EDGE OF FOREVER – Ritorno Al Paradiso

Pubblicato il 29/04/2010 da

Con “Another Paradise”, gli Edge Of Forever hanno compiuto il salto di qualità. Ad oltre cinque anni dall’ultima fatica in studio, la band capitanata da Alessandro Del Vecchio è tornata con un disco di spessore che farà la gioia degli amanti dell’aor melodico. E’ proprio il tastierista/cantante/produttore a svelarci tutti i passi che hanno portato alla nascita di questo gioiello.

ALESSANDRO, TRA I VOSTRI PRIMI DUE DISCHI E’ INTERCORSA UNA PASUA DI UN ANNO, MENTRE PER ARRIVARE AD “ANOTHER PARADISE” NE SONO SERVITI BEN CINQUE. COME MAI QUESTO RALLENTAMENTO NEI LAVORI?
“Il motivo di questo ritardo è dovuto principalmente al fatto che io e Francesco abbiamo iniziato a lavorare a livello professionale su realtà più grandi e prioritarie degli Edge Of Forever. In particolare, Francesco è diventato il batterista degli U.D.O., mentre io ho collaborato con svariati progetti, dai Moonstone a Glenn Hughes e Ian Paice. Questi impegni ci hanno portato a lunghi periodi di assenza, solo Francesco fa circa cento date l’anno e negli ultimi tempi ci siamo visti veramente poco. I lavori sul nuovo disco sono iniziati nel 2007 e, dopo l’ennesimo cambio di line-up, i lavori sono terminati a metà dello scorso anno”.

“ANOTHER PARADISE” SIGLA LA FINE DELLA COLLABORAZIONE CON IL VOSTRO CANTANTE BOB HARRIS (“RELEGATO” ALLE BACKING VOCALS), MENTRE TU TI SEI OCCUPATO INTERAMENTE DELLE PARTI VOCALI.
“E’ stata una sofferenza decidere di separarci da Bob, ma questa scelta era indispensabile per la sopravvivenza degli Edge Of Forever sul piano live e per quanto riguarda gli impegni futuri. Con lui siamo rimasti molto amici, ma era logisticamente impossibile continuare a lavorare insieme. Credo, però, che uno degli elementi più importanti di ‘Another Paradise’ sia il sound. Con il prossimo disco si noterà ancora di più, ma già da oggi si vede la nostra intenzione di abbandonare la vecchia matrice svedese neoclassica e pomp a favore di un AOR più basilare e concreto. Yngwie Malmsteen è un chitarrista che adoro, ma le influenze che si trovano in particolar modo nel nostro primo disco, oggi le considero un amore di gioventù. Gli Edge Of Forever vantano un grandissimo bassista , Nik Mazzucconi, considerato da molti grandi del rock, come Carmine Appice e Ian Paice, uno dei migliori bassisti viventi. Inoltre la presenza di un chitarrista eccezionale come Walter Caliaro ha rappresentato un punto di svolta per la band grazie alla sua concezione musicale che ci ha spinto verso il sound più americano che volevamo ottenere. Tornando alla tua domanda iniziale, quando la collaborazione con Bob si è interrotta, abbiamo valutato le più svariate situazioni. La nostra etichetta ci ha proposto una rosa di cantanti molto importanti, ad esempio Goran Edman, però in questo modo saremmo tornati al punto di partenza, ovvero la distanza tra noi e lui ed una serie di costi esorbitanti per suonare dal vivo. Abbiamo provato alcuni cantanti italiani, ma non abbiamo trovato la persona giusta. Ritengo che l’Italia possa vantare diversi cantanti bravissimi sul versante metal tradizionale e glam, ma non ci sono altrettanti esponenti con la giusta cultura e predisposizione per l’AOR melodico. Alla fine ci siamo ritrovati a fare la scelta più naturale, ho voluto prendermi cura io delle parti musicali. Credo che abbiamo ottenuto un buon risultato, nonostante i nostri timori di scontrarci con un passato fatto da nomi come Bob Harris e Jeff Scott Soto. Oggi gli Edge Of Forever vantano una maggiore personalità, il nostro sound è ben definito”.

CREDI CHE ESSERE COINVOLTO IN PRIMA PERSONA ANCHE ALLA PRODUZIONE DEL DISCO SIA STATO UN VANTAGGIO RISPETTO AD UNA GUIDA ESTERNA?
“Ho passato momenti molto critici perché, essendo song writer, produttore, cantante e tastierista ho dovuto portare sulle mie spalle una grande mole di lavoro. Fortunatamente con la band ci siamo sempre trovati in sintonia e non ci sono mai stati problemi causati dall’ego di ognuno. Per il lavoro che faccio, mi sono trovato a mixare tonnellate di dischi, ma quando si lavora sulla propria musica c’è sempre insoddisfazione. Non sono mai soddisfatto quando lavoro alla mia musica, un po’ come accade per grandissimi nomi internazionali come Prince o Stevie Wonder. Ad un certo punto ho voluto darci un taglio, ci siamo semplicemente fidati del nostro lavoro. Personalmente, a livello di produzione, ritengo che siamo riusciti ad ottenere un disco in grado di competere con i prodotti esteri senza timore. ‘Another Paradise’ non sembra un disco di una band italiana. Il vantaggio di non avere un produttore esterno è di poter lavorare con le nostre idee e realizzare i brani proprio come li abbiamo in testa, senza dover giungere a compromessi. Un fan che compra ‘Another Paradise’ non si troverà in mano un disco con una produzione pressappochista o scarna, questo è il traguardo più importante per noi”.

LE CANZONI INVECE DI COSA PARLANO?
“Le tematiche dei brani si dividono sostanzialmente in due filoni. La prima rappresenta l’aspetto più romantico e ‘coverdale-iano’ del disco, in cui si parla di vita vissuta e rapporti umani che vanno male. La seconda metà dei pezzi parla in modo più specifico di quella che è la mia personale visione del mondo, di come lo stiamo trattando, dai rapporti con le persone alla religione”.

SUL VERSANTE LIVE COSA DOBBIAMO ASPETTARCI?
“Sicuramente i nostri impegni rallenteranno l’attività live, ma è nostra intenzione suonare live a giugno, ed a tal proposito stiamo preparando un tour da co-headliner con i Mad Max. Purtroppo nei prossimi mesi sarò molto impegnato per lavoro, è una condizione a cui ormai gli Edge Of Forever si sono in un certo senso abituati. D’altro canto non siamo un gruppo che vuole suonare dappertutto, la scena in Italia è così piccola che riteniamo sia meglio centellinare le date, ma farle bene!”.

I PROBLEMI RELATIVI ALLA NOSTRA SCENA CHE CITAVI DA TE CITATI, SECONDO TE, A COSA SONO DOVUTI?
“In Italia ci sono delle band davvero brave a livello di hard rock, ma ci scontriamo con una mentalità molto piccola e provinciale che ci rende la vita molto difficile. Prendi ad esempio i Lacuna Coil, all’estero sono visti come delle star, mentre in Italia sono ridotti a fare al massimo tre o quattro date. Purtroppo gli appassionati non supportano sempre la scena, tanto che molte band italiane suonano molto più all’estero. Ora che si sono riuniti i Labyrinth, sono curioso di vedere quante date faranno sul suolo nazionale e quante all’estero. Negli anni la scena è cambiata, le band si ritrovano con meno soldi perché i dischi si scaricano da internet e perché sono nate una miriade di piccole realtà che in un certo senso saturano i pochi posti in giro”.

QUAL E’ IL MOMENTO DELLA TUA CARRIERA CHE PORTI CON TE NEL CUORE?
“Dal punto di vista affettivo, sicuramente l’aver suonato insieme a Glenn Hughes, perché se io suono lo devo a ‘California Jam’ dei Deep Purple. Essere su un palco con Glenn e Ian Paice è stato come realizzare un sogno. Un altro bel ricordo è legato alla mia collaborazione con i Time Machine, una band di grande valore che purtroppo non ha ottenuto il successo che meritava. Porto nel cuore anche il tour che abbiamo fatto insieme ad Andre Matos degli Angra e l’apparizione al Gods Of Metal del 2002.”

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