Fin dalla loro nascita, gli Eyehategod sono stati la risposta semplice e diretta ad un sistema malato. Il loro nuovo disco, “A History Of Nomadic Behavior”, è la perfetta incarnazione di questa attitudine: una collezione di pezzi che sputano rabbia, ispirati da questo momento nero che stiamo attraversando, e allo stesso tempo ideali per essere sparati a tutto volume dal vivo. Gli americani, infatti, vedono i live show come il loro ambiente naturale, lo scopo ultimo per cui scrivere e comporre musica, e non vedono l’ora di porre fine a questo periodo infelice per tornare a calcare i palchi di tutto il mondo.
Ne parliamo con il loro carismatico leader, Mike IX Williams, punto di riferimento storico dello sludge e di tutta la scena di New Orleans, città simbolo di queste sonorità e posto che trasuda musica da ogni angolo della strada, in cui il cantante si identifica pienamente, condividendone il carattere tanto pittoresco ed anticonvenzionale, quanto minaccioso e menefreghista. Mike, superati i problemi di salute che ne hanno fermato l’attività alcuni anni orsono, è tornato in pista più carico di prima, schietto, genuino e senza peli sulla lingua, forse più maturo ma sempre carico dell’entusiasmo che lo ha guidato fin dagli esordi.
CIAO MIKE. INNANZITUTTO, HAI RISOLTO I TUOI PROBLEMI DI SALUTE?
– Certamente, al momento sto benissimo. I dottori hanno fatto un ottimo lavoro.
“A HISTORY OF NOMADIC BEHAVIOR” ARRIVA A SETTE ANNI DALL’ALBUM PRECEDENTE, QUELLO OMONIMO. COSA E’ SUCCESSO NEL FRATTEMPO?
– Sai, la vita va avanti. Facciamo un album quando ci sentiamo di farlo, non dobbiamo render conto alle etichette o a quello che la gente dice, registriamo quando vogliamo. L’ultimo album fu pubblicato ben quattordici anni dopo quello precedente. Questa volta ne sono stati necessari sette, è semplicemente ciò che è successo.
QUALI SONO LE PRINCIPALI DIFFERENZE FRA I DUE DISCHI? QUALE MESSAGGIO CERCATE DI LANCIARE CON QUESTO NUOVO DISCO?
– Non ne ho idea. Sono gli Eyehategod, è solo un altro album che ho suonato con i miei amici. Non riesco a parlarti delle differenze, è solo rock’n’roll, siamo solo noi alle prese con nuove canzoni. Vogliamo che la gente ascolti il nostro disco, non siamo altro che dei musicisti, non c’è niente di profondo dietro a tutto ciò. Siamo più una live band, adoriamo fare concerti e tour piuttosto che album. Non abbiamo un messaggio particolare.
QUAL E’ IL SIGNIFICATO DEL TITOLO DELL’ALBUM?
– Non c’è un significato. E’ un titolo a cui ho pensato parecchi anni addietro, molto tempo prima che l’album fosse registrato. E’ un qualcosa che ho scritto e suonava bene come nome per il disco. Puoi relazionarlo al fatto che siamo stati sempre in tour negli ultimi tre anni, sostanzialmente è solo questo. Siamo stati in luoghi che non avevamo mai visitato. Come ti ho già detto, siamo una live band e ci piace farlo sapere alla gente in ogni modo.
CHI HA INVENTATO IL NOME EYEHATEGOD? ANCORA ADESSO CREA PROBLEMI ALLA BAND?
– E’ stato il primo cantante della band, presente solo nei primi due demo, e abbiamo deciso di tenerlo. Per alcune persone è sempre offensivo; accadono ogni tanto degli episodi, magari ragazzi che commettono omicidi e in seguito a casa loro trovano un nostro album o cose del genere. Siamo stati in tour per anni e non è mai successo niente, ma qualcuno che non vuole sentire il nostro nome c’è ancora. Queste persone meritano di essere infastidite e ciò mi rende orgoglioso.
LA VOSTRA MUSICA VIENE SPESSO DESCRITTA CON IL TERMINE SLUDGE MA ALL’INTERNO C’E’ MOLTO DI PIU’. COME LA DESCRIVERESTI ALLA PERSONA CHE NON L’HA MAI ASCOLTATA?
– Sì, capisco. Molta gente vede nella nostra musica cose differenti, poiché proveniamo da diversi ambienti. Per esempio io sono cresciuto nella scena punk e ci sono rimasto per lungo tempo. Jimmy ascolta la musica country. Nessuno di noi è strettamente legato al metal in maniera stretta; io ascolto i primi Iron Maiden o Judas Priest da sempre, ma un po’ tutti abbiamo influenze che vanno dal punk al noise all’industrial, fino al rock’n’roll, al blues ed al southern rock. Tutto quello che abbiamo sempre ascoltato è confluito in questa band e nelle cose che suoniamo.
LA MUSICA CHE SUONATE E’ CAMBIATA DAI VOSTRI ESORDI?
– Ovviamente sì, sono passati trent’anni. Ai tempi non sapevamo suonare bene i nostri strumenti, non avevamo conoscenze riguardo il missaggio o in generale il lavoro in studio, facevamo solo rumore, cosa che tra l’altro facciamo ancora a questo punto della nostra vita, in cui abbiamo solo imparato molto di più su come registrare un disco e suonare i nostri strumenti al meglio. Siamo dei songwriter migliori e scriviamo canzoni migliori, tutto si è evoluto, ogni album è differente ed è una fotografia del momento in cui è stato composto, della band nell’istante in cui l’ha pubblicato.
IN ALCUNE VECCHIE INTERVISTE HAI DETTO CHE VI CONSIDERATE UNA BAND CHE DERIVA DALLA TRADIZIONE DEL ROCK FINO AD ARRIVARE AL DELTA BLUES. TI PIACE QUESTO TIPO DI MUSICA TRADIZIONALE? CHI SONO I BLUESMEN CHE APPREZZI IN MODO PARTICOLARE?
– Sì, il blues è tra la musica che ci ha influenzato in modo determinante. Tra questi tizi che suonano blues ti posso citare Robert Johnson, Mississippi John Hurt, John Lee Hooker, Muddy Waters. Tutti questi musicisti differenti sono stati una grossa influenza per la band. E’ evidente che non suoniamo blues in sé, ma è un’influenza chiara. Considero gli Eyehategod una band rock’n’roll perché è da lì che veniamo, tutto parte da Jerry Lee Lewis, Little Richard, Chuck Berry; tutte le band ne hanno attinto a piene mani, inclusi i Rolling Stones. Ma siamo nel 2021 e diamo il nostro contributo.
NEW ORLEANS E’ UNA CITTA’ MOLTO PARTICOLARE. QUANTO E’ IMPORTANTE PER VOI E PER LA MUSICA CHE SCRIVETE?
– La nostra città è stata ovviamente un’influenza per la nostra musica. Ogni band è condizionata dall’ambiente in cui vive, dalle persone che vede, dalle strade in cui cammina, perfino dal tempo. Da noi il clima è sempre caldo e umido e ciò si sente nel nostro suono. New Orleans sarà sempre parte di noi, così come il Mardi Gras, con la gente in giro che sente le vibrazioni del carnevale, con alcol, droga, feste e se ne frega di qualsiasi altra cosa. La città ha un soprannome: ‘The City That Care Forgot’ e penso che le calzi alla perfezione.
COM’E’ LA SCENA MUSICALE A NEW ORLEANS ORA? E’ UNA CITTA’ CON UNA TRADIZIONE IMPORTANTE, BASTA PENSARE AL JAZZ E ALLA MUSICA CAJUN. COME E’ NATA UNA SCENA ROCK E METAL COSI’ RADICATA?
– Non parlerei di una scena metal, ma di una scena rock, in cui chi ascolta punk e chi ascolta metal è confluito quasi fin dal principio. Qui ci sono centinaia di band che suonano ogni tipo di musica, che purtroppo in questo momento sono ferme, perché a causa della pandemia non hanno soldi o non hanno uno studio. Ma appena questa situazione finirà, ripartiranno come prima, perché questa è la vecchia città in cui siamo cresciuti e puoi ascoltare blues, jazz o hip hop in ogni club o bar. E puoi trovare alcol ventiquattro ore al giorno, camminare con la bottiglia o il bicchiere per le strade e non c’è una legge che te lo proibisca; o meglio, una legge c’è, ma la polizia lascia correre. E’ una città molto libera. Anche dopo Katrina tutto è ripreso come prima, New Orleans è resiliente, c’è una tradizione legata alla musica ed al divertimento che nessuno può sconfiggere. Magari dopo l’uragano è cambiata la geografia; molte case sono state distrutte e ne hanno costruite di più moderne, ma non puoi uccidere le vibrazioni della città. Non accadrà mai.
SO CHE SEI ANCHE UNO SCRITTORE. CE NE PUOI PARLARE?
– Ho pubblicato un libro dal titolo “Cancer As A Social Activity”; è un libro che raccoglie i miei scritti e i miei testi, ma ormai è molto vecchio, è del 2003 ed è stato scritto ancora prima. Ho in programma di darmi ancora alla scrittura, appena ne avrò l’occasione.
LA LETTERATURA E’ UN’INFLUENZA SUL TUO MODO DI SCRIVERE MUSICA?
– Probabilmente lo è. Mi piace leggere e leggo più libri che posso; leggo molto anche su Internet oggigiorno. I libri sono la fonte d’ispirazione principale per quasi tutte le idee e la libertà di espressione in questo senso è fondamentale.
SIETE UNA BAND CON UN’INTENSA ATTIVITA’ LIVE E PER VOI I CONCERTI SONO L’ASPETTO PIU’ IMPORTANTE DEL FARE MUSICA. COME PENSI CHE QUESTA PANDEMIA ABBIA CAMBIATO E CAMBIERA’ TUTTO CIO’? COM’E’ ORA LA SITUAZIONE NEGLI USA DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
– La situazione è uguale ovunque, la gente sta morendo in ogni paese del mondo. Ci sono gruppi di persone che non vogliono indossare la mascherina e, in generale, sono estranee ad ogni forma di intelligenza o alla scienza stessa, e stanno incasinando tutto. Non so cosa succederà quando si tornerà alla normalità; non so se possa essere vero, ma si parla di un passaporto vaccinale per tornare a viaggiare e fare tour; ovviamente lo farò se sarà richiesto, ma non ho idea di cosa significherà in futuro attraversare i confini di alcuni paesi ed incontrare gente. Penso che potrà essere differente ma spero che si potrà essere liberi e girare il mondo per suonare nuovamente.
MI PARLI DEGLI ALTRI TUOI PROGETTI MUSICALI?
– Tutto è fermo al momento, non solo per la pandemia ma anche e soprattutto perché sono stato impegnatissimo con gli Eyehategod fin dal 2013; a dir la verità anche prima eravamo molto impegnati, ma non potevo fermarmi. Jimmy invece sta continuando ogni tanto a fare qualcosa con qualche altra band. Con i Corrections House stiamo pensando di registrare. Ho un’altra band che si chiama Dead End America con il batterista dei Poison Idea e Nick Oliveri, ma non sono sicuro che registreremo un altro disco a breve.
SIETE ATTIVI DAL 1988 E AVETE ALLE SPALLE UNA CARRIERA GIA’ LUNGHISSIMA. COME SONO CAMBIATE LE COSE DURANTE TUTTO QUESTO TEMPO? SIETE SEMPRE LA STESSA BAND CON LA STESSA ATTITUDINE?
– Siamo gli stessi di quando abbiamo iniziato. Ovviamente la vita scorre, si invecchia, si evolve come esseri umani, si impara, ci si educa. Ciò a cui ho sempre aspirato è apprendere, riguardo la società, gli altri. Queste cose sono cambiate sicuramente negli anni. Ma siamo sempre incazzati per gli stessi motivi: la società, la politica, la vita in generale. Direi che siamo gli stessi, solo più saggi.