Con “Walk The Earth”, uscito un anno fa, gli Europe hanno ribadito che la loro seconda giovinezza non è lungi dall’appassire in uno stanco trascinarsi. La macchina hard rock di una formazione un tempo conosciuta per sintetizzatori kitsch, effetti ridondanti, refrain appiccicosi ha da anni sostituito questa componentistica con uno stile hard rock viscerale, pesante, devoto alla tradizione ma sempre aperto a nuovi influssi. Passati di recente anche nel nostroo paese nel corso dell’ennesimo tour, gli Europe sembrano essere entrati in una dimensione invidiabile per tutti i gruppi con il loro vissuto: coesi, vitali, liberi da pressioni esterne, si stanno godendo questi anni senza dover ricorrere a mielosi spunti nostalgici. È con questo spirito che ha colloquiato con noi l’iconico frontman Joey Tempest, cantante e padre di famiglia pienamente realizzato, che ancora adesso guarda soprattutto al presente e al futuro e non ha troppa voglia di gingillarsi coi fasti del passato, per importante e glorioso che possa essere.
È PASSATO QUASI UN ANNO DAL VOSTRO ULTIMO ALBUM “WALK THE EARTH”. QUAL È ATTUALMENTE IL TUO GIUDIZIO SU DI ESSO E QUAL È LA TUA CANZONE PREFERITA DELLA TRACKLIST?
– Abbiamo suonato le canzoni del disco numerose volte durante gli ultimi tour, e alla fine il pezzo che preferisco è la titletrack, “Walk The Earth”. Mi piacciono molto anche “The Siege”, “Pictures”, “Wolves”, e apprezzo moltissimo l’ultima canzone, “Turn To Dust”. Però mi è difficile scegliere, pensa che “Kingdom United” era in ballottaggio per essere la titletrack, quindi non ho un brano favorito che spicca così tanto sugli altri.
NEGLI ULTIMI ANNI AVETE MOSTRATO UN FORTE INTERESSE PER LA STORIA E I TEMI SOCIALI. IN “WALK THE EARTH”, AD ESEMPIO, TOCCATE TEMATICHE CONNESSE AI DIRITTI UMANI E ALLA DEMOCRAZIA, IN CANZONI COME “THE SIEGE” E “ELECTION DAY”. COME SIETE ARRIVATI A SVILUPPARE QUESTA COSCIENZA SOCIALE E QUAL È IL VOSTRO PUNTO DI VISTA SU QUESTI ARGOMENTI?
– Mi sono impegnato in molte ricerche per capire le origini della democrazia e come si sia sviluppata nei secoli. Da lì ho deciso di incentrare su questo tema un concept album. Poi mi sono reso conto che siamo pur sempre una rock band, non facciamo cose studiate nei dettagli per i testi, cogliamo l’attimo e li scriviamo direttamente in studio di registrazione. Allora ho pensato che era il caso di occuparsi anche di quello che stava accadendo nel mondo in quel momento e si potesse correlare a quello di cui mi stavo interessando. Stava per esserci il referendum sulla Brexit nel Regno Unito, negli Stati Uniti ci si preparava alle elezioni presidenziali, mi sembrava una buona cosa far entrare in qualche modo queste vicende nell’album. Abbiamo riflettuto sulla democrazia e sulle sue implicazioni solo in alcuni brani, in fondo, proprio perché essendo noi una rock band non credo che chi ci ascolta sia così interessato ad andare in profondità su problemi politici.
A MAGGIO AVETE PRESENTATO UN VIDEO PER “THE SIEGE”. QUAL È L’IDEA PRINCIPALE CHE VI HA GUIDATO NELLA REALIZZAZIONE DEL VIDEO? DATE ANCORA MOLTA IMPORTANZA A QUESTO METODO DI PROMOZIONE DELLA VOSTRA MUSICA?
– Fondamentalmente siamo noi che suoniamo dal vivo, con alcuni effetti apportati alle immagini, cui vengono sovrapposti richiami alla storia della Francia: la Rivoluzione Francese, Napoleone, alcune importanti battaglie svoltesi sul suolo francese… I simboli utilizzati non sono così chiari, non danno messaggi immediati, sono volutamente ambigui.
IL MONDO DELLA MUSICA HA SUBITO MOLTEPLICI CAMBIAMENTI NEGLI ULTIMI DECENNI. NONOSTANTE CIÒ, L’HARD ROCK È RIMASTO UNA DELLE FORZE CENTRALI DELL’INTERO SCENARIO MUSICALE. LA SVEZIA È TUTT’ORA UN PAESE CHE PRODUCE MOLTE BAND, ANCHE TRA LE GIOVANI GENERAZIONI. COME VEDI IL FUTURO DELLA MUSICA E QUALI SONO I GIOVANI GRUPPI CHE TI PIACCIONO MAGGIORMENTE?
– Il rock’n’roll può sopravvivere se trova gruppi che sanno preservare la sua anima e riproporla anche ai giorni nostri. Sto trovando queste caratteristiche in una band americana chiamata Greta Van Fleet. Suonano hard rock anni ’70, con grande genuinità, hanno personalità, sono ottimi musicisti e hanno registro dei buoni dischi. Stanno diventando sempre più grossi in America ed iniziano ad avere un certo seguito anche in Regno Unito, spero che possano diventare un gruppo di successo planetario, meritano di crescere ancora più attenzioni. Oggi è più dura ottenere grandi numeri, il mercato non concede di vendere un gran numero di copie. Ma vengono in soccorso i live, i concerti continuano a tirare, c’è fame di rock di qualità e il pubblico dal vivo supporta chi lo merita. È positivo anche il ritorno del vinile, che spinge all’acquisto gli ascoltatori più affezionati. Rimane fondamentale il processo di registrazione, sapere registrare adeguatamente un rock album: avere a disposizione uno studio adeguato, un produttore capace, avere bene in testa il giusto suono che debbono avere batteria, basso, chitarra. Bisogna far filtrare le emozioni nella musica, questo vale per ciò che veniva prodotto negli anni ’80 come in quello che si registra oggigiorno. E in alcune band, i già citati Greta Van Fleet o i Rival Sons, questo spirito è ben vivo.
NELL’APPROCCIO ALLA COMPOSIZIONE E ALLA REGISTRAZIONE, QUALI SONO I PUNTI IN COMUNE FRA GLI ALBUM PRODOTTI FINO A “PRISONERS IN PARADISE” E QUELLI DA “START FOR THE DARK” FINO A “WALK THE EARTH”?
– Negli anni ’80, quando si era in studio, la tendenza dei produttori era di aggiungere molte overdub, lavorare tanto sugli effetti, in generale si aggiungevano tanti elementi rispetto a quello che veniva realmente suonato. Quando siamo ripartiti, abbiamo cercato un suono più organico, volevamo ottenere un suono preciso e definito avvalendoci solamente di quanto suonato da noi. Ci siamo concentrati sull’avere a disposizione il miglior equipaggiamento possibile, i migliori microfoni, gli strumenti più adatti, per suonare e registrare del grande hard rock. Un altro aspetto mutato radicalmente, collegato in questo caso al business, è che adesso abbiamo il pieno controllo sulla musica e quello che ci gravita attorno. Dischi, merchandise, tour, passa tutto da noi, non deleghiamo all’esterno. E questo fa la differenza. Quello che è rimasto intatto, che ci unisce ai nostri primi dischi, sono le chitarre, le melodie, un’identità rock che è la stessa dai nostri esordi ad oggi.
NELLA VOSTRA MUSICA C’È ANCORA MOLTO SPAZIO PER LA SPERIMENTAZIONE, STATE SEMPRE CERCANDO DI USARE ELEMENTI DIFFERENTI E NON COMUNI NELLE VOSTRE CANZONI. DA QUESTO PUNTO DI VISTA, QUAL È IL PEZZO DI CUI SIETE PIÙ ORGOGLIOSI, QUELLO CHE I VOSTRI FAN NON SI ASPETTEREBBERO DI SENTIRE DAGLI EUROPE E CHE HA PROVOCATO A LORO IL MAGGIOR STUPORE?
– L’intero “Start From The Dark” ha stupito chi ci ascoltava precedentemente. È cupo, profondo, ha un suono ruvido che nessuno si sarebbe aspettato da noi. È stato un ottimo modo di ricominciare. Abbiamo scritto altre canzoni piuttosto controverse, ma con “Start From The Dark” abbiamo definitivamente detto addio agli anni ’80, abbiamo tagliato nettamente il cordone ombelicale che ci legava a quegli anni. Non torneremo mai alle sonorità ottantiane, ora siamo più curati nel songwriting, abbiamo un suono più vero, sentito, che non ci ha abbandonato in nessuno degli album della seconda fase di carriera. Ognuno nella band scrive della musica e contribuisce alla scrittura, il nostro è un lavoro d’assieme, finora siamo completamente soddisfatti del viaggio intrapreso con la reunion.
DA MUSICISTA ESPERTO QUALE SEI, RIUSCIRESTI A IDENTIFICARE LA TUA IDEA DI SUCCESSO? COSA RAPPRESENTA PER TE ESSERE UN IMPORTANTE MUSICISTA ED ESSERE RICONOSCIUTO COME UNA ROCKSTAR?
– La prima volta che ho sentito alla radio David Bowie ed Elton John, a inizio anni ’70, sono rimasto subito affascinato dalle chitarre, la voce, le melodie. Avrò avuto otto-nove anni, decisi che volevo scrivere la mia musica, far parte di quel mondo. Quel che è venuto dopo non è stato un processo pianificato, si è svolto con molta naturalezza. Ascoltavo tantissima musica, cercavo di sviluppare il mio songwriting, di fare passi avanti… Ancora oggi ascolto molta musica diversa e cerco nuove idee, lo spirito è rimasto lo stesso di quand’ero un ragazzo. La passione per la musica non è mai venuta meno, essa è la mia vita, non te lo saprei spiegare diversamente.
RIGUARDO AL TUO INTERESSE PER LA STORIA, QUALE POTREBBE ESSERE IL PERIODO STORICO DI CUI ANDRAI A PARLARE IN FUTURO?
– Non saprei dirtelo attualmente. Leggo molti libri, guardo film, mi tengo aggiornato su quello che accade nel mondo, sono attento a quello che accade a me, alla mia famiglia, alla città in cui vivo, ci sono tanti argomenti che potrebbero diventare materia di interesse per i testi prossimamente. Al momento non ho iniziato ancora a scrivere nulla, né musica né testi, penso che il lavoro partirà con calma nel 2019 ed entreremo in studio nel 2020. Mentre saremo spesso in tour nel corso dell’anno prossimo.
FUORI DALLA MUSICA, QUAL È LA FORMA ARTISTICA CUI SEI PIÙ INTERESSATO E CHE TI DONA LE SENSAZIONI MIGLIORI?
– Fuori dagli Europe, ci sono soltanto mia moglie e i miei due figli. Fuori dalla band sono un tipico padre di famiglia, non mi occupo di altro. Europe e famiglia, sono queste le due cose che contano nella mia vita.
IN QUESTI TEMPI DOVE MOLTE PERSONE DANNO PIÙ IMPORTANZA AI SOCIAL NETWORK CHE ALLA VITA REALE, QUAL È IL TUO APPROCCIO A QUESTO TIPO DI MEDIA? PENSI CHE POSSANO EFFETTIVAMENTE SERVIRE A DIFFONDERE E PROMUOVERE LA MUSICA?
– Sono mezzi che viaggiano molto velocemente, hanno avuto un effetto esplosivo sul nostro mondo e penso che siano importanti, ma che su di essi andrebbe esercitato un maggiore controllo. Complessivamente li ritengo una cosa positiva per la nostra musica. Come Europe ci siamo mossi abbastanza presto per sfruttare le potenzialità di internet, abbiamo aperto un blog appena è stato possibile farlo, anche con facebook cerchiamo di mantenere sempre attivo il contatto con i nostri fan. Ci piace mantenere un rapporto costante con loro e mi pare che sui nostri canali social ci stiamo riuscendo. Anche per la vendita del merchandise internet ci ha facilitato la vita, sono contento delle opportunità che la rete ci offre.
NELLE INTERVISTE CI SI CONCENTRA SPESSO SUI MEDESIME ARGOMENTI, E MAGARI GLI INTERVISTATORI NON SONO IN GRADO DI APPROFONDIRE ALCUNI IMPORTANTI TEMI CONNESSI CON L’ATTIVITÀ DELLA BAND. RITIENI VI SIA QUALCHE ARGOMENTO CHE MERITI ATTENZIONE E RARAMENTE TI SEI TROVATO A PARLARNE NELLE INTERVISTE?
– Ma, forse non siamo riusciti a raccontare bene tutto quello che sta attorno e ha generato un disco come ‘Bag Of Bones’, uno dei migliori album che abbiamo mai prodotto, secondo me, e che in futuro verrà riconosciuto per il suo giusto valore.
NELL’INVECCHIARE, QUALI SONO I VANTAGGI CHE SI POSSONO AVERE COME CANTANTE, E QUALI SONO INVECE GLI ASPETTI MENO POSITIVI?
– Diventare esperti, consapevoli, ottenere il completo controllo di quello che si sta facendo è un aspetto molto positivo, vale per me come per gli altri ragazzi della band. Impari anche a goderti meglio i singoli momenti, lo stare assieme, l’andare in tour. Non vivi più, come facevi da giovane, senza pensare e fermarti a riflettere, sei in grado di andare in tour e nello stesso tempo di avere il tempo per apprezzare quello che stai facendo. Indubbiamente, quando sei giovani puoi anche permetterti di fare più tour, di divertirti tanto. Oggi magari gli spostamenti, le attese in aeroporto, possono sembrare più pesanti, mentre l’adrenalina dello show è se possibile anche superiore, apprezzi meglio il momento.
IN PASSATO HAI REALIZZATO TRE ALBUM DA SOLISTA. L’ULTIMO, “JOEY TEMPEST”, RISALE AL 2002. HAI MAI PENSATO DI CREARNE UN ALTRO? COME GIUDICHI ADESSO QUELL’ESPERIENZA E COME TI HA AIUTATO NELLA SECONDA FASE DI CARRIERA DEGLI EUROPE?
– Ho apprezzato quel periodo. Tanta ricerca, tanto studio, si parla di musica lontana dall’hard rock degli Europe, siamo vicini a materiale tipicamente cantautorale, cose alla Neil Young, Bob Dylan, Jackson Browne, Van Morrison. Per gettarmi in quel tipo di sonorità ho dovuto prima studiare attentamente i migliori interpreti del genere, capire come avevano lavorato. Quei tre dischi mi sono tornati molto utili quando gli Europe sono ripartiti, certe cose riaffiorano negli album post-reunion. Mi hanno aiutato soprattutto ad avere un’attenzione particolare sulle lyrics, credo che alcuni dei migliori testi li abbia tirati fuori con gli ultimi album, proprio grazie all’esperienza del periodo solista.
RIGUARDO ALL’IMPORTANTE RUOLO AVUTO DALLA SVEZIA NELLA STORIA DEL ROCK E DEL METAL, PUOI DIRMI COME VIENE CONSIDERATO L’HARD ROCK NELLA CULTURA SVEDESE? È INTERPRETATO COME UN FENOMENO UNDERGROUND, UN MOVIMENTO LIMITATO, OPPURE È VISTO QUALE UN ELEMENTO CENTRALE NELLA CULTURA DEL VOSTRO PAESE?
– Sicuramente nel tempo si è sviluppata una scena, rivolta a sonorità cupe e malinconiche, molto vasta e interessante. Non penso sia più possibile definirla come un fenomeno prettamente underground. Di certo, non siamo nemmeno arrivati ad avere il rock così centrale nella cultura di massa com’è accaduto negli Stati Uniti e nel Regno Unito fra anni ’60 e ’70. Allora, quand’ero un ragazzino, ricordo la potenza comunicativa di band come i Cream i Led Zeppelin. Abbiamo goduto della forte influenza americana, i programmi televisivi, i film, che non erano doppiati e sono serviti per avvicinarci ancora di più a quel mondo e a quella cultura. Da lì discende l’hard rock che è poi fiorito anche in Svezia.
VIVI DA MOLTO TEMPO A LONDRA, MA SEI NATO E VISSUTO A LUNGO A STOCCOLMA. VORREI SAPERE COM’È ATTUALMENTE IL RAPPORTO CON IL TUO PAESE D’ORIGINE E COME IL CAMBIAMENTO DALLA SVEZIA AL REGNO UNITO ABBIA INLUENZATO L’ATTIVITÀ DEGLI EUROPE.
– Mi piace moltissimo vivere a Londra, una città che trasuda rock, una buona fetta della storia del rock si è fatta da queste parti. Ma Stoccolma è stato un grande punto di partenza, tutti i grandi gruppi già all’epoca includevano Stoccolma nei loro tour e ho potuto godermi molti concerti importanti quand’ero giovane: Whitesnake, Thin Lizzy, Cream… E anche quando abbiamo iniziato a suonare, abbiamo sempre trovato terreno fertile per quello che proponevamo, le date a Stoccolma sono state sempre un successo.
VORREI CHIEDERTI, COME ULTIMA DOMANDA, QUALE PENSI SIA STATA LA COSA PIÙ ECCITANTE ACCADUTA NELLA SCENA ROCK NEGLI ULTIMI DIECI ANNI.
– Se devo farti un nome solo, nomino un grande singer che si è fatto strada di recente, ed è Jay Buchanan dei Rival Sons. Siamo davvero fortunati a poterlo sentire cantare.