Abbiamo raggiunto telefonicamente Christian Chrigel Glanzmann per parlare con lui del nuovo album “Ategnatos”, fresco di uscita, e più in generale di cosa dà linfa ai suoi Eluveitie, fortunato progetto attivo da quasi vent’anni. Il biondo polistrumentista svizzero si presenta in leggero ritardo all’appuntamento (e qui sfatiamo il cliché circa la puntualità dei ‘cugini’ d’Oltralpe) e ne comprendiamo presto il motivo: Chrigel è entusiasta di raccontare le vicende e la filosofia alla base della band e del suo fare musica, e non si risparmia affatto. Lasciamo quindi spazio alle sue parole.
SEI IL LEADER E FONDATORE DELLA BAND DAL 2002. QUAL E’ L’ASPETTO PIU’ DIFFICILE DEL PORTARE AVANTI UN GRUPPO PER PIU’ DI QUINDICI ANNI?
– Prima di tutto, voglio essere onesto: posso essere molte cose, ma decisamente non un leader. Faccio schifo in molte cose e questa è quella in cui probabilmente faccio più schifo! In ogni caso non saprei davvero, penso che la musica faccia tutto da sola. Voglio dire, sono in giro da diciassette anni e quando una band cresce non è sempre semplice, suono talmente tanto in giro che diventa impossibile avere un lavoro oltre la band ma naturalmente il gruppo non ti riesce a dare abbastanza di cui vivere. Molto spesso durante questi anni mi sono chiesto se ne valesse la pena, se non sarebbe stato meglio trovare un lavoro ‘regolare’, finire ogni giorno alle sei e avere week-end e vacanze pagate. Ma mi sono sempre risposto che farlo avrebbe significato smettere di sognare, smettere di essere me stesso, perciò non era possibile. Quindi, per rispondere alla tua domanda, non credo di aver fatto niente, ha fatto tutto la musica: essa è viva e ci tiene in vita.
POSSIAMO DIRE CHE GLI ELUVEITIE SONO CRESCIUTI ASSIEME AL MOVIMENTO PAGAN/VIKING/FOLK, CONTRIBUENDO ALLO SVILUPPO DELLA SCENA. LE COSE PERO’ NEGLI ULTIMI ANNI SONO UN PO’ CAMBIATE E LA SCENA FOLK SEMBRA TORNATA NELL’UNDERGROUND.
– Onestamente, e non lo dico in senso irrispettoso, non siamo molto interessati alla scena folk, volevamo solamente essere una band che combina folk e death metal. Non abbiamo mai pensato a cosa sia il folk metal e onestamente non ascoltiamo questa musica, a nessuno di noi piace il folk metal.
HO LETTO QUALCOSA DEL GENERE E AD ESSERE SINCERA SEMBRA UN PO’ STRANO…
– Sì, ecco, fammi spiegare: non abbiamo mai inteso essere poco rispettosi della scena e dei gruppi che ne fanno parte. Come dicevi prima, quando abbiamo iniziato a suonare non esisteva una scena folk/pagan metal, essa è nata in qualche modo anche con noi. Questa cosa da un lato è forte, ma da un altro è abbastanza strana per noi. Naturalmente nel tempo abbiamo fatto amicizia con molti musicisti che suonano folk metal, che sono ottime persone, ma nella maggior parte dei casi le loro proposte non sono esattamente ciò che ci piace ascoltare.
Ci sono ovviamente anche band che fanno parte di questo filone e che ci piacciono, come Primordial e Solstafir, ma in molti altri casi per noi si tratta di gruppi che fanno ‘party music’ e questi certamente non sono nelle nostre corde.
Ad ogni modo ci siamo accorti della nascita e dell’evoluzione di di un ‘qualcosa’, ovvero della scena di cui parli, ma non ce ne siamo mai preoccupati, continuando a fare ciò che ci piace.
GLI ELUVEITIE COMUNQUE SONO SENZA DUBBIO ORMAI AL DI FUORI DEL CIRCUITO UNDERGROUND, CON UN FOLTO PUBBLICO DI FAN. SEI SODDISFATTO DI QUANTO AVETE CONQUISTATO IN QUESTI ANNI?
– Soddisfatto non è il termine adatto, direi piuttosto riconoscente. Noi facciamo esattamente ciò che vogliamo, come lo vogliamo, e questo lo facciamo indubbiamente per noi stessi ma siamo anche estremamente grati ai nostri fan, perché sono loro a permetterci di continuare a suonare la nostra musica. Questo è un dato che nessuna band dovrebbe mai dimenticare. E però è vero anche che non potrei mai smettere di scrivere musica, non importa se in futuro dovessimo finire in piccoli club davanti a poche persone, perché per me è come respirare.
SEMPLIFICANDO POSSIAMO DESCRIVERE LA VOSTRA MUSICA COME UN MIX TRA DEATH METAL MELODICO E MODERNO E MELODIE ANTICHE. QUASI INCREDIBILMENTE QUESTI MONDI COSÌ LONTANI RIESCONO A FUNZIONARE BENE INSIEME. QUESTO È ANCHE CIÒ CHE VI DISTINGUE DA TUTTE LE BAND FOLK CHE PRENDONO PIÙ DAL BLACK CHE DAL DEATH METAL.
– Non saprei, credo che nel nostro sound ci siano degli elementi black metal, comunque la tua descrizione è estremamente calzante, però nella mia testa questo contrasto non c’è. Mi ricordo che, circa vent’anni fa sono stato in Irlanda, dove ho imparato tantissimo sul folk tradizionale e ho assistito a moltissime jam session improvvisate nei pub – perché è in quei luoghi che nasce spontaneamente la musica – e lì ho compreso quanto il metal e il folk celtico siano simili. Cambiano gli strumenti ma l’energia e la tecnica sono estremamente simili. E’ stato in quel momento che ho avuto la certezza che folk celtico e metal stanno bene assieme, perché entrambi provengono dallo stesso angolo del cuore.
HAI IN UN CERTO GIÀ RISPOSTO ALLA PROSSIMA DOMANDA, INFATTI SI NOTA UN COSTANTE OMAGGIO ALLA MUSICA CELTICA TRADIZIONALE, PENSO SOPRATTUTTO A “THE RAVEN HILL” E MI PARE DI CAPIRE CHE CI SIA UNA CONNESSIONE DIRETTA CON QUELL’UNIVERSO.
– Sì, certamente, ma in generale siamo molto affascinati dalla musica tradizionale dei paesi scandinavi come anche dalle sonorità folk di Francia e Spagna, ad esempio. Si tratta di qualcosa di più di un semplice omaggio, si tratta di continuare una tradizione che dura da centinaia di anni… non puoi suonare musica folk celtica senza includere le melodie tradizionali, che ne sono il cuore e l’essenza.
TRA IL 2016 E IL 2017 LA BAND HA SUBITO ALCUNI IMPORTANTI CAMBIAMENTI A LIVELLO DI LINE-UP. CE NE VUOI PARLARE?
– Sì, cerco di riassumere al meglio: i legami tra i membri di una band sono come relazioni sentimentali… Si lavora insieme, si va in tour, si vive insieme, come in una famiglia. Allo stesso tempo però si cambia, e nell’arco di dieci anni le persone evolvono in direzioni differenti e non sono più le stesse di prima, è naturale. Purtroppo negli anni si sono venute a creare due fazioni all’interno del gruppo, divise su come dovessero funzionare le cose, su come dovesse essere portata avanti la band. Ha iniziato ad essere sempre più problematico e anche se continuo a rispettare il nostro batterista precedente (Merlin Sutter, ndr), di cui sono ancora amico, è stato necessario, benché doloroso, dare un taglio netto, perché le nostre visioni erano inconciliabili e avevano già portato all’allontanamento volontario di altri musicisti e membri della crew. Naturalmente all’inizio è stata durissima a livello personale, per tutti noi, ma purtroppo non c’erano alternative e alla fine è stata la cosa migliore che potessimo fare. Devo dire anche che siamo stati estremamente fortunati ad incontrare le persone che fanno parte degli Eluveitie ora, con le quali c’è una grande alchimia ed energia artistica.
PARLIAMO DI “ATEGNATOS”. DI SOLITO FATE PARTICOLARE ATTENZIONE AI TESTI, AFFRONTANDO TEMATICHE STORICHE E PAGANE CON PROFONDITÀ INUSUALE. CI VUOI PARLARE DELL’ALBUM COMINCIANDO DAL SIGNIFICATO DEL TITOLO?
– ‘Ategnatos’ significa ‘rinascita’ in gallico. Volendo semplificare possiamo dire che questo è un album che parla di mitologia celtica, ma in realtà i significati sono molto più profondi, legati alle allegorie, ai miti che storicamente simboleggiano il rinnovamento, visti da un punto di vista molto personale; credo infatti che sia il nostro lavoro più intimista, infatti è stata un’esperienza molto intensa, che credo si rifletta anche nel disco.
TRA I SINGOLI TROVIAMO “AMBIRAMUS”, CHE HA FORTI INFLUENZE POP METAL. SI TRATTA DI UNA NUOVA, INEDITA, FACCIA DEGLI ELUVEITIE?
– (Ride, ndr) Io decisamente non lo definirei così. E’ stato l’ultimo brano che abbiamo scritto, quando il resto dell’album era già terminato. E’ nato in venti minuti, in maniera totalmente spontanea, improvvisando insieme.
In ogni caso, come per ogni altro nostro brano, esso esprime musicalmente ciò che racconta il testo: le liriche sono molto oscure, anche se vi è contenuto un barlume di speranza… del resto la musica celtica, anche quando è allegra perché magari parla di Leprecauni ha sempre in sé una componente malinconica, perché il folk celtico ha spesso origine in luoghi e tempi oscuri, nei quali però non mancava mai la speranza di uscire dalle situazioni negative (penso alle carestie e alle guerre che purtroppo si sono susseguite nel passato). Questa è, a mio parere, la magia di queste melodie.
ULTIMA DOMANDA: NEL 2014 AVETE VINTO UN PREMIO COME ‘MIGLIOR LIVE ACT NAZIONALE’ DELL’ANNO, ALLA TELEVISIONE SVIZZERA. È STATA UNA SORPRESA? PENSI SIGNIFICHI CHE LA MUSICA METAL SIA STATA SDOGANATA DAI MEDIA DEL TUO PAESE?
– Oh merda (ride, ndr)… Guarda non saprei, ma ti posso dire che che ci stiamo facendo dei soldi! No, scherzo… da un lato è qualcosa di cui andare fieri etc., dall’altro di fatto non significa assolutamente nulla… A cosa serve? Però ecco, se anche per noi come band questo riconoscimento non ha grande significato, resta importante per la musica e la comunità metal. In Svizzera i media si interessano solo all’hip-hop, all’r’n’b e roba del genere, quindi è stato bello avere un’occasione per alzare il medio verso tutto questo e dire ‘Ciao a tutti, suoniamo metal e siamo qui!’.