Dopo l’anteprima/track-by-track e la recensione vera e propria, portiamo a termine la nostra introduzione a “Psychonolatry” – terzo disco dei death metaller nostrani Electrocution – con una classica intervista. Un comeback particolarmente atteso che ha visto il frontman Mick Montaguti, unico sopravvissuto della line-up che incise il leggendario “Inside the Unreal”, circondarsi per larga parte di nuovi musicisti e dare al sound del progetto un taglio molto più teso e spasmodico rispetto al passato…
SONO TRASCORSI CINQUE ANNI DA “METAPHYSINCARNATION”, E NEL FRATTEMPO MOLTE COSE SONO CAMBIATE IN CASA ELECTROCUTION, SOPRATTUTTO A LIVELLO DI LINE-UP. COME AVETE VISSUTO QUESTA NUOVA FASE DI ASSESTAMENTO INTERNO? COME VEDETE OGGI QUEL DISCO?
Neil: – Ho sempre tifato per la reunion degli Electrocution, quando è uscita la notizia ero entusiasta! Misi in contatto Vellacifer con Mick perchè, avendoci già lavorato in passato, sapevo che per il sound del gruppo sarebbe stato il batterista perfetto. Quando sentii “Metaphysincarnation” impazzii totalmente! Sono entrato negli ultimi giorni del 2014 e ho suonato il primo live ad inizio 2015; di lì a poco iniziai a buttare giù nuovi brani sotto la supervisione di Mick. A parer mio “Metaphysincarnation” è un disco incredibilmente groovy, con tanta classe ed esperienza.
Alessio: – Penso che “Metaphysincarnation” sia un gran bel disco. È violento, ma aggiunge varietà al repertorio degli Electrocution con un po’ di melodia. Non dite a Mick che l’ho detto, ma secondo me se la gioca alla pari con il vecchio “Inside the Unreal”.
Lehmann: – Personalmente sono entrato nella band proprio perché “Metaphysincarnation” mi era piaciuto tantissimo. Credo che Alex Guadagnoli sia riuscito a concepire un disco veramente valido, anche a distanza di anni. Ora è tutto diverso, sia nella band che nel songwriting. Sicuramente è stato un buon inizio, che ci è servito per entrare nel mood della band. Ora come ora, credo che Neil abbia dato un tocco personale al progetto, e che “Psychonolatry” rappresenti un nuovo inizio per il gruppo.
IN CHE MODO L’INNESTO DI NUOVI MUSICISTI HA INFLUITO SU “PSYCHONOLATRY”? IN EFFETTI, SI POTREBBE DIRE SIA IL LAVORO PIÙ TIRATO E VIOLENTO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA…
Neil: – Per ciò che riguarda il tiro e la violenza mi sento in parte responsabile, ma gli altri membri della band mi hanno dato assolutamente corda.
Mick: – Sì, uno dei motivi per cui ho voluto Neil nella band è proprio perchè concepiamo il death metal in maniera piuttosto simile. Deve essere pesante, veloce e violento, e per ottenere questo non basta piazzare dei blast beat dappertutto. Per sentire l’Inferno, ci vogliono dei contrasti che facciano da trampolino di lancio per la cattiveria. Altrimenti tutto si appiattisce. Inoltre, sono convinto che ogni musicista debba poter lasciare la propria impronta nei brani e nel sound. Volevo che tutti spiccassero con il loro stile, e credo che in questo disco si possano apprezzare le capacità di ognuno.
Alessio: – Faccio il finto colto con una citazione: “Siamo come nani sulle spalle dei giganti”. Siamo partiti da un’eredità death metal molto importante, il passato degli Electrocution, che è il punto di partenza su cui oggi basiamo il nostro lavoro.
Lehmann: – Non è stato molto difficile, come ti dicevo prima. Neil ha dato un tocco personale al nuovo materiale, di conseguenza noi abbiamo lavorato sugli arrangiamenti per condire il tutto.
QUALI ARGOMENTI AFFRONTANO I TESTI DEL NUOVO ALBUM? QUANTO È IMPORTANTE PER VOI QUESTO ASPETTO? NEL DEATH METAL NON È RARO VEDERLO TRASCURATO IN FAVORE DELLA MUSICA…
Mick: – I testi sono fondamentali. La catarsi grazie a cui la mia mente può liberarsi dal fardello che la cruda realtà getta su tutti noi. L’ album è una discesa allucinante nella psiche umana odierna. Il titolo nasce dall’unione di due parole: psiche e iconolatria. Siamo colpiti da un flusso ininterrotto di immagini e informazioni basate su una realtà inesistente, che però la nostra mente percepisce come veritiera. La gente cade nella trappola delle icone che adora, perdendo il contatto con ciò che è reale. Questo è uno dei sistemi che, tramite i big-data, vengono sfruttati per controllare le masse. Tutti vogliono essere famosi al di sopra della folla, ma non capiscono che a loro volta ne fanno parte. Una menzione particolare va fatta al terzo brano del disco: “Bulåggna”. Cantato in dialetto bolognese, è dedicato a Bologna. La nostra città è come una signora tradita dai suoi stessi cittadini. È stata violentata dai politici che usano questo importante luogo politico come bordello per ungere le ruote del potere. Sfruttano la città come una schiava, come un pezzo di carne da cannibalizzare e a cui rubare il sangue, goccia dopo goccia. Nel finale di disco abbiamo comunque inserito il brano in inglese per i ‘puristi’.
Alessio: – Spesso è così, e non solo nel nostro genere. Personalmente tendo a dare la priorità alla musica, che è l’aspetto che più mi appassiona, ma avere un testo che abbia un valore dà qualcosa in più al disco. Quindi avere un Mick che si scervella per scrivere testi interessanti è un’ottima cosa!
Lehmann: – Beh, dipende… ho letto varie tipologie di testi nel death metal, alcuni dei quali anche molto profondi. Di sicuro Mick ha sempre un occhio di riguardo per le tematiche affrontate nelle canzoni. Il messaggio che si dà all’ascoltatore ha il suo peso, per cui non è tempo perso farlo riflettere su argomenti importanti. Leggete bene i nostri testi e capirete cosa si muove negli angoli più bui della testa del nostro frontman!
PER LA PRODUZIONE VI SIETE AFFIDATI AGLI EVIL MASS STUDIO, DI PROPRIETÀ DEL VOSTRO NUOVO CHITARRISTA NEIL GROTTI. COME REPUTATE IL SUO LAVORO? PERSONALMENTE, HO APPREZZATO MOLTO IL MIX DI POTENZA E ORGANICITÀ DEI SUONI…
Neil: – Mi sono occupato personalmente della produzione del disco già in fase di scrittura. Prima di tutto mi sono messo nei panni di fan degli Electrocution, poi ho cercato di valorizzare il sound dei singoli elementi, provando ad essere il più fedele possibile al modo di suonare di ognuno di noi. In sostanza, ho cercato di dare il giusto amalgama ad un disco che, in quanto produttore e musicista, è uno dei traguardi più soddisfacenti della mia carriera.
Alessio: – Neil è appassionato di metal estremo praticamente da sempre, e sa bene come un disco deve suonare per sbatterti in faccia il massimo della forza. Ha lavorato al mix e al master giorno e notte, e i risultati si sentono!
Lehmann: – Neil ha speso anima, cuore e tempo sul nuovo disco. Questo è il suo primo lavoro completo, in cui si esprime su tutti i fronti, dal songwriting al master. È stata una prova dura, ma nella vita bisogna mettersi in gioco per migliorare le proprie capacità, e direi che il mio ventennale compagno di musica è riuscito pienamente nel suo intento.
TREVOR STRNAD DEI THE BLACK DAHLIA MURDER HA PIÙ VOLTE ESPRESSO COMPLIMENTI NEI VOSTRI CONFRONTI; IMMAGINO SIA STATO SPONTANEO CHIEDERGLI DI PARTECIPARE COME OSPITE SUL DISCO. COME SI È SVILUPPATA QUESTA COLLABORAZIONE?
Mick: – Trevor è nostro fan ormai da qualche anno fa. Essendo lui e i The Black Dahlia Murder dei giganti, faccio fatica a credere che ci veda come dei ‘grandi’. Forse, visto che gli piace la nostra musica, che siamo della vecchia scuola e che abbiamo registrato dischi prima del suo gruppo, nutre verso di noi una sorta di rispetto ‘da fan’. Non saprei… di fatto ci supporta assiduamente, e da quando ha cominciato a seguirci su Instagram abbiamo avuto modo di comunicare anche in privato. L’ho raggiunto a Milano per la data con i Cannibal Corpse, e in quel momento è nata l’idea di farlo partecipare a “Misanthropic Carnage”, uno dei brani del nuovo album. Ne è stato entusiasta fin da subito, al punto che quest’estate, quando abbiamo aperto per loro, ci ha raggiunto sul palco per cantarlo. Una cosa che effettivamente mi ha spiazzato è stata che, a fine serata, quando ci siamo trovati sul loro tour bus a brindare, mi ha ringraziato per averlo fatto partecipare al nostro album… al che gli ho risposto che era assurdo che fosse lui a ringraziarmi! Quando poi ci siamo salutati, si è raccomandato di tenerci in contatto. Sarà che non sono abituato a certe cose, ma mi sembra tutto così ‘strano’. È semplicemente un grande e uno che crede davvero nella scena! Ieri mattina ho persino trovato un suo messaggio su WhatsApp con il link del suo articolo su Metal Injection in cui parla anche di noi!
QUALI SONO I VOSTRI PROGRAMMI PER IL FUTURO? PENSATE DI PROMUOVERE “PSYCHONOLATRY” IN TOUR O DI LIMITARE L’ATTIVITÀ LIVE A DATE SINGOLE?
Mick: – Da qualche mese ci siamo finalmente affidati ad un’agenzia, l’Apocalypse Extreme. Sono convinto che Max stia facendo un buon lavoro, e che l’uscita di “Psychonolatry” gli permetterà di organizzare date live interessanti. Non abbiamo ancora un programma preciso. Dobbiamo prima capire l’interesse dei promoter. Sappiamo che i nostri fan ci stanno aspettando un po’ ovunque nel mondo, e stiamo lavorando per soddisfare questo loro desiderio.
Lehmann: – Esatto! Siamo musicisti che amano portare la loro musica a casa di tutti coloro che la richiedono. Siamo abituati a suonare spesso, quindi più ce ne sarà, più noi saremo contenti e soddisfatti. Questo è il momento in cui l’agenzia deve mettersi al lavoro per promuovere il disco. Tutti insieme lavoreremo duro per toccare quante più città possibili.
UNO DEGLI ASPETTI CHE BALZANO SUBITO ALL’ORECCHIO QUANDO SI ASCOLTANO GLI ELECTROCUTION È IL TUO GROWLING. PENSI SIA IMPORTANTE – SPECIE IN UN CONTESTO ESTREMO – SAPER SVILUPPARE UNA PROPRIA TIMBRICA? FAI QUALCHE TIPO DI ESERCIZIO PER MANTENERE ALLENATA LA TUA VOCE?
Mick: – Mi fa piacere che il mio growl sia caratteristico. Per come la vedo io, è importante che ogni elemento della band possa caratterizzare l’insieme del sound. Per cui anche la timbrica vocale DEVE avere il suo ruolo. Purtroppo non sono mai stato soddisfatto della mia performance su “Metaphysincarnation”, e la cosa mi ha attanagliato fino alle registrazioni di questo nuovo lavoro, in cui ho finalmente riacquistato la padronanza del growl. Il growl è una brutta bestia se non la sai gestire. Quando cominciai, nel 1990, mi venne naturale sviluppare la giusta tecnica, e per anni sottovalutai l’aspetto vocale. Sono stato costretto a ricredermi: riprendere a cantare in growl non è affatto facile. Cadere nel tranello di un’impostazione sbagliata comporta due cose: una timbrica pessima e il fatto di rovinarsi la voce per uno o due giorni. Oggi, dopo anni, ho riacquistato del tutto confidenza e migliorato il controllo. Finalmente posso dirmi soddisfatto di com’è venuta la voce su disco! Inoltre, credo sia importante dare dinamica e interpretazione al growl, così da trasmettere le giuste sensazioni all’ascoltatore. Per molti potrà sembrare incredibile, ma anche il growl necessita di una certa intonazione e interpretazione.
“INSIDE THE UNREAL” HA DA POCO COMPIUTO 25 ANNI; CHE RICORDI AVETE DI QUEL PERIODO? AVRESTE MAI PENSATO CHE SAREBBE DIVENTATO UN CULT ALBUM DEL DEATH METAL EUROPEO?
Mick: – A dirla tutta, non credevo sarebbe diventato un cult album neppure qui in Italia. Aver pubblicato quel disco e tenuto quei concerti è un’enorme soddisfazione personale. Periodo bellissimo, forse il migliore in assoluto, anche se penso si stia aprendo una nuova fase fortunata per il death metal old-school. Staremo a vedere.
Lehmann: – Quando uscì quel disco trascorrevo la maggior parte del mio tempo a studiare lo strumento classico del momento (il violino prima del contrabbasso), e forse le mazzate ricevute dall’insegnante sulle mani hanno alimentato la rabbia che oggi mi trovo a sfogare in quello che è stato, ed è, il gruppo italiano death metal che più merita spazio al fianco dei colossi internazionali del genere.
QUAL È INVECE LA VOSTRA OPINIONE ATTUALE SU “ACID BUT SUCKABLE”?
COSA PORTÒ A QUEL CAMBIAMENTO STILISTICO? PENSATE DI ESSERVI MERITATI LE FORTI CRITICHE CHE RICEVESTE ALL’EPOCA?
Mick: – Non è semplice rispondere a questa domanda. All’epoca ero uscito dalla band, e nessuno degli attuali membri era presente nella line-up che portò a quella svolta. Non seguivo né le mosse del gruppo né la scena, per cui non conosco le critiche di cui parli, anche se posso immaginarle. Proverò comunque a rispondere. Penso che “Acid But Suckable” sia un buon lavoro nel suo genere. Il problema, semmai, fu cambiare radicalmente approccio mantenendo lo stesso nome. Bisogna però dire che all’epoca diversi gruppi erano soliti sperimentare su tutti i fronti, per cui non me la sento di criticare al 100% questo dettaglio. Posso solo dire che, non essendo un fan del genere, fossi stato ancora nella band non avrei mai appoggiato un cambio di rotta così pesante. Sono molto conservatore, e questo probabilmente è un mio grosso limite. È giusto che una band si evolva, ma questo non dovrebbe stravolgere ciò che rappresenta.
COME VEDETE LA SITUAZIONE DEL DEATH METAL IN ITALIA? NEGLI ANNI NOVANTA ERAVATE SOLO VOI, SADIST, NATRON E POCHI ALTRI A TENTARE DI PORTARE AVANTI LA BANDIERA DEL GENERE, MENTRE OGGI LE COSE SONO PARECCHIO CAMBIATE…
Lehmann: – Personalmente la trovo ricca di proposte molto valide, ma al tempo stesso questa situazione risulta piuttosto caotica. C’è un proliferare di band che soffoca letteralmente la scena. Il music business è una macchina molto complicata, che lavora su piani molto diversi tra loro. L’Italia si trova in una posizione svantaggiata rispetto a quella del Nord Europa (ad esempio). Ci vuole pazienza… arriveremo anche noi a farci prendere sul serio come si deve. Il nostro Paese, dobbiamo ricordarcelo, non dà nessun tipo di supporto a questo genere di musica. Di conseguenza, per una band italiana, è durissimo farsi strada tra tutti i gruppi là fuori. Possiamo sicuramente ringraziare i nostri amici Fleshgod Apocalypse, che nell’ormai lontano 2009/2010 diedero una fortissima visibilità all’Italia.
Mick: – Sono d’accordo con Lehmann: fortunatamente il death metal italiano è cresciuto tantissimo! Oggi, grazie al lavoro di tanti gruppi validi, l’estero non snobba più il metal estremo nostrano. Noto comunque come le invidie e malelingue continuino ad esserci. Molta gente non accetta il successo di altre band, non capendo che queste ultime rappresentano un bene per l’intera scena. Tutti provano almeno un po’ di invidia, anche se in pochi lo ammetteranno mai. Personalmente posso dire di invidiare quei gruppi che in questo momento sono più grandi di noi, perché vorrei ci fossero gli Electrocution al loro posto, ma sono pronto ad esultare per i loro successi e per quanto bene stanno facendo. Questo, secondo me, è il giusto atteggiamento che ti permette di migliorare e crescere come musicista.
C’È UN GRUPPO (STORICO O EMERGENTE) CHE REPUTATE PARTICOLARMENTE SOTTOVALUTATO? E UNO CHE INVECE NON RIUSCITE PROPRIO A SOPPORTARE?
Lehmann: – Per quanto riguarda la mia zona (Romagna), credo i Baratro avrebbero meritato tanto! Una band che sul palco era una vera forza della natura, come piace a me. Le band che non posso sopportare sono tante, ma è una questione delicata. I gusti sono gusti, il bello della musica è anche questo.
IL DEATH METAL PER GLI ELECTROCUTION È…
Mick: – La valvola di sfogo per non diventare un serial killer. Spero di riuscire a sfruttarla finché non avrò più le forze fisiche per poter uccidere qualcuno.
Neil: – Passione vera, tiro, violenza e cattiveria. Un manifesto di protesta contro tutto ciò che mi fa veramente incazzare. Martellate sugli incisivi!
Lehmann: – La vita di tutti i giorni!