“Cold Black Suns”, undicesima fatica in studio degli Enthroned, ci ha restituito il gruppo belga all’apice della forma e dell’ispirazione. Un lavoro denso e profondo, lontano dalla caustica violenza espressa durante i Nineties e proiettato verso un futuro ancora tutto da scoprire, in cui il nocciolo della tradizione si amalgama in maniera sempre intrigante a suggestioni atmosferiche e a chiaroscuri di non facilissima catalogazione. Abbiamo parlato della sua genesi, delle rinnovate ambizioni del quintetto e di numerosi aspetti legati al black metal con il chitarrista Neraath…
A POSTERIORI, SI PUÒ DIRE CHE “SOVEREIGNS” ABBIA SEGNATO L’INIZIO DI UN NUOVO CAPITOLO PER GLI ENTHRONED, INTRODUCENDO NELLA VOSTRA MUSICA UN APPROCCIO SPERIMENTALE INEDITO. CHE PERCEZIONE AVETE OGGI DI QUEL LAVORO? QUALI RAGIONI VI SPINSERO A COMPIERE IL ‘SALTO’?
– In realtà penso che questo approccio stilistico sia stato introdotto da “Obsidium” e successivamente approfondito da “Sovereigns”. Non sono d’accordo sull’appellativo di ‘sperimentale’, ritenendolo ancora abbastanza convenzionale per il tipo di musica estrema che suoniamo. Dal momento che siamo tutti attratti dalle tonalità oscure e aggressive, la proposta che suoniamo oggi si conforma a chi siamo ora. Il nostro sound si è semplicemente evoluto in base alle esperienze, ai gusti, agli input personali e alle capacità tecniche. Pertanto, è normale sentire una differenza significativa tra i nostri primi dischi e gli ultimi. È la continuità logica di quando si decide di essere onesti con sé stessi. Su “Cold Black Suns” c’è stata la volontà di spingersi ancora più in là con le atmosfere e di ammantare l’intera l’opera con una specie di patina oscura. Prima di tutto, l’accordatura è stata cambiata, l’approccio ritmico messo ulteriormente a punto e più tardi, durante la fase di arrangiamento, tastiere, elementi drone e chitarre ambient sono stati integrati nel mixaggio. Alcuni nuovi brani hanno un andamento più strumentale e meno vicino alla classica ‘forma canzone’. Questi dettagli si sono fusi per aumentare l’identità del disco e dell’intero concept.
A FRONTE DEL SUCCESSO DI PUBBLICO E CRITICA DI “SOVEREIGNS”, VI SIETE SENTITI SOTTO PRESSIONE AL MOMENTO DI SCRIVERE IL SUO SUCCESSORE? QUALI OBIETTIVI VI ERAVATE PREPOSTI DI RAGGIUNGERE CON “COLD BLACK SUNS”?
– Personalmente, non ho avvertito alcuna pressione. Questa volta il songwriting si è svolto in modo diverso e mi sono piaciuti molti degli elementi ripresi da “Sovereigns”: l’intenzione di lavorare sui dettagli, sugli arrangiamenti sonori e di approcciare diversamente le varie dinamiche. Concordavamo sul non volerci sganciare dal nostro nucleo tradizionale rappresentato dai riff, ma volevamo anche esplorare nuovi territori e realizzare un’opera più oscura della precedente. Per quanto riguarda i testi, penso vi sia un approccio più realistico nei confronti della mistica, meno criptico e – in un certo senso – più facile da capire intanto che si ascolta l’album.
NONOSTANTE SIA UN DISCO AGGRESSIVO E VIOLENTO, “COLD BLACK SUNS” SEMBRA INVITARE AD UNA SORTA DI INTROSPEZIONE… SIETE D’ACCORDO? È STATO UN EFFETTO VOLUTO?
– Non è stato intenzionale, ogni cosa è stata scritta naturalmente. Sicuramente però i dettagli di cui ti ho parlato e le stratificazioni ritmiche hanno reso “Cold Black Suns” un lavoro più profondo e raffinato del solito. Alcune sue canzoni sono state costruite in modo diverso, adoperando strutture insolite per gli Enthroned. Dietro la violenza tipica del genere, ci sono sicuramente molti elementi da scoprire, a patto di prendersi il giusto tempo per ascoltare il disco e di approcciarlo nel giusto stato d’animo.
DAL PUNTO DI VISTA DELLA PRODUZIONE, SI PUÒ DIRE CHE CON “COLD BLACK SUNS” ABBIATE RAGGIUNTO IL VOSTRO APICE. COME SI SONO SVOLTE LE REGISTRAZIONI?
– La fase dedicata alla produzione è sempre un capitolo a parte, e talvolta implica dei compromessi. Credo sia anche una questione di gusti, e il pubblico black metal è abbastanza tradizionale e conservativo… ad ogni modo, mentre “Pentagrammaton”, “Obsidium” e “Sovereigns” erano stati completamente prodotti ai Blackout Studio di Bruxelles, per “Cold Black Suns” abbiamo voluto fare le cose diversamente. Questo è il tipo di suono che oggi ci rappresenta. Dopo avergli spedito le demo dei brani, Menthor ha registrato le sue parti di batteria. Dopodiché lo abbiamo raggiunto per alcuni giorni in Portogallo, lavorando con il produttore Carlos Ribeiro per incidere le chitarre e il basso. È stato molto ricettivo nei confronti delle nostre composizioni. A casa mi sono occupato degli elementi drone e ambient, e infine, di nuovo ai Blackout Studio con Phorgath dietro la console, abbiamo ultimato le voci e il mixaggio. Volevamo che la strumentazione suonasse in modo leggermente diverso, usando meno amplificatori e distorsioni. Anche il lavoro acustico svolto sulla batteria è stato curato con molta più attenzione rispetto al passato.
PER QUALE MOTIVO PHORGATH E ZARZAX HANNO LASCIATO LA BAND? COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON NORGAATH (BASSO) E SHAGAL (CHITARRA)?
– Entrambi per ragioni personali che non approfondirò troppo. Suono ancora con Phorgath negli Emptiness, e so che quando si tratta di input creativi è attratto dall’esplorazione di territori sonori insoliti e avventurosi. Nonostante abbia il talento e le capacità per comporre grandi canzoni black metal, per dare valore a questo genere di musica è indispensabile sentirsi onesti con se stessi. Conoscevamo già da un po’ i nuovi membri. Shagal era stato nostro sessionist diverse volte in passato. Entrambi vantano una certa esperienza nella scena grazie ai loro progetti musicali. Ad esempio, Shagal è la mente dietro la cult death metal band argentina Vibrion.
AVETE DESCRITTO “COLD BLACK SUNS” COME UN CONCEPT ALBUM SU “I DIVERSI APPROCCI DELL’UOMO NEI CONFRONTI DEL SATANISMO, VISTI ATTRAVERSO VARIE EPOCHE STORICHE E CULTURE”. VI ANDREBBE DI APPROFONDIRE L’ARGOMENTO?
– Il significato antropologico dei testi suggerisce che ogni punto di vista sia il prodotto dell’evoluzione culturale di una razza o di un popolo; questo prodotto culturale è poi ulteriormente arricchito dalla sua interazione con altre civiltà, nella cui vicinanza si è evoluto nel corso del tempo. Tutto trova una sintesi nel concetto umano di ciò che è Occulto. Attraverso le liriche del nuovo album, abbiamo voluto realizzare un viaggio dall’Antica Grecia ai tempi moderni, passando per i tempi bui del Rinascimento.
CHE SIGNIFICATO HA PER VOI ESSERE UNA BAND SATANISTA? IN CHE MODO QUESTA SCELTA SI RIFLETTE SULLA VOSTRA VISIONE DELLA VITA?
– È piuttosto chi sei e ciò che ritieni prezioso che influenza i progetti in cui sei coinvolto. Se consideri il satanismo come una celebrazione dell’individualità senza inganno o ipocrisia, allora la tua creazione artistica deve riflettere le tue preferenze individuali. Poi però componi e suoni con altri individui, e anche se con loro condividi molte idee e attributi, scenderai inevitabilmente a compromessi per raggiungere una quadra di gruppo, perdendo i tuoi input originali e le tue vere intenzioni, oppure seguendo una richiesta stilistica. Non dico sia una cosa negativa, ma va comunque contro i principi base del satanismo. Sarebbe onesto dire che c’è un problema legato all’immagine di sé che spesso si mostra in questa scena. Dagli inizi in cui un giovane musicista è guidato dal desiderio di scioccare e ribellarsi, conseguenza di una rabbia interiore e di una strana attrattiva verso la celebrazione del tormento, si viene catturati dal ruolo; e nel corso degli anni si scava sempre più a fondo per forgiare un’identità artistica intorno a questa ‘posa’. Si può essere addentro questa filosofia di libertà e di culto dell’ego. Il nostro intento principale quando si parla della band è quello di realizzare album per diffondere un messaggio, ma anche per intrattenere gli ascoltatori. Mi piace essere coinvolto in progetti concreti, come la musica, che in un certo modo nutre il mio ego e diventa un catalizzatore per modellare le emozioni e lasciarne traccia, ma la mia creatività ha l’impulso di spingersi oltre questo.
IL 2019 COINCIDE CON IL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DEL VOSTRO FONDATORE CERNUNNOS. PENSATE MAI A COME SAREBBE STATA LA VOSTRA CARRIERA CON LUI? QUAL È STATO IL SUO LASCITO ALLA SCENA BLACK METAL?
– Mi sono unito alla band alcuni anni dopo il suo suicidio, e prima di allora non avevo mai avuto la possibilità di incontrarlo. Non penso a come sarebbe stata la nostra carriera con lui. Indubbiamente ha lasciato un’eredità importante e la sua influenza è perpetuata nelle nostre composizioni. Anche se il nostro suono si evolve di album in album, gli Enthroned mantengono sempre viva la vecchia fiamma.
NEGLI ANNI NOVANTA IL BLACK METAL ERA CONSIDERATO QUALCOSA DI DAVVERO SINISTRO E PERICOLOSO. PENSI SIA ANCORA POSSIBILE PROVOCARE UNA SIMILE REAZIONE NELL’ASCOLTATORE? QUALI GIOVANI BAND POTREBBERO EREDITARE LO SCETTRO DELLA VECCHIA GUARDIA?
– Lo è mai stato davvero? Ci sono state situazioni pericolose durante i concerti, ed è capitato che la situazione degenerasse in risse e accoltellamenti, ma presumo che ogni genere musicale abbia i suoi elementi instabili qua e là. Non sono molto informato sulle giovani band, per cui sorvolerò su questo punto.
LORD SABATHAN HA DA POCO AVVIATO UN PROGETTO SOLISTA CON CUI ESEGUE PER INTERO I VECCHI “PROPHECIES OF PAGAN FIRE” E “TOWARDS THE SKULLTHRONE OF SATAN”. CHE OPINIONE AVETE AL RIGUARDO? SE NON RICORDO MALE, ERA STATO ALLONTANATO PER MANCANZA DI DEDIZIONE NEI CONFRONTI DELLA BAND…
– È vero, Sabathan ha cominciato a tenere degli show per conto proprio. Le persone che adorano quei dischi hanno ora la possibilità di ascoltare quelle canzoni dal vivo. Per quanto ci riguarda, abbiamo deciso di incentrare i nostri set sul materiale più recente, che è quello che meglio ci rappresenta. Di certo non è passato inosservato agli occhi della band, e le opinioni tra noi sono differenti, ma personalmente non ho nulla in contrario, dato che ha scritto parecchi di quei brani e li interpreta con la medesima passione dei vecchi tempi. Lo sai, ci sono molti nostalgici nella scena metal e negli ultimi anni vi è una forte propensione al revival… non posso puntare il dito contro chi si diverte.
QUANDO VI RIVEDREMO IN ITALIA? ERAVAMO PRESENTI ALL’INFERNAL FORCES 2018 E LA VOSTRA PERFORMANCE ERA STATA UNA DELLE MIGLIORI DELLA GIORNATA…
– Se non ricordo male voi eravate parte dell’organizzazione, giusto? L’Infernal Forces è stato un grande festival, ben organizzato, in un ottimo locale e con tanti spettatori. Ogni volta che si verificano date del genere, per noi è sempre un piacere suonare in Italia.
QUAL È L’ESPERIENZA PIÙ FOLLE CHE AVETE VISSUTO IN TOUR?
– In vent’anni di tour è normale imbattersi in situazioni al limite, da locali malfamati a momenti di tensione tra la folla con improvvise esplosioni di violenza, come avvenuto durante la nostra ultima visita in Sud America. Niente di veramente folle, ma menzionerei la tournée che abbiamo tenuto negli Stati Uniti nel 2001, poco dopo l’11 settembre: girammo l’intero Paese a bordo di un van per circa un mese, senza praticamente contare su una vera promozione, fu surreale… ad un certo punto il promoter (sempre che così si possa definire) ci abbandonò in una zona tutt’altro che sicura di Los Angeles, sparendo per giorni senza darci notizie. Non avevamo idea di cosa fare, a stento la gente in strada parlava inglese… per fortuna riuscimmo ad ottenere il nostro biglietto aereo e a tornare in Europa.
NEGLI ULTIMI MESI, LA SCENA BLACK METAL È STATA SPESSO OGGETTO DI CRITICHE E BOICOTTAGGI, SPESSO CAUSATI DAI COMPORTAMENTI E DALLE IDEOLOGIE DI ALCUNI MUSICISTI… COSA NE PENSATE? VEDETE UNA SPIEGAZIONE O UNA SOLUZIONE A QUESTI ATTRITI?
– Al di là dell’essere provocatori, non direi solo nella scena del black metal, ma in generale: la tendenza a condannare la libertà di parole, di idee e di espressione è in aumento. Tutti dovrebbero essere liberi di esprimere la propria opinione e di opporsi all’idea malevola che vorrebbe plasmare ogni individuo all’interno della stessa corrente di pensiero. Esiste ancora una differenza tra un discorso e un atto concreto, è già bene notare questo distinguo. La vittimizzazione e l’autocritica sono diventate una vera seccatura, specie se non si hanno i mezzi per affrontarle adeguatamente. Non ho una spiegazione o una soluzione adeguata da proporre, non è questo il mio compito, ma posso presumere che reprimere i pensieri e le idee degli individui, indipendentemente dal fatto che non rientrino in una struttura politicamente corretta dell’establishment, possa portare ad atti di sfida. Ci sarà sempre un’opposizione ai valori se assumiamo che la nostra natura sia individualista e quindi disuguale. I boicottaggio provengono spesso nelle mani di coloro che hanno il potere materiale, ma poiché la storia è fatta di cambiamenti, la ruota continua a girare. Gli scontri sono tipici dell’umanità, e una tolleranza universale è pura utopia.