Il discreto eclettismo all’interno del repertorio degli Exhumed può essere facilmente spiegato dal notevole numero di cambi di line-up che hanno interessato il gruppo americano nel corso della sua lunga carriera. Quasi tutti i musicisti che hanno fatto parte della formazione della nota death-grind band americana hanno lasciato traccia del proprio passaggio all’interno di una discografia che praticamente da sempre alterna soluzioni decisamente ‘ignoranti’ e altre ben più fini e ragionate. Il nuovo “To the Dead” riprende più che mai tale approccio, essendo stato composto da una line-up ‘allargata’, che ha visto collaborare gli attuali membri del gruppo con numerosi ex, tutti uniti per confezionare una delle opere più variegate della discografia degli Exhumed. Parliamo di questo interessante capitolo e della ormai trentennale carriera della band con il suo leader indiscusso, il chitarrista/cantante Matt Harvey, il quale si è come sempre dimostrato persona estremamente cordiale e disponibile.
CONGRATULAZIONI PER IL NUOVO ALBUM. IN UN MOMENTO IN CUI IL MONDO È SEMPRE PIÙ INCASINATO, POSSIAMO SEMPRE FARE AFFIDAMENTO SULLA COSTANZA DEGLI EXHUMED. COME RIUSCITE A MANTENERE QUESTO STANDARD NELLA VOSTRA PRODUZIONE DOPO COSÌ TANTI ANNI?
– Grazie! Cerchiamo di metterci alla prova con ogni disco per trovare uno stile e un genere che pensiamo valga la pena approfondire. Mi sforzo davvero di essere il più obiettivo possibile quando stiamo lavorando a qualcosa e cerco di essere il più brutalmente onesto possibile in modo da non finire per fare la stessa vecchia merda anno dopo anno. La sfida è rimanere fedeli al nostro stile senza diventare noiosi, quindi non è semplicissimo. Comunque, a giudicare dalla risposta della gente al nuovo disco, finora, immagino che abbiamo fatto un buon lavoro, il che mi rende felice.
COME CI SI SENTE A GUARDARE A OTTO FULL-LENGTH ALBUM E A TRENT’ANNI DI CARRIERA? COME VALUTI LA VOSTRA CRESCITA MUSICALE E IL SUCCESSO CHE VII HA PORTATO DOVE SIETE OGGI?
– La maggior parte delle volte, mi sono sentito come se stessi solo girando in circolo e non andando davvero da nessuna parte, ma la pausa che abbiamo avuto con la pandemia mi ha aiutato a mettere le cose in prospettiva su ciò che abbiamo ottenuto. È una strana transizione passare da giovane e affamato ad essere più affermato, e a volte mi mette a disagio, perché tutti i miei dischi preferiti di questo genere sono stati realizzati da persone sotto i venticinque anni, e spesso da adolescenti, quindi ritrovarmi a fare certe cose ancora oggi può essere un po’ strano a volte. Molte volte durante la nostra vita come band, mi sono sentito come se stessimo solo spingendo e non ottenendo molto, ma è una situazione che ha vissuto varie fasi. Muovi piccole rocce in modo coerente, ancora e ancora, e alla fine puoi dire di aver spostato una montagna. E gran parte del ‘successo’ ha a che fare con fattori al di fuori del tuo controllo: non puoi controllare le pratiche commerciali della tua etichetta, i gusti del pubblico, ciò che la stampa dice di te, ecc. Quindi ti concentri solo sulle cose che puoi controllare e fai il tutto al meglio delle tue possibilità, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Penso che siamo stati davvero fortunati, ma ovviamente c’è sempre altro da fare, nuovi posti dove suonare, nuove canzoni da scrivere, nuovi progetti da intraprendere. Cerco di concentrarmi su questo perché le sfide, i luoghi al di fuori della tua zona di comfort… quelli sono le tue opportunità di crescita. E senza crescita, c’è solo stagnazione, declino, morte.
DIVENTA SEMPRE PIÙ DIFFICILE O PIÙ FACILE, CON IL PASSARE DEL TEMPO, FARE PARTE DI UNA BAND COME GLI EXHUMED? A LIVELLO FISICO SUPPONGO INIZI A DIVENTARE IMPEGNATIVO, MA CHE MI DICI DELLA PARTE CREATIVA?
– L’aspetto creativo è sempre stato la parte divertente per me. Scrivo musica per rilassarmi, è come risolvere un cruciverba o qualcosa del genere. Adoro semplicemente ascoltare dove vuole andare la canzone o il riff e cercare di aiutarli. La musica è solo una serie di schemi, schemi ritmici, schemi tonali, vibrazioni ecc. e la mente umana è progettata per trovare, analizzare e creare schemi, quindi per me è sempre stata la cosa più naturale del mondo. A volte ci vuole più lavoro e abilità e occasionalmente frustrazione rispetto ad altre, ma l’aspetto creativo è davvero tutto. Le lunghe ore di viaggio, le attese, il tempo speso a gestire il merchandising, gestire il nostro webstore, ecc… tutto quel lavoro è al servizio dell’aspetto creativo, la quale è sempre la parte più importante e gratificante dell’intera faccenda.
“HORROR” ERA UN DISCO DAL SUONO MOLTO OLD-SCHOOL, QUASI PRIMITIVO. HAI SENTITO QUALCHE PRESSIONE DOPO QUELLA SORTA DI “BACK TO THE ROOTS”? TI HA FATTO PENSARE “COSA POSSIAMO INVENTARCI DOPO”? È PER QUESTO CHE PER COMPORRE IL NUOVO ALBUM AVETE COINVOLTO DIVERSI MUSICISTI DI VARI PERIODI DELLA STORIA DELLA BAND?
– Penso sempre “cosa faremo dopo questo?”. Ogni disco per noi è sempre l’ultimo in assoluto quando lo realizziamo, perché diamo tutto. Sono sempre esaurito alla fine del processo. E ogni disco è una risposta al precedente così come una risposta a tutto il nostro catalogo. Non sento mai veramente la pressione creativa – sento la pressione della programmazione, la pressione finanziaria, anche se poi questa non influisce mai sul materiale stesso.
Nel 2021 il mio amico Neil Burkdoll (Fatalist, Whimsical, ecc.) mi ha fatto notare che il primo concerto degli Exhumed era avvenuto nel 1991 – trent’anni prima! Per lo più mi stava solo prendendo in giro sul fatto di invecchiare, ma ho pensato che avremmo dovuto celebrare la cosa in qualche modo. Dato che eravamo nel bel mezzo di una pandemia globale, fare un concerto per l’anniversario non sarebbe stata una grande idea, quindi il mio pensiero successivo è stato che avremmo dovuto ri-registrare alcune delle prime cose – ma l’abbiamo già fatto, così come lo hanno fatto un milione di altre band. Quindi ho pensato che avremmo potuto coinvolgere alcuni ex membri e ricollegarci alla storia della band in questo modo. Voglio bene a tutti quei ragazzi e adoro lavorare con loro. Penso che siano ancora tutti all’apice come musicisti, quindi alla fine è stata una cosa davvero divertente e facile da fare. Adoro le canzoni che i ragazzi hanno portato: sono state cose davvero accattivanti e rinvigorenti su cui lavorare assieme.
MI PIACE LA VARIETÀ DEL NUOVO ALBUM E L’APPROCCIO PIÙ ‘TECNICO’: PENSO DONI AL DISCO UNA CERTA LONGEVITÀ. È UN ALBUM CHE CRESCE CON GLI ASCOLTI, SEI D’ACCORDO? DIREI CHE QUESTO È FORSE IL VOSTRO MIGLIOR ALBUM DAI TEMPI DI “NECROCRACY”.
– Penso che i nostri dischi più elaborati abbiano la tendenza a richiedere del tempo per entrare davvero in sintonia con il pubblico: “Necrocracy” e “Death Revenge” ne sono i primi esempi. Penso che ogni disco abbia i suoi meriti e le sue debolezze, ma cerco di lasciare quel genere di discorsi al pubblico. Detto questo, sono orgoglioso di questo album e penso che spacchi più che mai.
C’È QUALCOSA CHE HAI COMPOSTO PER “TO THE DEAD” CHE TI RENDE PARTICOLARMENTE ORGOGLIOSO?
– Sono entusiasta di aggiungere “Necrotica” al nostro live set. La musica per quella canzone è stata scritta dal nostro vecchio chitarrista Mike Beams, che ha suonato nei nostri primi tre dischi. Mi piace molto suonare i suoi riff, quindi è un vero piacere per me. Ho lavorato sugli arrangiamenti di tutte le canzoni degli scrittori ospiti, quindi sento un certo senso di appartenenza a tutti i brani. Che sia giusto o meno, chissà, ma sono orgoglioso delle canzoni.
ANCHE SE LA VOSTRA MUSICA SI È EVOLUTA PARECCHIO NEL CORSO DEGLI ANNI, SIETE STATI UNO DEI PRECURSORI DELL’INTERO “TRIBUTO AI PRIMI CARCASS” NEGLI ANNI NOVANTA. ASCOLTANDO QUELLE PRIME OPERE, PUOI DAVVERO TRACCIARE L’EVOLUZIONE DELLA BAND E VEDERE GLI EXHUMED CHE CERCANO DI TROVARE UN LORO SUONO. COME VEDETE LA COSA ALL’INTERNO DEL GRUPPO?
– Penso che stessimo cercando di trovare un modo per fondere le nostre influenze in qualcosa che fosse specificamente nostro. Certamente i Carcass hanno avuto una grande influenza, ma nel sound c’era anche un sacco di roba thrash metal – come Kreator, Sodom ed Exodus – e anche hardcore, sulla scia di Siege, Crossed Out, Man is the Bastard e Infest. Da qualche parte tra questi suoni e, ovviamente, band death metal come i primi Death, Demilich, Darkified, Mutilator, Entombed, Autopsy, Morbid Saint, Sadus, ecc. e una sana dose di Repulsion, abbiamo iniziato a trovare la nostra nicchia. Ci è mancata l’abilità per essere subito davvero bravi, ma poi il nostro stile si è sviluppato in un modo tortuoso e poco lineare che alla fine è tutto nostro. La sensazione nella band è sempre stata quella di provenire da un semplice tributo alla musica che amavamo e di provare a suonare con la massima intensità e onestà possibile.
HAI NOTATO DI RECENTE QUALCHE BAND PARTICOLARMENTE INTERESSANTE ALL’INTERNO DI QUEL DETERMINATO GENERE GORE-GRIND IN STILE PRIMI CARCASS?
– Sì, penso che i Pharmacist siano validi. Anche i Miasmatic Necrosis sono molto bravi, tuttavia Morgue Breath e Cartilage sono probabilmente i miei preferiti al momento in quella scena.
PARLANDO DEI CARCASS, SEI UN FAN DEI LORO ULTIMI DUE DISCHI?
– Mi piace ogni disco dei Carcass in una certa misura (sì, mi piace “Swansong”). È davvero un piacere ascoltare Bill e Dan suonare… e i testi di Jeff sono sempre molto divertenti. Terrò sempre un posto speciale nel mio cuore per “Symphonies of Sickness”, ma a ben vedere tutti i dischi sono degni di attenzione.
TORNANDO AI PRIMI ANNI DELLA BAND, QUANDO STAVATE DAVVERO DECOLLANDO TRA LA FINE DEGLI ANNI ’90 E L’INIZIO DEGLI ANNI 2000, IL DEATH METAL STAVA VIVENDO UN PERIODO UN PO’ INCERTO. NON CREDO CHE UN DISCO STRAORDINARIO COME “ANATOMY IS DESTINY” ABBIA RICEVUTO ABBASTANZA ELOGI QUANDO È USCITO, PER ESEMPIO. È STATO QUESTO IL MOTIVO PER CUI HAI DECISO DI PRENDERVI QUALCHE ANNO DI PAUSA?
– C’erano un sacco di fattori: il death metal arrancava un po’ in quel periodo, la line-up di “Anatomy…” si era sostanzialmente sciolta e il nostro contratto con la Relapse era scaduto. Ho provato a mettere insieme una nuova formazione, ma non si è mai davvero concretizzata, quindi mi è sembrato un buon momento per fare una pausa e rivalutare le ambizioni della band.
I VALORI DELLA SCENA DEATH METAL E DELLA MUSICA METAL IN GENERALE SONO CAMBIATI MOLTO RISPETTO AGLI ANNI ’80 E ’90, SECONDO TE?
– Probabilmente potrei dare una risposta di migliaia di parole solo su questa domanda (ride, ndR)! Cercherò di riassumere il mio pensiero nel miglior modo possibile. Negli anni ’80/’90 l’accesso alla musica era più limitato, quindi il processo di scoperta era un po’ più personale e difficile. Nell’era di Internet, l’accesso alla musica è praticamente illimitato, quindi il processo di scoperta è più semplice, mentre il processo di analisi attraverso una valanga di contenuti è difficile. Internet ha davvero cambiato l’intera industria musicale e il modo in cui consumiamo, apprezziamo e condividiamo la musica. Per lo più, è cambiato in meglio, ma parte della magia personale di quei primi tempi è senza dubbio andata perduta.
Penso che dal momento che il death metal è in circolazione dal 1985 ed è un sottogenere ben riconosciuto del metal dal 1988/89, è normale che ormai non sia più così scioccante, anche per i fan più giovani. Quel fascino e quell’alone di mistero oggi sono scomparsi, ma, dopo tutto, gran parte di quel suddetto fascino era stato costruito su cazzate anche ai tempi d’oro del genere. Penso che alla fine stiamo meglio senza Glen Benton che dice che si ucciderà a ventotto anni o qualcosa del genere o senza i Morbid Angel che infilzano delle teste di gatto su dei bastoni e le portano ai concerti. Per me questi erano solo degli atteggiamenti stupidi: una stronzata adolescenziale di cui stiamo tutti meglio senza. Paradossalmente, i ragazzi oggi sono consumatori molto più scafati, quindi non credo che si farebbero abbindolare da certe mosse… o almeno lo spero. Alla fine, Internet ha preservato così tanta musica fantastica che non posso che essere soddisfatto della situazione attuale. Abbiamo perso qualcosa in questo cambio di attitudine, ma nel complesso stiamo meglio ora.
AVETE TENUTO CENTINAIA DI CONCERTI CON GLI EXHUMED: QUALI SONO ALCUNI DEGLI EVENTI CHE ANCORA RICORDI CON PIACERE?
– Suonare ai nostri primi festival in Europa nel 2001 è stato davvero incredibile. Abbiamo partecipato a Fuck the Commerce, Obscene Extreme e Wacken, e quei concerti ci hanno davvero fatto impazzire. Suonare il Milwaukee Metalfest per la prima volta nel ’99 è stata sicuramente una pietra miliare. Il nostro primo show dopo la nostra pausa dei primi anni Duemila al Maryland Deathfest ha significato molto per me personalmente: mi sono sentito davvero ben accolto e ho pensato che riavviare la band fosse stata la decisione giusta. Tornare l’anno scorso e andare in tour negli Stati Uniti per la prima volta dopo la pandemia è stata una bella sensazione. Gli show a Portland, San Antonio e Chicago sono stati particolarmente memorabili. Ci sono anche ricordi casuali che emergono: abbiamo suonato in un evento folle in Bulgaria dove la folla ha chiesto tre bis. Ricordo un concerto a Montreal diversi anni fa in cui il pubblico ha iniziato a perdere la testa proprio durante l’intro, quando non avevamo nemmeno messo piede sul palco. La prima volta che siamo stati in Giappone è stata assolutamente incredibile, e l’ultima volta che ci siamo stati, circa sei anni fa, è stata altrettanto folle. Di sicuro ci sono stati molti altri momenti speciali nel corso degli anni.
ORA AVETE UN REPERTORIO MOLTO VASTO. QUANTO È DIFFICILE METTERE INSIEME UNA SCALETTA PER I CONCERTI? CI SONO CANZONI CHE SENTI DI DOVER ASSOLUTAMENTE SUONARE OGNI VOLTA? COME TROVI UN EQUILIBRIO?
– Sta diventando sempre più difficile fare la scaletta (ride, ndR)! Ci sono alcuni pezzi dalle prime uscite che dobbiamo suonare ogni volta – “Limb from Limb”, “Open the Abscess”, “Decrepit Crescendo”, ecc. – e anche alcuni dei brani più recenti sono diventati essenziali, vedi “Coins Upon the Eyes”, “Defenders of the Grave” e così via. Cerchiamo di toccare ogni epoca della band e di non essere super ripetitivi. Poi finiamo sempre per inserire qualche cover se siamo headliner. Detto questo, abbiamo cambiato parecchio il set per il prossimo tour: quattro canzoni dal nuovo disco, alcuni brani di nicchia e roba che non suoniamo dal vivo da una vita.
COME BILANCIATE IL FAR PARTE DI UNA BAND CHE È SPESSO IN TOUR CON LE ESIGENZE DI UNA VITA ‘NORMALE’?
– Fortunatamente, sono un musicista a tempo pieno, anche se questo significa che passo la maggior parte del mio tempo a fare cose che normalmente farebbe un manager. Poi gestisco il nostro webstore, lo studio e tutto il resto. A questo punto, gli Exhumed sono abbastanza affermati da permetterci di essere piuttosto indipendenti finanziariamente e tutti hanno lavori e carriere flessibili al di fuori della band. Ho vissuto così per quasi tutta la mia vita adulta, quindi per me questo è ‘normale’, qualunque cosa significhi (ride, ndR)!