Avendo apprezzato moltissimo l’audace lavoro del doppio “The Wrong Side Of Heaven…”, abbiamo accettato con piacere di incontrare di nuovo i Five Finger Death Punch, questa volta prima del loro battesimo come headliner sul suolo italico. Il prescelto questa volta è Jeremy Spencer, batterista co-fondatore del gruppo, un vero e proprio pilastro che regge la band dal primo giorno di quel lontano 2005. Noto per il suo sorriso smagliante e per il suo umorismo demenziale (YouTube ne è testimone) nei camerini dell’Alcatraz Jeremy si svela come una persona dal passato tormentato, che ha lottato coi suoi demoni per sopravvivere all’odissea del successo. Tutto questo con il suo innegabile magnetismo e col sorriso sulle labbra, come nella migliore tradizione della Città degli Angeli.
VI ABBIAMO VISTO SUL PALCO DEGLI AVENGED SEVENFOLD A NOVEMBRE E LA REAZIONE DEL PUBBLICO E’ STATA INCREDIBILE. COME VI SIETE TROVATI?
“E’ stato magnifico. Suonare per un pubblico così numeroso è un’opportunità enorme che non potevamo farci scappare. Se l’audience è stata meravigliosa anche gli stessi Avenged Sevenfold e la loro crew sono stati molto gentili con noi; nessuno scazzo, nessun atteggiamento da rockstar. Loro condividono con noi un certo atteggiamento critico da parte di una fetta di pubblico ma a mio parere diventando popolari si diventa facilmente un bersaglio: io non me ne curo, e siccome il disco degli A7X è finito al numero uno delle classifiche di mezzo mondo penso freghi poco anche a loro! Girare con loro ci ha portato moltissimi nuovi fan, a dimostrazione questo tour sta andando alla grandissima, quasi tutte le date sono sold-out. So far so good!”.
COM’E’ STATA LA VOSTRA PRIMA VOLTA IN ITALIA? COSA RICORDI DEL CONCERTO? AVETE AVUTO MODO DI VISITARE MILANO?
“Purtroppo non abbiamo avuto possibilità di visitare la città, non come volevamo. Ricordo che lo show è stato rumorosissimo, probabilmente quello italiano è stato uno dei pubblici più chiassosi del tour. Ricordo anche di aver bevuto dell’ottimo caffè. Sono un fan dell’espresso italiano”.
STASERA E’ DI NUOVO UNA PRIMA VOLTA, LA PRIMA DA HEADLINER IN ITALIA. COSA CI SARA’ DI DIVERSO?
“Ovviamente suoneremo di più, e potremo proporvi qualche canzone che abbiamo iniziato da poco a suonare dal vivo. Sfortunatamente non abbiamo potuto portare il nostro palco, ma se tutto va come deve andare la prossima volta…”.
VISTO CHE AVETE OPTATO PER UN DOPPIO ALBUM DEDICHERETE AI TOUR IL DOPPIO DEL TEMPO DI UN NORMALE CICLO?
“L’agenda è piena per tutto il 2014. Il tempo che dedicheremo al tour per gli ultimi album non sarà diverso da quello degli album precedenti: diciotto mesi di tour e poi a casa al lavoro su nuova musica. Ovviamente estate ed autunno saranno dedicati ai grandi festival statunitensi, ma non dovrete aspettare troppo per nuova musica”.
C’E’ QUALCOSA CHE DESIDERI IMPLEMENTARE SUL PALCO PER QUANTO RIGUARDA IL TUO DRUM KIT?
“Sicuramente qualche gioco pirotecnico. Il mio obiettivo però è avere un kit rotante, come quello di Tommy Lee. Un giorno sarà mio, il pubblico l’adorerà!”.
HO AVUTO L’IMPRESSIONE CHE I COMPONENTI DEI FIVE FINGER DEATH PUNCH SIANO PERSONE E PERSONALITA’ MOLTO DIVERSE. ANDATE SEMPRE D’ACCORDO TRA DI VOI?
“Più o meno, per la maggior parte del tempo almeno. Quando convivi forzatamente con delle persone per molto, moltissimo tempo le cose possono diventare complicate, e l’unica cosa di cui puoi star certo è che alla fine del giorno sarai con quelle persone sul tour bus, in uno spazio davvero ristretto. In questo modo si impara per forza a rispettare i confini del prossimo”.
PARLANDO DI MUSICA INVECE COME SI SONO EVOLUTE NEL TEMPO LE DINAMICHE FRA DI VOI?
“Il tempo ci ha portato ad affinare moltissime cose anche dal punto di vista artistico, così è più facile per noi scrivere oggi. Se agli inizi scriveva quasi tutto Zoltan, oggi invece tutti contribuiscono da più di un punto di vista. Per esempio posso essere io a portare qualche riff o qualche testo che viene poi incorporato nella canzone, o anche Zo che programma delle parti di batteria che io non avrei mai pensato, perché fuori dalle mie corde, ma che mi accorgo che mi piacciono e funzionano quindi possono finire realmente sulla traccia. Non voglio distruggere del tutto il romanticismo che sta dietro il comporre assieme perché a volte lo facciamo, magari anche durante il soundcheck, ma perlopiù si utilizza la tecnologia per scambiarci del materiale partorito separatamente, almeno a livello di bozza”.
SO CHE IL VOSTRO PRODUTTORE KEVIN CHURKO E’ UN OTTIMO BATTERISTA. LAVORARE CON LUI TI HA STIMOLATO IN MANIERA PARTICOLARE?
“Kevin è incredibile come produttore, come musicista, come autore. Adoro lavorare con lui. E’ una persona così tranquilla che riesce a metterti sempre a tuo agio, così che lavorare in studio, anche in sessioni molto lunghe e faticose, non è per nulla stressante. Col suo modo di fare ogni ora passata nelle quattro mura dello studio diventa produttiva, è incredibile, non ho mai sperimentato la stessa cosa con altri. Essendo un batterista mi spinge parecchio a migliorare lo strumento, e a parer mio la differenza si sente da un disco al successivo”.
ZOLTAN HA UNO STILE PARTICOLARE NEL SUONARE LA CHITARRA RITMICA, QUASI PERCUSSIVO. LAVORATE IN UNA MANIERA PARTICOLARE INSIEME?
“Io e Zoltan ci siamo incontrati molto tempo fa, prima che esistessero i Five Finger Death Punch. Mise un annuncio su un sito per musicisti, e io risposi. Già ai tempi il suo stile era molto particolare, mi colpì immediatamente. Le prime prove insieme con questo suo stile personale e vicino alla sezione ritmica andarono in maniera meravigliosa, sono molto felice che le cose siano andate per il verso giusto”.
SO CHE STAI LAVORANDO AD UN’AUTOBIOGRAFIA, UNA STORIA DI REDENZIONE. COME PROCEDE?
“Il lavoro è finito, uscirà a settembre, il 16 settembre al momento. Cercatelo su Amazon e nelle migliori librerie! Sono molto eccitato al riguardo, scrivere un libro ha significato un’enorme mole di lavoro, più di quanto mi sia costato ogni progetto a cui ho partecipato in vita mia. Una volta terminato ci sono state molte revisioni, tante che stavo cominciando a perdere le speranze di vedere il volume sugli scaffali. Ovviamente questo non fa che amplificare quanto io ne sia fiero: è una lettura ricca, divertente ma anche triste, racchiude gran parte della mia vita nella band ed è consigliatissimo per chiunque sogna di farcela nel campo della musica e per tutti coloro che lottano ogni giorno con la dipendenza. Darà speranza ai lettori, o almeno lo spero”.
E’ LA TUA STORIA O LA STORIA DEL GRUPPO?
“E’ la mia storia, ma siccome i 5FDP sono una parte molto significativa della mia vita ci sono un sacco di cose interessanti per tutti i fan dei Five Finger. Anche il titolo non è stato scelto a caso: ‘Death Punch’d – Surviving Five Finger Death Punch’s Metal Mayhem’, segnatevelo”.
HAI ACCENNATO A DIPENDENZA E REDENZIONE. QUANDO HAI DECISO DI ANDARE IN RIABILITAZIONE?
“E’ avvenuto quando mi sono stancato di stare in maniera orribile tutti i santi giorni. Ho passato un sacco di tempo sconvolto, intere giornate dove mi passavano davanti un sacco di volti, e il giorno dopo non c’era assolutamente niente che potessi ricordare con chiarezza, anche se nella mia vita stavano succedendo un sacco di cose fantastiche, memorabili. Stavo scappando, ma rischiavo di non tornar più indietro da una di quelle fughe dalla realtà. Un giorno, al solito party di Las Vegas, ho cominciato ad avere delle palpitazioni, e mi sono spaventato moltissimo, tanto da decidere di darci un taglio. Il giorno in cui sono entrato in riabilitazione, l’8 gennaio 2012, è stato quello in cui ho iniziato a scrivere le mie memorie come esercizio terapeutico. Sapete? Mi sono uscite in maniera decente, tanto che mi hanno offerto un contratto con una casa editrice!”.
TI HA AIUTATO QUALCUNO NELLA REDAZIONE E NELLA REVISIONE?
“Dopo aver completato la prima scrittura l’ho consegnata a mio padre, che oltre ad essere un autore di musica country è anche uno stimato romanziere (nome d’arte Austin Gary, ndR). Avendo scritto anche qualche libro è stato quindi in grado di revisionare lo scritto. C’era un sacco di odio e rancore – è uno scritto abbastanza brutale ancora oggi – e lui mi ha aiutato a smussare qualche angolo, a renderlo più digeribile e più adatto alla lettura. Dalle sue mani il libro è passato a quelle del mio manager, che ne è rimasto molto colpito ed ha rimediato il contratto di distribuzione”.
NON DEV’ESSERE STATO FACILE FAR LEGGERE QUELLE PAGINE A TUO PADRE…
“All’inizio era scettico lui stesso, non voleva addentrarsi nel mio incubo, ma l’ho convinto. E’ pur sempre mio padre e abbiamo un bel rapporto. E’ stato molto duro con me a riguardo, ma il suo contributo è stato fondamentale per la riuscita del progetto. Ha vietato inoltre a mia madre di leggere il prodotto finito, ne uscirebbe distrutta”.
PASSIAMO AD UN ARGOMENTO PIU’ LEGGERO: COME SE LA PASSANO UNCLE COLT E CLETUS?
“Sai che c’è? Ho la sensazione che tornerete a sentir parlare di loro tra qualche mese, tempo di finire il tour e trasformare il garage di Bob in uno studio di registrazione”.
COME TESTIMONIA YOUTUBE SEI IL TERRIBILE AUTORE DEI PEGGIORI SCHERZI IN TOUR. VUOI RACCONTARCI UNO DI QUELLI CHE NON E’ FINITO SU VIDEO?
“C’era un gruppo che apriva per noi, non vi dirò quale per non sputtanarli troppo. Era l’ultima data del tour, e saltammo sul palco con dieci lattine di stelle filanti spray coprendoli dalla testa ai piedi, strumentazione compresa. Loro pensavano lo scherzo fosse finito lì, e si fecero pure delle risate dietro le quinte, ma quando scoprirono che il loro tour bus era un immondezzaio di Oreo sbriciolati ovunque, in ogni singolo angolo, letti compresi, si incazzarono sul serio!”.