ESOGENESI – Solo solitudine

Pubblicato il 04/01/2020 da

Si pongono interrogativi difficili gli Esogenesi, spaziando fra filosofia e fantascienza, e cercano di darvi risposte attraverso un death-doom viscerale e melodico, radicato nel death-doom novantiano, con punte di sperimentazione a segnalarne l’appartenenza ai giorni nostri. L’esordio omonimo del gruppo lombardo è di quelli che si fanno ricordare per la qualità intrinseca delle singole canzoni, piuttosto che per qualche peculiarità distintiva del sound. Eppure non stiamo parlando di semplice omaggio a un determinato filone, gli Esogenesi hanno personalità e fanno percepire nell’esordio omonimo un vissuto interiore e un pensiero che è prima di tutto loro e non preso in prestito da altri. In analogia ai contenuti dell’esordio omonimo, anche l’intervista che ci hanno rilasciato espone concetti non banali, che ci fanno ben sperare per un proficuo proseguimento di questa esperienza artistica.

SIETE UN GRUPPO DAL NOME ABBASTANZA ESTROSO. PERCHE ESOGENESI? CHE TIPO DI VISSUTO STA DIETRO QUESTA SCELTA?
– Un nome estroso ci pare si trovi sempre più di rado, in questo senso l’originalità è stata presa come una sfida: un nome che non avessimo sentito altrove era il primo obiettivo. In secondo luogo, serviva un monicker che fosse coerente con i temi che ci ispiravano, chiaramente. All’epoca Jacopo (Marinelli, cantante/chitarrista del gruppo, ndR) era preso dall’astrobiologia, dalle teorie sulla panspermia siamo arrivati al nome che faceva al caso nostro, che aveva in sé tutto quel che intendevamo. Le frontiere della scienza, e l’ignoto che esiste oltre quelle frontiere, l’immaginazione di entità e fenomeni non di per sé malevoli, eppure terribili per l’uomo. E poi i misteri che pensiamo di aver svelato, l’origine della vita terrestre e le sue logiche implicazioni. La possibilità di superare i confini del nostro cosmo, al contempo una speranza e una minaccia. È tutto nel nostro nome, anche se non parleremmo esattamente di ‘vissuto’, insomma. Infine, Esogenesi riflette la nostra natura come band, che ha preso vita dall’inseminazione di un terreno comune con elementi provenienti da mondi sonori diversi. Ah, e poi è una parola italiana, conta anche questo. Non ci è mai interessato suonare ‘internazionali’, questo è valso per le liriche ed era giusto che valesse anche per il nome. Quindi niente esterofilie immotivate.

IN TEMPI DI GRANDI COMPLICAZIONI, ASTRUSITA’, DISSONANZE E RUMORISMI, VOI SCEGLIETE UN APPROCCIO AL METAL ESTREMO VISCERALE E ‘DI CUORE’, NONOSTANTE LA VOSTRA SCRITTURA E LA PERFORMANCE SU DISCO SIANO TUTT’ALTRO CHE ROZZE E SOLO PREDA DELL’ISTINTO. COSA VOLETE COMUNICARE CON LA VOSTRA MUSICA, QUALI EMOZIONI VI VENGONO INCANALATE?
– Al di là delle narrazioni dei testi, intendi? Per cominciare diciamo che la musica ha per noi una funzione liberatoria. Una crepa tra le mura che confinano l’anima. Allora forse possiamo dire che a predominare, il più delle volte, sono la rabbia o la tristezza, quelle che con più forza cercano una strada verso l’esterno. Ma poi? Cosa fai una volta fuori? Forse alla fine l’unico sentimento vero e profondo che muove la nostra musica è un incolmabile senso di vuoto, o meglio di solitudine. La sensazione che nessuna comprensione sia possibile tra gli individui, né tra l’individuo e il suo universo. Materia ed energia che si muovono in uno spazio che non conoscono e che non conosce loro, nessuna vera ragione per tutto questo. Il destino di perdersi dentro cose più grandi e incomprensibili. Ciò che più conta è quali emozioni abbia tu, di fronte a questo. Quanto alla scrittura, è vero, i pezzi non sono frutto di una foga animale. La maggior parte del materiale è stato scritto in solitudine, nell’intimità di casa, in un’atmosfera insomma che favorisse un libero flusso di pensiero.

PIÙ CHE RIFERIMENTI AD ALTRE REALTA DEATH-DOOM O FUNERAL, ASCOLTANDO ESOGENESI HO AVUTO L’IMPRESSIONE DI SENTIRE LE POETICHE TRAME DEI NOVEMBRE E DEI PRIMI OPETH SOTTO UNA VESTE PIÙ HEAVY E CRUDA. PUÒ ESSERE CALZANTE QUESTO ACCOSTAMENTO? QUALI GRUPPI PERCEPITE COME VICINI A VOI?
– Novembre e primi Opeth possono starci, non vediamo perché no. Non ci mettiamo a discutere gli accostamenti. Dopotutto il gioco delle somiglianze è un divertimento dell’ascoltatore, mentre il nostro è quello di assistervi, possibilmente senza interferire. A dire il vero, i nostri riferimenti di partenza erano proprio nel death-doom e nel funeral. Poi com’è naturale ci abbiamo messo del nostro, allontanarsi verso altri territori era inevitabile. La ‘vicinanza’ con altri gruppi la intendiamo in altro modo. Possiamo dire di sentire vicini i Tethra, che cercano il network (proprio in senso etimologico) nel nostro underground e hanno in mente una ‘scena doom\death’. Persone che hanno in comune mentalità e propositi ai quali aderiamo. Parlando di suoni, preferiamo piuttosto guardare verso chi ha qualcosa che a noi manca e che ammiriamo. Pensiamo alle sperimentazioni dei LaColpa, per esempio. Cercare il diverso per noi è più sano che andare a caccia di gemelli. Ma se vi vengono in mente altri accostamenti, fatecelo sapere.

LA FORZA TRAINANTE DEL DISCO È IL LAVORO DI CHITARRA, MENTRE A DARE SFUMATURE ANOMALE E FARLO SGUSCIARE IN TERRITORI ‘STRANI’ CI PENSANO LE EVOLUZIONI DEL BASSO. COME AVETE LAVORATO PER FAR DIALOGARE AL MEGLIO QUESTI DUE STRUMENTI, AFFINCHE LA LORO INTERAZIONE FOSSE COSÌ RIUSCITA?
– Breve cenno storico: quando Carlo, il nostro bassista, è entrato in formazione, i brani del disco erano bene o male già composti, di questi la metà già registrata con parti di basso provvisorie eseguite da Michele, il nostro batterista. Nonostante questo, non volevamo che l’ingresso di Carlo in formazione si limitasse al ruolo del turnista, perciò non c’erano obiezioni di fronte alla sua proposta di rivedere le proprie parti e avvicinarle al proprio gusto personale. Forma e struttura dei riff portanti permettevano di spaziare maggiormente e trovare una dimensione più articolata, non condizionata dai canoni del genere/stile. Sentivamo che inserire un basso fretless in un sotto-genere che tendenzialmente non lo prevede era per certi versi una scelta rischiosa, ma alla fine il responso sembra essere stato positivo. Probabilmente manterremo anche nella stesura dei nuovi brani questo modus operandi del tipo ‘il-basso-viene-dopo’.

PASSANDO AI CONTENUTI LIRICI, SI PERCEPISCE DAI TITOLI L’INTERESSE PER TEMATICHE INTRECCIANTI ESISTENZIALISMO, FILOSOFIA, SCIENZA E, PENSANDO ALLE SENSAZIONI EVOCATE DALLA MUSICA, UNA CERTA SOFFERENZA INTERIORE. DI COSA PARLANO I VOSTRI TESTI? VI SONO MOLTEPLICI CHIAVI DI LETTURA PER ESSI?
– I testi si ispirano alla fantascienza e agli interrogativi sull’ignoto, sulla probabilità di trovare tante risposte sulla natura dell’universo, quante sono le domande sulla nostra esistenza. Ci affascina l’interrogativo: “Cosa si cela oltre?”. Un luogo dove forse non si scorgerà mai alcun segno di esistenza, o forse tutto il contrario. Cosa rappresenterebbe, questo, per noi? Ci chiediamo a quali confini dell’universo possa davvero ambire l’uomo, e in quali universi potrebbe dirigersi, se dovesse arrendersi all’impossibilità di addentrarsi in certe regioni di questo spazio. Immaginiamo allora di poter mettere in pratica le teorie della meccanica quantistica e dei multiversi, accedere a un universo parallelo attraverso complessi congegni che ancora non immaginiamo. Si incontrerebbe un paesaggio surreale, dove la fisica seguirebbe altre leggi, e allora come può adattarsi un corpo estraneo a questa dimensione? Cosa accadrebbe alla mente? L’esplorazione è un concetto trasversale, le chiavi di lettura in mano all’ascoltatore sono innumerevoli. Per esempio, queste dimensioni possono essere rappresentazione degli stati d’animo, o della psiche. Le ultime due tracce sono proprio un racconto del primo ‘dimensionauta’, che entra in contatto con dimensioni sconosciute e deve affrontarne le conseguenze. Al di là degli aspetti fantascientifici, ci piace la prospettiva umana di fronte a situazioni estreme, dentro o fuori dall’individuo.

UN ASPETTO CHE HO TROVATO ASSAI GRADITO È L’ORECCHIABILITA DI FONDO DELLE CANZONI: SI COLGONO DELLE ARMONIE STRUGGENTI FRA LE RITMICHE DI CHITARRA, CHE FANNO DA FILO CONDUTTORE ALL’INTERNO DI OGNI SINGOLO BRANO. È STATO DIFFICILE MEDIARE FRA NECESSITA DI ESSERE DURI, COMPLESSI E PESANTI, ED AVERE ALLO STESSO TEMPO QUESTA SENSIBILITA DI FONDO, CHE NON INTACCA COMUNQUE IL MORDENTE DELLA MUSICA?
– I brani di questo disco sostanzialmente sono nati dalle menti di Davide (Roccato, chitarrista degli Esogenesi, ndR) e Michele. La dualità duro/sensibile sta nel diverso approccio alla composizione. Più ‘grezzo’, diretto e ‘riff-based’ di Davide e in quello di Michele, in un certo senso più ‘scolastico’, più incline alla melodia, all’armonia e all’arrangiamento. Sebbene queste personalità siano molto diverse, diremmo quasi diametralmente opposte, abbiamo constatato, con piacere e un po’ di stupore, che alla fine sono riuscite a convergere in maniera naturale, senza particolari difficoltà, andando a definire il nostro sound generale.

IL DISCO ESCE SOTTO DIVERSI FORMATI PER TRANSCENDING OBSCURITY, LABEL MOLTO ATTENTA NELL’OFFRIRE UN PRODOTTO FISICO DI BUON LIVELLO ESTETICO, CHE INTEGRI E VALORIZZI LA MUSICA. A VOI COME ASCOLTATORI, QUALE FORMATO PREFERIRESTE PER POSSEDERE “ESOGENESI”, QUELLO CHE SECONDO VOI INTEGRA MEGLIO ASPETTI MUSICALI E VISUALI?
– Siamo tutti molto soddisfatti del risultato finale e neanche immaginavamo, tre anni fa, di stringere oggi tra le mani un prodotto di questa fattura! Non ti nascondiamo che c’è stato un gran lavoro di coordinazione, soprattutto per quanto riguardava integrare l’opera di Korvo (il noto streetartist autore dell’artwork, ndR) con le grafiche interne. Di questo dobbiamo ringraziare Luca Brusa, diventato subito il nostro grafico di riferimento, che ha saputo fare un lavoro ineccepibile. Al momento c’è la tentazione di una possibile edizione in vinile, ma è ancora da decidere se sarà pubblicata. Ogni volta che ci pensiamo, l’idea diventa più attraente. Anche perché, come hai giustamente detto tu, si tratta di un disco fatto ‘alla vecchia maniera’, quindi un ascolto in analogico potrebbe essere la dimensione ideale sia per l’ascolto che per l’occhio.

PARLANDO DI ESTETICA, LA COPERTINA DI “ESOGENESI” NON PASSA INOSSERVATA. PARE UNA CREATURA LOVECRAFTIANA IN UN MONDO CHE TANTO UMANO, IN EFFETTI, NON POTREBBE ESSERE. COSA RAPPRESENTA LA FIGURA IN COPERTINA?
– È senz’altro un riferimento a Lovecraft e al suo mondo. La figura rappresenta ‘la conoscenza’. Il dimensionauta si trova al cospetto di una creatura enorme che incarna l’essenza del mondo, della creazione e dell’esistenza stessa. È l’energia della vita ed il fluido che comanda le emozioni umane. Una visione terrificante che lo porta al limite della follia, o magari oltre. Un particolare importante nell’iconografia tutta di “Esogenesi” è il singolo occhio. L’occhio che scruta l’oscurità, una metafora della nostra capacità di guardare nei nostri stati di coscienza e nelle sensazioni più viscerali.

RITORNANDO ALLA MUSICA, SIETE PIENAMENTE SODDISFATTI DI QUESTO VOSTRO ESORDIO? MODIFICHERESTE QUALCOSA OPPURE RESISTE ALLA PROVA DEGLI ASCOLTI?
– Abbiamo registrato questo disco ormai tre anni fa e, nonostante sia uscito da poco, per noi è quasi come parlare di un’opera di gioventù. Non sapevamo bene cosa ci aspettava e non avevamo un’idea precisa del risultato che volevamo ottenere. Siamo entrati in studio e abbiamo registrato, come dire, d’impeto! Niente elucubrazioni su arrangiamenti o produzione. A posteriori si trova sempre qualcosa che avrebbe potuto essere fatta in altro modo, ma siamo fieri del risultato. In fondo crediamo che, al periodo, meglio di così davvero non avremmo potuto esprimerci. Oggi però il nostro sguardo è già cambiato ed è rivolto al futuro, com’è giusto che sia, e col senno di poi ci siamo resi conto di cosa ancora oggi ci rappresenti di più e cosa di meno. L’auspicio è quindi di ripresentarci al più presto con qualcosa di più fresco rispetto a ciò che siamo dopo questa prima prova, che raccolga quanto di meglio sia stato seminato finora per portarci a una naturale evoluzione, che iniziamo a vedere ma è ancora lì da capire.

DI QUANTO STA USCENDO ATTUALMENTE, COSA VI ATTRAE MAGGIORMENTE? LE NUOVE USCITE DI METAL ESTREMO SODDISFANO LA VOSTRA FAME DI EMOZIONI FORTI, OPPURE PREFERITE RIVOLGERVI AI CLASSICI IMMORTALI?
– Tra di noi siamo persone estremamente diverse, ognuno nel gruppo avrebbe una propria risposta e verrebbe fuori tutto e il contrario di tutto. Tra noi c’è chi gode con le uscite della Pelagic Records e chi segue la Heavy Psych Sounds, chi si è esaltato per i Lingua Ignota e chi va matto per i Messa. Di uscite nuove e interessanti ce ne sono tantissime, ma non possiamo negare un certo disordine negli ascolti! Certo, vuoi per difficoltà oggettive a stare dietro alle tante novità, vuoi soprattutto per le possibilità che offre il web di spaziare negli ascolti in maniera estemporanea, anche noi ci perdiamo un po’ tra presente e passato. Riascoltare i dischi del cuore è senza dubbio più facile, ma è sempre interessante sottoporli all’orecchio dell’oggi e capire – da musicisti – che cosa ha reso questo o quel disco così importante per te la prima volta.

ANDANDO INVECE FUORI DAL METAL, QUALI SONO GLI ASCOLTI CHE HANNO PLASMATO LA VOSTRA VISIONE ARTISTICA E DEI QUALI NON POTETE ASSOLUTAMENTE FARE A MENO?
– Come dicevamo, i nostri gusti sono molto spesso divergenti e, salvo alcuni casi, ciò che piace a uno finisce col non piacere agli altri. Non c’è un’ispirazione unica e precisa che ci accomuna tutti e cinque, ma senza dubbio ognuno di noi ha i propri punti di riferimento personali anche al di fuori del genere. Anche qui, si va dai King Crimson agli Slint, ai Daughters e avanti così all’infinito! Beh, la verità è che non ci siamo mai messi a fare un censimento, neanche individualmente, e ora che ce lo chiedi non abbiamo una risposta!

PER L’IMMEDIATO FUTURO, QUALI PROGETTI AVETE? CI SONO ALTRI PROGETTI IN CUI SIETE IMPEGNATI OPPURE STATE SPENDENDO TUTTE LE VOSTRE ENERGIE PER GLI ESOGENESI?
– Siamo dell’idea che esista una giusta distanza, come in pittura. A fissare troppo lo sguardo, si rischia di perdere cognizione delle tonalità e delle forme. Siamo tutti impegnati a scrivere il nostro prossimo disco, non vediamo l’ora di entrare di nuovo in studio un po’ cambiati, e possibilmente un po’ più maturi. Questo non significa negarsi altri spunti. Michele è attualmente impegnato con il suo altro gruppo, gli Obsolete Theory (blackened death metal). Jacopo ha un progetto funeral doom in nuce. I due insieme sono anche negli Abeyance (melodic death metal) che hanno da poco esordito sotto Slipstick Records. Davide si dedica a sperimentazioni e collaborazioni noise/drone, per ora improntate all’improvvisazione e senza scopo di registrazione, mentre Ivo sta lavorando a un progetto post-rock/post-metal che sta nascendo proprio in questo periodo. Niente di tutto questo sottrae energie agli Esogenesi, anzi, contiamo di tornare presto con un nuovo lavoro!

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