“Reinhold” de Gli Alberi ha rappresentato sicuramente una delle più liete sorprese, almeno a livello italiano, dell’anno appena trascorso: un concept album incentrato sulla tragica ascesa al Nanga Parbat dei fratelli Messner, avvenuta nel 1970, non è certo merce comune, soprattutto se, a livello musicale, parliamo di una commistione di post-rock, black metal, doom, ambient e cori alpini. Questa coraggiosa uscita, solo la seconda per i torinesi, ha permesso al quartetto di ottenere una visibilità probabilmente tanto inattesa quanto meritata e di diffondere un messaggio, riguardante il rapporto tra uomo e natura, centrale nelle tematiche trattate dalla band fin dalla sua nascita.
Ne parliamo in questa intervista con la formazione al completo.
CIAO E COMPLIMENTI PER IL NUOVO ALBUM. E’ LA PRIMA VOLTA PER VOI SULLE PAGINE DEL NOSTRO PORTALE. CI SPIEGATE CHI SONO GLI ALBERI E QUAL E’ LA VOSTRA STORIA?
– Ciao, è un piacere essere qui! Abbiamo formato Gli Alberi nel 2012 e siamo di Torino. Abbiamo all’attivo un EP (“River God”, del 2015) e un album (“The Glimpse”, del 2017). Anche se è solo con questo disco che abbiamo inserito elementi metal nella nostra musica, abbiamo suonato, in passato, in diversi progetti di musica estrema. Dopo un po’ deve esserci tornata la voglia di rullate e distorsioni.
COME E’ NATA L’IDEA DI SCRIVERE UN ALBUM IL CUI SOGGETTO E’ LA SCALATA DEI FRATELLI MESSNER AL NANGA PARBAT? SIETE PRATICANTI ALPINISTI O SIETE SOLAMENTE STATI ISPIRATI DALLA VICENDA?
– L’idea di scrivere un concept album ci è venuta durante il lockdown, un periodo in cui, non potendo suonare insieme, abbiamo provato a invertire l’ordine con cui eravamo soliti comporre: anziché partire dalla musica abbiamo pensato di partire da una storia. Ognuno di noi ha proposto due o tre idee, e alla fine quella dei fratelli Messner ci è sembrata la migliore. C’è una natura invincibile, una tragedia, una rivalità tra fratelli, un’atmosfera gelida… Insomma, è una storia che ha tutto. E poi Reinhold Messner è un personaggio assolutamente sopra le righe.
Per quel che riguarda noi, sì: siamo appassionati di montagna (abitando in Piemonte è piuttosto facile innamorarsene), ma a livello assolutamente amatoriale.
I BRANI SEMBRANO RACCONTARE LA STORIA IN ORDINE CRONOLOGICO, CI POTETE FARE UN BREVE RIASSUNTO?
– A parte la prima e l’ultima canzone, ciascun brano racconta un pezzetto della storia, nell’ordine in cui questa è avvenuta (il che è stato un grosso aiuto, dal punto di vista compositivo).
Dopo l’arrivo della spedizione internazionale (“Babele”) e l’inizio della scalata (“La Danza Pallida”), i due fratelli si staccano dal gruppo (“Noialtri”). A causa del maltempo, infatti, Reinhold si avvia da solo, con Günther che, insieme ad altri scalatori, si ferma per preparare la cordata per il ritorno. All’ultimo decide di rincorrere il fratello con cui raggiunge finalmente la vetta (“Sulla Vetta”), col risultato, però, di non aver fatto il necessario per il rientro. Un’imprudenza che, unita alle condizioni atmosferiche sempre più terribili, costringe i fratelli a tornare al campo base da una parete mai tentata prima da nessuno. Scendendo, purtroppo, i due si perdono: Günther non sopravvive (“Aspettami”) mentre Reinhold riesce a salvarsi con l’aiuto (così ha riferito) del mitico Tshemo, o Yeti (“Sindrome del terzo uomo”). Dopo un momento di ‘estasi’ (“Hiems”), si rende conto della tragedia avvenuta (“Vuoto alle spalle”).
LEGGENDO I TESTI, IL RACCONTO SEMBRA PROVENIRE A TRATTI DA UN NARRATORE ESTERNO, IN ALTRI MOMENTI DAGLI STESSI PROTAGONISTI, MA SPESSO ANCHE DALLA MONTAGNA, COME SE FOSSE UN PERSONAGGIO DELLA VICENDA. E’ UN’IMPRESSIONE CORRETTA?
– Esatto. Diciamo che, pur trattandosi della ‘storia dei fratelli Messner’ abbiamo immaginato di narrarla seguendo il punto di vista anche degli altri scalatori e, soprattutto, del Nanga Parbat stesso, la Montagna Nuda, la Mangiauomini. In particolare, a recitare la voce della montagna pensa il nostro bassista Davide con i suoi scream e growl.
RITORNANDO AL DISCORSO VOCI, SEMBRA SIA STATO FATTO UN LAVORO MOLTO ACCURATO, CON QUELLA DI ARIANNA CHE E’ PREDOMINANTE MA CON MOLTI ALTRI CONTRIBUTI. COME SONO NATE LE LINEE VOCALI? COME VI SIETE DIVISI LE PARTI? CI SONO OSPITI?
– Oltre ad Arianna, che si occupa di tutte le voci principali, come dicevo il nostro bassista Davide ha registrato controvoci e canto estremo (scream e growl). Anche Giovanni (il nostro tastierista) ha cantato in alcuni pezzi, mentre “Noialtri” è stata intonata dal cantautore torinese Narratore Urbano e i cori di “Aspettami” sono stati scritti ed eseguiti da alcuni nostri amici (Daniela, Mattia e Giulia, che ovviamente ringraziamo).
COME AVETE ADATTATO LA MUSICA AI TESTI?
– Come dicevo, il primo passo è stata la storia. Partire dalle vicende è stato fondamentale per velocizzare il processo di songwriting. Un esempio che facciamo sempre è quello della tragica morte di Günther: sapere che ci sarà una canzone con la morte di uno dei protagonisti, ti dice già che dovrai scrivere una canzone triste, o comunque emotivamente pesante.
Una volta elaborata a sommi capi la storia, testi e musica sono poi andati di pari passo.
C’E’ UN SIGNIFICATO PER COSI’ DIRE ‘NASCOSTO’ DIETRO ALLA STORIA CHE AVETE NARRATO NEL DISCO? UNA SORTA DI MORALE O INSEGNAMENTO…
– Sicuramente, un concetto che volevamo trasmettere è quanto siamo piccoli e insignificanti di fronte alla grandezza della natura (il che era, forse, ancor più vero negli anni ’70, quando si è svolta la storia). La natura va avanti ineluttabile, con o senza di noi. Ed è quindi bene salvaguardarla per salvaguardare noi stessi e gli altri esseri che la abitano.
Al tempo stesso, volevamo però anche raccontare la grandezza e la ‘follia’ di questi uomini: pensare che qualcuno possa andare da solo in cima all’Everest senza ossigeno, per dirne una, è semplicemente incredibile.
“REINHOLD” NASCE COME OPERA MULTIMEDIALE. COSA FARETE PER PRESENTARLO DAL VIVO? LO SUONERETE NELLA SUA INTEREZZA?
– Il 17 dicembre (l’intervista è stata realizzata all’inizio di dicembre 2022, ndr) suoneremo il disco integralmente al Magazzino sul Po’, un locale storico della nostra Torino: non vediamo l’ora! Oltre al concerto vero e proprio, abbiamo invitato anche il CAI e Verticalife per due conferenze sul tema della montagna e abbiamo chiesto all’artista che ha dipinto la copertina di esporre alcune delle sue opere.
Inoltre, in alcuni momenti del concerto, la narrazione sarà portata avanti anche da alcuni brevi monologhi, per aiutare il pubblico a seguire la storia. E al di là di questa data, stiamo ovviamente cercando di portare “Reinhold” anche in altre città.
LA COPERTINA DEL DISCO E’ MOLTO SUGGESTIVA. CHI L’HA REALIZZATA?
– La copertina (e tutti gli altri splendidi acquerelli del booklet) sono stati realizzati da Simone Mostacci, un pittore di Torino. Saremmo anche di parte, ma secondo noi ha fatto un lavoro eccezionale.
DA SEMPRE AFFRONTATE TEMATICHE LEGATE ALL’AMBIENTE ED AL RAPPORTO TRA L’ESSERE UMANO E LA NATURA. QUAL E’ LA VOSTRA PROSPETTIVA IN QUESTO AMBITO?
– Siamo felici di portare avanti questo messaggio di consapevolezza nei confronti della natura. Le montagne saranno anche invincibili, ma il clima è in serio pericolo. Per questo, per un singolo uscito nel 2019 abbiamo deciso ad esempio di andare in Liguria a pulire una spiaggia dai rifiuti, anziché girare un semplice videoclip.
Oltretutto, guardandoci intorno, vediamo che sempre più band sentono questa esigenza, anche nel rock e nel metal. Penso ai Gojira, ma anche a quel capolavoro di “Terria” di Devin Townsend.
QUALI SONO LE VOSTRE INFLUENZE MUSICALI? CI SONO DEI DISCHI, MAGARI DEI CONCEPT, CHE VI HANNO ISPIRATO NELLA SCRITTURA DI “REINHOLD”?
– Sebbene “Reinhold” sia un ‘disco metal’, a livello di idee ci hanno forse influenzato di più alcuni artisti italiani che suonano altri generi musicali: insomma, ok le influenze black metal, ma ci ha sicuramente guidato più “DIE” di Iosonouncane che “Panzerfaust” dei Darkthrone.
Altri concept che abbiamo ascoltato molto preparando il disco sono “La Buona Novella” di De Andrè (l’idea dei cori, ad esempio, viene da “Laudate Dominum” e “L’Infanzia Di Maria”) e l’immortale “Bergtatt” degli Ulver (del resto “Bergtatt” significa “Catturata dalla montagna”, no?). Oltre ai classici “Animals” e “The Lamb Lies Down On Broadway”.
A livello musicale, invece, abbiamo raccolto tutto quello che abbiamo seminato in quindici anni di ascolti in ambito estremo e non: dal black metal al post-rock, passando per il gothic e le colonne sonore di Hans Zimmer.
COSA NE PENSATE DELLA SITUAZIONE DELLA MUSICA IN ITALIA? QUANTO E’ DIFFICILE NEL NOSTRO PAESE DEDICARE LE PROPRIE ENERGIE AD UN DISCO COME “REINHOLD”?
– Guardandoci intorno, soprattutto a Torino, vediamo una fortissima presenza di gruppi indie, per quel che riguarda la musica in italiano. Ed è un vero peccato che la nostra lingua sembri quasi bandita dalla musica estrema. Dal canto nostro, decidere di cantare in italiano ci è venuto spontaneo: siamo italiani, volevamo raccontare una storia italiana, perché avremmo dovuto cantarla in inglese?
QUALI SONO STATE LE PRIME REAZIONI ALL’ALBUM?
– Le prime reazioni al disco ci sono sembrate molto positive. Così come ha affascinato noi, la storia dei fratelli Messner affascina moltissime persone.
AVETE INTENZIONE DI RICORRERE NUOVAMENTE ALLA FORMA DEL CONCEPT PER I PROSSIMI ALBUM? AVETE GIA’ QUALCOSA IN MENTE?
– Sinceramente non abbiamo ancora pensato al prossimo disco, ma la forma del concept ci è piaciuta talmente tanto che… Chi può dirlo!