ELVENKING – In continua evoluzione

Pubblicato il 22/05/2020 da

Gli Elvenking sono riusciti disco dopo disco a crearsi un profilo internazionale grazie a release sempre personali e convincenti ed al supporto di un’etichetta di spessore mondiale come l’AFM Records. La band friulana è arrivata così all’undicesimo disco in carriera: il convincente “Reader Of The Runes – Divination” è la prima parte di una trilogia che accompagnerà il futuro prossimo del gruppo friulano. Siamo riusciti ad intercettare il frontman della band, Damnagoras, per andare alla scoperta di tutto ciò che sta girando attorno agli Elvenking nell’ultimo periodo con un occhio anche al passato e a quello che verrà, per una delle band italiane di cui dobbiamo andare più fieri.

BENVENUTO DAMNA. TRANQUILLIZZIAMO SUBITO I TUOI FAN VENUTI A CONOSCENZA DELL’OPERAZIONE CHE HAI DOVUTO AFFRONTARE. DI COSA SI TRATTA E COME STA PROCEDENDO LA RIABILITAZIONE?
– Un saluto a tutti i lettori di Metalitalia.com! Sì, come ho scritto anche sui social, ho recentemente subito un intervento chirurgico a causa del Morbo di Crohn. È una patologia di cui soffro da quando sono bambino. In ogni caso ora sto bene e la situazione è sotto controllo, quindi nessuno spavento!

IL VOSTRO ULTIMO DISCO “READER OF THE RUNES – DIVINATION” E’ STATO PUBBLICATO ORMAI DIVERSI MESI FA. A DISTANZA DI QUESTO TEMPO TI RITIENI SODDISFATTO DEL LAVORO SVOLTO IN FASE DI PRODUZIONE? COM’E’ STATA L’ACCOGLIENZA DAI FAN E DELLE VARIE TESTATE GIORNALISTICHE SPARSE PER IL MONDO?
– Devo dire che sono molto soddisfatto del risultato. Abbiamo approcciato per la prima volta l’idea del concept album ed è stata proprio questa sfida a darci un sacco di energia in più nella scrittura e nella produzione del disco. A livello compositivo è stato davvero stimolante tant’è che io e Aydan non abbiamo mai lavorato a così stretto contatto; o meglio, le modalità con cui abbiamo scritto le canzoni è stata la stessa degli ultimi due album, però il fatto di avere delle ‘regole’ da rispettare nello sviluppo della storia ci ha dato modo di parlare molto di più delle atmosfere e degli arrangiamenti e quindi ci ha fatto affrontare la composizione in modo molto più collaborativo. A livello produttivo abbiamo stravolto un po’ le cose rispetto ai due lavori precedenti e anche da questo punto di vista è stata un’esperienza diversa e senza dubbio stimolante.
Oltre ad aver apprezzato moltissimo le nuove canzoni, i fan si sono lasciati coinvolgere anche dalla storia e dai personaggi e questo ci ha dato un’enorme soddisfazione. La stampa è stata molto positiva quindi posso dire che, visto che si tratta della prima parte di una trilogia, è stato davvero un grande inizio.

E’ PROPRIO DEL DISCORSO CONCEPT ALBUM CHE VOLEVO PARLARTI. IL FATTO DI DOVER RACCONTARE UNA STORIA HA CAMBIATO IL MODO DI STESURA DEI PEZZI? AL GIORNO D’OGGI, DOVE SI VIVE MOLTO DI MP3 E DISCHI DIGITALI, SENZA IL CARO VECCHIO BOOKLET A PORTATA DI MANO, SECONDO TE VALE ANCORA LA PENA PARLARE DI RICERCA DEI TESTI, CONCEPT ALBUM E TUTTO IL RESTO?
– Come ti dicevo qui sopra il processo compositivo è stato influenzato massivamente dallo sviluppo della storia, quindi è stato senza dubbio più complicato. Allo stesso tempo ci ha dato modo di considerare cose di cui normalmente non ci preoccupiamo molto, o che comunque affrontiamo in modo diverso. Come per esempio le atmosfere dei brani che dovevano per forza di cose essere coerenti con i testi, oppure la scelta della tracklist fatta sin da subito per poter ordinare al meglio gli eventi, oppure la stessa direzione musicale del disco che in qualche modo ha dovuto andare di pari passo con le tematiche del concept. Tutte cose che inizialmente ci spaventava pianificare, perché di base non abbiamo mai voluto studiare a tavolino i nostri lavori, ma che con l’andare del tempo sono andate tutte al loro posto nel modo più naturale possibile.
Quella del concept album è una cosa che abbiamo sempre desiderato fare. Ci siamo ripromessi però di farlo solamente nel momento in cui avremmo avuto un’idea valida e soprattutto quando saremmo stati pronti sotto tutti i punti di vista. Con “Reader of the Runes – Divination” è semplicemente stato il momento giusto. Parlando di quella che poteva essere la direzione tematica del disco, abbiamo discusso a lungo alla ricerca di un’idea forte come era stato per i due dischi precedenti. Da cosa è nata cosa ed ecco qui, non solo un concept album, ma un’intera trilogia (risate, ndr).
Ci rendiamo conto che la musica al giorno d’oggi viene vissuta diversamente rispetto al passato ma non ci siamo lasciati scoraggiare. Per chi vuole ascoltare i brani digitali, troverà un disco che è facilmente ascoltabile anche senza sapere nulla della storia. Per chi invece come noi ama ancora vivere la musica anche attraverso i testi e le immagini del booklet, abbiamo confezionato una versione che potesse dare ancora più risalto alla storia completa di note aggiuntive e oggetti vari legati al concept.

SEI D’ACCORDO CON ME NELL’AFFERMARE CHE I NUOVI PEZZI SIANO PIU’ SNELLI SIA COME DURATA CHE COME COMPLESSITA’ RISPETTO A QUANTO ASCOLTATO NEL PRECEDENTE “SECRETS OF THE MAGICK GRIMOIRE”, DISCO CHE CONTENEVA CANZONI PIU’ ELABORATE CHE NECESSITAVANO PIU’ ASCOLTI RISPETTO A QUESTE PIU’ DIRETTE E COMPATTE? ERA QUESTA LA VOSTRA IDEA INIZIALE QUANDO AVETE INIZIATO A COMPORRE IL NUOVO MATERIALE?
– Sono assolutamente d’accordo con te. “Secrets of the Magick Grimoire” è un disco nato dalla necessità di non limitare le nostre idee in quel periodo. Venendo da un lavoro importante come “The Pagan Manifesto” abbiamo scelto di scrivere le nuove canzoni senza troppo pensare a come snellirle o a come accorciarle. Fondamentalmente ci siamo un po’ rimessi nei nostri stessi panni di  vent’anni fa, di quando comporre musica voleva dire dare sfogo alla nostra creatività senza pensare a regole, al business o a chissà cos’altro. Pura libertà insomma. E devo dire che il disco è uscito proprio così. Se da un lato ci sono dei brani più semplici e diretti, dall’altro ci sono alcune delle canzoni più complesse e particolari che abbiamo mai scritto, ma anche questo fa parte di noi e siamo tutti molto contenti di come è uscito. È chiaro che poi, dopo un disco del genere, avevamo anche noi bisogno e voglia di scrivere un album più semplice, anche solo per avere più materiale da proporre dal vivo, cosa che con “Secrets…” è un po’ mancata.

IL RAPPORTO CHE VI LEGA CON LA VOSTRA ETICHETTA, LA TEDESCA AFM RECORDS, DURA ORMAI DA TANTISSIMO, ADDIRITTURA DAL VOSTRO DISCO D’ESORDIO “HEATHENREEL”. PENSO SIA UNA GRANDE SODDISFAZIONE, VISTO CHE PARLIAMO DI UNA DELLE LABEL PIU’ RISPETTATE NEL PANORAMA METAL MONDIALE. COSA RICORDI DEI PRIMI CONTATTI CON LORO E DI COME E’ NATO QUESTE MATRIMONIO COSI’ DURATURO?
– Ricordo i tempi del primo demo. Ricordo l’eccitazione e la contentezza delle nostre prime registrazioni. Ricordo l’ansia nell’attesa di ricevere qualche risposta dopo averlo spedito ovunque. E poi ricordo benissimo le chiamate fatte tutti assieme attorno al telefono a questa etichetta tedesca che ci aveva contattato dopo aver ascoltato “To Oak Woods Bestowed”. Ai tempi era ancora molto piccola ma per esempio aveva sotto contratto band come gli Edguy. Da grandi fan del power metal non potevamo chiedere di meglio. È stato davvero emozionante. Grandi tempi! Le cose poi sono andate avanti per molti anni e siamo tutt’ora la band più longeva di AFM Records. Abbiamo un ottimo rapporto, non possiamo lamentarci di nulla.

E ORMAI LA VOSTRA CARRIERA HA SUPERATO I VENT’ANNI! RIPENSANDO AGLI ESORDI AVRESTE MAI IMMAGINATO DI ARRIVARE FIN QUI E DI TOGLIERVI COSI’ TANTE SODDISFAZIONI?
– Non credo che ce lo saremmo mai immaginato, ma senz’altro lo abbiamo sempre sperato. La volontà e la speranza di far crescere questa band sempre di più ci ha dato la forza e le energie per lavorare sempre al massimo, per dare sempre tutto nonostante le mille difficoltà. Ne siamo fieri e la nostra volontà è quella di fare sempre meglio!

SI DICE SPESSO CHE LE BAND ITALIANE SIANO SEMPRE LEGGERMENTE PENALIZZATE QUANDO CERCANO DI AFFACCIARSI AL MERCATO MONDIALE. MA ANCHE ALL’INTERNO DEI NOSTRI CONFINI A VOLTE SI CRITICA IL PUBBLICO ITALIANO SPESSO MARCHIATO COME ESTEROFILO. CREDI CHE IL CAMMINO DELLA BAND SAREBBE STATO DIVERSO SE FOSTE USCITI DALLA CONSOLIDATA SCENA TEDESCA O DALLE FREDDE TERRE SCANDINAVE?
– Questa è una domanda che ci fanno e che ci facciamo spesso. Onestamente faccio fatica a figurarmi degli Elvenking non italiani, o che comunque non abbiano le radici che abbiamo noi. Questo avrebbe dato vita a una band totalmente diversa. Ma facendo finta che la band fosse stata la stessa, nata, non lo so, in Svezia o in Germania, sicuramente la strada di fronte a noi sarebbe stata ben diversa. Le difficoltà di altra natura. E forse, sì, sarebbe stato tutto più facile. Ma chi lo sa, ci sono tante band svedesi o tedesche che non emergono per nulla. Magari saremmo state una di quelle… e sarebbe stato ancora peggio (risate, ndr).

QUANTO E’ COMPLICATO GESTITE LE SETLIST DEI VOSTRI CONCERTI DOVENDO INSERIRE I PEZZI PIU’ RECENTI MA SENZA DIMENTICARE I BRANI PIU’ AMATI DEL PASSATO?
– È molto difficile accontentare tutti e allo stesso tempo compilare una setlist equilibrata. Di sicuro la scelta viene sempre fatta dando precedenza a quello che i fan si aspettano di sentire, ma ci piace anche scegliere dei brani che non abbiamo mai suonato o altri che piacciono particolarmente a noi. A volte alcuni pezzi non funzionano e quindi li cambiamo, altre volte ci piace semplicemente rinfrescare un po’ la scaletta.

DA SEMPRE IL RUOLO DI BATTERISTA ALL’INTERNO DELLA LINE-UP DEGLI ELVENKING HA SUBITO DIVERSI CAMBIAMENTI. ATTUALMENTE IN FORMAZIONE COMPARE LANCS MA SPESSO IN SEDE LIVE TROVIAMO DIETRO LE PELLI ANCORA SYMOHN (EX MEMBRO UFFICIALE DELLA BAND, NDR). PUOI FARE UN PO’ DI CHIAREZZA A RIGUARDO?
– Certo, in realtà la situazione è molto semplice e ne abbiamo recentemente parlato anche sulle nostre pagine internet. Lancs è un batterista professionista e nel corso degli ultimi anni ha avuto modo di crescere molto, tant’è che è stato ingaggiato da vari artisti mainstream. Questo gli ha reso difficile essere presente regolarmente ai nostri live e quindi la nostra scelta è stata quella di formare una ‘seconda’ line-up che potesse essere stabile e consistente dal vivo.

PRIMA DEL LOCKDOWN SIETE RIUSCITI A SUONARE IN SUD AMERICA E AD IMBARCARVI IN UN TOUR EUROPEO IN COMPAGNIA DEI BROTHERS OF METAL, GIOVANE BAND EMERGENTE. COSA CI PUOI RACCONTARE DI QUESTE ESPERIENZE?
– Sì, è stato un periodo parecchio impegnativo devo dire. Il tour in Sud America è stato estenuante. Anche se si trattava di poche date, abbiamo suonato in sette paesi diversi in sette giorni e abbiamo vissuto situazioni di grande stress come il concerto a Santiago del Cile dove siamo stati costretti ad esibirci nel pomeriggio a causa di una enorme sommossa civile. È sicuramente stato tutto ripagato dal calore dei nostri fan e dal successo delle date, però siamo tornati a casa sfiniti. Poco più di un mese dopo siamo ripartiti per il tour con i BOM ed è stato fantastico. Forse il tour più gratificante e divertente che abbiamo mai fatto.

QUANDO SI PARLA DI ELVENKING MOLTI PENSANO AL VOSTRO DEBUTTO, CHE SUBITO HA FATTO MUOVERE DIVERSE TESTE. MOLTI ALTRI SONO LEGATI ALL’ERA “THE WINTER WAKE” E “THE SCYTHE”, I DISCHI PIU’ POTENTI E CHE CONTENGONO I VOSTRI BRANI PIU’ CELEBRI, MA ANCHE LE ULTIME RELEASE HANNO OTTENUTO UN CERTO CALORE DAI VOSTRI FAN, IN PARTICOLARE FORSE “THE PAGAN MANIFESTO”. QUAL E’ IL DISCO CHE DAL TUO PUNTO DI VISTA CONSIDERI IL PIU’ COMPLETO DELLA VOSTRA DISCOGRAFIA E QUAL E’ STATO QUELLO CHE VI HA DATO PIU’ SODDISFAZIONI IN FATTO DI VENDITE?
– Partendo dalle vendite, “The Winter Wake” rimane il nostro disco che ha fisicamente venduto più copie, anche se dobbiamo sempre tenere a mente che proprio in quegli anni le cose stavano cambiando drasticamente nel business della musica e quindi tutti i dischi usciti dopo quel periodo hanno subito gravi cali. Ora sarebbe interessante adattare i numeri per capire effettivamente quanto i nostri dischi più recenti abbiano venduto rispetto ai primi, inserendo il formato digitale nel conteggio. Di certo i tempi sono cambiati per sempre, quindi è difficile valutare questa cosa. In ogni caso, la band stessa ha vissuto ‘ere’ diverse e grazie alla (o per colpa della) versatilità del nostro sound e di quello che abbiamo proposto nel corso degli anni ci sono fans che amano di più un periodo rispetto ad un altro, o altri che semplicemente ascoltano solo i nuovi dischi o chi invece è sempre riuscito a seguirci nonostante alcuni dischi di metà carriera siano controversi e più sperimentali. Per noi, il periodo partito con “The Pagan Manifesto” è senza ombra di dubbio l’era più matura, seria e coerente della band. Siamo cresciuti moltissimo sia a livello compositivo che esecutivo e il nostro sound si è consolidato una volta per tutte.

READER OF THE RUNES – DIVINATION” E’ LA PRIMA PARTE DI UNA TRILOGIA. COSA DOBBIAMO ATTENDERCI DAI PROSSIMI CAPITOLI? SARANNO PUBBLICATI TUTTI CONSECUTIVAMENTE? IL SOUND CERCHERA’ DI CREARE CONTINUATA’ O RESTERETE APERTI ALLE SOLITE SVARIATE INFLUENZE CERCANDO NUOVE SOLUZIONI?
– L’idea è quella di procedere su queste coordinate. Ma questo parlando in generale. Come dico nella risposta precedente per noi le coordinate che definiscono la band sono state definite e bloccate con “The Pagan Manifesto”. Certamente continueremo a giocare con le atmosfere, con gli arrangiamenti e con la varietà delle nostre canzoni. Ma stilisticamente questo è quello che ci definisce. Sicuramente la storia avrà una dinamica tale per cui metteremo sicuramente in gioco altre sonorità, a volte più estreme, a volte più delicate. Non vediamo l’ora di iniziare a scrivere la seconda parte infatti.

AVETE CONDIVISO IL PALCO CON GRANDI BAND CALCANDO I MIGLIORI FESTIVAL INTERNAZIONALI. RIAPRIAMO IL CASSETTO DEI RICORDI: QUAL E’ STATA L’EMOZIONE MAGGIORE?
– Per noi tutto questo lungo viaggio è stato percorso da grandi emozioni. Ovviamente le prime volte sono sempre quelle che lasciano di più il segno – posso ricordare il tour con Jon Oliva, i primi festival Europei come il Summer Breeze o lo Szieget Festival. I tour con Gamma Ray, Rhapsody, Hammefall, il primo Wacken. il primo tour da headliner di pochi anni fa, ecc.. Per noi è sempre una grande emozione e ci sentiamo sempre quella piccola band del Nord Italia che si è data tanto da fare ma che vede sempre come un grandissimo regalo l’opportunità di fare tutte queste cose.

SAPPIAMO CHE OLTRE CHE UN MUSICISTA E COMPOSITORE SEI ANCORA UN GRANDE APPASSIONATO DI MUSICA METAL E SEGUI ANCORA ATTIVAMENTE LA SCENA. E ALLORA VISTO IL PERIODO CHE STIAMO VIVENDO IN QUESTI GIORNI DOVE SIAMO STATI COSTRETTI A CASA, QUALI SONO STATI I TUOI ASCOLTI DEL MOMENTO?
– Come sempre sto ascoltando moltissima musica. Diciamo che i miei ascolti variano dalle novità alla nostalgia più profonda. Come novità in questi giorni sto ascoltando i nuovi dischi di Ozzy Osbourne, My Dying Bride e Testament e i nuovi singoli di Naglfar, Carach Angren, Kreator, HIM, Katatonia, ecc. mentre per le cose più datate mi sto dando alle discografie di Iron Maiden, Kiss, Aerosmith, i remaster dei Witchery e tanto altro.

CHE CI DICI DEGLI HELL IN THE CLUB? A QUANDO IL PROSSIMO DISCO?
– Il disco è pronto! Attendiamo solo che esca nella seconda metà dell’anno.

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