GOJIRA – Dal profondo

Pubblicato il 13/01/2017 da

Si è detto e scritto di tutto su “Magma”, ultimo lavoro dei  Gojira uscito a giugno 2016. Per alcuni è l’album della svolta verso l’orecchiabile, per altri un passo falso, per altri ancora un disco “di passaggio” e chi più ne ha, più ne metta. In questo accozzarsi di opinioni, l’unica certezza inoppugnabile sembra essere il netto distacco tra questo lavoro e il passato della formazione transalpina: un distacco che, da parte nostra, abbiamo scelto di affrontare senza pregiudizi e pieni di curiosità. Dunque, questo è lo spirito col quale ci siamo seduti di fronte a Joe Duplantier, nel tour bus della sua band, a pochi metri dall’Unipol Arena di Bologna. E lui sì, ci ha parlato di “Magma”, di quanti esperimenti e quanto lavoro abbia richiesto, del suo studio a New York, dei suoi esordi e di come siano cambiati i Gojira in vent’anni di carriera. Ma soprattutto Joe ci ha parlato di sé, in quella che oltre ad un’intervista è stata una chiacchierata sull’istinto creativo, sull’importanza di essere sè stessi, sull’obbedienza ai propri ‘demoni’ (nel senso socratico, per così dire, del termine) e su come a quarant’anni, dopo aver fatto musica per oltre due decenni, nell’oceano della propria creatività ci sia ancora molto da esplorare.

Artista: Gojira | Fotografo: Enrico Dal Boni | Data: 09 dicembre 2016 | Venue: Unipol Arena | Città: Bologna

 

STASERA APRITE AGLI ALTER BRIDGE, AVETE IN PROGRAMMA UN TOUR CON GLI OPETH E L’ESTATE PROSSIMA SARETE AL PRIMAVERA SOUND, DOVE CONDIVIDERETE IL PALCO CON ARTISTI COME I THE XX. COM’ È CONFRONTARSI CON PLATEE COSÌ DIVERSE?
“È abbastanza semplice: ci mettono su un palco e suoniamo! Siamo come quei giocattolini che si caricano a molla, hai presente? Giri la chiavetta e partono (ride, ndR). Parlando sul serio: ci adattiamo al pubblico che abbiamo davanti. Non attaccheremo con un blast beat davanti al pubblico degli Alter Bridge, ma possiamo essere un po’ più avventurosi con gli Opeth. Sarà un tour da co-headliner, quindi non dovremo adattarci così tanto, anche perché la musica degli Opeth è piuttosto impegnativa, un po’ come la nostra. Con un pubblico come quello dei Metallica è un’altra storia, perché la gente vuole vedere i Metallica e non è interessata al gruppo spalla. Quindi non è che puoi uscire e metterti a dire: ‘Heilà, come va?’ per cercare di catturare la loro attenzione”.

ERO AL VOSTRO PRIMO SHOW IN ITALIA, NEL 2008: SUONAVATE CON IN FLAMES E SONIC SYNDICATE. DA ALLORA SONO CAMBIATE MOLTE COSE PER TUTTE E TRE LE BAND, MA TROVO MOLTO INTERESSANTE COME PROPRIO VOI, CHE NON AVETE MAI SEGUITO NÉ  I TREND MUSICALI, NÉ LE MODE DEL MOMENTO, ORA SIATE LA ‘BIG THING’ DELLA SCENA METAL. A QUANTO PARE LA FEDELTÀ A SÉ STESSI, SUL LUNGO PERIODO, PAGA.
“Sono totalmente d’accordo. E questo non vale solo per la musica, vale per tutto, nella vita. Se cerchi di tenere gli occhi aperti, di prendere coscienza dell’ambiente in cui vivi, dei tuoi sentimenti, di chi sei e di chi sono le persone che ti circondano, la tua vita sarà migliore e crescerai come individuo. Diventerai sempre di più te stesso, invece di perderti e soffrire di grosse crisi – la crisi dei trent’anni, quella dei quaranta, quella dei cinquanta… Sono quasi delle malattie. Penso che cercare di essere sempre noi stessi, il più possibile, sia uno stile di vita e noi ci teniamo molto. Perché dai Beatles in poi è sempre la stessa lineup: due chitarre, un basso e una batteria. Quindi non possiamo dire che quello che facciamo sia così originale. Ma vedi, in una società in cui tutto è controllato da poche persone, dal petrolio agli smartphone, è importante poter fare qualcosa che viene dal cuore. Per quanto riguarda la musica, non abbiamo mai cercato di copiare altre band ma di tirar fuori ciò che c’è di puro e unico in noi”.

PARLANDO DI CAMBIAMENTI, C’ È DA DIRE CHE “MAGMA” NE RAPPRESENTA UNO PIUTTOSTO SIGNIFICATIVO PER VOI. IL PRIMO ASCOLTO È STATO ABBASTANZA SPIAZZANTE (Joe annuisce con un’espressione come a dire: “Sapevo che lo sarebbe stato”, ndR) E MOLTI FAN SONO RIMASTI SORPRESI DAL  NUOVO SOUND, APPARENTEMENTE  PIÙ DIRETTO RISPETTO AL PASSATO . DA PARTE MIA, DOPO LO ‘SHOCK’ INIZIALE, HO INIZIATO A VEDERE “MAGMA” SOTTO ALTRE PROSPETTIVE. DA UN LATO HO TROVATO IL SONGWRITING ESTREMAMENTE ELEGANTE, RICCO DI COMPLESSITÀ NASCOSTE  NEI DETTAGLI; DALL’ALTRO L’HO SENTITO COME UN ALBUM MOLTO EMOTIVO, QUASI CHE LA TECNICA FOSSE STATA MESSA IN SECONDO PIANO PER DARE RESPIRO ALL’INTROSPEZIONE… MA MAGARI ADESSO MI DIRAI CHE NON CI HO CAPITO UN ACCIDENTE!
“No, trovo interessante il modo in cui lo hai descritto! Come hai detto, volevamo essere eleganti e nei brani tecnici veniva a costruirsi una sorta di architettura di riff, cambi improvvisi e tempi che risultava davvero progressive e impegnativa per l’ascoltatore. Ma in questo album, in ‘Magma’, abbiamo liberato qualcosa che era in noi da molto tempo. Un album è anche un’istantanea di un momento: cattura un paio di mesi della tua vita o a volte, per certe band, solo un paio di settimane. Quindi tutto dipende dal tuo stato mentale in quel momento ed è per questo che è così misterioso, unico e strano: perché quest’album è così? A volte un nuovo album è diverso solo perché si stanno attraversando momenti diversi della vita. Ricordo che agli inizi, ancora prima che pubblicassimo il nostro primo album, abbiamo passato alcune settimane a suonare cover, ad esempio, di Mike Oldfield. C’era un’atmosfera strana, post-rock, pop, goth, ma non è mai finita in un album. Poi era tutto uno:  ‘Yeah! Senti questo riff! Più veloce’. Ma c’è sempre stato questo lato di noi e credo che quando abbiamo iniziato a lavorare su ‘Magma’ fossimo di nuovo in una di quelle fasi.  È una fase alla quale ritorniamo spesso. Sono un grande fan dei Depeche Mode, della musica emozionale, della musica classica, del jazz. Amo le canzoni. E volevamo esplorare questa parte di noi e spingerci oltre. È molto emozionante fare qualcosa di nuovo. Vedi, ho appena compiuto quarant’anni:  ho iniziato a fare musica a sedici. Non siamo le stesse persone, abbiamo esigenze diverse”.

ERA PROPRIO UNA DELLE COSE CHE VOLEVO CHIEDERTI. SONO PASSATI VENT’ANNI DA QUANDO I GODZILLA (i Gojira hanno iniziato la loro carriera sotto questo moniker, cambiato nel 2001 per questioni legali, ndR) HANNO PUBBLICATO LA LORO PRIMA DEMO. SONO SUCCESSE UN SACCO DI COSE DA ALLORA. EPPURE, A VOLTE SI HA L’IMPRESSIONE CHE I FAN FACCIANO FATICA AD ACCETTARE CHE I MUSICISTI NON SONO IMPERMEABILI AL PASSARE DEGLI ANNI E DELLE ESPERIENZE. SPESSO SEMBRA CHE IL FAN PRETENDA CHE L’ARTISTA SI LIMITI A SODDISFARE LE SUE ASPETTATIVE.
“Lo capisco. Da fan, quando certe band pubblicano un album spero di averne ciò che mi aspetto da loro, perché ho bisogno della loro musica nella mia vita. Ma bisogna capire che sono persone! E lo stesso vale per i concerti: ‘Perché non hai suonato quella canzone!?’. ‘Perché non mi piace suonarla!’. Bisogna accettarlo. I fan devono essere flessibili: è un’esperienza istruttiva per noi tutti, per i fan e per le band. Si cambia”.

OH BE’, QUALCHE MESE FA MIKAEL ÅKERFELDT DEGLI OPETH CI HA DETTO CHE, SE NON FOSSE PER I SUOI FAN,  SUONARE “DEMON OF THE FALL” SAREBBE UN CASTIGO… E COME STA ANDANDO COL CANTATO PULITO? È UNA NOVITÀ NON DA POCO.
“È una grossa sfida per me,  ma volevo farlo. Alcune canzoni sono troppo impegnative, come ad esempio ‘Low Lands’, in cui canto per tutto il tempo: non voglio nemmeno provarci, ad eseguirla dal vivo. Per me è un brano da studio, in cui ho potuto esplorare e spendere giorni interi su una sola frase. Non so come potremmo ‘tradurla’ dal vivo. Ma chissà. Per adesso suoniamo live quasi tutto l’album”.

INCLUSI I BRANI PIÙ INNOVATIVI E SPERIMENTALI, COME “THE SHOOTING STAR”. COME È NATA QUESTA CANZONE?
“Ci ho lavorato per anni. Ricordo di aver fatto una cover dei Beatles dieci anni fa. Cantavo in pulito, con la chitarra acustica, tamburellando le percussioni su un tavolo con le mani. Ho registrato un po’ di demo così e ricordo che mi piaceva moltissimo farlo. Quindi mi sono chiesto: una cosa così potrebbe starci, nei Gojira? Questo sono io. I Gojira, invece, sono un gruppo di persone che aprono il loro cuore. È sempre una sfida mettere ciò che hai nel cuore nella tua musica, ma non farlo significa tradire i fan. Non ci va di fingere, tipo: ‘Hey, guarda qua! Siamo i Gojira! (imita il suono di una chitarra sparatissima in palm mute, ndR)’. No.  Noi siamo noi, abbiamo chiamato la nostra band Gojira ma dobbiamo essere noi stessi, sempre. Quindi, ho iniziato a fare queste cose dieci anni fa e ho registrato un sacco di demo per conto mio, nella mia camera, nelle stanze d’albergo, a volte stando giorni interi su una sola canzone, scrivendo testi assurdi e cantando in pulito. “The Shooting Star” è nata da tutte queste esperienze ed esperimenti”.

L’ALTRO GIORNO ERO AL TELEFONO COL COLLEGA CHE HA RECENSITO “MAGMA” (Giacomo Slongo, ndR) E MI DICEVA DI AVER SEMPRE PERCEPITO DISTENSIONE E PROLISSITÀ COME DEI CARATTERI PECULIARI DELL’ARTE FRANCESE. SI CHIEDEVA QUINDI SE NON ESISTA UN NESSO TRA IL VOSTRO TRASLOCO NEGLI STATI UNITI E LA BREVITÀ DI “MAGMA” – QUARANTACINQUE MINUTI CONTRO L’ORA E DICIASSETTE DI “TERRA INCOGNITA” .
“Il fatto che il disco sia più breve non è il risultato del nostro spostamento negli Stati Uniti: sono stato io a volermi trasferire ed è stato un insieme di cose a spingermi a farlo. Mia madre era nata in America, quindi ho ricevuto una ‘doppia’ educazione: mamma americana, padre francese, ho avuto un po’ di entrambi.  Sono nato in Francia, ma andavo a trovare la mia famiglia negli States quindi, in qualche modo, mi ci sentivo a casa. Alcune delle nostre band preferite sono statunitensi e non è perché sono americani che la loro musica è veloce, non so se mi spiego… Certo, negli Stati Uniti hanno questa cosa per cui la musica è più catchy, più diretta, più facile da capire. Ma c’è molto di buono. Il fatto che mi sia trasferito, che abbia creato lì il mio studio e la mia casa, che ora è a New York, è stato perché ne avevo bisogno dal profondo di me stesso. Avevo bisogno di un cambiamento drastico. Perché avevo entrambi i mondi dentro di me, ma tutto ciò che conoscevo era la Francia. Avevo bisogno di scoprire l’altra parte di me. Il fatto che l’album sia più corto è quasi una reazione all’epicità dei vecchi brani. Stavamo diventando prigionieri di qualcosa di troppo epico. Facevamo dischi di quindici brani, alcuni dei quali molto lunghi, anche solo ascoltare l’intero album diventava impegnativo. Avevamo bisogno di fare qualcosa di più breve. Ma se ci fai caso, la lunghezza dei brani non è cambiata molto: c’è un brano di sette minuti, uno di quattro… Il vecchio materiale è uguale.  ‘Love’, dal nostro primo album, dura quattro minuti e quindici secondi. Non abbiamo fatto brani più corti, ma un album più corto. Invece di quindici brani ce ne sono nove. Questa è la differenza. Ma il risultato è che pubblicheremo un nuovo album un po’ più presto”.

…OH.
“Quindi più o meno avrete la stessa media di canzoni da ascoltare ogni anno (ride, NdR). Comunque credo di aver capito cosa intendeva dire, solo che qui il punto non è tanto la lunghezza dei brani quanto la loro struttura. Ora abbiamo delle strutture più semplici, con ritornelli, strofe, breakdown: questo è ciò che sta accadendo. Quindi è meno epico e progressive. Ma forse ci torneremo”.

O FORSE NO.
“O forse no. Magari faremo una demo con Rihanna!”.

QUELLO SÌ, CHE SAREBBE EPICO.
“(Ride, ndR) Sarebbe interessante, vero?”.

COM’ È STATO FARE TUTTO DA SOLI? AVETE ADDIRITTURA COSTRUITO CON LE VOSTRE MANI LO STUDIO DOVE AVETE REGISTRATO L’ALBUM (il Silver Chord Studio di New York, ndR).
“Penso di essere una persona un po’ fuori di testa. Mi piace fare le cose da solo, sono orgoglioso in modo orribile. È dura per le persone che mi vivono accanto. Anche Mario è molto orgoglioso. Mi piace fare tutto da solo, fin dalle basi. Quando abbiamo iniziato a pensare al disco, invece di sfogliare le pagine gialle alla ricerca di uno studio di registrazione mi sono messo alla ricerca della strumentazione per registrare. Seguo tutto, dalle demo, alle t-shirt, alla copertina del disco… Per il nuovo album volevamo spingerci oltre e dare vita ad un ambiente creativo. Così, anche per la produzione ho preferito fare da me, invece di rivolgermi ad altri. È una cosa che è dipesa da me. Certo, alla fine stavo scoppiando. Alla fine di tutto il processo mi sono preso una vacanza in Jamaica ed ero così stanco che non sono riuscito a godermela”.

PENSI DI DIVENTARE UN PRODUTTORE, UN GIORNO?
“Certamente! Sto già producendo alcune band e penso che sarebbe un piacevole post-Gojira per me, per quando sarò più vecchio”.

COSA C’ È NEL TUO I-POD? E COSA TI È PIACIUTO DELLE USCITE DEL 2016?
“È uscita un sacco di buona musica quest’anno. Parlo sempre di loro perché li sto producendo e ne sono ossessionato: i Car Bomb. Sono una band di New York e sono veramente fantastici. Mi fanno pensare ai Meshuggah sotto l’effetto di funghi allucinogeni! (Ride, NdR) Hanno pubblicato un disco che si intitola ‘Meta’ ed è pazzesco. Per il resto,  ascolto un sacco di cose. Mi piace molto l’elettronica. Sohn, Mogwai, Morrissey, trip-hop inglese, i Radiohead. Ascolto un sacco di musica inglese – tranne le band inglesi che fanno schifo (ride, ndR). Mi è piaciuto molto ‘The Colour In Anything’ di James Blake, che è uscito quest’anno”.

A PROPOSITO DI ATTIVITÀ ‘EXTRA GOJIRA’, PUOI DIRCI QUALCOSA DEI DIPINTI DI MARIO? RECENTEMENTE HA CURATO L’ARTWORK PER IL NUOVO DISCO DEGLI OBSCURE SPHYNX, IN PIÚ SI OCCUPA ANCHE DI ALCUNI ASPETTI VISIVI DEI VOSTRI SHOW…
“Siamo cresciuti in una casa piena d’arte. Mio padre è un pittore, vive di questo lavoro. È più che altro un disegnatore, lavora con inchiostri cinesi ed è estremamente talentuoso. Siamo cresciuti nel suo studio e per noi è stato un esempio. È un grande lavoratore, si alza alle cinque del mattino e lavora tutto il giorno. Quindi abbiamo ereditato questa cosa da lui: non importa se ti senti debole, se sei stanco, se non ne hai voglia, devi lavorare. L’aspetto negativo è che questa cosa ti mette dentro un sacco di pressione. A volte mi sento come se non avessi il diritto di riposare o prendermi una vacanza. Lavoriamo senza sosta. Così, quando in tour abbiamo un day-off, [Mario] dipinge tutto il giorno. Deve sempre fare qualcosa, è come un vulcano. Il titolo di “Magma” è venuto da un sacco di cose diverse, ma anche da questa attività vulcanica che è scaturita da me e Mario mentre costruivamo il nostro studio, registravamo l’album… Ci abbiamo messo dentro tutto questo. È un po’ folle. E lui è sempre in attività, va fuori di testa a forza di dipingere e in tutto questo è uno dei migliori batteristi che abbia visto in vita mia (ride, ndR). A volte sono preoccupato per lui e per la sua salute, perché lavora troppo. Produce moltissimo, dipinge tutto il giorno. Ma tutto è cominciato con lui che si metteva ad un tavolo, prendeva un foglio e ci sputava sopra, ci buttava sopra caffè, colla, che ne so, poi veniva da noi e ci diceva (fa una voce tipo troglodita, ndR): ‘Hey, guardate cosa ho fatto!’. E noi: ‘Ehm, carino…’. Ma è diventato via via più interessante nel corso degli anni. Ha cominciato solo sette o otto anni fa e ora ha un’intera galleria di splendidi dipinti, crea mondi immaginari, esplora tecniche… è impressionante. E assolutamente non si droga! È così dalla nascita!”.

AH-AH. BE’, MA È FANTASTICO CHE SIA COSÌ! CHISSÀ QUANTE PERSONE REPRIMONO LA PROPRIA CREATIVITÀ E NON FANNO CIÒ CHE SENTONO SOLO PERCHÉ SI FANNO PRENDERE DALLE PARANOIE.
“O perché è stato detto loro che non possono fare nulla di eccezionale, che devono essere razionali… Noi abbiamo ricevuto un’educazione grandiosa, i nostri genitori ci hanno sempre sostenuto. Sono sempre stati molto originali: ci hanno dimostrato in modi strani che va bene essere diversi e fare cose folli. Mia sorella è una fotografa e anche ora, in questo tour, è impegnata nella creazione di materiale artistico”.

HAI MAI PENSATO, QUANDO HAI FONDATO QUESTA BAND, CHE UN GIORNO SAREBBE DIVENTATA IL TUO LAVORO A TEMPO PIENO?
“Sapevo che saremmo arrivati da qualche parte. C’era così tanto fuoco in me, all’inizio, che sentivo che mi avrebbe portato da qualche parte o mi avrebbe ucciso. Era qualcosa di fortissimo. Non lo dico per sembrare uno che pensa: ‘Oh sì, sapevo che ce l’avrei fatta’. È solo che sentivo con forza che questa era la mia strada. Suonerò per tutta la vita, non importa cosa accadrà”.

 

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