devi far loro capire che essa è effettivamente ‘tua’. Penso che si debba quindi partire dal rispetto del feeling e dell’intenzione generale, ma sempre mettendo qualcosa di tuo, qualcosa che la canzone stessa risveglia in te”.
COME DICEVI, SPESSO AVETE SUONATO INTERE SUITE, O ADDIRITTURA INTERI ALBUM, DAL VIVO IN UN’UNICA SOLUZIONE. PER ESEMPIO, L’ALBUM “SCENES FROM A MEMORY”, O LA SUITE “SIX DEGREES OF INNER TURBULENCE”, IN PASSATO SONO STATE RIPROPOSTE PER INTERO NELLA DURATA DI UN UNICO SHOW. FARETE LO STESSO ANCHE PER LA FAMOSA “TWELVE STEPS SAGA”? (composizione di quasi 60 minuti divisa su 5 album, composta da Portnoy prima dello split, ndR)
“(ride, ndR) Proprio non saprei risponderti, ora! Posso dirti che però potrebbe arrivare un giorno in cui avrà senso fare un’operazione del genere. Potrebbe. Ma questo tour si chiama ‘A Dramatic Tour Of Events’ e non parla di quella suite. Forse, in qualche prossimo tour, o in qualche festival estivo, avrà senso per noi di riproporre l’intera suite in un’unica soluzione, ma per adesso no. E’ una discussione che dovremmo fare tutti assieme, a livello di band, ed ora la nostra attenzione è rivolta solo a questo tour, e a questo album. Ora siamo dedicati a questa specifica incarnazione dei Dream Theater, ma tutto quello che mi dici può essere realizzabile in futuro, vedremo…”.
L’IDEA DI UNA SORTA DI CICLICITÀ È CONTENUTA IN MOLTI ELEMENTI DELLA VOSTRA PRODUZIONE. “A CHANGE OF SEASON” FINISCE CON LO STESSO TEMA CON CUI INIZIA; “OCTAVARIUM” RIPRENDE LA SUCCESSIONE DELLE NOTE DEL PENTAGRAMMA E CHIUDE CON LA STESSA NOTA CON CUI INIZIA… MA L’IDEA DI CREARE DEI CICLI È IMPORTANTE PER I DREAM THEATER? NELLA MUSICA E NELLA VITA?
“Per come la vedo io, la vita è una cosa che non si ripete… non credo nella reincarnazione, non c’è alcun ciclo nella vita. Ma musicalmente posso dirti che queste scelte le abbiamo sempre fatte per rinforzare l’idea che stava dietro ogni composizione. Per estrapolare un tema portante dietro uno svolgimento molto lungo. Quando pensi ad un pezzo molto concettuale, o molto complesso, è necessario comunque trovare un filo conduttore che tenga unito tutto il costrutto di ciò che si sta facendo. Occorre un tema, dal punto di vista musicale e melodico, che faccia capire all’ascoltatore come il pezzo inizia, evolve, cambia e poi si chiude. Una melodia ripresa in più punti fa proprio questo: riporta l’attenzione su pezzo, trasmette continuità ma non interrompe l’evoluzione. E’ nell’evoluzione che possiamo dire che la musica somigli alla vita. La vita, come una canzone, è qualcosa che inizia in un modo, si evolve, cerca di raggiungere l’intero suo potenziale, ed infine si richiude. Diciamo che finire con lo stesso tema dell’apertura è prevalentemente una soluzione musicale, mentre lo schema che seguiamo nell’evolvere la canzone, dall’inizio attraverso il suo svolgimento fino alla fine, rispecchia in parte un concetto assimilabile alla vita”.
LE LIRICHE CHE SCRIVETE RIFLETTONO LA VOSTRA MANIERA DI VEDERE LA VITA? O È FRUTTO ANCHE DELLA VOSTRA FANTASIA?
“Da un certo punto di vista la musica è uno specchio di ciò che tu cogli della vita stessa. La musica è qualcosa che esce da te, e che in qualche modo parla del modo in cui tu vedi la vita, in cui vivi la vita, la interpreti e infine la sperimenti. Ma, accanto a questo, c’è comunque da considerare il lato più immaginario della musica che scrivi, quel qualcosa che semplicemente inventi, perché in qualche strana e misteriosa maniera senti in te una connessione tra quell’idea inventata e la canzone che stai scrivendo in un determinato momento. La musica è un equilibrio delle due parti, una sorta di riflesso della vita dell’artista e l’ultima forma di espressione della sua immaginazione”.
I TEMI DI QUESTA INTERVISTA CI MOSTRANO QUANTO I DREAM THEATER ABBIANO EFFETTIVAMENTE CREATO, NEI LORO VENTI E PIÙ ANNI DI CARRIERA! MA COME VI SENTITE NEL REALIZZARE CHE TANTA GENTE È COSÌ LEGATA A QUANTO DA VOI CREATO? VI SENTITE FIERI DI TUTTO CIÒ?
“Mi sento estremamente fiero di quanto abbiamo fatto fino ad ora! La mia soddisfazione più grande è aver fatto qualcosa nei modi e con i mezzi che mi sembravano giusti, seguendo la mia passione e le mie idee, e vedere poi che un grande numero di persone ha finito per apprezzare tutto ciò. Siamo felicissimi di aver creato qualcosa alla quale la gente è così legata, e ancora più felici di essere riusciti a mantenerla attraverso tutti questi anni. E’ una sensazione indescrivibile”.