Ci risiamo: un nuovo disco firmato Elvenking è stato capace ancora una volta – dopo undici release – di conquistare riproponendo tutti gli ingredienti che, negli anni, hanno reso unico il gruppo power-folk friulano.
“Luna”, terzo capitolo dell’opera “Reader Of The Runes”, è un lavoro di assoluto valore che assieme al chitarrista, compositore e membro fondatore Aydan siamo andati ad analizzare.
Con lui abbiamo toccato svariati temi, non solo addentrandoci all’interno del processo di creazione, delle registrazioni e dei vari meccanismi che hanno portato a questo ultimo atto del concept, ma anche spingendoci su alcune questioni più generali che – in questo preciso periodo storico – stanno segnando la musica che amiamo. A voi il resoconto della chiacchierata.
CIAO AYDAN! SIETE REDUCI DA UN LUNGO TOUR, AVETE RIPORTATO IN VITA IL PAGANFEST CON ALESTROM, ENSIFERUM, TYR E HEIDEVOLK, E CIO’ VI HA IMPEGNATI PER TANTISSIME DATE. COM’E’ ANDATA? E CHE MI DICI IN PARTICOLARE DELLA DATA DI MILANO?
– Sì, è stata lunga, soprattutto perché erano trentacinque giorni fuori, quindi è stato parecchio impegnativo. Il Pagan Fest non c’era più da nove anni e non sapevamo bene come sarebbe stato accolto. In realtà è stato super perché quasi tutte le date, se non erano già sold-out, mancava davvero poco. E, per giunta, sempre in posti molto grandi, con un’accoglienza che è quindi stata ottima.
La data a Milano, all’Alcatraz, è andata molto bene. cadeva di martedì, noi suonavamo alle 18.20 e pensavamo che non ci sarebbe stato nessuno a quell’ora in un giorno infrasettimanale: invece era già abbastanza pieno, quindi eravamo entusiasti!
NON POSSIAMO CHE PARTIRE DA QUESTO CAMBIO DI ETICHETTA CHE CI HA SORPRESI. DOPO UNA VITA, NEL VERO SENSO DELLA PAROLA, CON LA AFM, QUESTO NUOVO DISCO E’ STATO PUBBLICATO DALLA REAPER ENTERTEINMENT. COSA E’ SUCCESSO?
– In realtà non è stato ancora annunciato, ma ormai lo sanno un po’ tutti: l’AFM ha praticamente cessato di esistere, o meglio, non pubblicherà più album, ma farà solo back catalogue.
E’ stata una decisione derivante dall’alto, da Believe che è l’azienda che controlla l’etichetta negli ultimi anni: loro hanno deciso di interrompere l’attività della label AFM. Anche se la loro intenzione era di pubblicare comunque quest’ultimo album con noi, per noi non aveva senso far uscire un disco con un’etichetta che poi non sarebbe più esistita visto che la sua interruzione è effettiva dal primo gennaio scorso. Quindi c’è stato un dialogo, loro hanno compreso la nostra scelta e abbiamo deciso, nonostante i ventiquattro anni insieme, di passare ad un’altra etichetta.
Abbiamo avuto diversi dialoghi con molte case discografiche europee, tra cui quelle più grosse e famose, però, quando abbiamo parlato con i ragazzi di Reaper Enterteinment, che è un’etichetta piccola ma è fondata da ex Nuclear Blast e da ex Atomic Fire, c’è stata subito intesa. Quello che ci è piaciuto immediatamente è stata proprio la loro filosofia, come vedono la musica, anche perché noi ci sentiamo un po’ estranei al modo di fare metal in questi ultimi anni, quindi volevamo qualcuno più legato al nostro stesso modo di vedere e vivere questo mondo. Ci siamo trovati subito in sintonia e finora siamo assolutamente soddisfatti!
INIZIAMO ALLORA A PARLARE DEL NUOVO DISCO: QUANDO CI SIAMO SENTITI UN PAIO DI ANNI FA, CI AVEVI GIÀ DETTO CHE LE CANZONI ERANO STATE GIÀ COMPOSTE E REGISTRATE COME SE FOSSE UN UNICO CAPITOLO, QUINDI INTANTO TI CHIEDO COME AVETE LAVORATO ALLA DIVISIONE DEI BRANI, SE IN BASE AL CONCEPT O ALLE SONORITÀ DEL DISCO, E POI: COSA E’ SUCCESSO DURANTE QUESTI QUASI DUE ANNI DI PAUSA TRA LE DUE PUBBLICAZIONI?
– Sei anni fa, quando abbiamo deciso di iniziare questa avventura, questo non era il piano iniziale. Quello che volevamo fare era scrivere le canzoni per un capitolo alla volta, andare in tour e poi riprendere per quello successivo e via dicendo. Insomma dovevamo comunque seguire l’iter normale.
Purtroppo, quando stavamo terminando il primo tour per “Divination”, abbiamo scoperto di questo virus che stava arrivando e da lì abbiamo dovuto fermare un po’ tutte le nostre attività. Avevamo altre tourneè già schedulate, tra cui una da headliner, che sono state cancellate e l’unica cosa che ci era rimasta da fare era quella di scrivere i pezzi per il secondo album.
Dal momento in cui le cose non miglioravano e continuavamo a rimanere chiusi in casa, senza avere la possibilità di fare alcun tipo di attività musicale e avendo anche già pianificato l’idea di dover fare un terzo album, abbiamo continuato a scrivere, senza fermarci. Questo ci ha permesso di trovarci con una serie di canzoni che abbiamo cominciato a dividere a seconda di quali fossero le atmosfere e i mood della musica da associare alle varie parti della storia.
E così il nostro obiettivo è diventato quello di continuare a lavorare sui pezzi finché avessimo avuto tutte le canzoni per entrambi gli album e con la possibilità anche di suddividerle al meglio a seconda di quali fossero le necessità proprio in termini di atmosfera. Portato a termine ciò, abbiamo avuto anche il tempo di fare le pre-produzioni di tutti e due gli album; nel momento in cui abbiamo registrato la batteria per il secondo album, quando il Covid ce l’aveva permesso, abbiamo preso la palla al balzo e l’abbiamo registrata anche per i brani del terzo album. E’ probabilmente la fase di registrazione più delicata, più complicata, più costosa anche dal punto di vista economico e quindi abbiamo registrato la batteria per entrambi gli album e poi ci siamo dedicati al secondo e abbiamo lasciato il terzo così nel dimenticatoio.
Quando abbiamo dovuto cominciare i lavori sul terzo capitolo ci siamo trovati con la batteria pronta per delle canzoni di cui ricordavamo poco ormai. Le abbiamo riprese e da lì abbiamo cominciato a lavorare sulle chitarre, basso, le voci per il terzo capitolo.
SIETE ARRIVATI ORMAI A DODICI DISCHI IN STUDIO CON QUEST’ULTIMO. COME PRESENTERESTI QUESTO NUOVO DISCO A UN VOSTRO FAN CHE CONOSCE GIÀ QUELLI PASSATI, MAGARI ANCHE FACENDO QUALCHE PICCOLO PARAGONE CON QUALCOSA DEI LAVORI PRECEDENTI?
– Come hai detto tu, effettivamente siamo nella scena da tantissimi anni. Stranamente o per qualche strano motivo o per qualche motivo noto – è difficile dire – ma stiamo ottenendo più successo ora rispetto ai tanti anni precedenti.
C’è stato un periodo nella nostra storia in cui abbiamo un po’ virato, componendo degli album un po’ sperimentali e ci siamo allontanati da quello che era il nostro sound creando anche un po’ di confusione negli ascoltatori, e parlo di lavori come “The Scythe” e “Red Silent Tights”. Volevamo dimostrare, soprattutto a noi stessi, di poter essere in grado di scrivere canzoni anche muovendoci su altre coordinate.
Dopodiché abbiamo deciso, da “The Pagan Manifesto” in poi, di ritornare su quella che era la nostra filosofia di sound, ma non solo, anche visiva, concettuale, degli inizi. Da lì abbiamo preso la scelta di non distanziarci troppo da quello che era quel sound nato con il debutto “Heathenreel” nel 2001. Quindi non direi che questo album presenti delle particolari sterzate verso cose differenti; quello che cerchiamo di fare è sempre è comporre album di qualità.
Soprattutto in questa trilogia, penso che si possano trovare diversi mood che sono legati inevitabilmente alla storia, quindi mentre l’album precedente era molto più oscuro, heavy e dark – proprio perché il racconto necessitava questo tipo di sound – direi che quest’ultimo capitolo della trilogia è più più melodico, folk e anche maggiormente malinconico in alcune parti.
RISPETTO A “SECRETS OF THE MAGICK GRIMOIRE”, GIA’ NEI CAPITOLI PRECEDENTI MA ANCORA PIÙ IN QUESTO DISCO, AVETE PUNTATO SU CANZONI MOLTO PIÙ COMPATTE ANCHE COME DURATA. A PARTE LA SUITE FINALE, INFATTI, TUTTE SI AGGIRANO SUI QUATTRO-CINQUE MINUTI. COMPOSIZIONI MOLTO PIÙ CONTENUTE, MOLTO PIÙ DIRETTE.
– Sì, ci rendiamo conto probabilmente, anche avendo maturato tanta esperienza live, che una canzone più compatta funziona meglio sotto tanti punti di vista. Per tanti anni abbiamo composto canzoni da sei minuti o anche oltre, ma ora tendiamo ad eliminare il superfluo.
Spesso Damna (cantante della band, ndr) ed io ci fermiamo un attimo a ragionare – ad esempio – se è così necessario ripetere un ritornello o se possiamo toglierlo. Insomma stiamo un po’ più attenti se un elemento possa dare alla canzone un po’ di pesantezza o di noia. “Secrets Of The Magick Grimoire” è stato un album in cui abbiamo cercato di essere più liberi possibili, e in quel caso abbiamo spaziato anche con tanti cambi di tempo, creando canzoni più elaborate.
In questa trilogia abbiamo cercato di creare dei brani forse un po’ più compatti anche perché la storia stessa in sé era comunque impegnativa da seguire dal punto di vista lirico, quindi non volevamo che anche le canzoni lo fossero musicalmente. Detto questo, sono comunque presenti pezzi più complessi.
TRA L’ALTRO, COLLEGANDOCI A QUESTO DISCORSO, QUALCUNO AFFERMA CHE A VOLTE È PIÙ DIFFICILE SCRIVERE UNA BELLA CANZONE BREVE, CHE FACCIA EFFETTO, PIUTTOSTO CHE UNA LUNGA ED ELABORATA. E PENSANDOCI C’E’ DEL VERO!
– Questa è una grande verità, e scrivere una canzone da tre minuti che funzioni è estremamente più difficile di farne una da undici minuti. Poi dipende sempre dal caso, però comporre una canzone che nella sua breve durata relativa funzioni, sicuramente ti dà meno possibilità di una canzone lunga in cui puoi utilizzare più partiture, aggiungere diverse parti con passaggi acustici, momenti più sinfonici eccetera. Quindi, in quest’ultimo caso, c’è più possibilità di avere delle parti che funzionino mentre in una canzone di durata limitata deve funzionare tutto subito, immediatamente.
Chiaro che una canzone breve che è brutta, è proprio brutta! Nel nostro caso vogliamo fare canzoni lunghe solo se funzionano e hanno senso lungo tutta la loro durata. Fare una canzone da dieci minuti unendo delle parti a caso non è quello che abbiamo mai voluto fare, quindi vorremmo che anche il pezzo elaborato possa sembrare all’ascoltatore una canzone fluida da cinque minuti e possa piacere facilmente all’ascolto.
POICHÈ NELLE NOTE DI ACCOMPAGNAMENTO AL PRESSKIT NON È SPECIFICATO, TI CHIEDO: CI SONO DEGLI OSPITI? CI SONO DELLE PARTI GROWL, COSA CI PUOI DIRE A RIGUARDO?
– C’è una canzone, “Stormcarrier”, dove abbiamo inserito una partitura growl importante e lì c’è un ospite che è il cantante dei Finntroll, Mathias Lillmåns. I Fintroll sono sempre stati una band un po’ legata al nostro sound. Abbiamo suonato spesso con loro in passato, e quindi gli abbiamo chiesto se fosse stato disposto a cantare qualcosa con noi e lui è stato molto contento.
Voglio sottolineare che per noi gli ospiti non sono mai un modo per farci promozione o attirare i fan di altre band, tanto che per esempio questa canzone non è stata scelta come uno dei singoli, anche se ci era stato proposto. Lo facciamo quando veramente sentiamo la necessità di avere magari una voce differente, una voce femminile, una voce growl, un timbro differente o anche un solo di chitarra che abbia una personalità diversa: quando sentiamo questa necessità allora magari ci rivolgiamo a qualcun altro.
In questo caso particolare abbiamo voluto creare un contrasto tra una base molto melodica, un ritornello estremamente catchy, con le parti invece più aggressive.
PARLIAMO DI REGISTRAZIONI. COME SI SONO SVOLTI I LAVORI CON SCOTT ATKINS? OLTRE A LAVORARE SUI SUONI, HA COLLABORATO DANDOVI DEI CONSIGLI, DELLE IDEE SUE PERSONALI?
– Il mix master è stato fatto da Scott Atkins, produttore dei Cradle Of Filth, che ha anche co-prodotto l’album perché è stato qui in Italia, proprio durante il Covid; non potendoci noi muovere per andare in Inghilterra in sei, era più facile che venisse lui. Abbiamo registrato utilizzando degli studi qua vicino a casa nostra, in particolare per tutte le batterie. Sono degli studi grossi dove registrano maggiormente musica jazz e cose di questo tipo. Il resto è stato poi registrato nei nostri home studio, però sempre con la supervisione di Scott Atkins.
Lui non ci ha dato un vero e proprio contributo in termini di consigli, perché è stato qui solamente una settimana e non ne ha avuto modo, però ha lavorato molto sui suoni. Poi, durante il mix, ovviamente, ci ha dato tutte le sue direttive, le sue dritte; noi abbiamo seguito anche quello che ci consigliava, essendo un produttore di grande esperienza, che ha lavorato appunto con band che apprezziamo come Cradle Of Filth, Behemoth, Vader, eccetera.
AVETE GIÀ PROGRAMMATO PARECCHIE DATE, ANCHE E SOPRATTUTTO IN ITALIA – IN PARTICOLARE VERSO L’ESTATE CON ALCUNI FESTIVAL – E POI A SETTEMBRE PASSERETE ANCHE PER IL NOSTRO METALITALIA FESTIVAL. COSA ALTRO BOLLE IN PENTOLA?
– Esatto, diciamo che siamo stati un mese in Europa di recente; abbiamo girato molto, nonostante l’album non fosse uscito, ma comunque abbiamo avuto la possibilità di suonare dal vivo i due singoli che erano stati presentati nei vari canali social nel frattempo. Quindi abbiamo già attraversato tutto il continente con questo tour.
Ad Aprile continueremo a fare un po’ di date in Italia, poi avremo una serie di grossi festival estivi e concluderemo l’estate appunto al Metalitalia Festival, che è sempre un appuntamento di assoluto livello.
Probabilmente andremo in Giappone in autunno, finalmente visto che era una delle cose che dovevamo fare prima che scoppiasse la pandemia e al tempo fu cancellato per quella ragione. Poi vedremo come muoverci; abbiamo diversi piani, ma la priorità sarà un tour da headliner e tornare negli Stati Uniti.
STATI UNITI CHE CHE STANNO ATTRAVERSANDO UN MOMENTO PARTICOLARE, POLITICAMENTE PARLANDO. PENSI SARA’ PIU’ COMPLICATO TORNARE A SUONARE LI’?
– Onestamente non lo so, non ci siamo ancora informati bene. E’ presto. Lo scorso anno siamo stati un mese lì con gli Alestorm. Avremmo un po’ di proposte per il 2026, ma vediamo cosa succede nel frattempo.
HAI UN PO’ ACCENNATO ANCHE TU PRIMA AL FATTO CHE GLI ELVENKING NON SI SONO MAI LASCIATI ANDARE ALLE MODE DEL MOMENTO. DI RECENTE NEL NOSTRO PORTALE E’ STATO LANCIATO UN PODCAST SULLA SCENA ATTUALE E SUI GRUPPI ITALIANI CHE CE L’HANNO FATTA.
SO CHE VOI AVETE UN ALTRO LAVORO, QUINDI NON VIVETE SOLAMENTE DI MUSICA, E APPUNTO SIETE SEMPRE STATI SECONDO ME ABBASTANZA FEDELI ALLA VOSTRA PASSIONE, SENZA CERCARE DI SPINGERVI VERSO LE MODE DEL MOMENTO. VOLEVO CHIEDERTI COSA NE PENSI, COME VI PONETE RIGUARDO QUESTA SITUAZIONE, QUESTA TEMATICA.
– Sì, ho ascoltato anche l’intervista del podcast di cui parli e l’ho trovato anche interessante. Come dici tu, noi siamo sempre stati un po’ fuori da questo contesto, innanzitutto perché ci siamo formati nel 1997, in cui praticamente la scena italiana aveva appena cominciato a sforNare alcune cose come “Return To Heaven Denied” (Labyrinth), il debutto dei Rhapsody, “Legendary Tales”… Prima di quello non c’era alcuna speranza che una band italiana potesse, non dico vivere di musica, ma semplicemente uscire dai confini, o poco più insomma.
Quindi all’epoca eravamo giovani e – parlo per me – non ho mai pensato di poter fare della musica la mia vita, perché non credevo neanche fosse possibile. Se mi chiedi se oggi potessi farlo, ti direi probabilmente sì, nel contesto di cui si è parlato anche in quel podcast. Ovviamente bisognerebbe suonare molto di più di quello che noi possiamo permetterci, per il motivo che tu hai detto: quello che paga i nostri affitti, i nostri mutui, il mantenimento delle famiglie, sono i lavori principali che abbiamo e ovviamente sono lavori che portiamo avanti da vent’anni e più. Io per esempio ho un’azienda mia che dà da vivere a me e a altre quaranta persone, quindi è chiaro che fare la scelta, a questa età, di lasciare tutto per vivere di musica, non è quello che vogliamo fare.
Certo cercheremo, soprattutto adesso che ormai le richieste per esibirci dal vivo sono ormai quotidiane – a dire il vero sono più quelle che dobbiamo rifiutare rispetto a quelle che possiamo accettare – di incrementare un po’ l’attività live. Attualmente possiamo permetterci un grosso impegno all’anno, massimo due, mentre per tutto il resto dobbiamo dire di no.
Di sicuro non è mai stata nostra intenzione fare un altro tipo di musica per poter vivere di questo, quello non l’avrei mai fatto, non l’avremmo mai fatto, né io né Damna, né gli altri, perché quello che noi vogliamo fare è questo! E spesso dico che forse è un bene che gli Elvenking siano un nostro, per così dire, ‘hobby di livello’, perché ci ha sempre permesso di fare solo ed esattamente quello che volevamo, senza scendere a compromessi.
Faccio un esempio stupido; la prima cosa che fanno molte band è chiamare una cantante donna che faccia i cori o qualcosa del genere per aumentare il numero di visualizzazioni o cose di questo tipo. Non abbiamo mai dovuto fare questo tipo di ragionamenti, e mai li faremo! Mai vorremmo creare pacchetti di ‘VIP experience’, come hanno detto i Sodom (qui la nostra news a riguardo, ndr) in cui la gente deve venire a pagare per avere un autografo.
Fortunatamente non è la parte economica che ci interessa, non dobbiamo vivere di questo. Ovviamente gli Elvenking sono diventati un’azienda, negli ultimi anni, perché altrimenti gli introiti cominciavano a diventare ingestibili. Quindi sì, abbiamo un’azienda che cerchiamo di far vivere al meglio, ma sempre seguendo la nostra filosofia, che è la cosa principale.
SONO D’ACCORDO CON IL TUO DISCORSO. DA SEMPRE SOSTENGO CHE LE BAND CHE SONO SPINTE PER LO PIÙ DALLA PASSIONE, SONO ANCHE QUELLE CHE NON DELUDONO QUASI MAI, MENTRE I NOMI PIÙ GROSSI, CHE DEVONO PER FORZA FARE UN DISCO ENTRO UNA CERTA DATA, ANDARE IN TOUR A TUTTI I COSTI E VIA DICENDO, DOPO UN PO’ PERDONO SPONTANEITA’ ED ISPIRAZIONE.
– Credo sia anche comprensibile: nel senso, se tu devi vivere di questo, devi dare da vivere a te e a tutto un team – perché poi dietro una band di successo, che magari fa tour su tour, c’è anche tutta una serie di altre persone – diventa un’azienda che devi fare funzionare anche dal punto di vista economico, e quindi, chiaramente devi fare probabilmente dei compromessi per mandarla avanti, ed è quello che hanno fatto anche tante band metal negli anni ’90, in cui hanno virato il loro sound verso cose più simili al grunge o cose del genere, perché semplicemente dovevano rimanere in piedi e portare a casa la pagnotta.
ORMAI LA VOSTRA DISCOGRAFIA È BELLA CORPOSA, ADESSO VI SIETE TOLTI QUESTO ‘SFIZIO’ DEL CONCEPT ALBUM, ANCHE DIVISO IN VARI CAPITOLI.
COME ABBIAMO APPENA DETTO SIETE SPINTI DALLA PASSIONE, CERTO, PERÒ COMUNQUE, ARRIVANDO A UN CERTO PUNTO, NON E’ FACILE TROVARE IDEE NUOVE SU COME MUOVERSI NEL FUTURO. IMMAGINO AVRETE GIÀ PENSATO A COSA VERRÀ DOPO, PERÒ COSA CI PUOI DIRE, COME SI POSSONO TROVARE SEMPRE STRADE NUOVE, ISPIRAZIONI NUOVE, DIREZIONI NUOVE?
– Beh, dopo aver fatto questo concept album, che ci ha impegnati dal 2018 – quindi per praticamente sei anni, nei quali abbiamo lavorato esclusivamente su questo progetto – sinceramente non vediamo proprio l’ora di essere arrivati alla fine e poter tornare a scrivere le canzoni senza essere per forza legati a delle atmosfere specifiche, a dover fare questa canzone per questo personaggio e cose così.
Quindi il pensiero di tornare a scrivere in libertà, come facevamo prima, ci porta molto entusiasmo, perché questo concept album è stata un’esperienza grandiosa, però è stato anche sfiancante.
Posso anticipare che ci sarà un progetto di passaggio, prima di un nuovo album, su cui stiamo lavorando; non sarà una ri-registrazione di qualcosa di vecchio ma si tratterà di un’altra cosa. Faremo delle cover o qualcosa del genere, nel frattempo stiamo già scrivendo del materiale per un album nuovo e lo stiamo facendo con grande carica, anche perché, come dicevamo, queste canzoni contenute in “Reader Of The Runes – Luna” sono vecchie, ormai, visto che sono state scritte alcuni anni fa.