Dopo un grandissimo album d’esordio ed un convincente EP, i Fleshgod Apocalypse paiono avere trovato la loro vera dimensione con il nuovo ed attesissimo “Agony”. La musica dei ragazzi infatti compie una decisa svolta verso sonorità classiche e romantiche, coniugandole con il death metal che da sempre li contraddistingue. Insomma, i semi piantati ai tempi di “Oracle” e “Mafia” stanno ora iniziando a germogliare. Abbiamo quindi chiesto lumi al singer Tommaso Riccardi, che si é soffermato volentieri a spiegarci il concept che sta dietro alla band tutta e ad “Agony” in particolare. I ragazzi sono estremamente carichi e convinti della bontà della loro proposta, forti anche di un contratto “pesante” con la Nuclear Blast che li ha proiettati nell’elite della musica estrema. Lasciamo quindi la parola a Riccardi ed addentriamoci insieme nei meandri del sound dei Fleshgod Apocalypse.
PRIMA DI ADDENTRARCI NELLA DISAMINA DI “AGONY” VORRESTI DIRCI COSA SI PROVA AD ESSERE SOTTO CONTRATTO CON LA NUCLEAR BLAST?
“E’ una sensazione fantastica! Senza bisogno di dividere le due cose, la pubblicazione di ‘Agony’ e la firma per la Nuclear Blast sono state le punte dell’iceberg di un lavoro durato oltre tre anni. Sembrerà una frase fatta, ma noi abbiamo messo tutto noi stessi nei Fleshgod Apocalypse ed oggi siamo ad un punto cruciale della nostra carriera, una sorta di nuovo inizio, anzi un crocevia a cui dovevamo arrivare. ‘Mafia’ è uscito sotto forma di EP perché rappresentava il nostro desiderio di provare ad evolverci in una direzione più orchestrale, che è quella che abbiamo intrapreso con ‘Agony’. Ora necessitiamo di una promozione massiccia ed è per questo che la Nuclear Blast ci è sembrato un passaggio obbligato ancorché naturale e logico. Siamo da sempre molto interessati alla Nuclear, la ritenevamo e la riteniamo tutt’ora una delle poche label che sarebbe stata in grado di proiettare in alto i Fleshgod Apocalypse, quindi la stimiamo da sempre. Abbiamo inviato loro del materiale, siamo andati in sede di persona, insomma abbiamo fatto di tutto per avviare i contatti. La prima occasione d’oro ci è capitata nel nostro tour americano, dove abbiamo incontrato i ragazzi della filiale statunitense dell’etichetta. Una volta entrati in contatto si è avviato l’iter che ci ha portati alla firma del contratto. Da allora abbiamo lavorato giorno e notte sulla nostra proposta musicale”.
SIETE IN PARTENZA PER IL SUMMER SLAUGHTER TOUR NEGLI STATES (L’INTERVISTA E’ STATA FATTA A META’ LUGLIO, NDR.): COME STATE VIVENDO QUESTA ATTESA?
“Inutile dire che siamo emozionati e desiderosi di partire, però diciamo che il tour americano sarà un ottimo trampolino promozionale, un buon veicolo per farci conoscere. Abbiamo lavorato come pazzi per stare nei tempi e per terminare ‘Agony’ in tempo per proporre i nuovi brani al Summer Slaughter; l’evento è assolutamente stimolante, negli States è una vera e propria istituzione e per noi è un privilegio essere parte del bill”.
A QUESTO PUNTO INIZIA A DIRCI QUALCOSA DEL TANTO AGOGNATO “AGONY”…
“’Agony’, come accennavo prima, è da considerarsi un punto di inizio ed al contempo una sorta di prosecuzione laterale di quello che è il nostro sound. E’ naturale che sia uscito in questo modo, il nostro obiettivo era quello di unire il death con la musica classica; avrei potuto utilizzare il termine ‘melodico’, ma non sarebbe stato corretto, anche perché al giorno d’oggi nella musica estrema vale come un’accezione negativa. La musica classica è un nostro pallino, una nostra passione: i capolavori romantici di Brahms, Mozart o di Beethoven sono assolutamente da considerarsi il death metal del passato. Quando venne composta, quella era musica estrema, pesantissima, forse la più pesante della storia, se contestualizzata nell’epoca in cui nacque. Noi da parte nostra abbiamo voluto coniugare l’antico ed il moderno, sempre con l’obiettivo di scrivere musica violenta. ‘Oracle’ già faceva presagire qualcosa, ma era molto basato sulle chitarre e sui riff, sebbene tutto andasse già verso questo traguardo; ‘Mafia’ è stato più innovativo, abbiamo inserito le clean vocals ed è stato l’evoluzione di ‘Oracle’. ‘Agony’ è la logica prosecuzione di questo discorso e rappresenta la prima vera occasione di rappresentare la dimensione artistica voluta dai Fleshgod Apocalypse. Ci teniamo in modo particolare a rimarcare questa cosa: nell’album non ci sono intermezzi classici o partiture orchestrali appiccicate sopra alla parte death metal. ‘Agony’ è un vero e proprio album orchestrale, certamente sempre ancorato al death, ma non classicamente inteso: per capirci, siamo molto diversi dai Deicide! Gli strumenti elettrici sono utilizzati esattamente come se fossero sezioni dell’orchestra; al posto di avere archi, timpani e fiati noi abbiamo chitarre, batteria e tastiere, ma per il resto le modalità stesse di composizione si rifanno alla scuola romantica ottocentesca. ‘Agony’ è la concretizzazione del nostro stile e si pone come pietra fondativa di un nuovo ciclo e come conclusione del ciclo precedente”.
AVETE GIA’ PENSATO DI UTILIZZARE DELLE VERE SEZIONI ORCHESTRALI PER VALORIZZARE MEGLIO I VOSTRI BRANI, NATURALMENTE COMPATIBILMENTE CON IL VOSTRO BUDGET?
“Diciamo che la cosa fa parte di un passaggio necessario; l’evoluzione del nostro sound con l’inserimento di una vera orchestra ed il potenziamento del concept sonoro e visivo che sta alle spalle di tutto ciò. Naturalmente per avere a disposizione un’orchestra ci vogliono tempo e mezzi adeguati: siamo solo all’inizio del percorso, ma riusciamo ad intravedere che alla fine l’orchestra sarà un passo essenziale che dovremmo compiere e che al momento rimane nei nostri sogni. Per il momento stiamo facendo il massimo che possiamo per rendere i suoni veri, realistici ed orchestrali. La Nuclear Blast naturalmente è al corrente di questa nostra necessità, ne abbiamo parlato, anche se ovviamente non è stata fatta nessuna richiesta ufficiale in tal senso. Loro sono consci del percorso che noi dobbiamo compiere, i rapporti sono buoni, quindi mai dire mai”.
COME E’ NATO E COME SI E’ SVILUPPATO IL CONCEPT VISIVO DIETRO AI FLESHGOD APOCLAYPSE?
“L’idea di base è nata insieme alla band, mentre abbiamo iniziato a sperimentarlo fattivamente durante il tour americano del 2010. Il motivo di questo ritardo è molto semplice e di carattere pratico: prima dovevamo imparare a suonare insieme, affiatarci, diventare una macchina perfetta, inserire al meglio i nuovi membri e gestire i cambi di ruolo in line up. Quindi, una volta sistemato l’aspetto utile, siamo passati ad approfondire le idee visive. Siamo consci del fatto che avere un’idea visivamente vincente significa godere di un grosso trampolino, quindi investiamo molte energie in questo senso, anche perché la cosa ci piace e ci diverte. Siamo convinti che anche un gruppo musicale possa e debba andare oltre la musica, fare cose belle che danno emozioni. I Fleshgod Apocalypse vanno vista in questo senso come una band visiva ed auditiva”.
AVETE MAI PENSATO DI DARE VITA AD UN PROGETTO CHE VALORIZZI MAGGIORMENTE IL LATO VISIVO CHE QUELLO MUSICALE? QUALCOSA TIPO VIDEO, CINEMA, ARTE VISIVA?
“Sì, ci pensiamo spesso ed il primo passo in questo senso potrebbe essere legato all’attività concertistica. Una volta che avremo i mezzi ed avremo una posizione rilevante vorremmo creare qualcosa di forte che vada oltre al concerto, qualcosa che rimanga impresso anche a livello visivo, come fanno i Rammstein, che sono un gruppo che mi esalta in tutti i sensi. Loro ci sono di ispirazione a questo riguardo. Per noi comunque è fondamentale ingrandire questo aspetto del nostro essere, ma per farlo ci vogliono tempo ed investimenti adeguati”.
COSA CI PUOI DIRE DELLE REGISTRAZIONI DI “AGONY”?
“Continuiamo a lavorare con Stefano Morabito, che è una sorta di sesto uomo per noi. Lui è un amico prima che un grande produttore e i 16th Cellar Studios sono diventati una seconda casa per noi. Vedi, siamo convinti che il lavoro di squadra paga e ti spiego il perché: avere vicino persone come Stefano, che sono realmente interessante alla band ed a quello che proponiamo ti permette di lavorare bene e di far riuscire le cose che fai al meglio. Per noi Stefano è assolutamente fondamentale, ci mette l’anima e se serve è anche molto duro. Le registrazioni sono state letteralmente massacranti, lunghissime ed estenuanti, con un grandissimo lavoro sulle parti orchestrali che ci hanno causato non pochi problemi, dato che inizialmente non sapevamo bene come gestirle a livello di studio”.
IL VOSTRO TASTIERISTA FRANCESCO FERRINI HA FATTO IN TEMPO A PARTECIPARE ALLA STESURA DEI BRANI O E’ ENTRATO NELLA BAND TROPPO TARDI ED HA QUINDI DOVUTO ADATTARE IL SUO LAVORO A PARTITURE GIA’ DEFINITE?
“Come già detto anche in precedenza, non volevamo fare un album death ed aggiungerci sopra le orchestrazioni. La musica è nata orchestrale ed abbiamo voluto dare la nostra versione della classica romantica. Per approcciarsi al meglio ad ‘Agony’ bisogna cercare di vedere gli strumenti come delle sezioni dell’orchestra, non come un’orchestra che suona su di una base death. Il lavoro di scrittura è partito come sempre da Francesco Paoli, che è il nostro compositore principale; stavolta però Francesco Ferrini gli si è subito affiancato e quindi si è ragionato in maniera diversa rispetto al passato. Prima iniziavamo da un riff e sviluppavamo il brano, mentre ora patiamo dal tema orchestrale, poi interveniamo sul lavoro armonico sia delle chitarre che delle voci, ragionando con canoni sia classici che death”.
COSA RISPONDI A COLORO I QUALI PENSANO CHE CON “AGONY” AVETE EFFETTUATO UNA SVOLTA CHE VI HA PORTATI VICINO A BAND QUALI DIMMU BORGIR O BAL SAGOTH?
“Molto semplicemente risponderei loro che i Fleshgod Apocalypse fanno musica simile a quella dei Fleshgod Apocalypse. Detto questo, credo che il parallelismo tra noi ed i Dimmu Borgir sia sostanzialmente corretto, sebbene loro siano partiti da basi black e non death. Comunque il percorso che stiamo facendo è simile al loro, con l’inserimento delle orchestrazioni in ambito estremo. Quello che noi abbiamo sviluppato però è un percorso estremamente personale e non riconducibile ad altri. Devo sinceramente riconoscere che i fan del death metal probabilmente rimarranno spiazzati da ‘Agony’, ma noi evolviamo e portiamo avanti quella che è la nostra idea di musica, a prescindere dagli apprezzamenti o dalle critiche. Io ad esempio ascolto death, mi piace e quando mi approccio ad ‘Agony’ proprio non credo che sia un album death”.
CI PUOI DIRE QUALCOSA ANCHE SUI TESTI? “AGONY” E’ PER CASO UN CONCEPT ALBUM?
“Non nel senso canonico del termine. ‘Agony’ è un concept in quanto la stessa band è un concept. In tutti i nostri album trattiamo tematiche legate all’essere umano: ‘Oracle’ verteva più su temi religiosi e legati alle istituzioni, ‘Mafia’ ovviamente parlava di criminalità organizzata e della tendenza che ha l’uomo ad andare verso il male. ‘Agony’ è stato concepito come una sorta di lista, come risulterà chiaro a chiunque veda la track list. Non c’è una storia unitaria dietro, ogni brano descrive una diversa sfaccettatura di cosa l’uomo può infliggere ad un altro uomo od anche a se stesso. Ci siamo ispirati all’attualità, dato che viviamo in un periodo storico caratterizzato dalla perdita dei punti di vista e dei valori, una specie di mondo impazzito. Anche la copertina è eloquente. Le catene ci legano alle nostre paure e alle nostre incapacità. Il segnale che volevamo trasmettere è duplice: c’è il lato positivo che tifa affinché il prigioniero si liberi, ma c’é anche la consapevolezza che quelle catene non si spezzeranno mai. Il lato oscuro è sempre vivo in ognuno di noi”.
QUALI SONO I VOSTRI PROGETTI PER IL FUTURO?
“Ci sono cose delle quali ancora non possiamo parlare, dato che non c’è nulla di confermato. Lavoriamo su più fronti, ma ora siamo concentrati sulla promozione massiccia dell’album, soprattutto in Europa ed in Italia”.
COME FATE A CONCILIARE UNA BAND CHE PARE ASSORBIRE TUTTO IL VOSTRO TEMPO CON LA VITA DI TUTTI I GIORNI ED IL LAVORO?
“Guarda, non è così difficile come sembra, anzi il discorso è molto semplice. Quella del musicista è una scelta che non ti obbliga nessuno a fare, ma se la compi devi prendertene le tue responsabilità fino in fondo. Noi abbiamo deciso di concentrare tutti i nostri sforzi sulla band, ci crediamo profondamente ed abbiamo rinunciato a molte cose per raggiungere l’obiettivo. Tanto per cominciare abitiamo tutti insieme per risparmiare sui costi, poi ci dedichiamo a lavoretti saltuari per le spese più immediate. In alcuni casi abbiamo la fortuna di essere aiutati dalle famiglie, la maggior parte delle volte ci aiutiamo tra di noi: chi ha un lavoro in un certo periodo sostiene anche chi non ce l’ha e così si tira avanti, certo non nel lusso e nell’agiatezza. Certo, ci auguriamo che in un futuro si riesca a raggiungere una certa indipendenza economica grazie alla musica; qualcosa in questo senso sta iniziando a muoversi ma è ancora troppo presto. La regola è: niente panico, comunque vada”.