Come promesso in occasione dell’intervista dello scorso anno, vi presentiamo il resoconto di una nuova chiacchierata con il luminare death metal Luc Lemay, ora che l’attesissimo come-back album dei suoi Gorguts è finalmente disponibile. “Colored Sands” ha largamente soddisfatto tutte le nostre aspettative, rivelandosi opera ispiratissima e colma di spunti innovativi per il gruppo, ed è perciò un grande piacere accogliere nuovamente il chitarrista/cantante canadese sulle nostre pagine. Lemay ha risposto a tutte le nostre domande con la sua proverbiale cordialità, facendo luce sull’origine del nuovo album, sui progetti della band e sulla sua ricca personalità. Insomma, lo abbiamo trovato decisamente in forma e speriamo ora di poterlo rivedere presto in carne ed ossa da queste parti… ovviamente con la sua band al seguito!
COME HAI IMPARATO A SUONARE? HAI SEGUITO DELLE LEZIONI O SEI AUTODIDATTA? RACCONTACI IL TUO BACKGROUND DI MUSICISTA. PENSI CHE SIA NECESSARIO STUDIARE MUSICA PER COMPORRE AD ALTI LIVELLI?
“Sono un chitarrista autodidatta. Ho preso lezioni di pianoforte quando avevo dieci o undici anni e già allora ho iniziato ad avere interesse per la composizione di musica propria. Quando ho avuto modo di iniziare a suonare la chitarra elettrica mi sono però totalmente disinteressato della teoria musicale: ispirato dall’energia del death metal, volevo solo creare un suono che fosse brutale. Poi, quando ho compiuto ventun’anni, ho deciso di imparare a suonare il violino. Trovandomi in continuazione davanti a degli spartiti, ho cominciato a nutrire del nuovo interesse per la teoria: volevo imparare i meccanismi di un’orchestra e comporre musica per quattro, dieci, venticinque o persino cinquanta strumenti. Sono giunto alla conclusione che una laurea al conservatorio non ti rende un compositore. Possedevo la curiosità e l’istinto del compositore molto prima di mettermi a studiare. Una formazione accademica ti mette solo nelle condizioni di avere una visione più critica del tuo operato e di approfondire certi dettagli della composizione, ma essa non ti dona alcuna ispirazione”.
“OBSCURA” È SPESSO CONSIDERATO IL VOSTRO CAPOLAVORO, MA ANCHE IL VOSTRO ALBUM PIÙ COMPLESSO O, PERLOMENO, QUELLO PIÙ DIFFICILE DA ASCOLTARE. GLI ULTIMI DUE LAVORI, INVECE, SONO VAGAMENTE PIÙ ARIOSI E DIRETTI. COME DESCRIVERESTI QUESTA EVOLUZIONE NEL TUO SONGWRITING?
“Non mi trovo molto d’accordo quando la gente sostiene che ciò che è uscito dopo ‘Obscura’ è più diretto di quest’ultimo: secondo me, sia ‘From Wisdom To Hate’ che ‘Colored Sands’ sono dischi ricercati tanto quanto ‘Obscura’. Quando ho composto quest’ultimo stavo cercando di gettare le basi per un nuovo stile e con gli album successivi ho voluto scendere nei dettagli e approfondire il discorso. Personalmente non ritengo i riff di ‘Obscura’ molto più intricati di quelli di ‘Colored Sands’: la vera differenza risiede probabilmente negli arrangiamenti e nelle strutture dei pezzi”.
LA TUA MUSICA RESTA COMUNQUE ALTAMENTE TECNICA. IN OGNI CASO, HAI SEMPRE CERCATO DI PRENDERE LE DISTANZE DA CERTI SFOGGI GRATUITI DI BRAVURA. QUAL È IL SEGRETO PER UNA BUONA CANZONE DEATH METAL, SECONDO TE?
“Secondo me una buona canzone death metal non deve per forza contenere riff super tecnici, con un milione di note al secondo. Il vero songwriting si ottiene curando gli arrangiamenti e le strutture. Faccio sempre attenzione al modo in cui un brano inizia, ad esempio; questo non deve essere identico a quello di un altro pezzo dell’album. Inoltre, è sempre necessario offrire un elemento di sorpresa ad un certo punto: un brano che non cambia mai ritmo può facilmente annoiare. Di nuovo, il segreto sta negli arrangiamenti: la tecnica gratuita non ha mai dato buoni frutti”.
“COLORED SANDS” CONTIENE DELLE CANZONI PIUTTOSTO LUNGHE PER I VOSTRI STANDARD. UNA SCELTA INTENZIONALE? VOLEVI DARE AI RIFF PIÙ SPAZIO PER RESPIRARE?
“Esattamente. Volevo canzoni più aperte e volevo che queste non trasmettessero alcuna sensazione di urgenza. Tutto si sviluppa con calma. Mi è piaciuto molto lavorare su queste strutture di matrice progressive”.
QUANDO COMPONI PENSI DELIBERATAMENTE A DISTANZIARTI DALLA MASSA?
“Quando compongo non penso mai di trovarmi nel mezzo di qualche sorta di competizione. Scrivo semplicemente la musica che mi piacerebbe ascoltare. Quando compongo devo auto-sorprendermi e provare eccitazione. Non potrei mai comporre come se mi trovassi in catena di montaggio. L’elemento di sorpresa è ciò che nutre la mia anima artistica”.
CHE COSA HAI IMPARATO IN QUESTI ANNI DI DEATH METAL? VI SONO DEGLI INSEGNAMENTI CHE TI SENTI DI APPLICARE AD ALTRI ASPETTI DELLA VITA?
“Il death metal mi ha insegnato ad impegnarmi a fondo su un progetto e a lavorare in un collettivo. Ho imparato ad ascoltare il prossimo e a mettere da parte l’ego. Se fai parte di una band significa che sei al servizio della musica: la tua idea non è per forza migliore di quella degli altri. Le decisioni si prendono insieme per il bene dell’arte a cui si sta lavorando”.
A DIFFERENZA DI TANTE ALTRE DEATH METAL BAND DEGLI ANNI NOVANTA, I GORGUTS SONO “INVECCHIATI BENE”. AVETE MANTENUTO IL LIVELLO QUALITATIVO DELLE VOSTRE USCITE MOLTO ALTO E NON VI SIETE MAI RIPETUTI. NE SEI CONSAPEVOLE?
“Come artista, per me è importante guardare avanti. Non vorrei mai comporre lo stesso album due o più volte. Per questo motivo abbiamo sempre impiegato diverso tempo per pubblicare qualcosa di nuovo: se sento di non avere niente di buono da offrire, è meglio dedicarsi ad altro. Io registro qualcosa solo quando sento di avere delle novità da offrire”.
PENSI DI AVERE ANCORA DELLE INFLUENZE ESTERNE? ASCOLTI ALTRA MUSICA OLTRE ALLA TUA?
“Mentre stavo componendo ‘Colored Sands’ ho scoperto la musica dei Porcupine Tree e degli Opeth. Penso che questi ascolti abbiano influenzato il mio recente modo di comporre. Sono anche andato a vedere un concerto dei Porcupine Tree e questa è stata davvero un’esperienza speciale. Ho anche avuto modo di conoscere Steven Wilson in questa occasione. Probabilmente è stata la sua musica a infondere un profondo tocco progressive nelle mie ultime composizioni”.
SECONDO TE QUAL È LA DIFFERENZA PRIMARIA CHE ESISTE FRA IL METAL E CIÒ CHE COMUNEMENTE SENTI ALLA RADIO? PENSI CHE CI SIA ANCORA UN AMPIO DIVARIO TRA TALI CULTURE?
“La maggior parte della musica trasmessa dalle radio è totalmente mainstream. Non è musica fatta per essere ascoltata a casa con le cuffie; la vedo più come qualcosa da ascoltare in sottofondo, mentre ci si trova in un luogo pubblico o bloccati nel traffico. Non è musica in grado di nutrire il tuo intelletto”.
CONSIDERI IL DEATH METAL UNA FORMA D’ARTE?
“Secondo me il death metal è assolutamente una forma d’arte. Scrivere un brano death metal richiede lo stesso impegno necessario per realizzare un’aria per musica da camera. Per quanto mi riguarda, l’attenzione che va riposta nei dettagli è la stessa. L’essenza non cambia, entrambe sono composizioni che devono portarti in un viaggio mentale; la differenza risiede solo nel tipo di strumenti che vengono utilizzati”.
COME VEDI IL PANORAMA METAL ODIERNO?
“Penso che il metal sia una forma d’arte che sta invecchiando molto bene. Non è affatto musica stagnante. Esistono oggigiorno numerosi musicisti che stanno guardando avanti e che continuano a proporre qualcosa di nuovo. Personalmente respiro ambizione e voglia di evolversi”.
TORNANDO AL NUOVO ALBUM, L’ANNO SCORSO A LONDRA MI DICESTI CHE “COLORED SANDS” SAREBBE STATO UN CONCEPT ALBUM…
“Sì, l’idea era quella di realizzare un concept sui mandala tibetani, tuttavia successivamente mi sono reso conto che il progetto sarebbe stato sin troppo impegnativo e forse anche un po’ noioso per alcuni. Ho quindi deciso di concentrarmi sulla cultura tibetana in generale e di affrontare diversi aspetti di quest’ultima”.
IL DISCO È STATO PUBBLICATO DALLA SEASON OF MIST. SEI SODDISFATTO DEL LORO LAVORO SINORA?
“La Season Of Mist è stata la mia prima scelta quando ho lasciato la Century Media. Posso solo dire ottime cose nei loro riguardi: credono nella mia musica e la stanno promuovendo al massimo”.
ORA CHE IL DISCO È FUORI QUALI SONO I PROGRAMMI DELLA BAND?
“Voglio promuovere ‘Colored Sands’ on the road il più possibile. Poi ho in mente di comporre un EP con una singola traccia di circa mezzora. Una volta portato a termine questo progetto sarà la volta di un nuovo full length. Questi sono i miei programmi per il momento”.
SE POTESSI SCEGLIERE LE BAND CON CUI ANDARE IN TOUR, PER CHI OPTERESTI?
“Mi piacerebbe andare in tour con gli Ulcerate. Li trovo un gruppo assai talentuoso. Poi a dicembre saremo in tour con i Nero Di Marte, un’altra nuova band che mi ha colpito parecchio. Infine sarebbe bello tenere qualche show con gli Opeth”.
GRAZIE ANCORA PER L’INTERVISTA, LUC…
“Grazie a voi per avermi dedicato del tempo. E grazie ai fan per il loro supporto e il loro affetto. Ci vediamo in tour!”.