FERALIA – Dalla Norvegia al Mediterraneo in un giro di chitarra

Pubblicato il 26/05/2022 da

Dai richiami alla scuola black metal originale al sapere introiettare sonorità e attitudine di ‘casa nostra’ il passo non è breve, né facile; per fortuna esistono band come i Feralia, che nel giro di pochi anni sono stati in grado di affinare e rendere sempre più credibile la loro proposta musicale, dal gusto classico e insieme originale, senza mai cedere a patetiche operazioni nostalgia.
A poche settimane dall’uscita del pregevole “Under Stige/Over Dianam” abbiamo così contattato la band, i cui membri ci hanno raccontato coralmente la loro evoluzione, i loro propositi musicali (ma anche etici, per certi versi) e l’attitudine fiera e consapevole con cui tengono accesa la nera fiamma. 

VISTO CHE È LA PRIMA VOLTA CHE ABBIAMO IL PIACERE DI OSPITARVI SU METALITALIA, VI CHIEDEREI DI PARTIRE PRESENTANDO LA BAND: COME VI SIETE FORMATI E CON QUALE INTENTO MUSICALE?
– Raijinous: Ciao, il piacere è nostro e grazie per lo spazio concessoci. La band si è formata quattro anni fa circa, da un’idea di Krhura. Sia io che lui, in quel momento avevamo chiuso con le nostre precedenti band e necessitavamo di nuova linfa musicale. La sua idea è arrivata, per me, davvero a proposito. Avevo infatti abbandonato il black metal suonato (quello ascoltato, mai) da qualche anno, per dedicarmi a sonorità differenti, ma poi il progetto che mi vedeva principale compositore, chitarrista e cantante, aveva smesso di darmi gli stimoli giusti ed avevo quindi deciso di chiuderlo. Inizialmente abbiamo avuto L. Chertan dei Nibiru alla batteria (un amico di vecchia data), ma a causa del suo poco tempo a disposizione abbiamo poi optato per un turnista, per registrare sia “Helios Manifesto” che “Under Stige”. Ora invece abbiamo un batterista in pianta stabile. Anche alla voce, come ti spiegheremo più avanti nell’intervista, c’è stato un avvicendamento per motivi prettamente logistici.

SE NON SBAGLIO, AVETE AVUTO ANCHE RECENTI CAMBI IN FORMAZIONE, INFATTI. COME HANNO INFLUITO SULL’ESISTENZA E SULLA MUSICA DELLA BAND?
Krhura: sì abbiamo un nuovo batterista col quale ci troviamo molto bene, ha suonato tra gli altri con Noise Trail Immersion e O. Il nuovo cantante/chitarrista invece è Erymanthon Seth che ha sostituito Tibor Kati. Ho scoperto Erymanthon con il suo progetto tributo ai Bathory e, dopo un paio di prove con lui e P., abbiamo subito trovato la giusta chimica.

SUL NUOVO DISCO CI SONO ANCHE DEGLI OSPITI D’ECCEZIONE. VOLETE PARLARCENE E DIRCI COME SONO NATE QUESTE COLLABORAZIONI?
Krhura: ci sono due ospiti nel disco, Agghiastru è il primo. Conosco Agghiastru da un paio di anni, da quando sono entrato nella line-up di Inchiuvatu. Quando abbiamo composto il brano “Laudatio Funebris”, con la sua atmosfera un po’ mediterranea, ci è venuto naturale rivolgerci a lui per fare sì che il brano guadagnasse ancora in atmosfera. Il secondo ospite è Håvard Jørgensen, primo chitarrista di Ulver e Satyricon, ora con i Dold Vorde Ens Navn. L’EP “Over Dianam” è fortemente influenzato da “Kveldssanger” degli Ulver: abbiamo dunque scritto ad Håvard chiedendogli di suonare un solo di chitarra acustica su un brano, il brano gli è piaciuto e ci ha regalato questo assolo.

RISPETTO AL VOSTRO PRECEDENTE LAVORO, E ANCOR PIÙ SE SI PENSA AL VOSTRO PRIMO FULL-LENGTH, “UNDER STIGE” SEMBRA RAFFORZARE LA VOSTRA RICERCA IN DIREZIONE DI UN BLACK METAL QUASI FUORI DAL TEMPO; SONO TANTI I RICHIAMI ALLA SCENA NORVEGESE DEGLI ANNI D’ORO, MA CON TOCCHI MOLTO PERSONALI – PIÙ MEDITERRANEI, OSEREI DIRE – E CON DIVERSI ELEMENTI PIÙ RITUALISTICI E FOLK. SIETE D’ACCORDO?
Krhura: ti ringrazio, sì concordo. La scuola norvegese si sentirà sempre nella nostra musica, poiché è la nostra fonte di ispirazione primaria, ma non volevamo essere semplicemente una band clone ed esterofila. Quando abbiamo formato la band, l’obbiettivo era proprio quello: partire dal background classico e reinterpretarlo secondo la nostra sensibilità, esperienza e zona geografica. Gli elementi ritualistici sono più marcati e curati rispetto al disco d’esordio e anche quell’atmosfera “mediterranea” è venuta fuori naturalmente immergendoci nel mood del disco.

A QUESTO RIGUARDO, “UNDER STIGE” PRESENTA IN CODA ANCHE IL VOSTRO PRECEDENTE EP, “OVER DIANAM”. LA SENSAZIONE È CHE, A PARTE VOLER FARE UN OMAGGIO AI VOSTRI FAN, CI TENESTE ANCHE A SOTTOLINEARE LE DUE ANIME DELLA BAND, COME EVIDENTE NELLE DUE PARTI CHE COMPONGONO IL DISCO. È COSÌ?
– Raijinous: “Over Dianam” è nato come valvola di sfogo, durante il primo lockdown. L’album è stato registrato da me a casa, con le strumentazioni che avevo a disposizione. Quello stato di costrizione mi ha dato l’ispirazione per un lavoro dedicato a Madre Natura, ma in un’accezione antica (da cui l’omaggio a Diana/Artemide) quasi a voler riscoprire, in un periodo così buio ed assurdo, quello spirito antico di rispetto per il nostro pianeta. Non so se continueremo a proporre anche materiale acustico/folkloristico (non ne abbiamo discusso), ma è certo che “Over Dianam” rappresenti la nostra essenza musicale ed etica, al pari delle altre nostre uscite.

COME NASCONO I BRANI DEI FERALIA?
– Krhura: I brani nascono generalmente da un’idea di uno di noi. Ognuno a casa produce i suoi demo guida e poi tutti assieme si arrangia o modifica il brano. Fino a questo disco i compositori erano due, io e Raijinous. Si è poi aggiunto al team anche Erymanthon che ad esempio ha scritto il primo dei nuovi brani per il prossimo disco.

TEMATICAMENTE, È EVIDENTE MOLTA PROFONDITÀ E RICERCATEZZA NEI TESTI. VI ANDREBBE DI PARLARCENE? AVETE UN CONCEPT CHE IN QUALCHE MODO VI GUIDA?
– Krhura: sì, i testi toccano tematiche piuttosto profonde. Se si evince una certa ricercatezza questa è frutto di una mia personale ricerca mistico/esoterica che porto personalmente avanti da anni e trovo che la nostra musica si adatti a un certo tipo di tematica/ricerca. Non so se abbiamo un vero e proprio concept di fondo ma sicuramente è presente un mood realmente mistico.
– Raijinous: un concept vero è proprio non c’è, ma è certo che traiamo ispirazione dalla cultura  antica romana e mediterranea in generale. Io sono un grande appassionato di storia antica e, per questo motivo, abbiamo inserito in alcuni brani parti dei testi in latino. In “Under Stige” abbiamo anche la titletrack che è in italiano. Non ci va di abbracciare un’unica lingua per il  momento, ma posso dire che credo utilizzeremo ancora l’italiano e qualche lingua antica. L’inglese è una lingua tanto inflazionata, perché è senza dubbio la prima utilizzata in musica, per fare arrivare a più persone possibili il loro messaggio. Il fatto è che a noi non interessa esattamente questo punto. Non abbiamo come priorità la divulgazione di un nostro messaggio. La musica per noi è valvola di sfogo ed espressione. Se poi qualche ascoltatore apprezzerà e comprenderà i nostri testi, tanto meglio.

VI FAREI ORA UN PAIO DI DOMANDE IN MERITO AL VOSTRO RAPPORTO CON IL BLACK METAL. INNANZITUTTO, QUALI BAND CITERESTE COME VOSTRA FONTE D’ISPIRAZIONE?
– Erymanthon
: Tutti noi abbiamo le nostre band preferite, alcune sono ispirazioni comuni a tutti, altre no, ed è proprio questo secondo me che contribuisce a creare un sound più personale e originale. Cito alcuni dei miei gruppi preferiti, e che sono per me fonte di maggiore ispirazione: Bathory, Burzum, Windir, Forest, i primi Mayhem. Personalmente, però, trovo gran parte della mia ispirazione anche al di fuori del black metal, in altri generi musicali o addirittura in interessi extra-musicali – natura, filosofia, eccetera.
– Raijinous: ci sarebbero troppe band da citare, perché ascolto davvero tanta musica da tanto tempo. Come per Erymanthon, però, sottolineo come l’ispirazione possa arrivarmi non necessariamente da un ascolto musicale specifico, ma più da un particolare ‘mood’ che sento nei confronti di determinate tematiche.

POI: COS’È IL BLACK METAL, PER VOI, E COME VEDETE L’EVOLUZIONE DI QUESTO GENERE, DA ASCOLTATORI E DA MUSICISTI?
– Erymanthon
: Il black metal è secondo me qualcosa di estremamente personale e profondo, che trascende e va al di là di un semplice genere musicale. Ed è per questo che secondo me, soprattutto se visto dall’esterno, ha un’aura di ‘elitarismo’ ed ‘ermetismo’. Per me l’essenza del black metal si incarna in un viaggio all’interno di se stessi, il ritrovamento del proprio vero essere al di là dell’influenza del mondo esterno, ma anche un ritrovamento dell’atavico legame tra Uomo e Natura. È anche un genere fortemente identitario e influenzato dalle radici e dalla cultura del musicista. Può essere addirittura filosofico, in certi sensi: credo che sia il genere che meglio riesce in questi aspetti. Ha un fascino ancestrale e occulto. E senza dubbio, per me il black metal non è creare musica al fine di ottenere consenso e fama, né seguire la moda del momento. ‘Black metal’ è fare quello che il proprio ‘Io’ profondo suggerisce, in primis per propria personale soddisfazione e per espressione di se stessi, al di là di tutto il resto.
– Raijinous: rispondendo alla domanda sull’evoluzione del genere, il black metal è diventato ormai un prodotto perlopiù di massa, un trend. Se si pensa a come lo avevano voluto e pensato gli ideatori della prima ondata norvegese, questo mutamento è una cosa che va contro quell’idea iniziale. Noi non ci sentiamo parte del trend, semplicemente perché ascoltiamo e viviamo questo genere quasi dagli albori. Si è trattato quindi per noi, semplicemente di continuare un discorso lasciato in sospeso per un certo periodo di tempo, prima cioè della nascita di Feralia.

ALCUNI DI VOI SUONANO ANCHE IN ALTRE BAND. COME CONCILIATE QUESTI IMPEGNI CON L’ESISTENZA DEI FERALIA?
Krhura: si, io ho due side project. Il primo è Lum, un project studio di raw black metal basato sulla stregoneria in Piemonte. Si tratta di un mio sfogo verso un sound più grezzo e non ragionato, qui suono anche la chitarra e le tastiere. L’altro mio progetto (Ponte del Diavolo) è una vera e propria band con due bassi in formazione e forti influenze doom.
Erymanthon: Il progetto Apokalypse (o Apocalypse) è, in quanto progetto solista, interamente sotto il mio controllo. Non suoniamo dal vivo, registriamo quando vogliamo, perciò il problema non si pone. Se Feralia richiede la priorità in un certo momento, Apokalypse può essere tranquillamente messo ‘in pausa’. Viceversa, nei periodi più tranquilli ho tempo da dedicare anche al progetto solista. Anche quando compongo, ho la libertà di scegliere se voglio comporre un brano per Feralia o per Apokalypse. Dipende da che sound ho in mente e dalle mie differenti ispirazioni in momenti diversi.

SIETE STATI RECENTEMENTE MESSI SOTTO CONTRATTO DALLA TIME TO KILL RECORDS, PER LA QUALE ESCE, APPUNTO, QUESTO DISCO. È UN’ETICHETTA RELATIVAMENTE GIOVANE, MA DAL ROSTER MOLTO INTERESSANTE: COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO CON LORO, E COSA VI PARE, AL MOMENTO, DI QUESTO CAMBIO?
– Raijinous: Krhura gestisce i nostri contatti ed è stato quindi lui a proporre loro il nostro materiale, che è subito piaciuto. Trovare poi un accordo con Enrico (col quale ci stiamo trovando bene sia umanamente che professionalmente), è stato semplice. Avevamo anche un altro paio di etichette interessate, ma abbiamo puntato su quella che ci sembrava la più professionale.

AVETE GIÀ IDEA DI COME PROMUOVERETE IL DISCO? AVETE FISSATO DATE DAL VIVO?
– Raijinous: la promozione dell’album riguarda principalmente il lavoro dell’etichetta. Da parte nostra ovviamente ci saranno alcune date dal vivo a breve, anche se non abbiamo intenzione di fare una ‘corsa alla data’ accumulando decine di concerti in luoghi e situazioni più o meno ortodosse. Non ho più vent’anni (parlo per me) ed alcune dinamiche viste in passato nelle situazioni della ‘musica dal vivo’ underground mi hanno stancato. Cercheremo di fare poche apparizioni live, ma in contesti che reputiamo consoni ed adatti alla nostra proposta.

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