Con il nuovo album “Utgard” gli Enslaved hanno, ancora una volta, superato se stessi, creando un’opera coraggiosa, che va aldilà dei generi musicali, riuscendo allo stesso tempo a mantenere le proprie radici e ad avventurarsi in qualcosa di nuovo, figlia di un’evoluzione partita dai loro primi dischi e che non si è mai fermata. Mai come questa volta il loro black metal è vario ed impreziosito da tutto il bagaglio musicale che i cinque vichinghi hanno accumulato durante gli anni e che finalmente si sono sentiti liberi di esprimere in tutta la sua incredibile estensione. Ne abbiamo parlato, qualche settimana prima dell’uscita del disco, con il chitarrista Ivar Bjørnson, membro storico del gruppo norvegese, in una chiacchierata che va a toccare molti argomenti ma che, soprattutto, certifica la passione e l’entusiasmo di una band con una carriera ormai lunghissima alle spalle, ma che non ha mai smesso di stupire.
CIAO IVAR E BENVENUTO SU METALITALIA.COM. PRIMA DI TUTTO, COME AVETE VISSUTO QUESTO PERIODO DI QUARANTENA? IN QUALCHE MODO HA INFLUITO O INFLUIRA’ SULLE VOSTRE ATTIVITA’ LAVORATIVE (TOUR, PROMOZIONE DEL DISCO ECC.)?
– Certamente ha influenzato le nostre attività, come nel resto del mondo. Abbiamo la fortuna di vivere in Norvegia, dove la popolazione non è molto numerosa e ciò ci ha concesso maggiore libertà: siamo riusciti a provare più o meno da aprile. Abbiamo anche realizzato due concerti in streaming durante questo periodo e ci stiamo preparando per altri due, in cui suoneremo materiale che non abbiamo mai suonato prima. Insomma siamo molto impegnati; ok, il disco è stato rimandato da maggio ad ottobre ma penso che tutto sommato, da un certo punto di vista, siamo stati fortunati a poter finire “Utgard” e anche i relativi video prima che tutto ciò esplodesse. Rispetto a quello che è successo ci sentiamo dei privilegiati e non possiamo di certo lamentarci.
COME E’ NATO “UTGARD”? QUALI SONO I LEGAMI CON IL PRECEDENTE “E”?
– Il concept per “Utgard” è nato subito dopo “E” e ne è un naturale proseguimento. Quest’ultimo era ambientato nella casa degli dei, Asgard. La mitologia norrena tratta frequentemente di storie sulla creazione e Utgard è tutto ciò che è all’esterno di Asgard, dove vivono i giganti e incontrollabili forze legate al caos hanno luogo. Questa può essere vista come una metafora, a livello psicologico, di una sorta di auto-introspezione rivolta alle parti più sconosciute della mente. Il concept stesso del disco è un viaggio nell’inconscio e può in questo senso essere visto come una continuazione/reazione ad “E”, che invece trattava dell’opposto.
I PEZZI DI “UTGARD” SONO PIU’ BREVI RISPETTO A QUELLI DEI DISCHI PRECEDENTI. C’E’ UN MOTIVO PARTICOLARE DIETRO A QUESTA SCELTA?
– E’ vero, ma è qualcosa che semplicemente è successo, non una scelta cosciente. Cerco sempre di forzarmi a non fare attenzione alla lunghezza delle canzoni durante il processo compositivo. Non voglio che ciò determini il contenuto dei pezzi. In ogni caso questo è probabilmente un modo di rendere le intenzioni più chiare, per fare uscire l’essenza del brano più ‘in your face’, più diretta. Dobbiamo aver il coraggio di prendere in considerazione non la quantità di musica ma le idee che sono contenute nella musica stessa ed andare direttamente dentro di esse: penso che ne abbiamo di veramente forti e che meritino di essere espresse con un focus adeguato.
ASCOLTANDO “UTGARD” SI HA L’IMPRESSIONE CHE IL NUOVO TASTIERISTA E CLEAN VOCALIST HÅKON VINJE, ORMAI AL SECONDO ALBUM, ABBIA INSERITO ELEMENTI NUOVI NEL VOSTRO SOUND, SOPRATTUTTO LEGATI AL PROG E ALLA PSICHEDELIA (HÅKON VINJE SUONA ANCHE NEI PROGSTER SEVEN IMPALE, NDR). QUAL E’ STATO IL SUO CONTRIBUTO, ANCHE A LIVELLO COMPOSITIVO?
– A livello di testi, essi sono stati scritti come sempre da me e Grutle. Håkon ha contribuito scrivendo le parti di synth e di tastiere, che in passato ho sempre composto io, aggiungendo a mio parere una nuova, fortissima dimensione alla nostra musica. E’ un grandissimo tastierista.
PER IL NUOVO ALBUM AVETE GIA’ RILASCIATO DUE VIDEO PROMOZIONALI. “JETTEGRYTA” SEMBRA PIU’ TRADIZIONALMENTE BLACK METAL, MENTRE “HOMEBOUND” E’ MOLTO PSICHEDELICO. CE NE PUOI PARLARE?
– Abbiamo deciso di realizzare i video per queste due canzoni e per entrambi ci siamo affidati all’artista islandese Gaui H. Per “Homebound” l’abbiamo invitato a venire a Bergen, passare del tempo con noi e dare una rappresentazione di quella che è la casa degli Enslaved. Ne è venuto fuori qualcosa di veramente psichedelico ma penso ci rappresenti bene. Gaui H ha una lunga esperienza nel filmare la natura nel suo paese natale e lavorare con lui è stato realmente eccitante. Per “Jettegryta” abbiamo fatto l’opposto: gli abbiamo chiesto di rappresentare l’album e la canzone attraverso la natura stessa, il che è molto vicino al concept, poiché la mitologia nordica è stata scritta attorno all’anno Mille in Islanda, da popolazioni che erano migrate dalla Norvegia e ciò che era descritto veniva ispirato da ciò che li circondava, cioè proprio la natura dell’Islanda. E’ una specie di cerchio che si chiude, il fatto di avere una rappresentazione visuale che è anche l’origine della mitologia che trattiamo nella nostra musica.
LE VOSTRE COPERTINE SONO SEMPRE CURATE E CON UN SIGNIFICATO. CI PUOI PARLARE DI QUELLA DI “UTGARD”?
– La copertina è stata realizzata da Truls Espedal, che lavora con noi da “Monumension” del 2001, ed è un’interpretazione dei nostri testi e della nostra musica. Quelli che si vedono sono i corvi di Odino, Huginn e Muninn, che simboleggiano Pensiero e Memoria, che si trovano ai confini del non-mondo. Da Asgard, che è il mondo degli dei, il mondo dell’ordine, stanno osservando Utgard, il territorio sconosciuto. Questo è esattamente ciò che vogliamo rappresentare, il punto di partenza per l’ascoltatore e anche per noi stessi: essere al confine di ciò che si conosce ed è familiare ed attirare altre persone in questo viaggio.
“UTGARD” SEMBRA ESSERE IL VOSTRO ALBUM PIU’ VARIO DI SEMPRE; OLTRE ALLE COMPONENTI BLACK METAL E PROG DI CUI ABBIAMO GIA’ DISCUSSO, CI SONO DUE PEZZI CHE INCURIOSISCONO: IN “FLIGHT OF THOUGHT AND MEMORY” SEMBRA CI SIA UN RIFFING VICINO ALLA NWOBHM NELLA PARTE CENTRALE MENTRE “URJOTUN” HA DELLE ATMOSFERE TRA KRAUTROCK E SPACE ROCK, OLTRE A SUONI NEW WAVE ALLA JOY DIVISION. CE NE PUOI PARLARE?
– Esattamente, hai centrato il punto! Le influenze in questo album sono ovunque. Come sai le origini degli Enslaved sono nel black metal norvegese e in band estreme come Bathory e Celtic Frost ma c’è molto di più nell’essenza degli Enslaved, visti come amanti della musica. E’ come se la nostra collezione di dischi fosse stata catapultata nell’album e ovviamente la NWOBHM è essenziale: i primi Maiden, i Raven, se li vuoi definire metal, e tutte quelle magnifiche band che ne facevano parte. Ma anche altra musica che è rimasta sullo sfondo per molto tempo e che ora possiamo permetterci di far uscire allo scoperto, come questa sorta di synthwave. Sei il primo a citare la parola ‘krautrock’ che definisce esattamente la direzione in cui ci ha portato la nostra ammirazione per queste band come i Can, ma anche gruppi tedeschi precedenti. Potrei citare anche i Kraftwerk, questo è il modo in cui vogliamo ascoltare la musica; con gli Enslaved puoi avere un pezzo come “Jettegryta”, la cui parte principale può essere vista come un tributo ai Bathory, e poi parte un solo di organo che invece può ricordare i Camel! Noi viviamo per questo, avere questa libertà di passare da un estremo all’altro della nostra collezione. Siamo sempre pronti anche ad ascoltare qualcosa di nuovo quando ci viene proposto: non finisce mai, questo è l’aspetto fantastico della musica!
NEL CORSO DEGLI ANNI SIETE PASSATI DAL BLACK METAL, SEPPUR GIA’ NON CANONICO FIN DAL PRINCIPIO, A QUALCOSA DI COMPLESSO E NON FACILMENTE CLASSIFICABILE, SICURAMENTE CON MOLTE INFLUENZE PROG MA SENZA MAI CANCELLARE I VOSTRI LEGAMI CON IL PASSATO. PENSI CHE IN FUTURO GLI ENSLAVED POTREBBERO COMPORRE UN ALBUM PURAMENTE PROG?
– In questo momento, penso di no. Potrei farlo da solista o essere coinvolto in qualcosa del genere, ma l’identità degli Enslaved è legata a questa sorta di integrazione, questo mix di cose differenti che è così importante per le dinamiche e per la vita stessa della band. Andare in un’unica direzione sarebbe come frenare quella che vediamo come un’evoluzione. Ci potrà essere uno sviluppo in un senso piuttosto che in un altro ma non penso faremo qualcosa solo con voci pulite o con sintetizzatori. Magari ci sarà qualche side project che esplorerà il prog o il krautrock.
LA TUA COLLABORAZIONE CON GRUTLE DURA ORMAI DALL’INIZIO DEGLI ANNI ’90. CI POTRESTI DESCRIVERE IL VOSTRO MODO DI COMPORRE MUSICA? E’ CAMBIATO NEGLI ANNI O E’ SEMPRE LO STESSO DEGLI ESORDI?
– E’ più o meno la stesso ed è sempre fantastico. Abbiamo ancora una sorta di connessione, come se fossimo fratelli, ci scambiamo idee e discutiamo delle cose che ci entusiasmano. Scriviamo i testi insieme ma la musica è di mia responsabilità; eppure lo consulto sempre riguardo la direzione da intraprendere, l’eventualità di inserire qualcosa di nuovo. Penso che il bilanciamento tra noi sia ottimo e Grutle è la persona di cui mi fido di più: se dice che qualcosa funzionerà, allora seguo il suo parere, è un supporto di cui ho bisogno. Prendi ad esempio “Urjotun”, gli ho chiesto: “Ok, entrambi amiamo il krautrock. Pensi si possa scrivere qualcosa di ‘ibrido’ in questo senso?”. Mi ha risposto: “Assolutamente” e questo è il pezzo più figo dell’album. Non esisterebbero gli Enslaved senza uno di noi due.
AVETE ANCORA LEGAMI CON LA SCENA BLACK NORVEGESE? IHSAHN PER ESEMPIO SEMBRA AVER SEGUITO UN PERCORSO SOLISTA SIMILE AL VOSTRO. C’E’ QUALCHE NUOVA BAND CHE SEGUI?
– Non ho ascoltato molte band black metal di recente. Ci sono però molti gruppi prog, soprattutto a Bergen. Per esempio i Seven Impale sono fantastici ed è stato ad un loro concerto che abbiamo conosciuto Håkon. Le novità in questo momento non sono nella scena black ma altrove. Siamo rimasti in contatto con tutte le band che sono nate con noi, tipo gli Ulver. Tra l’altro divido il mio ufficio con l’etichetta Dark Essence e ciò mi permette di seguire ancora la scena, in un certo modo. Penso sia naturale, il focus è stato per lungo tempo sul black metal e la reazione è quella di esplorare territori un po’ differenti. I protagonisti originari sono ancora tutti in giro, ci si incontra ai festival e in altre occasioni. Gente come gli Ulver o Ihsahn hanno seguito un percorso parallelo al nostro. Ciò che fanno gli Ulver è eccezionale, non ha più niente a che fare con il metal ma sono un loro grande fan. Allo stesso tempo i Mayhem hanno fatto cose interessanti negli ultimi anni. E’ fantastico avere una connessione con tutte queste band e poter seguire quello che stanno facendo.
HO VISTO IN INTERVISTE PASSATE CHE SIETE APPASSIONATI DI PROG ITALIANO. CI SONO BAND CHE ASCOLTATE IN MODO PARTICOLARE?
– Questo è il campo soprattutto di Grutle, potrebbe parlartene per ore , è veramente un esperto. Per me essere un ascoltatore quando mi propone questa musica è incredibile, quella del prog italiano è una scena veramente piena di vibrazioni. Da parte mia adoro i Goblin, li ho visti suonare al Roadburn ed è stata una grande esperienza. Non so quanti componenti originali siano rimasti ma la mia impressione è che si siano preservati ottimamente. Un’altra band italiana che mi piace moltissimo sono gli Zu.
QUESTA PANDEMIA HA CAMBIATO IL NOSTRO MODO DI VIVERE LA MUSICA, COME PER ESEMPIO NEL CASO DI TUTTI I CONCERTI CANCELLATI; ANCHE VOI AVETE FATTO DEI LIVE STREAMING IN QUESTO PERIODO. PENSI CI SARANNO DELLE RIPERCUSSIONI PERMANENTI NEL MODO DI LAVORARE DELLE BAND E DI COME SI RELAZIONERANNO AL LORO PUBBLICO?
– Buona domanda! Non ne posso essere certo ma penso che un giorno ritorneremo più o meno nella situazione in cui eravamo in precedenza. Prendi l’esempio del vinile: è qualcosa che non può essere rimpiazzato, quel feeling che viene da un concerto live o da un album è insostituibile. Voglio essere ottimista e pensare che il pubblico continuerà ad esserci come era prima e che, anzi, molta gente che ascolta musica come sottofondo mentre lava i piatti o fa altre cose potrà essere coinvolta, gente che magari per ragioni diverse non è mai andata al Wacken o all’Hellfest e che potrebbe appassionarsi ai live attraverso l’esperienza dello streaming in questo periodo. La mia speranza ottimistica è che ritorneremo, più forti; è troppo facile ora essere pessimisti, io voglio andare controcorrente.
AVETE DELLE DATE FISSATE NEL PROSSIMO FUTURO?
– Sì, abbiamo delle date già fissate. Non le pubblicizziamo perché i promoter preferiscono aspettare, vista la situazione. Suoneremo due show in Norvegia a novembre 2020, concerti con 200 persone in luoghi abbastanza grandi. Se tutto andrà bene potranno aprire ad un pubblico sempre un po’ più numeroso. Non voglio essere troppo ottimista ma penso che per l’anno prossimo la situazione potrà sistemarsi.
OK IVAR, GRAZIE PER L’INTERVISTA!
– Grazie a voi, spero che le cose in Italia migliorino più alla svelta possibile! A presto!