Il nuovo disco degli Eldritch, “Underlying Issues”, ci ha presentato una band in grandissima forma, in grado di realizzare un album solido, frutto di tutta l’esperienza maturata in circa venticinque anni di carriera. Ne abbiamo parlato con lo storico chitarrista e co-fondatore del gruppo toscano Eugene Simone, con il quale abbiamo anche ripercorso diverse tappe della storia della band, compresi i più recenti avvicendamenti in line-up, raccogliendo, altresì, qualche informazione per il prossimo futuro.
L’ANNO SCORSO AVETE PUBBLICATO IL DISCO “TASTING THE TEARS”: SIETE SODDISFATTI DEI RISCONTRI CHE AVETE OTTENUTO?
“Sì, decisamente. Nonostante ‘Tasting The Tears’ abbia segnato un deciso cambio stilistico rispetto a ‘Gaia’s Legacy’. Siamo passati dalle trame intricate che hanno contraddistinto anche i nostri primi album ad un sound più di impatto. Inizialmente abbiamo temuto che i fans più legati al nostro lato prog sarebbero rimasti un po’ spiazzati e invece hanno apprezzato”.
AVETE PENSATO DI CONCENTRARVI SUBITO A LAVORARE SUL NUOVO DISCO, CHE AVETE INTITOLATO “UNDERLYING ISSUES”: SI TRATTA DI UNA SCELTA GIÀ PROGRAMMATA O PER QUALCHE MOTIVO AVETE DECISO DI ACCELERARE I TEMPI?
“Nessuna scelta programmata. Tutto è avvenuto in modo spontaneo. L’idea iniziale era di fare uscire l’album ad inizio anno nuovo ma avendo già pronto il mix a Settembre, l’etichetta, in accordo con noi, ha deciso di anticipare l’uscita di un paio di mesi. Noi siamo stati d’accordo, anche perché tenere per troppo tempo in stand-by un album già pronto non ha molto senso…finisce che per te che lo hai realizzato, al momento dell’uscita ti suona già vecchio. Meglio uscire subito quindi”.
IN LINE-UP C’ERA STATA UNA NOVITÀ CON L’INGRESSO DI ALESSIO CONSANI AL BASSO: A COSA È DOVUTO QUEST’ENNESIMO CAMBIO DI FORMAZIONE?
“Dopo tanti anni insieme a chiunque può succedere di avere un calo di interesse, magari causato da altre situazioni personali e cambiamenti nella propria vita. Purtroppo per noi è successo anche a John, nostro bassista dal 2004. Essendo molto legati a lui non abbiamo potuto far altro che rispettare la sua scelta anche se è sempre doloroso quando un membro con cui hai condiviso tanti bei momenti decide di mollare. Per fortuna abbiamo trovato in Alessio, già membro degli Ensight (side-project del nostro batterista Raffahell) un validissimo sostituto che col tempo si sta inserendo sempre di più”.
VI SIETE POI SEPARATI ANCHE DAL TASTIERISTA GABRIELE CASELLI: AVETE GIÀ AVUTO CONTATTI CON UN POSSIBILE SOSTITUTO? SE SÌ, PUOI DARCI QUALCHE ANTICIPAZIONE? OPPURE AL MOMENTO RIMARRETE COSÌ, SENZA UN TASTIERISTA UFFICIALE?
“Come sempre quando avvengono queste cose inseriamo in tempi brevissimi un nuovo elemento all’altezza della situazione. Spesso siamo stati fortunati trovando subito la soluzione. In questo caso, però, viste le difficoltà nel trovare in giro qualcuno che facesse al caso nostro sotto tutti i punti di vista, abbiamo pensato che reclutare subito un nuovo tastierista cercando semplicemente di ‘tappare il buco’, non sarebbe stata una buona idea. E’ un ruolo molto delicato in quanto le tastiere negli Eldritch sono molto varie e richiedono oltre che una buona tecnica, anche notevoli capacità nel gestire i suoni. In aggiunta a questo, è richiesto un carattere che ben si addica a quello degli altri componenti del gruppo e grande disponibilità…vorremmo qualcuno che non suoni con altre dieci band e che veda noi come una priorità dimostrando passione e attaccamento. Gabri aveva tutto questo ma caratterialmente non sempre legava con alcuni di noi. Dalla separazione con lui ad oggi non abbiamo trovato nessuno con tutte queste qualità. Quindi fino a che non lo troveremo (forse anche mai), le tastiere in studio le faccio io e per i live saranno presenti in base (tranne i pezzi con i soli): non credo ci sia niente di scandaloso, visto che fino poco fa eravamo rimasti soltanto noi al mondo a non farne uso. Purtroppo nel corso degli anni la vita di ognuno di noi subisce cambiamenti e succede anche che per vari motivi uno non voglia più proseguire o venga allontanato. E’ sempre una sofferenza quando accade perché siamo come una grande famiglia. La band però deve andare avanti, almeno fino a che lo decidono sia i fondatori in primis, sia gli altri elementi che hanno sempre mostrato un forte legame col gruppo. Credo che la coesione nonostante gli avvicendamenti sia sinonimo di professionalità e di grande cuore”.
A COSA ALLUDE IL TITOLO SCELTO PER IL NUOVO ALBUM?
“Il titolo è strettamente legato alle tematiche dei testi. Non è un concept ma ha un suo filo conduttore, trattando di storie di vita reale. Il significato è riscontrabile anche nella cover dove è raffigurata una superficie fredda (un iceberg) sotto la quale però si nasconde un animo che prova emozioni e sentimenti. L’immagine sottostante, rappresentata da una figura femminile dal volto vuoto, sta a significare la perdita delle speranze causata da avvenimenti che hanno turbato la sensibilità e spesso anche la dignità. Il fatto che sia stata scelta una figura femminile non significa che non sia riferito anche a persone di sesso maschile. Sono cose che possono provare tutti indipendentemente dal sesso. ‘Underlying Issues’ infatti significa ‘disturbi sottostanti’”.
PER QUANTO CONCERNE L’ASPETTO COMPOSITIVO, CI SONO STATE DIFFERENZE O NOVITÀ RISPETTO AL VOSTRO MODO SOLITO DI PROCEDERE? QUALCUNO DEI NUOVI HA AVUTO MODO DI CONTRIBUIRE?
“Da qualche anno abbiamo un sistema di composizione/produzione collaudato. Io come sempre mi occupo della stesura dei pezzi al novanta per cento e registro tutte le parti per poi mandare i pezzi finiti (o quasi) agli altri che ci lavorano per trovare le loro parti. Rudj, da quando è con noi, contribuisce mandandomi qualche riff che nella maggior parte dei casi viene utilizzato in qualche pezzo. Infine, Terence trova la linee vocali e i testi. A differenza di ‘Tasting The Tears’, scritto e registrato in soli due mesi e mezzo, ‘Underlying Issues’ era già a buon punto cinque mesi prima di entrare in studio, quindi molti dettagli sono stati curati maggiormente. In passato, parlo degli anni ‘90, non potendo disporre di uno studio personale, il modo di comporre era molto diverso. Ho sempre composto la maggior parte del materiale ma tutte le idee venivano poi elaborate e arrangiate in sala prove con l’obbiettivo di essere preparatissimi per l’entrata in studio. A quell’epoca, avevi un tempo entro il quale portare a termine le registrazioni e non potevi permetterti di sforare. Ora con lo studio personale abbiamo modo di curare meglio e senza fretta tutti i dettagli”.
LA MAGGIOR PARTE DELLE REGISTRAZIONI SI È SVOLTA NEL VOSTRO STUDIO DI LIVORNO: QUALI SONO STATE LE TEMPISTICHE? C’È POI QUALCHE ANEDDOTO PARTICOLARE CHE TI ANDREBBE DI RACCONTARE?
“Sì, a parte la batteria e il mix finale, il resto è stato fatto tutto nel mio studio. La produzione vera e propria è cominciata ad inizio estate 2015 e tutto il resto a seguire, fino alla fase mix/mastering effettuata a Settembre. Tutto è andato benissimo durante le riprese anche se, come al solito, i miei eccessi di pignoleria, mi hanno portato a farci le nottate (risate, ndr)! E’ vero che il ‘peso’ della produzione è stato nelle mie mani ma ognuno nella band ha dato il suo contributo, lavorando in modo professionale. In tutto questo tempo sono stato in stretto contatto con Simone Mularoni dei Domination Studios, in modo da fornirgli il materiale nella miglior qualità possibile per agevolarlo nel lavoro di mix e mastering. Lui è una garanzia e anche stavolta ha fatto un lavoro spettacolare!”.
PER QUANTO RIGUARDA L’ASPETTO PROMOZIONALE, AVETE GIÀ IN PROGRAMMA DELLE DATE? PENSATE DI REALIZZARE DEI VIDEO PER QUALCHE BRANO IN PARTICOLARE?
“Riguardo il video siamo ancora indecisi. Non sappiamo ancora se ne realizzeremo uno, vedremo…L’aspetto date invece ne prevede al momento due già programmate ad Alessandria il 20 febbraio e a Roma il 5 marzo. Per il resto, vogliamo cercare di fare soltanto festival e date ‘importanti’. Non è semplice vista la concorrenza ed anche il peso politico di alcune label e management. Vantando però una storia importante per essere una piccola cult band e una discreta esperienza live, direi che siamo ottimisti. Per varie ragioni difficilmente affronteremo lunghi tour. Più probabili date singole organizzate al meglio”.
QUALI SONO I BRANI DEL NUOVO ALBUM CHE A TUO AVVISO POTREBBERO RENDERE BENE DAL VIVO E CHE MOLTO PROBABILMENTE DIVENTERANNO DELLE PRESENZE COSTANTI NEI VOSTRI CONCERTI?
“Io credo che tutti i pezzi rendano benissimo dal vivo. Alcuni li abbiamo già provati durante il release party a Milano. Tuttavia ne prepareremo circa sette-otto e li alterneremo in base alle situazioni. Avendo alle spalle altri nove album vogliamo dare spazio a tutto il repertorio per cui non potremo mai suonarli tutti insieme in un unica data. Preferisco non dare i titoli per creare un minimo di curiosità (risate, ndr)”.
COME MAI, PIUTTOSTO CHE MAGARI LA CLASSICA COVER, AVETE PENSATO STAVOLTA DI RIPROPORRE “SLOWMOTION K US”, UN VOSTRO VECCHIO BRANO, DEL PERIODO ‘SENZA TASTIERE’?
“Eravamo curiosi di sentire come il nostro nuovo sound avrebbe influito in un pezzo così veloce e spiazzante. Abbiamo sostituito alcuni arrangiamenti di chitarra con qualche inserto di tastiera per dare un’atmosfera leggermente diversa e più in linea con quello che siamo adesso. Posso dire che siamo rimasti molto soddisfatti del risultato”.
AVETE AVUTO FINORA UNA CARRIERA LUNGA ORMAI QUASI UN QUARTO DI SECOLO: QUALI SONO STATI I MOMENTI PIÙ DIFFICILI E QUALI, VICEVERSA, QUELLI LEGATI AI PIÙ BEI RICORDI?
“Uno dei momenti più difficili è stato sicuramente il periodo post ‘El Nino’: alcuni avvicendamenti nella line-up e la decisione di lasciare la Inside Out hanno causato uno scossone e l’armonia interna per un po’ non è più stata positiva. L’uscita di ‘Reverse’ e una promozione molto buona nel territorio italiano hanno mantenuto alto il nome della band. Tuttavia, a causa della scelta stilistica per molti azzardata e una promozione totalmente nulla all’estero, ci hanno fatto fare un passo indietro sul piano della popolarità e in molti ci davano per finiti. Io e Terence abbiamo così deciso di porre fine agli scazzi interni e a tutto il resto, riprendendo in mano la nostra band con l’intenzione di riconquistarci una credibilità all’estero. Chi ci ha voluto bene ci ha seguiti, dando alla line-up una stabilità durata per diversi anni e fortunatamente quella scelta si è rivelata determinante visti i risultati positivi ottenuti. Non sono certo mancati i momenti belli ovviamente, anzi direi che sono stati la maggior parte. Dalla firma del contratto con la Inside Out, sicuramente il tour europeo con gli Angra nel lontano 1997 in promozione a ‘Headquake’, a cui ha fatto seguito l’uscita di ‘El Nino’, considerato oggi dagli addetti ai lavori uno tra i migliori album prog metal di sempre. Era decisamente un momento magico dove c’erano molte attenzioni per noi. Aggiungerei anche l’era del ritorno alla LMP, in cui ci siamo rilanciati in veste nuova partecipando a molti festival italiani e internazionali come Sweden Rock, Progpower Scandinavia, Evolution e per la prima volta negli USA al Chicago Powerfest come headliner. Senza tralasciare le tre partecipazioni al Gods Of Metal. Bellissimo anche il tour con i Firewind di Gus G. nel 2008/2009, culminato con la partecipazione al Masters Of Rock in Repubblica Ceca. Infine, impossibile dimenticarci del Progpower USA 2011…esperienza fantastica che speriamo di poter rivivere”.
HAI MAI PENSATO QUALCHE VOLTA DI LAVORARE ANCHE AD UN PROGETTO INTERAMENTE SOLISTA, COME FANNO TANTI TUOI COLLEGHI?
“Sì, qualche volta ci ho pensato, ma alla fine non ne ho mai fatto niente per il semplice motivo che quello che ho sempre voluto fare musicalmente lo faccio già con gli Eldritch da sempre. Facessi il classico album solista strumentale tutto tecnica e shredding sarebbe soltanto per fare pubblicità a me stesso e questa è una cosa per la quale non ho mai avuto particolare interesse. Inoltre, non aggiungerei niente di nuovo alle migliaia di album del genere, realizzati oltretutto da gente più brava di me. Se mai dovessi fare un side-project, si tratterebbe sicuramente di una cosa diversa dagli Eldritch e non mirata al virtuosismo chitarristico. Avevo iniziato una collaborazione con un caro amico chitarrista, Fabio Montorzi: al momento, tuttavia, per ragioni di tempo, è rimasta in stand-by ma non è escluso che un giorno potremo riprendere il discorso. Non nascondo di amare molto le atmosfere scure di band tipo Katatonia e direi che nel caso decidessi di fare anche altro, mi orienterei sicuramente su sonorità del genere”.
I VOSTRI PRIMI TRE ALBUM SONO PROBABILMENTE ANCORA QUELLI PIÙ AMATI DAL VOSTRO PUBBLICO: IO STESSO NON NASCONDO LE MIE PREFERENZE PER UN DISCO COME “HEADQUAKE”, AD ESEMPIO. QUALI SONO STATI A TUO AVVISO GLI ELEMENTI CHE NE HANNO DECRETATO IL SUCCESSO E LA LONGEVITÀ?
“Noi dobbiamo molto a quel periodo, su questo non c’è dubbio. Il nome ce lo siamo fatto sicuramente nella seconda metà degli anni ’90. E’ stato un periodo magico per noi e per altre band italiane. Insieme abbiamo cambiato il volto alla scena italiana aprendo le frontiere. Però sono anche consapevole che se in seguito avessimo fatto album di scarsa qualità, oggi non saremmo qui a ricevere elogi e a fare interviste. E probabilmente non avremmo avuto neanche il contratto. Invece vedo che la gente ci apprezza molto anche per quello che facciamo adesso. Diciamo che abbiamo fatto tesoro di quanto abbiamo creato a fine anni ‘90 gettando le basi per un futuro che ci vede ancora con un certo interesse intorno”.
QUANTO C’È A TUO AVVISO, ANCORA OGGI, NEI VOSTRI DISCHI PIÙ RECENTI CHE VI PORTATE DIETRO SIN DAI VOSTRI PRIMI LAVORI E QUALE POTREBBE ESSERE INVECE OGGI, OLTRE AD UNA MAGGIORE ESPERIENZA, IL VALORE AGGIUNTO CHE POSSIBILMENTE PRIMA MANCAVA?
“Io credo che i valori aggiunti siano la maturità e l’esperienza. Siamo cresciuti molto sia a livello compositivo che in sede live. Le nostre influenze sono sempre le stesse ma col tempo se ne sono aggiunte molte altre. Abbiamo sempre cercato di avere un sound nuovo e fresco evitando di fare dischi fotocopia. Ora riusciamo a fondere tutte le nostre influenze senza risultare prolissi in fase di ascolto e tantomeno noiosi dal vivo. Ho notato negli anni che i pezzi più recenti, a differenza di quelli più datati, riescono ad avere un maggiore impatto dal vivo, anche quelli più intricati ritmicamente. Credo che con gli ultimi due album, in particolare con l’ultimo ‘Underlying Issues’, abbiamo raggiunto un bel risultato in questo senso. Spero che riusciremo a migliorare ancora”.
È NOTO COME IL NOME DEL GRUPPO DERIVI DAL TITOLO DI UNA CANZONE DEI WATCHTOWER: SE OGGI PERÒ DOVESSI FARE UNA SCELTA SIMILE, IN BASE AI TUOI ATTUALI GUSTI, QUALI BAND INDICHERESTI TRA QUELLE CHE AMI PARTICOLARMENTE?
“Domanda difficile (risate, ndr)! Non saprei…oggi siamo molto meno ‘fan’ rispetto al passato e non avendo intenzione nè di mettere su una nuova band, nè tantomeno di cambiare nome, non ho idea di quale criterio sceglieremmo per dare il nome alla band. Personalmente sono sempre molto legato ai soliti nomi: Queensryche, Fates Warning, ecc. perché sono dei riferimenti e penso di poter parlare anche per Terence. Però ascolto anche altre cose senza essere fan accanito di nessuno in particolare”.
I VOSTRI PROGETTI PER IL FUTURO?
“Nell’immediato promuovere il nuovo album con un po’ di live, sperando di entrare nel roster di qualche big festival. Oltre alle due date confermate che ho già menzionato (20 Febbraio ad Alessandria e 5 Marzo a Roma), dovrebbe arrivare qualche altra conferma per la primavera”.