DREAM THEATER – Vox populi

Pubblicato il 04/02/2025 da

Amati, odiati, adorati, disprezzati, da molti considerati dei mostri sacri musicali, da altri dei meri atleti che fanno della tecnica e della velocità il loro unico punto di forza: qualunque sia il vostro punto di vista sui Dream Theater, la realtà rimane innegabile e, libro di storia della musica alla mano, ci ritroviamo ad avere a che fare con una band che ne ha scritto tante, tantissime pagine, specialmente per quanto concerne il mondo del progressive metal.
Noi di Metalitalia.com abbiamo avuto il piacere e l’onore di parlare della band, dei suoi successi, della sua storia e delle quaranta candeline che brillano su una torta di compleanno di una gruppo che ha iniziato la propria carriera nel 1985. Quaranta anni che, nel 2025, vengono festeggiati con un nuovo lavoro discografico, “Parasomnia”, il quale, tra le altre cose, vede il membro fondatore Mike Portnoy di nuovo alla batteria dopo circa tredici anni di assenza; quaranta anni raccontatici da un gentilissimo James LaBrie nel corso di una bella chiacchierata in cui ha risposto a molte delle nostre curiosità.

INIZIAMO PARLANDO DEL NUOVO ALBUM DEI DREAM THEATER: “PARASOMNIA”. SEMBRA QUASI CHE SIA UN LAVORO TEMATICO FOCALIZZATO SUI SOGNI, GLI INCUBI E, IN GENERALE, SUL MONDO DEL SONNO. CI RACCONTI UN PO’ DI QUESTA SCELTA?
– Capisco a cosa ti riferisci, ma non siamo partiti con l’idea di comporre un concept album, anche se, come avrete notato, ci sono molti elementi che riportano a questo stile.
Ovviamente i testi hanno un tema comune e descrivono gli effetti che la parasomnia ha sulle persone che soffrono di tale disturbo, ma questa scelta mira più a dare un tema all’album che a create un lavoro concettuale. Una volta definito un tema, la band ha iniziato a lavorare intorno a questo e le sonorità dell’album si sono sviluppate nella stessa direzione; questa è la motivazione principale per cui alcune strutture armoniche tendono a ripresentarsi nel corso dei brani.
Il tutto ha a che fare con il senso di coesione che volevamo dare all’opera, e tale coesione è stata raggiunta attraverso una buona dose di elementi lirici, melodici, armonici e ovviamente ritmici; questo è stato l’obiettivo che ci ha guidati durante la composizione.

ASCOLTANDO L’ALBUM SEMBRA CHE VI SIATE FOCALIZZATI SU SONORITÀ PIÙ PESANTI. POSSIAMO SENTIRE CHITARRE A SETTE CORDE O BARITONE E RIFF PIÙ CORPOSI. C’È UNA MOTIVAZIONE DIETRO QUESTA SCELTA STILISTICA?
– Beh, devo ancorarmi alla precedente risposta in questo caso: stiamo parlando degli effetti della parasomnia che coinvolgono incubi, tremori notturni, tormenti e anche allucinazioni, per parlare di questa roba avevamo bisogno di sonorità ruvide, raschiate e oscure, insomma, adatte alla tematica.
In questo album abbiamo provato – per quanto possibile – a ridurre gli abbellimenti al minimo, al fine di risultare diretti, incisivi ed estremamente connessi con la sofferenza che si voleva raccontare; parliamo di sentimenti, qui, e i sentimenti raccontati in “Parasmonia” sono l’ansia, la paura, la totale mancanza di controllo e di speranza di fronte ad un disturbo molto invalidante.
Queste sonorità sono esattamente quelle che volevamo dare all’album in base a quello che volevamo descrivere e raccontare, di conseguenza, tale stile è stato fortemente ricercato e voluto da noi tutti.

MENTRE SCRIVEVAMO IL NOSTRO TRACK-BY-TRACK, È STATO IMPOSSIBILE NON NOTARE CHE MOLTE SONORITÀ DI “PARASOMNIA” SIANO ISPIRATE DA VOSTRI VECCHI CAPOLAVORI, CON PARTICOLARE ENFASI SU “SCENES FROM A MEMORY”, ALBUM TRIBUTATO ANCHE PIUTTOSTO DIRETTAMENTE IN UN TESTO. CI RACCONTI UN PO’ DI QUESTA SCELTA?
– Si, capisco bene la domanda e sono sicuro che vi stiate riferendo al brano “Midnight Messiah” che contiene, all’interno del suo testo, riferimenti a brani come “Home” e “Strange Déjà Vu”.
Questa è stata un’idea di Mike (Portnoy) che ha voluto introdurre queste parole e frasi riprese da vecchi titoli perché credeva che avrebbero aiutato a spiegare il tema dell’album e, sinceramente, penso che sia una figata! Anche quando ha proposto di introdurre nelle parti musicali alcuni accenni dei vecchi capolavori, la proposta ci è piaciuta molto.
A dire il vero io non sono solito aggiungere riferimenti ad altri album quando compongo – un po’ come John Petrucci e John Myung – ma questo è lo stile di Mike e, anche se è molto lontano dal modo in cui mi esprimo io, lo reputo interessante e assolutamente sensato. Quindi, ecco, prendetevela con Mike (ride, ndr).

È OVVIAMENTE IMPOSSIBILE IGNORARE IL FATTO CHE “PARASOMNIA” È IL PRIMO ALBUM CHE VEDE MIKE PORTNOY ALLA BATTERIA DOPO DIVERSI ANNI DI ASSENZA DAL GRUPPO. COSA SI PROVA A SUONARE CON UN VECCHIO AMICO? AVETE NOTATO QUALCHE CAMBIAMENTO NELLO STILLE O NEL MODO IN CUI CONTRIBUISCE ALLA PRODUZIONE DELLA BAND?
– Beh, quando abbiamo messo piede in studio per registrare “Parasomnia” è stato subito chiaro che Mike Portnoy era tornato; lo abbiamo sentito subito perché il suo stile alla batteria è molto marcato e facilmente identificabile.
La cosa che mi ha colpito di più è stata però la facilità con cui abbiamo ripreso a suonare insieme come gruppo; è stato come quando un giocatore di calcio torna nel suo team dopo una lunga assenza e tutti gli altri si ricordano esattamente cosa si provava ad averlo in squadra, il modo in cui giocava, il modo in cui sistemava le sue cose prima di iniziare.
Riconoscere Mike è stato facile per noi e sono sicuro che lo sarà anche per gli ascoltatori dell’album: voglio dire, prendete ad esempio “Night Terror” e ascoltate quei fill di batteria, sfido chiunque a non riconoscere il suo stile e il suo modo di approcciarsi allo strumento.
Essere in studio tutti insieme ci ha anche riportato alla memoria un sacco di bei momenti che abbiamo passato come gruppo, quando stavamo registrando “Black Cloud And Silver Lining” ad esempio, oppure all’inizio della nostra carriera; ci siamo fatti un sacco di risate e siamo stati bene perché Mike non è solo un grandissimo batterista ma anche una bella persona da avere intorno mentre si fa musica. Non tutte le reunion funzionano bene, non sempre le cose vanno come si vorrebbe e, in alcuni casi, si torna insieme solo per mandare avanti gli affari, insomma come fosse una questione di mero business; fortunatamente nel nostro caso, è andata esattamente come ci aspettavamo e ne sono felicissimo, perché siamo riusciti a ripartire da dove ci eravamo lasciati.
Intendiamoci, non ho intenzione di sminuire gli album registrati con Mangini, lui ha fatto un gran lavoro e adoro tutta la musica che abbiamo composto insieme, ma con “Parasomnia” stiamo dando un messaggio completamente nuovo, in una situazione assolutamente diversa: vogliamo riportare a galla il suono che ha reso i Dream Theater la grande band che sono e questo album assolve perfettamente al compito.

CHE TIPO DI PROMOZIONE POSSIAMO ASPETTARCI PER L’ALBUM CHE STA PER USCIRE?  AVETE QUALCHE GRUPPO DEL BEL PAESE CON CUI VI PIACEREBBE COLLABORARE OPPURE CHE PENSATE DI PORTARE IN TOUR?
– Beh, come immaginerai, il prossimo tour sarà improntato sui nuovi brani che vogliamo farvi ascoltare ma non ci limiteremo solo a questo e alcune date saranno delle vere e proprie ‘evening with Dream Theater’ dove riproporremo molte delle antiche glorie; questo sarà il formato che presenteremo nel tour nordamericano che partirà tra un paio di settimane.
I concerti in Europa saranno invece principalmente svolti all’interno di festival o kermesse estive, in cui saliremo sul palco alternandoci con numerose altre band; in questi contesti le nostre performance dureranno meno di due ore, quindi saranno più gestibili di un concerto in cui siamo la band principale.
Parlando di gruppi italiani, posso dire che nella vostra nazione c’è così tanto talento che faccio molta fatica a farti un nome in particolare. Di una cosa potete essere certi però, non so ancora i dettagli delle date italiane ma se dovessimo avere bisogno di una band di apertura, non faremmo sicuramente fatica a trovare delle proposte valide.

I DREAM THEATER SONO UN PROGETTO NATO NEL 1985. SE DOVESSI VOLGERE UNO SGUARDO AL PASSATO QUALI SONO STATI I MOMENTI MIGLIORI DI QUESTA LUNGA AVVENTURA?
– Che bella domanda! A dire la verità, se dovessi scegliere un periodo che mi è rimasto nel cuore, sceglierei sicuramente il tempo passato in studio durante la registrazione di “Awake” oppure quando abbiamo registrato “Images And Words”, poco dopo essere entrato nel gruppo.
Ricordo che ci siamo ritrovati tutti insieme in una casa, suonavamo insieme, ci divertivamo, cucinavamo, insomma, eravamo cinque ragazzi che si divertivano facendo musica: questi sono i migliori ricordi che porto con me.
Però devo ammetterlo, è difficile darvi una risposta precisa perché ho passato dei bellissimi momenti con i Dream Theater in moltissime occasioni, come quando lavoravamo a “Scenes From A Memory” e ci siamo ritrovati in mezzo ad un tour frenetico, stancante ma bellissimo ed estremamente appagante.
Nella mia carriera ho anche avuto la possibilità di fare grandissimi incontri e ricordo ancora bene le mie chiacchierate con Robert Plant e Jimmy Page oppure Rod Stewart, Elton John o ancora Joe Cocker; sono stato così fortunato ad aver fatto tutte queste esperienze e me le porto tutte nel cuore, davvero.

SPESSO LA COMUNITÀ METAL SI È MOSTRATA SPIETATA NEI CONFRONTI DEI MUSICISTI CHE, COME TUTTI GLI ESSERI UMANI, ANDANDO AVANTI CON GLI ANNI FATICANO A MANTENERE LO STESSO LIVELLO DI PERFORMANCE. IN CHE MODO TU E I TUOI COMPAGNI DI BAND GESTITE LO SPIETATO INCEDERE DEL TEMPO?
– Beh, che dire, ci si deve adattare (ride, ndr). In scaletta abbiamo brani come “Metropolis” oppure “Under A Glass Moon” e quando mi rendo conto di non arrivare a certe note, modifico leggermente il pezzo e lo rendo più accessibile; in alcuni casi riesco ancora a dire la mia, “Pull Me Under”, ad esempio, la canto come da album e non cambio quasi nulla.
Ho avuto modo di parlare con decine di cantanti durante la mia carriera e non importa quanto bravi essi siano, tutti vengono – prima o poi – criticati, specialmente su internet; molti artisti mi chiedono anche come riesco a gestire le innumerevoli critiche e i commenti negativi che, in quanto artista, mi trovo ad affrontare.
La realtà è che molti di questi leoni da tastiera si metterebbero a piangere se si trovassero a salire sul palco – come faccio io – ogni sera e cantare a questi livelli per tre ore, sono convinto che non ce la farebbero, finirebbero in frantumi.
Nel nostro ultimo tour ho dato prova, concerto dopo concerto, di avere una voce in grado di tenere il palco e questa consapevolezza mi da un sacco di motivazione perché so di star cantando bene. Ovviamente ho avuto e avrò delle serate in cui faccio più fatica, in cui mi sento stanco perché magari non ho dormito bene ma, lasciatemelo dire, sono un essere umano anche io e queste cose succedono a tutti, parlo per esperienza.
Anche la mia band e le altre persone che sono in tour con noi mi danno dei feedback piuttosto positivi e questo per me è importante; io ascolto la voce della ‘mia’ gente quando si tratta di giudicare la mia voce, l’opinione delle persone di cui mi fido che ho intorno ha un valore sicuramente maggiore di quella dei soliti leoni da tastiera che sparlano su internet.

JAMES, TU SEI CONSIDERATO DA MOLTI UN CANTANTE ESTREMAMENTE TECNICO E TALENTUOSO. CHE CONSIGLIO DARESTI AI CANTANTI CHE PRENDERANNO IL TUO TESTIMONE E CHE IDEA TI SEI FATTO SULLA DIREZIONE CHE L’UNIVERSO MUSICALE STA PRENDENDO?
– Io credo che ogni cantante degno di questo nome debba investire seriamente nel proprio strumento vocale. Non mi stancherò mai di ripetere che per essere considerati dei cantanti di livello bisogna sempre cercare di migliorare, giorno dopo giorno.
Badate bene però, quando parlo di ‘migliorare’ non mi riferisco solo al lato tecnico, ma soprattutto al timbro della propria voce; io riuscivo a cantare note altissime un tempo, arrivavo letteralmente alla stratosfera, ora non riesco più a farlo ma ho comunque in mente un’idea precisa di timbro e di tono che voglio avere e che voglio trasmettere ai miei pezzi, questo è importante.
Sono cresciuto ascoltando gente come Robert Plant, Freddie Mercury, Steve Perry o Stephen Tyler, queste persone si focalizzavano sulla loro espressività e il risultato era emozionate, evocativo e innegabilmente sconvolgente. L’obiettivo ultimo di un cantante è quello di creare emozioni e muovere sentimenti attraverso la voce, questa è la mia massima aspirazione.

IL TUO ULTIMO ALBUM SOLISTA, “BEAUTIFUL SHADE OF GREY”, È STATO RILASCIATO NEL 2022. HAI QUALCHE PIANO PER RILASCIARE ALTRI LAVORI DA SOLISTA O INIZIARE PROGETTI PARALLELI AI DREAM THEATER?
– Assolutamente si! L’obiettivo è quello di continuare la mia attività solista ma al momento, come potrete immaginare, sono estremamente occupato.
Ci sono molte idee in cantiere che io e Paul Logue (co-produttore di LaBrie, ndr) abbiamo partorito e non vediamo l’ora di trovare un po’ di tempo per sederci e mettere insieme il tutto, sono convinto che ne uscirà un bell’album. Al momento è molto difficile per me trovare il tempo e la calma mentale per focalizzarmi su qualcosa che esuli dai Dream Theater ma ce la sto davvero mettendo tutta.
Quindi, per rispondere alla tua domanda, sto assolutamente pensando di rilasciare più materiale solista, ma non saprei dirti quando.

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