Non sono poi moltissime le band italiane che riescono a pensare fuori dagli schemi al momento di mettersi in gioco. Tuttavia anche nel nostro bel paese esistono formazioni che sono riuscite a distinguersi all’interno della scena grazie a delle trovate particolari e interessanti, a prescindere che ci si focalizzi sul versante puramente musicale, o su quello più orientato alla promozione della propria musica tramite soluzioni alternative: è questo il caso ad esempio dei modenesi Trick Or Treat, i quali hanno pensato di far uscire un singolo ogni mese prima di immettere sul mercato il discusso ultimo album. Ma anche qui, comunque, c’è chi ha voluto eccedere ulteriormente: i cremaschi Genus Ordinis Dei sono infatti in procinto di dedicarsi alla registrazione di una vera e propria serie tv di dieci episodi, ciascuno abbinato ad un brano dell’album “Glare Of Deliverance” di prossima uscita, volti ad enfatizzare ulteriormente il lato narrativo di un concept album unico nel suo genere. Una trovata sicuramente coraggiosa e relativamente folle, da un certo punto di vista; ed è per questo che, in attesa che si concluda la campagna di crowdfunding attiva sul loro account di Indiegogo (per chiunque fosse interessato), abbiamo deciso di interpellare direttamente questo quartetto di simpatici pazzoidi per farci raccontare qualcosa di più su un progetto tanto ambizioso quanto complesso da realizzare, con in più qualche interessante retroscena volto ad approfondire la storia di una delle realtà più interessanti emerse negli ultimi anni.
CIAO RAGAZZI! PER COMINCIARE, VORRESTE RACCONTARCI UN PO’ LE ORIGINI DI QUESTO AMBIZIOSO E PARTICOLARE PROGETTO?
-Nick: Il progetto è presente nelle nostre menti da circa due anni, e fa parte di quell’intenzione di proporre qualcosa che possa risultare personale, particolare e nel contempo non così immediato, rispetto ad altre produzioni impacchettate e di facile fruizione che è possibile trovare sul mercato. Dopo essere entrati in contatto con la storia della bella Eleanor, giovane donna catturata e torturata dall’Inquisizione, abbiamo ritenuto potesse essere davvero interessante abbinare la musica a qualcosa di visivo, nonché folle, come appunto una serie tv: dieci episodi, dieci video e dieci canzoni, in grado di fornire una visione a trecentosessanta gradi di quello che è un vero e proprio concept album basato su una storia degna di essere narrata non solo tramite la musica, ma anche qualcosa di più.
PARLANDO PROPRIO DEL SONGWRITING, IN CHE MODO AVETE LAVORATO RISPETTO A QUANTO FATTO PRECEDENTEMENTE?
-Tommy: Partiamo dal presupposto che il metodo di scrittura non è cambiato molto, dal momento che io e Richard non volevamo modificare eccessivamente il modus operandi che adottiamo ormai da anni: si tratta comunque di idee che nascono e si sviluppano a casa e in studio, che poi vengono proposte magari in formato demo in modo che ognuno ci possa lavorare ed eventualmente proporre degli appunti per eventuali cambiamenti, arricchimenti e altro. Allo stesso modo, anche il sound generale dell’album non si discosta troppo da quanto fatto in “Great Olden Dynasty”, anche se abbiamo scelto di rendere ancora più possente l’elemento orchestrale e di ridurre leggermente il livello di virtuosismo chitarristico, già non particolarmente ostentato nel nostro repertorio.
-Richard: Bisogna specificare che non siamo una band che crea le canzoni jammando in sala prove e stando a vedere cosa salta fuori, ma piuttosto preferiamo dedicarci privatamente alla stesura dei brani anche a causa del comparto orchestrale, che richiede molto lavoro per poter funzionare. Anche se poi, ovviamente, arriva anche il momento di trovarsi in sala prove, e in quella fase lì cerchiamo di essere più meticolosi e costanti possibile.
TRATTANDOSI DI UN ELEMENTO ANCORA UN PO’ CONTROVERSO, COME VI SIETE APPROCCIATI VOI PERSONALMENTE ALLE ORCHESTRAZIONI?
-Tommy: Sappiamo bene che si tratta di una scelta che si può amare o odiare, a seconda delle preferenze personali. In questo caso abbiamo voluto inserirne tantissime, ancora più che in passato proprio per il tipo di impronta che volevamo dare ad un album che comunque si pone anche l’intento di raccontare una storia. Di certo non consiglieremmo l’ascolto di un nostro album a chi tende a non apprezzare tanta opulenza orchestrale, poiché magari più orientato alla classica visione nuda e cruda della musica metal, però nel contempo siamo certi che chi di base le apprezza possa trovare davvero pane per i propri denti con noi.
-Richard: Anche perché nelle nostre priorità le orchestrazioni assumono la medesima importanza di tutto il resto, quindi escluderle sarebbe come eliminare batteria, chitarra, basso e così via. La musica dei Genus Ordinis Dei si basa abbondantemente sul loro utilizzo e non potrebbe essere tale senza.
AVETE MAI TENUTO IN CONSIDERAZIONE L’IDEA DI ASSUMERE UN TASTIERISTA?
-Steve: In realtà sì, eccome! Anzi ti dirò di più: in passato il buon Tommy qui presente suonava anche la tastiera oltre alla chitarra, servendosi di quegli esemplari improbabili che è possibile portare a tracolla, tipo quella utilizzata dai Sonata Arctica o dagli Alestorm, per esempio. Tuttavia col passare del tempo abbiamo riconosciuto che si trattasse di una feature pressoché inutile, anche perché suonare chitarra e tastiera insieme può essere molto limitante da entrambe le parti. Assumere un tastierista nella formazione potrebbe effettivamente facilitare un po’ questa parte, ma considerando la quantità di elementi orchestrali di cui ci serviamo non basterebbe e sarebbe comunque necessario utilizzare delle basi.
-Nick: Diciamo che, se tutto andrà bene, è molto più probabile che prima o poi avremo direttamente un’orchestra o un quartetto d’archi sul palco, magari al momento del ventennale quando in Giappone Tommy sverrà davanti a tutti (ridiamo, ndr).
PER QUANTO RIGUARDA L’APPROCCIO ALLE LYRICS INVECE, COSA POTETE DIRCI?
-Nick: Personalmente tendo a prendere molto spunto dalla mia passione per i Manowar, dovendo comunque enfatizzare il lato più epico, ma non essendo il più ferrato al mondo in inglese tendo a partire dall’italiano, per poi tradurre tutto in inglese anche tramite l’aiuto dei miei soci qui presenti, cercando di dire molto in non troppe parole. In questo caso, trattandosi di un concept sull’Inquisizione per l’appunto, la componente più drammatica era importantissima da valorizzare. Per quanto riguarda le rime, necessarie in un prodotto di questo tipo, mi piace avvalermi di un piccolo trucchetto personale: ossia prendere l’ultima parola della frase precedente per poi costruire la frase a priori, ovviamente in maniera sensata, seppur funzionale ad una conclusione azzeccata della frase.
ANCHE IL CROWDFUNDING RIENTRA TRA GLI ARGOMENTI RELATIVAMENTE DELICATI ORA COME ORA: VOI COME DESCRIVERESTE LA VOSTRA OPERAZIONE?
-Richard: Sappiamo che anche questo è un argomento un po’ controverso ultimamente, vedendo varie raccolte fondi avviate da altre formazioni di cui non facciamo il nome, ma è importantissimo ribadire che il nostro non è un modo per rimediare magari ad un periodo di magra o qualcosa di simile; piuttosto è un appello al supporto del pubblico in vista di un prodotto che uscirà a dicembre, con tutto il complesso di elementi che abbiamo deciso di abbinare, e che può attizzare alcuni così come lasciare indifferenti altri. Un valido esempio si può collegare a Devin Townsend, che tempo fa ha raccolto in pochi giorni una cifra ragguardevole senza ricevere critiche di alcun genere, proprio per via della natura stessa della sua operazione.
-Tommy: Abbiamo avuto i nostri dubbi sul mantenimento della campagna proprio perché ci premeva non essere associati a tutte quelle band che ne hanno avviata una a causa del Covid-19, quando in realtà noi la stavamo pensando da un anno per poi cominciarla ufficialmente settimane prima che la situazione divenisse anche solo accostabile a quella attuale: a Gennaio per l’esattezza.
-Nick: Aggiungo anche che per noi era premura essere il più trasparenti possibile, sia per quanto riguarda la natura stessa del nostro progetto, essendo “Glare Of Deliverance” molto più di un album musicale, sia per quel che concerne i benefici promessi a chi avesse deciso di supportarci: non a caso, come ben saprai, ad ogni donazione corrisponde anche una perk a livelli, con quindi un contenuto variabile in base all’ammontare e alle possibilità di ciascuno. Si va da merchandise vario fino alla possibilità di partecipare direttamente alle riprese della serie sul set, indice della nostra volontà di mostrare affetto verso i nostri estimatori.
FA UN CERTO EFFETTO PENSARE CHE I G.O.D. SIANO AL LAVORO SU UN’OPERAZIONE COMUNQUE MASSICCIA IN UN PERIODO TANTO SFORTUNATO PER LA MUSICA E PER IL MONDO INTERO; AVETE QUALCHE PREVISIONE PER IL FUTURO?
-Nick: Sicuramente promuoveremo “Glare Of Deliverance” in giro per il mondo appena sarà possibile, e questo non è minimamente da mettere in discussione. Essendo una momento surreale ci vorrà del tempo perché la situazione si possa riassestare, e la gente potrebbe reagire in due modi ad una eventuale ripresa dell’attività live: potrebbe aver voglia di divertirsi e spaccare tutto, così come avere un po’ di psicosi a frenarne i proverbiali bollenti spiriti.
-Richard: Purtroppo bisogna ammettere che le realtà più colpite saranno sicuramente quelle piccole, compresi molti locali in cui noi stessi ci siamo esibiti, come il Dagda o il Traffic ad esempio, che avranno perso minimo due stagioni di booking e ricominciare a programmare con simili perdite alle spalle potrebbe essere molto difficile. Personalmente mi piace pensare che non ci siano troppi scrupoli da parte dei giovani a tornare a divertirsi ai concerti, ma il probabile sovraffollamento di band in attesa di esibirsi potrebbe rappresentare una ulteriore complicazione.
-Tommy: Per quanto possibile noi stiamo cercando di attrezzarci per fare qualche live in streaming, che è comunque meglio del silenzio assoluto, soprattutto in presenza di dieci brani nuovi e fortemente pensati per l’esecuzione dal vivo, oltre che su disco.
A TAL PROPOSITO, RITENETE CHE I NUOVI BRANI ABBIANO UN POTENZIALE PARTICOLARMENTE ALTO IN SEDE LIVE?
-Tommy: Assolutamente sì, il nuovo album in generale è pensato fortemente per essere proposto dal vivo: eccezion fatta per la componente orchestrale, che sarà completamente in base, tutto il comparto strumentale è stato parzialmente semplificato a livello di tecnica pura, anche se l’abbiamo comunque voluto rendere un po’ più ricercato in generale; la stessa parte cantata è resa in modo tale da poter essere gestita con facilità in abbinamento a quella chitarristica per Nick, senza eventuali punti esageratamente complessi in cui diventi necessario favorire l’una o l’altra cosa. Il tutto mantenendo intatta l’intenzione di confezionare qualcosa di perfetto per fornire un’esperienza live fomentante per noi e per il pubblico presente.
CAMBIANDO ARGOMENTO, LA VOSTRA COVER DI “HAIL AND KILL” DEI MANOWAR HA FATTO MOLTO DISCUTERE AL MOMENTO DELL’USCITA, COME MAI AVETE SCELTO DI RIPROPORRE UN BRANO TANTO RISCHIOSO?
-Steve: Guarda, abbozzando una controdomanda posso assicurarti che la questione ce la siamo posta anche noi, poiché eravamo ben consci dei rischi che avrebbe comportato andare a coverizzare sul nostro stile quello che è un vero e proprio inno dell’heavy metal più puro.
-Nick: Diciamo che inizialmente si è trattato di una sorta di capriccio da parte mia e di Tommy, il quale aveva già scritto una bozza di cover di “Hail And Kill” rimasta incompiuta e bloccata per anni. Oltre al fatto che si tratta di una delle formazioni più influenti in assoluto per la nostra formazione musicale, nonché una delle nostre preferite, giunta per altro al cosiddetto ‘Final Battle Tour’ quando abbiamo deciso di registrarne la cover, anche se poi sappiamo che la storia ha preso un’altra piega. Ovviamente ci fa piacere che la gente ne discuta, nel bene e nel male, ma già solo il fatto che lo stesso Eric Adams ne abbia apprezzato la musicalità, il sound riadattato e il cameo di “The Crown And The Ring” è bastato a scaldarci il cuore; anche se ha affermato di non gradire particolarmente il cantante, cioè io, poiché a parer suo non avrei cantato una sola nota in tutto il brano (ridiamo, ndr). Adesso aspettiamo solo l’eventuale querela di Joey DeMaio per un qualsivoglia motivo, anche se è tutto in regola (ridiamo, ndr).
L’IMPEGNO IN PIANTA STABILE DI RICHARD E STEVE, RISPETTIVAMENTE COME BATTERISTA E TECNICO DEI LACUNA COIL, COME INFLUISCE SULL’ATTIVITà COI G.O.D.?
-Richard: Influisce parecchio in effetti, poiché un impegno così importante in una formazione internazionale occupa molto la testa e il tempo di chi è coinvolto. Il rischio principale è che la band possa ritrovarsi orfana di ben due membri, ma per il momento non è un problema particolarmente influente, e ci piace pensare che si possa risolvere facilmente anche basandosi sulla schedulazione annuale dei Lacuna Coil, che permette fortunatamente di organizzarsi con relativo anticipo. In questo periodo poi non si pone nemmeno la questione, essendo saltato tutto per il motivo di cui tutti parlano ogni giorno ormai da mesi.
SE CIASCUNO DI VOI DOVESSE MENZIONARE UN EPISODIO PARTICOLARMENTE ECLATANTE DELLA CARRIERA DEI G.O.D., QUALE SAREBBE?
-Steve: Ricordo con un sorriso il nostro primo tour in giro per l’Europa a bordo di un furgone mezzo scassato e con a bordo trecento chili di attrezzatura, ma in particolar modo mi torna in mente la nostra esibizione in territorio belga: unica serata con un numero di persone soddisfacente, durante la quale abbiamo avuto modo di conoscere tante persone squisite, compresa la famiglia che ci ha ospitato per l’occasione e con la quale siamo ancora in contatto.
-Tommy: Io ricordo il concerto a Crema alla Birroteca qualche anno fa, dove abbiamo fatto quasi un’ora e mezza di concerto davanti a un migliaio di persone, nonostante fossimo ancora all’inizio. Mi capita ancora di commuovermi vedendo i video di quella volta lì e pensando a quanto mi sono divertito rispetto alle occasioni precedenti.
-Nick: Non per fare il lecchino della situazione, ma io personalmente voglio menzionare la nostra esibizione al Metalitalia.com festival dello scorso anno, che per noi ha rappresentato una delle giornate più belle della nostra vita, oltre che della nostra carriera, nonché un’opportunità non indifferente per conoscere molti musicisti di livello. Tra l’altro credo sia stato il primo festival italiano degno di questo nome in cui abbiamo potuto esibirci.
-Richard: E non dimentichiamoci che c’è stato anche il nostro primissimo meet & greet ufficiale! Con una discreta fila di persone entusiaste di farsi autografare il disco dopo averci stretto la mano, il che ci ha permesso effettivamente di stabilire che magari qualcosa di buono l’abbiamo fatto come band. Anche perché molti spesso si dimenticano che il ruolo che i fan ricoprono nei confronti di un professionista è il più importante di tutti.
PRIMA DI CHIUDERE, DOMANDA SECCA: DATO CHE ANCORA MOLTI NON SONO IN GRADO DI FARLO, VOI COME DEFINITE IL GENERE CHE SUONATE?
-Tommy: Death sinfonico! Anche se con un po’ di fantasia, prima o poi troveremo un altra definizione, anche in vista dell’aumento dell’elemento orchestrale.
-Steve: Dico anche io death sinfonico, anche se a livello di definizione avremmo avuto la vita più semplice se avessimo fatto la mazurca (ridiamo, ndr).
-Richard: Io direi semplicemente metal sinfonico, anche se poi ci accostano troppo a Nightwish e formazioni analoghe. Tra l’altro ricordo ancora una recensione in cui ci etichettarono come ‘troppo sinfonici per il death metal, e troppo death per il metal sinfonico’.
-Nick: Sì diciamo che la definizione ‘symphonic death’ è probabilmente il miglior compromesso, anche se uno dei nostri tratti caratteristici è proprio la difficoltà a collocarci in un filone predefinito; oltre al prendere numerose influenze da realtà anche piuttosto diverse tra loro: dai Lamb Of God, passando per i Manowar, fino ad arrivare ai Septicflesh.