Con il precedente “Necropolis” ci avevano accompagnato lungo i misteri e la desolazione della città dei morti. A distanza di quattro anni, i Godwatt sono tornati in azione. Con un nuovo batterista, una nuova etichetta ma con la medesima e malsana propensione al pessimismo totale. E’ ancora una volta la morte a ergersi sovrana nell’ultimo “Vol. III”, un titolo manifesto che sancisce la formula stoner-doom, con tanto di cantato in italiano e una passione viscerale per quelle sonorità sabbathiane semplicemente immortali. Cosa si cela dietro il nuovo disco del terzetto frusinate e da dove arriva tutta questa devozione per la nera mietitrice? Ne abbiamo parlato direttamente con il chitarrista e cantante dei Godwatt, Moris Fosco. Buona lettura!
CIAO RAGAZZI E BENTORNATI TRA LE PAGINE DI METALITALIA.COM. CI ERAVAMO LASCIATI NEL MARZO DI QUATTRO ANNI MENTRE SI CHIACCHIERAVA IN MERITO AL VOSTRO, A QUESTO PUNTO, PENULTIMO ALBUM “NECROPOLIS”. COSA E’ AVVENUTO NEL MENTRE?
– Grazie innanzitutto per averci coinvolto in una nuova intervista; ne siamo onorati! Quattro anni fa parlammo di quello che era il nostro secondo disco ufficiale ma non è effettivamente il secondo in quanto in precedenza ne abbiamo già fatti più di qualcuno dal 2007 in poi ma erano dischi autoprodotti. Diciamo che il conteggio ufficiale inizia da “L’ultimo sole” del 2015 uscito come anche “Necropolis” per la nostra ex label Jolly Roger Records.
TRA LE NOVITA’ PIU’ IMPORTANTI, UNA RIGUARDA CERTAMENTE LA VOSTRA FORMAZIONE: VOLETE PRESENTARCI LA NUOVA FIGURA CHE SI OCCUPA DELLA BATTERIA?
– Dopo pochi mesi dall’uscita di “Necropolis”, nel 2018, il nostro batterista storico Andrea Vozza, per motivi diversi, decise di lasciare la band dopo più di dieci anni di convivenza. Questa cosa non ci permise di promuovere nella maniera idonea il disco poiché dovemmo fermarci e cercare un nuovo batterista proprio nel momento in cui avremmo dovuto fare più live possibili. Dopo qualche avvicendamento, nel settembre del 2019, quindi circa un anno dopo, abbiamo ritrovato la quadratura del cerchio con l’ingresso in pianta stabile di Jacopo Granieri il quale, pur avendo uno stile diverso ad Andrea e provenendo da ascolti ed esperienze abbastanza differenti dalle nostre, è riuscito subito ad entrare nel groove che stavamo cercando di proporre.
UN ALTRO CAMBIO E’ AVVENUTO POCO PIU’ UN MESE FA (l’intervista si è svolta nel mese di dicembre, ndr), CON LA FIRMA PER LA TIME TO KILL RECORDS.
– Si in effetti è stato un cambiamento importante e siamo onorati e orgogliosi di essere entrati a far parte della famiglia Time To Kill, label che ha tra le proprie file band come Necrodeath, Doomraiser, Fulci ed altre ancora. Sembra una collaborazione che sta dando buoni frutti da entrambe le parti. Ci troviamo bene e speriamo di poter continuare a collaborare con loro in futuro.
E VENIAMO AL VOSTRO NUOVO ALBUM: IL TERZO, COME E’ BEN INDICATO IN COPERTINA. ABBIAMO FATTO NOTARE, IN SEDE DI RECENSIONE, COME SPESSO L’ALBUM NUMERO TRE PER UNA BAND SIA UNA SORTA DI CROCEVIA. ANCHE VOI AVETE AVVERTITO QUESTO ‘PESO’ OPPURE VI SIETE SEMPLICEMENTE CONCENTRATI SULLA MUSICA?
– Come dicevo poco fa in realtà non si tratta del terzo album effettivo ma del terzo disco ufficiale uscito per una label. Ad essere sinceri abbiamo avvertito un po’ di tensione perché era comunque il primo disco senza la formazione storica e anche perché è stato scritto per una nuova ipotetica etichetta. È stata una grande fatica soprattutto per la fase di registrazione in quanto avvenuta in pieno periodo pandemico con continue restrizioni che allungavano quindi i tempi di realizzazione.
SONO VOSTRI I TESCHI RIPORTATI SULLA COVER? COSA VANNO A SIMBOLEGGIARE? C’E’ SICURAMENTE UN LEGAME CON I CONTENUTI DELLE VARIE TRACCE?
– Si certo, vuole essere un’immagine unica di impatto che racchiude noi, il riferimento al titolo dell’album ed in fine un richiamo alle tematiche oscure ed ossianiche dei testi e della musica. L’autore della grafica generale e quindi anche della cover è stato il nostro bassista Mauro Birdman. Ci teniamo a fare tutto noi perché l’immagine è parte integrante e importante del disco poiché aiuta a dare un senso compiuto sia alla nostra musica che ai testi.
CON “NECROPOLIS” VI SIETE SOFFERMATI SULLA CITTA’ DEI MORTI. IN “VOL. III” AVETE APPESANTITO ULTERIORMENTE IL TIRO, ENTRANDO TRA I SENTIMENTI SCATENATI DALLA SIGNORA MORTE IN PERSONA, CON TUTTE LE SUE SFACCETTATURE. DA DOVE E’ NATA L’IDEA?
– Per “Vol. III” ho cercato di esprimere il vortice emotivo che si sprigiona in quei momenti precedenti o successivi alla morte. Ad esempio attraverso gli occhi di una persona cara che ti guarda per l’ultima volta poco prima di fare l’ultimo respiro: paura di morire, lamenti, grida, disperazione… Mi è capitato poco tempo prima della stesura dei testi ed è stato devastante. O, come dicevo prima, attraverso il ricordo di una morte violenta che ritorna spesso tra i miei ricordi. Cosa c’è di più triste e allo stesso tempo terrificante? Fa parte della nostra vita e capita in maniera diversa a tutti, ma in pochi – o forse nessuno – vuole accettare il fatto di dover morire.
NELLA NOSTRA RECENSIONE ABBIAMO RIPORTATO UNO STRALCIO DELLA CANZONE “CROCE”: “LA CROCE SPLENDE DOVE LA MORTE INCOMBE SENZA PIETA’“. L’IMMAGINARIO DELLA CROCE COME SIMBOLO DI SALVEZZA CROLLA PREPOTENTEMENTE. COSA NE PENSATE A RIGUARDO?
– Il simbolo della croce come per molti ‘colleghi’ ci ha sempre affascinato, ma, da parte mia, non l’ho mai considerato come un simbolo di salvezza ma, al contrario, come il segno definitivo che sanciva la fine che si avvicina; la sofferenza, la paura di morire e il momento preciso in cui si incontra la morte.
LA VOSTRA FORMULA STONER/DOOM HA VINTO NUOVAMENTE, RIUSCENDO AD AFFIANCARE MALINCONIA E GRINTA IN UN SOL COLPO: QUAL E’ STATO IL VOSTRO OBBIETTIVO UNA VOLTA ENTRATI IN STUDIO?
– Sono contento che la nostra formula vi sia piaciuta nuovamente: non ne eravamo sicuri ma ci speravamo. Di base non partiamo mai con un obiettivo ben preciso per quanto riguarda la scrittura dei pezzi quindi devo desumere che malinconia e grinta trovino spazio nei nostri pezzi in maniera naturale e non programmata perché evidentemente fanno parte del nostro modo di essere, delle nostre personalità. Una cosa di cui vado fiero è il fatto che molti trovano nei nostri testi semplici un connubio e un incastro perfetto con il tipo di musica che proponiamo e forse con un altra lingua non avremmo avuto lo stesso risultato.
QUAL E’ IL BRANO CHE MEGLIO VI RAPPRESENTA?
– Nel nuovo disco credo che ci rappresenti bene “Signora Morte”, da cui abbiamo estratto il primo video ma anche “Lamenti” ultima traccia dell’album. In entrambi i casi ci sono parti strumentali abbastanza lunghe, che fanno parte da sempre dei nostri brani come un marchio di fabbrica. Una caratteristica un po’ anni Settanta che ci portiamo sempre dietro: e infatti ci ispiriamo alle band di quel periodo, Black Sabbath in primis, e forse ancora di più a quelle che lo ripresero nei ’90 e a seguire, come i Cathedral, gli Spiritual Beggars e Witchcraft.
DA DOVE NASCE IN GENERALE QUESTA PASSIONE PER LA MORTE? SOLO GLI EPISODI DELLA VITA QUOTIDIANA O C’E’ DI PIU’?
– Non è una passione, ma sono affascinato e allo stesso tempo terrorizzato dalla morte come penso quasi tutti. Durante il periodo della scrittura c’è stato un fatto di cronaca molto noto e avvenuto nelle nostre zone che mi ha ispirato per molte delle frasi contenute nei testi che ho scritto. Un caso di morte di venti anni fa riaperto proprio nel 2019. Ogni volta, rivedere ovunque dopo tanti anni (in TV, sui social, in internet) le immagini di quella persona che conoscevo, anche se superficialmente, uccisa e nascosta tra i boschi della nostra zona mi inquieta e mi addolora.
AVETE GIA’ UN PIANO DI AZIONE PER PROMUOVERE “VOL. III”?
– Il piano è suonare ovunque sia possibile e ovunque vogliano un po’ di sana tristezza accompagnata da pessimismo, grinta e potenza sonora. Grazie a tutti coloro che vorranno ascoltarci tramite il nostro nuovo disco “Vol. III” che potete trovare sul sito della Time to Kill Records o ai nostri prossimi live.