Abbiamo fatto per la prima volta una chiacchierata con Mauro, batterista e fondatore degli Epitaph, ed Emiliano, voce narrante del combo veronese. Veterani del dark/doom (italiano e non solo), i Nostri non si sono arresi davanti alle difficoltà del passato, attendendo nell’ombra il momento giusto per ritornare, deliziandoci prima con “Crawling Out Of The Crypt” ed ora con “Claws”. Vi invitiamo di seguito a leggere cosa ci hanno raccontato.
CIAO RAGAZZI, E’ UN PIACERE POTER PARLARE CON UNA BAND CHE POSSIAMO TRANQUILLAMENTE DEFINIRE STORICA, MA IN MERITO ALLA QUALE C’E’ MOLTO DA SVELARE: VI ANDREBBE, COME PRIMA COSA, DI PRESENTARVI BREVEMENTE AI LETTORI DI METALITALIA.COM?
– Salute a tutti ragazzi. Siamo gli Epitaph di Verona, nati nell’Ottantasette dalle ceneri dei Black Hole prima, e poi dei Sacrilege.
FACCIAMO SUBITO UN SALTO INDIETRO NEL TEMPO E ANDIAMO AGLI INIZI DELLA VOSTRA CARRIERA: COM’ERA SUONARE DARK/DOOM METAL NELL’ITALIA DI FINE ANNI ’80? ERAVATE INSERITI IN UNA SCENA LOCALE (SE ESITEVA)?
– Diciamo che non esisteva una vera e propria scena dark/doom metal a Verona, inizialmente eravamo gli unici a suonare questo genere. Semmai, si può dire che proprio l’influenza degli Epitaph, negli anni successivi, han fatto germinare una piccola scena di genere, anche attraverso iniziative di ex membri (All Souls’ Day). C’erano diverse band locali che suonavano heavy metal e hard rock, ma forse eravamo gli unici a suonare con regolarità fuori dal circuito cittadino. Ogni tanto si collaborava per dei concerti organizzati tra di noi, in qualche raro locale che faceva suonare a quell’epoca a Verona. Erano i primi anni in cui pub e locali iniziavano a far suonare band, oltre che in uno storico festival che si chiamava Verona rock. Insomma, la situazione non era particolarmente florida…
POTREMMO DIRE CHE LA PRIMA PARTE DELLA STORIA DEGLI EPITAPH SI CONCLUDE ATTORNO AL 1994, CON L’USCITA DELLA VOSTRA ULTIMA DEMO. SI TRATTA DI UN ANNO PIUTTOSTO CRITICO PER IL METAL A LIVELLO MONDIALE, RITENETE CHE L’ESPLOSIONE DI SONORITA’ NUOVE COME IL GRUNGE ABBIANO IMPATTATO NEGATIVAMENTE ANCHE SU REALTA’ DI NICCHIA COME LA VOSTRA, O SONO ALTRE LE RAGIONI CHE VI HANNO PORTATO A ‘CONGELARE’ IL PROGETTO?
– Diciamo che il cambiamento musicale di quell’epoca non c’entra nulla con il fatto che ci siamo fermati, sono state altre le vere ragioni. Dopo aver fatto molte date nel Nord Italia, Fabio (il cantante di allora) iniziò ad accusare la stanchezza sia fisica che mentale per tutti gli impegni che avevamo. Tanti chilometri e notti insonni lo avevano stancato e un po’ demotivato. Poi ci venne chiesto di fare un mini-tour europeo con gli Extrema di Milano, e lì scoppiò la bomba. Non andammo in tour e Fabio decise di fermarsi per un periodo, per riprendere fiato e ritrovare lo stimolo per ripartire a cantare. Nel contempo anche Massimo (il chitarrista) iniziò ad aver problemi con il lavoro e familiari, e così decidemmo di fermarci finché le cose non si fossero sistemate. Poi, per mille fattori, non riuscimmo più a ripartire.
I VOSTRI PRIMI LAVORI HANNO ASSUNTO NEGLI ANNI LO STATUS DI CULTO (ASSIEME A “LAND OF MISTERY” DEI BLACK HOLE, BAND DALLA QUALE SIETE NATI). E’ STATO L’INTERESSE DI UN PUBBLICO CHE NON VI HA MAI DIMENTICATO A SPINGERVI AL RITORNO SULLE SCENE DOPO TANTI ANNI? COS’E’ CAMBIATO DA ALLORA?
– No tutt’altro. Siamo tornati innanzitutto per noi stessi; e sì, nella piena convinzione di aver ancora molto da dire e da fare. Tuttavia, eravamo serenamente rassegnati a dover andare faticosamente controcorrente, constatando quali strade aveva preso il gusto ‘mainstream’ negli ultimi vent’anni. È stata per noi una sorpresa micidiale accorgerci di come esistesse un mondo sotterraneo, ancora interessato al nostro tipo di proposta. Un mondo che a nostra volta abbiamo piacevolmente conosciuto e apprezzato da quando ci siamo rimessi in marcia, scoprendo inaspettate affinità – ad esempio – con le numerose band con cui abbiamo suonato, sia in Italia che all’estero.
VENIAMO AL PRESENTE. “CLAWS” E’ STATO SCRITTO INTERAMENTE DAGLI EPITAPH DI OGGI: E’ CAMBIATO IL PROCESSO COMPOSITIVO RISPETTO AL PASSATO? COME NASCE SOLITAMENTE UN BRANO?
– Sostanzialmente non è cambiato nulla, il nostro modo di comporre è rimasto quello. Ognuno di noi porta delle idee che poi vengono sviluppate dall’intera band. Noi non siamo mai soddisfatti del risultato finale e rimaneggiamo lo stesso pezzo per venti o trenta volte (ride, ndR). L’unico cambiamento sostanziale sta il modo di suonare di Lorenzo (il nuovo chitarrista). Ha uno stile molto più hard rock/blues rispetto al vecchio chitarrista, e questo ci ha portato molti benefici.
COME GIA’ SOTTOLINEATO IN OCCASIONE DELLA RECENSIONE, LA PROVA VOCALE DI EMILIANO E’ RISULTATA ESTREMEMENTE CONVINCENTE E CAPACE DI AGGIUNGERE ULTERIORI SFUMATURE ALLE COMPOSIZIONI. E’ CORRETTO AFFERMARE CHE LA MUSICA DARK DEGLI ANNI ’80 (BAUHAUS, CHRISTIAN DEATH) ABBIA GIOCATO UN RUOLO IMPORTANTE A LIVELLO DI INFLUENZE?
– Emiliano: Intanto: grazie per la stima! Il filone citato è stato sicuramente un ingrediente sostanzioso della mia dieta musicale, soprattutto da ragazzino. Va detto però che, dopo tanti anni e metri cubi di dischi ascoltati, è praticamente impossibile per noi individuare delle influenze certe. Forse all’ascoltatore, dall’esterno, riesce più facile. In generale, ritengo che la regola aurea sia quella di assecondare il proprio tipo di voce e sentimento, senza lanciarsi in improbabili imitazioni, che troppo spesso risultano banali o forzate.
CHE COSA ASCOLTATE SOLITAMENTE? CI SONO GIOVANI BAND CHE INCONTRANO I VOSTRI GUSTI?
– Gli Epitaph rappresentano il nostro punto di incontro, perché ciascuno di noi ha i propri gusti, a volte distanti tra loro. Talvolta, questo porta a diatribe accesissime, ma in generale lo consideriamo una nostra innegabile forza. Come si accennava prima, immergendoci nuovamente in questo mondo, abbiamo scoperto tante nuove gemme, e persino qualche capolavoro attuale. Ma per non tediare e non fare involontarie omissioni, ve ne risparmiamo la lista (anche perché scatenerebbe un altro fervido dibatto al nostro interno!).
TORNIAMO UN MOMENTO A “CLAWS”: ESISTE UN FILO CONDUTTORE TRA I BRANI O SI TRATTA DI CAPITOLI LIRICAMENTE AUTONOMI? VI INTERESSATE DI TEMATICHE OCCULTE? SE SI, CHE PESO HANNO NELLA SCRITTURA DEI TESTI?
– Direi che un vero filo conduttore non c’è, ciascuno dei pezzi di “Claws” ha una propria emozione fondante: terrore, melanconia per un passato mai realizzatosi, lussuria, rassegnazione, odio implacabile. Riguardo l’occulto: è una cosa che senza dubbio ci affascina, ma è dai tempi dei Black Hole che non è più una parte importante del nostro universo. Lo lasciamo a chi lo frequenta con ben maggior credibilità!
NEGLI ULTIMI ANNI AVETE CALCATO I PALCHI DI FESTIVAL INTERNAZIONALI MOLTO PRESTIGIOSI. COM’E’ STATA L’ACCOGLIENZA DEL PUBBLICO? AVETE IN PROGRAMMA DI PROSEGUIRE CON L’ATTIVITA’ LIVE?
– La dimensione live è quella che preferiamo, quella che infiamma i nostri entusiasmi. E il pubblico lo percepisce, eccome! Forse le soddisfazioni maggiori le abbiamo avuto in quelle occasioni in cui ci siamo presentati da outsider poco conosciuti, per poi lasciare un segno deciso. Pertanto, la nostra fame di concerti è praticamente inestinguibile. A metà novembre ci imbarcheremo in un nuovo tour europeo, significativamente chiamato “Pacto de Sangre”, con i nostri alleati Procession. Dipendesse da noi, partiremmo domani stesso!