GORY BLISTER – Death metal di rinascita

Pubblicato il 11/10/2023 da

“Reborn From Hatred”, è il titolo del nuovo album dei Gory Blister uscito a inizio settembre. Non ci poteva essere un titolo maggiormente esplicativo, per una formazione entrata in un mezzo cono d’ombra, con ultime prove in studio meno brillanti di quelle che ne avevano consentito l’ascesa nel panorama death metal italiano.
Ai tempi di “Skymorphosis” e “Graveyard Of Angels” si pensava che, forti del loro techno-death metal sporcato di thrash e di album veramente ispirati, il nome del gruppo avrebbe finalmente scavalcato i confini italiani, per diventare una realtà di rilievo anche nel contesto internazionale. Ciò non è avvenuto per una serie di ragioni, come spiegato nell’intervista, mentre negli ultimi anni, nonostante il decadimento qualitativo non sia stato per forza così brusco, sembrava che un certo grigiore avvolgesse la realtà milanese.
“Reborn From Hatred”, in poco più di mezz’ora, rimette i Gory Blister ai piani nobili del death metal tricolore, attraverso una formula inconfondibile ma rinnovata radicalmente per ispirazione, freschezza, entusiasmo e confezionamento sonoro. Un aspetto, quest’ultimo, che va a trascinare in modo decisivo la rinnovata prestanza della band, forte anche di accenti groove abbastanza inediti e fondamentali nel ridare appeal alla formula sonora.
È lo storico chitarrista Raff Sangiorgio, vera anima stilistica del gruppo con la sua brillante e chirurgica rivisitazione degli schemi schuldineriani, a farci entrare nel vissuto del gruppo, scavando volentieri e senza inibizioni nel passato e nel presente di questa ormai veneranda creatura musicale.

SONO PASSATI CINQUE ANNI DAL PRECEDENTE “1991.BLOODSTAINED”, DISCO CHE, LO DEVO AMMETTERE, NON MI ERA PARSO BRILLANTISSIMO, COME GIÀ AVEVO TROVATO SEGNALI DI STANCHEZZA NEL PRECEDENTE “THE FIFTH FURY”. UNA SENSAZIONE SPAZZATA VIA IMMEDIATAMENTE DALLE PRIME NOTE DEL NUOVO ALBUM, DOVE VI HO RITROVATO TIRATI A LUCIDO, AFFAMATI E SCATTANTI COME NON VI CAPITAVA DA TEMPO. VOLEVO QUINDI PARTIRE DA QUESTA MIA IMPRESSIONE PER CHIEDERVI SE PER VOI, EFFETTIVAMENTE, GLI ULTIMI DUE ALBUM, RISENTITI OGGI, FOSSERO LEGGERMENTE ‘SCARICHI’, OPPURE RIMANETE SODDISFATTI DI QUANTO REALIZZATO.
– Ciao Giovanni, ti ringrazio per questa intervista e saluto con affetto tutti i lettori di Metalitalia, grazie per il vostro supporto!  Il nostro nuovo album “Reborn From Hatred” è un album molto solido, sia dalla prospettiva della produzione che del songwriting. Ci sono inoltre alcune sfumature negli arrangiamenti che lo rendono dinamico e non ripetitivo.
Così come accaduto per “Reborn From Hatred”, per ogni nostro album ci sforziamo di dare a chi ascolta un’esperienza uditiva che suoni compatta ma nel contempo varia, senza uscire dal genere che suoniamo. Pertanto, riascoltando i nostri precedenti lavori, non ho la sensazione di una band scarica, tutt’altro. Ascoltando i vecchi album, mi sovviene quasi sempre un ghigno di compiacenza perché, emotivamente, mi ricordo il fuoco e la passione che ci ho messo dentro, per scrivere, arrangiare e produrre quelle canzoni.
L’unica critica che mi sento di fare ai nostri precedenti album è sotto l’aspetto della produzione: in pratica, da “Skymorphosys” in poi i nostri dischi suonano simili tra loro, e non si percepisce una crescita nella produzione, una crescita che invece penso vi sia stata nel songwriting. Per questo motivo, forse, gli album più recenti ti sembrano scarichi, probabilmente perchè la produzione non ha valorizzato al cento per cento il nostro lavoro sulle canzoni.
Si tratta di un aspetto da non sottovalutare: per questo motivo, con la nuova line-up, perchè in pratica dal 2020 siamo una band nuova band a tutti gli effetti, abbiamo deciso di cambiare il team di produzione e fare nuove esperienze. “Reborn From Hatred” è stato mixato nel Fascination Street Studio in Svezia, da Ricardo Borges, che fa parte del team di Jens Bogren, con il quale sono stati mixati importanti album di Kreator, Sepultura, Amorphis, Meshuggah e tantissimi altri. Il mix questa volta è stato un valore aggiunto, che ha effettivamente valorizzato le canzoni e i loro contenuti, dandone la giusta dimensione e potenza. Mi fa piacere che tu l’abbia notato subito, come scrivi, ‘fin dalle prime note’: posso solo dirti, grazie!

RESTANDO AI CINQUE ANNI TRASCORSI DA “1991.BLOODSTAINED” E “REBORN FROM HATRED”, MI PARE CHE SIANO PASSATI PRIMA IN UNA CONDIZIONE DI VERA PAUSA, QUINDI IN UNA FASE DI RIORGANIZZAZIONE INTERNA PIUTTOSTO IMPORTANTE, CHE HA PORTATO ALL’ATTUALE FORMAZIONE A TRE ELEMENTI. VI VA DI RACCONTARCI COSA È ACCADUTO E COME È AVVENUTA QUESTA ‘RINASCITA’, ANNUNCIATA PERALTRO NEL TITOLO STESSO DEL NUOVO DISCO?
– In effetti abbiamo suonato poco dal vivo per promuovere “1991.Bloodstained”, ma per ragioni che non dipendevano dalla band: fosse dipeso da noi, avremmo suonato ovunque. Questo ha fatto pensare ad un periodo di pausa, ma che in realtà non c’è stato, eravamo attivi al cento per cento. C’è stata poi la pandemia, sun momento che ci ha forzato ad una  riorganizzazione molto importante,  portandoci ad una rinascita a tutti gli effetti.
“Rinascita” è la parola che meglio descrive il nostro percorso, il racconto emotivo della volontà di andare avanti, nonostante le persone, nonostante gli eventi. La musica è la nostra forza, ed abbiamo fatto in modo che venisse fuori più forte che mai. Durante la pandemia ed il conseguente lockdown, Joe, il nostro precedente batterista, fondatore della band nel 1990, che da tempo dava segnali di insofferenza e perdita di motivazione, ha lasciato senza preavviso la band e Milano (dove risiedeva insieme alla band), per tornare a vivere in Puglia: e dopo poco tempo anche Fabiano, il nostro bassista, ha lasciato non solo la band, ma la musica in generale, per dedicarsi a tempo pieno ai campionati amatoriali di Motorsport.
Ci siamo guardati negli occhi io e John, il cantante, e ci siamo chiesti cosa avessimo intenzione di fare. Lasciare che andasse tutto in malora, oppure alzare la testa e combattere per rimettere tutto al posto giusto? Abbiamo scelto di andare avanti a testa alta, per ritornare a far musica ad alto livello.  Abbiamo cercato un nuovo batterista, lo abbiamo trovato per fortuna in poco tempo nella persona di Gianluca D’Andria. Fortunatamente per noi, ha sposato immediatamente la nostra causa e si e messo al lavoro con forte motivazione e determinazione.

CON “REBORN FROM HATRED” SI AVVERTE UNA RINNOVATA VOGLIA, COME SE VI FOSTE SCROLLATI DI DOSSO PREOCCUPAZIONI E TENSIONI PER RIPARTIRE CON FRESCHEZZA E MAGGIORE DISTENSIONE. C’È QUALCOSA EFFETTIVAMENTE DI DIVERSO IN COME SONO STATE ELABORATE LE NUOVE CANZONI, OPPURE SI È TRATTATO SEMPLICEMENTE DI UN PERIODO DI ISPIRAZIONE COME NON NE INCONTRAVATE DA TEMPO?
– Hai colto nel segno, inevitabilmente questo cambio di line-up è stato più importante dei precedenti occorsi in passato, perché è andato via non solo colui che era il fondatore della band, ma anche il suo batterista, che nel death metal ha un ruolo fondamentale per la riuscita delle canzoni. Di diverso, oltre ad un nuovo batterista, determinante per gli arrangiamenti, e quindi lo stile delle canzoni, c’è che abbiamo iniziato a comporre senza un canovaccio da seguire, ma seguendo solo istinto, passione e divertimento.
L’aspetto del divertimento è stato fondamentale; se un riff o un arrangiameto non ci divertiva, non ci lavoravamo e basta, senza farci elucubrazioni mentali o filosofiche sulla questione. Se non ci divertiva, voleva dire che non funzionava, e si passava alla parte successiva, senza problemi. Questo approccio forse è stato il vero spartiacque con il passato. Ascolatndo il risultato finale, personalmente, credo che sia stata la scelta e l’approccio migliore, ha fatto una bella differenza sulla riuscita del disco.

COSA PENSI POSSA AVERE DI SPECIALE E INTRIGANTE, OGGI, UN DISCO COME “REBORN FROM HATRED”? DA FAN DEL DEATH METAL, PONENDOVI NELLA PROSPETTIVA DI SEMPLICI ASCOLTATORI, QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE PENSATE POSSANO CATTURARE L’IMMAGINARIO DI UN FAN DEL DEATH METAL?
– “Reborn From Hatred” contiene quegli elementi che personalmente ricerco nell’ascolto di un album death metal, sopratutto oggi, che esistono centinaia di band death metal ma che, purtroppo per loro, suonano quasi tutte uguali e con una personalità artistica difficilmente distinguibile. Pertanto, da ascoltatore, faccio fatica a trovare quelle caratteristiche che mi rendono un gruppo intrigante, ed a riconoscermi in esse. Credo, senza macchiarmi di presunzione, che “Reborn From Hatred” contenga  gusto e personalità sia nel riffing di chitarra, che negli arrangiamenti di insieme con batteria, basso e voce.
È inoltre presente quell’effetto sorpresa che fa venir voglia di riascoltare una o più canzoni, o dei passaggi in particolare che colpiscono, senza essere prolissi o ripetitivi. Caratterische che, per citare qualche grande album del genere, si possono trovare in album come “Symbolic” dei Death o “Heartwork” dei Carcass, tanto per dare un’idea di massima.

TRA I DIVERSI ASPETTI POSITIVI DEL DISCO E UNA QUALITÀ CHE PERALTRO AVETE SEMPRE AVUTO IN CARRIERA, È LA SUA IMMEDIATEZZA NONOSTANTE LA RICCHEZZA DI SOLUZIONI E IL TECNICISMO, SOPRATTUTTO DI CHITARRA E BATTERIA. MI PARE VI SIA ANCHE PIÙ GROOVE DEL SOLITO, CON LA PRESENZA DI ALCUNE SEZIONI MARTELLANTI E COINVOLGENTI IN MISURA MAGGIORE RISPETTO AL PASSATO.
RITENETE ANCHE VOI CHE VI SIA UNA CERTA ORECCHIABILITÀ DI FONDO, CHE ABBIA PORTATO AD AVERE BRANI PARTICOLARMENTE D’IMPATTO?
– Certamente! Sono lieto che questa caratteristica si palesi con una certa evidenza in “Reborn From Hatred”. La ricchezza di soluzioni veicolate nell’immediatezza sono il nostro trademark, ed abbiamo sempre fatto molta attenzione affinchè fosse cosi, puntando sull’immediatezza per evitare di essere prolissi, rischio che si corre quando si suona in modo molto tecnico. Il classico groove in stile martello è un elemento che in passato abbiamo utilizzato poco, per scelta, in modo da non assomigliare ad altre band. Questa volta, e probabilmente anche in futuro dato che questo approccio alla scrittura ci ha convinto, abbiamo deciso di portare gli arrangiamenti verso una certa orecchiabilità, dando spazio anche ad un riffing piu’ groovy.

IL FIORE ALL’OCCHIELLO DELLA PROPOSTA DEI GORY BLISTER PENSO SIA SEMPRE STATO LO STILE CHITARRISTICO, MOLTO VICINO NELL’IMPOSTAZIONE A QUELLO DI CHUCK SCHULDINER E PIÙ IN GENERALE ALLINEATO A UN MODO DI SUONARE E INTERPRETARE IL GENERE RADICATO NEI PRIMI ANNI ’90.
COME SI RIESCE OGNI VOLTA A RINNOVARSI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, PUR MANTENENDOSI FEDELI A DETERMINATI CANONI STILISTICI?
– Non esiste una formula o delle regole per restare attuali e quindi rinnovarsi nel modo di suonare, nonostante il trascorrere degli anni. Presumo, ma questo giudizio è soggettivo, o quantomeno credo possa valere per me, che avere l’apertuna mentale per ascoltare con attenzione altri generi musicali aiuti molto, e forse potrebbe aver contribuito nel tempo ad essere vigile nei confronti dei cambiamenti musicali che si sono susseguiti negli anni, non solo nel metal, permettendomi di non sembrare anacronistico nel modo di suonare. Si tratta di un lavoro che continuo a fare su me stesso.
Ho iniziato da autodidatta all’età di quattordici anni. Tra fine anni ‘80 e gli anni successivi, fino al ‘98 circa, ci sono stati anni molto proliferi in termini di qualità musicale e creatività nel metal, fuori dal metal e nel contesto chitarristico: un periodo che mi ha forgiato e dal quale ho attinto e continuo ad attingere molto. Chuck Schuldiner resta per me un punto di riferimento importante, così come altri grandi chitarristi che hanno contribuito all’evoluzione della musica nel tempo. Ma quando scrivo ed arrangio musica, faccio in modo che le mie influenze non siano un limite ma un valore. Quantomeno, ci provo!
UN ELEMENTO DI (PARZIALE) ROTTURA COL PASSATO È RAPPRESENTATO DAI PATTERN DI BATTERIA, AD OPERA DEL NUOVO ENTRATO GIANLUCA D’ANDRIA. SI PERCEPISCE UNO STILE DIFFERENTE RISPETTO AL SUO PREDECESSORE, VOLEVO SAPERE SECONDO VOI QUALI SIANO LE PECULIARITÀ DI GIANLUCA RISPETTO A JOE LA VIOLA E COME QUESTO ABBIA CONTRIBUITO ALLA BUONA RIUSCITA DEL DISCO.
– La differenza di stile tra Gianluca e il suo predecessore Joe La Viola si fa evidente attraverso i pattern ritmici e le scelte percussive. Gianluca ha un approccio più diretto e incisivo, una maggiore enfasi sul groove e sulla dinamica. Il suo approccio diretto ha contribuito alla rinnovata energia che si avverte nell’album, portando nuove prospettive alla composizione delle canzoni. Credo che questa variazione nello stile di batteria abbia contribuito alla dimensione dell’album, facendo sì che risaltasse rispetto ai lavori precedenti della band.

LE FONTI DI ISPIRAZIONE PAIONO SEMPRE QUELLE CHE SIAMO ABITUATI A CONOSCERE DA PARTE VOSTRA, VALE A DIRE LA PASSIONE PER IL DEATH PIÙ TECNICO ED ELABORATO DELLA PRIMA METÀ DEGLI ANNI ’90, MISCELATO A COPIOSE DOSI DI THRASH.
NELL’ULTIMA DECINA D’ANNI IL DEATH METAL È FIORITO DI TUTTA UNA SERIE DI VISIONI E CONTAMINAZIONI CHE L’HANNO PORTATO NELLE DIREZIONI PIÙ DISPARATE: C’È QUALCOSA DI TUTTO QUESTO NEI VOSTRI ASCOLTI, OPPURE RIMANETE TUTTO SOMMATO ANCORATI AI ‘CLASSICI’ DEL SETTORE?
– Sicuramente c’è una parte di me che è sempre attenta alle novità nel panorama musicale e del death metal in particolare. Come ho detto in precedenza, quando ascolto nuove produzioni cerco di individuare gli elementi emotivi e tecnici che rendono una canzone o un album degno di essere riascoltato più volte. Nonostante le varie direzioni prese dal genere nel corso degli anni, riesco a trovare quegli elementi che mi colpiscono. La nostra band è radicata nei classici del settore, ma ci impegniamo a non suonare come una sorta di richiamo al passato. Vogliamo che la nostra musica sia rilevante anche nell’attuale panorama musicale.
Ciononostante, non siamo chiusi alle influenze delle nuove band che riteniamo valide. Se queste influenze possono arricchire positivamente la scrittura delle nostre canzoni, siamo aperti a farle convergere nel nostro stile. In sostanza, mentre manteniamo un legame con i classici che hanno definito il genere, siamo disposti ad abbracciare elementi nuovi e validi che possono contribuire a rendere la nostra musica attuale e interessante per gli ascoltatori di oggi.

IL DEATH METAL NEGLI ANNI 2000 È DIVENUTO UN GENERE PROGRESSIVAMENTE PIÙ POPOLARE E GODE TUTT’OGGI DI OTTIMA SALUTE.
AVETE QUALCHE RIMPIANTO PER NON ESSERE RIUSCITI A DIVENTARE PIÙ POPOLARI E IMPORTANTI ALL’INTERNO DELLA SCENA? C’È STATO UN PERIODO IN CUI AVETE PENSATO SI POTESSE FARE UN PICCOLO SALTO IN AVANTI IN TERMINI DI AMPIEZZA DELL’AUDIENCE, OPPURE SIETE STATI CONSAPEVOLI DI NON POTER USCIRE DAL NORMALE CIRCUITO UNDERGROUND?
– Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009, abbiamo avuto un’opportunità di diventare più popolari. Mi riferisco specificamente alla fase che va dall’album “Skymorphosis” a “Graveyard Of Angels”, due lavori prodotti dalla Mascot Records. Questo periodo ci ha anche permesso di intraprendere un tour europeo di rilievo, che ci ha conferito una discreta visibilità. Tuttavia, non si è verificato il grande salto che forse ci aspettavamo e, sinceramente, non sempre ci è stato chiaro il motivo di ciò. Ciò potrebbe essere stato influenzato da una serie di fattori, alcuni dei quali possono sfuggire alla nostra comprensione.
La natura mutevole dell’industria musicale e le dinamiche delle preferenze degli ascoltatori possono avere un impatto significativo sulla visibilità e sulla popolarità di una band. Nonostante non si sia verificato un grande cambiamento nel livello di popolarità, il nostro impegno nel creare musica autentica e appassionante è rimasto costante, indipendentemente dal circuito in cui ci troviamo.

SIETE IN GIRO ORMAI DA OLTRE TRENT’ANNI. GUARDANDO INDIETRO, QUAL È IL PRIMO PENSIERO CHE VI VIENE IN MENTE SUL VOSTRO OPERATO? QUALE PENSATE SIANO STATI I MOMENTI MIGLIORI NELLA VITA DEL GRUPPO?
– In termini di momenti più significativi, penso al periodo che va dal 2005 al 2009 come uno dei migliori nella nostra storia. Durante quegli anni abbiamo avuto l’opportunità di lavorare su progetti importanti, come gli album “Skymorphosis” e “Graveyard Of Angels”, che ci hanno dato visibilità e l’opportunità di intraprendere un tour europeo significativo. È importante sottolineare che la storia di una band è fatta di alti e bassi, e non possiamo prevedere cosa ci riservi il futuro. C’è sempre la possibilità che nuovi momenti migliori si presentino, speriamo che la nostra musica continui a evolversi e a raggiungere coloro che la apprezzano.

TORNERETE A BREVE SUI PALCHI? VI MANCA IL POTER AVERE UN’ATTIVITÀ LIVE PIUTTOSTO ASSIDUA?
– Assolutamente sì, suonare dal vivo è parte integrante della nostra natura come band. La connessione con il pubblico e l’energia che si scatena sul palco sono esperienze uniche e irripetibili. Abbiamo la speranza che con il nostro ultimo lavoro, “Reborn From Hatred”, potremo avviare un percorso live più intenso e costante. Speriamo di avere l’opportunità di portare la nostra musica a un pubblico appassionato ovunque sia possibile. La dimensione live è fondamentale per noi, non vediamo l’ora di poter tornare a condividere la nostra musica con tutti gli appassionati che ci seguono.
 
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