La palma di album più opprimente e logorante dell’anno potrebbe seriamente andare a “Backwater”, nuova fatica dei doom metaller lombardi Fuoco Fatuo. Dopo essersi accasato presso la sempre più affermata Profound Lore Records, il gruppo ha dato alle stampe un vero e proprio mostro di densità e pesantezza, sconfinando definitivamente in ambienti funeral. Certamente non un album per tutti, “Backwater” mette tuttavia in mostra una padronanza del genere, una cura per i dettagli e, soprattutto, una spinta emotiva che tolgono il fiato.
NEL GIRO DI POCHI ANNI LA PROPOSTA DEI FUOCO FATUO SI E’ EVOLUTA PARECCHIO: QUALI ERANO LE VOSTRE INFLUENZE E I VOSTRI OBIETTIVI QUANDO AVETE INZIATO E QUALI SONO LE FONTI DI ISPIRAZIONE E LE AMBIZIONI OGGI?
“I Fuoco Fatuo nascono nel 2011 come progetto doom. Fin da subito abbiamo voluto esprimere i nostri stati d’animo più opprimenti e demoralizzanti, creare suoni estranianti ed evocativi, parlare di morte. Agli esordi questo avveniva in maniera istintiva e senza alcuna regola, per cui ci ritrovavamo con tracce lunghe quasi dieci minuti che erano dei veri e propri viaggi mentali. La consapevolezza dei mezzi acquisita durante il corso degli anni ci ha permesso di rendere più incisive le nostre intenzioni iniziali evolvendo il suono in ciò che è oggi, sempre più scuro e soffocante”.
DA DOVE SIETE PARTITI PER COMPORRE QUESTE TRACCE? DA UN RIFF, UNA MELODIA, DA UN CONCEPT LIRICO? CHE COSA HA GETTATO IL SEME PER QUESTO INDURIMENTO E QUESTA “DILATAZIONE” DEL SUONO FUOCO FATUO?
“Si parte sempre da un riff di chitarra e lo si sviluppa insieme in sala prove. Le nuove tracce hanno subito un mutamento significativo quando abbiamo deciso di riprenderle in mano aggiungendo una seconda chitarra. Il suono è diventato più denso e avvolgente, oltre che più pesante, e ci è sembrata subito una soluzione definitiva. Abbiamo scomposto e ricomposto il tutto e inserendo le (dis)armonie le tracce si sono dilatate ulteriormente”.
COSA AVETE IMPARATO DAL PROCESSO DI COMPOSIZIONE E REGISTRAZIONE DI “THE VIPER…” CHE VI HA AIUTATO NELLA STESURA E NELLO SVILUPPO DELLE IDEE CONFLUITE IN “BACKWATER”? VI E’ QUALCOSA CHE AVETE COSCIENTEMENTE DECISO DI EVITARE MENTRE LAVORAVATE AL NUOVO ALBUM?
“Il processo di composizione è stato molto più meditato, avendo in mente una visione finale dell’album e di ciò che sarebbe dovuto diventare. La registrazione, al contrario di ‘The Viper..’, è stata eseguita nello scantinato di casa nostra (batterie a parte). Questo ci ha permesso di inserire dettagli durante le registrazioni non avendo alcun limite. Ciò che volevamo era una pasta sonora estremamente densa e rispetto al lavoro precedente abbiamo curato molto di più le fasi di mixing e mastering, eseguite da Nikos Giagoudakis e James Plotkin”.
LE TRACCE SONO MOLTO LUNGHE E SFIBRANTI, A TRATTI DEI VERI ABISSI. QUANDO DECIDETE CHE “BASTA COSI'”?
“La lunghezza delle nostre tracce è determinata dalla necessità di ricercare e ricreare un ambiente vasto, all’interno del quale è possibile immergersi e guardarsi intorno. Sentiamo che basta quando ne veniamo completamente travolti”.
SEMBRA QUASI CHE CERTE MELODIE E MOTIVI VOGLIANO INDURRE ALLA MEDITAZIONE O ALL’ABBANDONO. VI CAPITA MAI DI PENSARE A COME L’ASCOLTATORE REAGIRA’ ALL’ASCOLTO DELLA VOSTRA MUSICA?
“Abbiamo inserito dei passaggi che hanno la funzione di indurre in uno stato d’animo molto intimo e introspettivo. Questo avviene tramite la ripetizione di frasi desolanti che annullano la percezione fisica e accompagnano l’ascoltatore in uno stato di consapevolezza senza pensieri, di quiete, meditativo. Quando suoniamo queste parti ci capita di chiudere gli occhi spontaneamente”.
VI MUOVETE ORA IN UN AMBITO, QUELLO FUNERAL DOOM, IN CUI SI PERCEPISCE UN GRANDE FERMENTO DA QUALCHE ANNO A QUESTA PARTE. COSA PENSATE DI POTER PORTARE DI DIVERSO E INTERESSANTE RISPETTO AI MOLTI GRUPPI CHE PRATICANO UN TIPO DI SUONO SIMILE AL VOSTRO?
“Nonostante il genere sia lo stesso ci sentiamo abbastanza diversi dalle altre band funeral doom. ‘Backwater’ è il nostro primo lavoro da poter esser considerato veramente funeral, anche se noi descriviamo da anni la nostra musica con questo termine in modo non propriamente corretto, come sintesi di tutto quello che incarniamo. Ci distacchiamo dai suoni nitidi e dalle melodie armoniose e inseriamo parti più impetuose tra un momento di abbandono e l’altro. Siamo sempre aperti a trovare nuove soluzioni e strutture che arricchiscano il nostro suono e che lo rendano più imponente”.
SONORITA’ A PARTE, VI SENTITE PARTE DI UNA SCENA? SENTITE DI AVERE DELLE AFFINITA’ CON ALCUNE BAND VOSTRE COETANEE IN PARTICOLARE?
“Partecipiamo ai concerti che ci interessano ma non ci sentiamo parte di una scena. Ci sono alcune band che stimiamo in modo particolare, ma non parlerei di affinità in quanto ognuna di queste ha avuto percorsi lontani dal nostro”.
DI COSA PARLA “BACKWATER”? LE PAROLE HANNO UN PESO NELLA PROPOSTA DEI FUOCO FATUO?
“‘Backwater’ è un luogo isolato e angosciante. E’ il luogo che evochiamo ed esploriamo quando siamo sommersi dallo scorrere lento, denso ed impenetrabile della musica, che come il magma deprime ogni cosa sotto il suo mantello. Le parole parlano di questo territorio inospitale, visionario ed astratto, in cui forze sublimi e incontrastate sovrastano l’essere. Per noi sono la rappresentazione stessa della musica”.
“BACKWATER” E’ UN ALBUM IMPONENTE SOTTO TANTI PUNTI DI VISTA E CREDO CHE NON SARA’ SEMPLICE CONFEZIONARE IL SUO SUCCESSORE. AVETE GIA’ DELLE IDEE SU COME EVOLVERE LA VOSTRA MUSICA?
“Idee da sviluppare ce ne sono molte e prenderanno forma a tempo debito. ‘Backwater’ ha definito maggiormente la nostra musica e sarà sicuramente un punto di partenza solido da cui ci muoveremo”.
AVETE ALCUNI CONCERTI IN PROGRAMMA: VI PREOCCUPA LA RESA DEL NUOVO MATERIALE DAL VIVO? E’ IMPEGNATIVO PROPORRE BRANI TANTO LUNGHI IN QUEL CONTESTO?
“Abbiamo familiarità con i nuovi brani e riproporli dal vivo non è un problema nonostante la loro durata. Siamo più a nostro agio quando i locali offrono buoni impianti acustici e quando siamo seguiti da un fonico specializzato nel genere”.