Poche volte come in questo caso il titolo di un album è indicativo dello stato d’animo della band stessa. ‘Firebirth’, ‘nascita dal fuoco’, una frase che dà il senso di qualcosa di fresco, di nuovo, ma ottenuto a grande prezzo, sacrificando nelle fiamme dell’esistenza quanto si ha di più caro. E i Gotthard nelle fiamme ci sono passati, lasciandosi dietro un caro amico, ma uscendo da questo inferno più leggeri, ripuliti, con la mente libera ed in grado di proporci un album che cerca in tutti i modi di recuperare l’energia e i sentimenti che caratterizzavano gli esordi della band. Con questa intervista, rilasciata ai microfoni di Metalitalia.com, seguiamo il chitarrista Leo Leoni in questo viaggio attraverso il fuoco…
E’ SEMPRE UN PIACERE DARE IL BENTORNATO AD UN BAND ALLA VIGILIA DI UN USCITA DISCOGRAFICA, MA NEL VOSTRO CASO LO E’ ANCORA DI PIÙ! CI RACCONTI LE TUE SENSAZIONI, ALL’ALBA DI QUESTA IMPORTANTE RELEASE?
“Di che sensazione vuoi sentire? Hai qualche aspettativa? No dai, scherzi a parte, il momento attuale è per noi positivo, perché stiamo ricominciando a recuperare il terreno che avevamo perso dopo l’incidente. E’ bello poter presentare ai fan qualcosa di nuovo, e soprattutto è bello poterlo fare con il sorriso sulle labbra. Certamente, rispetto alle nostre vecchie uscite la sensazione generale è forse un po’ strana, diciamo, ma siamo comunque contenti di essere qui, con questo nuovo prodotto intitolato ‘Firebirth’; un bellissimo disco di cui siamo davvero molto contenti. Ora non resta che vedere la critica come lo accoglierà, e sopratutto cosa ne diranno i fan”.
LEGGENDO QUA E LA’ ABBIAMO VISTO COME I FAN SIANO DAVVERO TUTTI FELICI DELLA VOSTRA DECISIONE DI CONTINUARE. PERÒ PER VOI COMPIERE QUESTA SCELTA NON DEVE ESSERE STATO FACILE… VUOI SPIEGARCI COME E’ MATURATA L’INTENZIONE DI CONTINUARE, ANCHE DOPO LA SCOMPARSA DI STEVE? RIESCI AD IDENTIFICARE UN MOMENTO PRECISO IN CUI HAI AVUTO LA CERTEZZA CHE STAVATE FACENDO LA COSA GIUSTA?
“Ma, sai, penso che alla fine i momenti di cui parli siano stati più di uno. Dopo quello che era successo, ci siamo presi una pausa riflessiva per capire come ci sentivamo a riguardo, ed un momento importante in tutto ciò è stato quando ci siamo trovati, tutti e quattro assieme, con la precisa domanda da porci: ‘cosa facciamo?’ Ci siamo quindi guardati negli occhi e penso che sia stato in quel momento che abbiamo deciso, dentro di noi, che era giusto andare avanti. E per due motivi ben precisi, ti dirò. Il primo è che se invece di succedere a Steve l’incidente fosse accorso a qualcun altro di noi, i Gotthard avrebbero comunque continuato. E quindi era giusto farlo anche noi. La seconda cosa, forse più importante, è che nessuno di noi, in primo luogo Steve stesso, avrebbe voluto chiudere la bella carriera dei Gotthard con un capitolo così triste. Rispondendo a queste domande abbiamo capito che era giusto continuare”.
CI SONO STATI PERÒ ANCHE DEI MOMENTI INVECE IN CUI HAI REALMENTE CREDUTO CHE TUTTO ERA FINITO?
“Tutto era finito è un concetto troppo forte… E’ relativo. Tutto è niente e niente è tutto, potrei dirti. Poi, beh, è chiaro che quando perdi qualcuno con cui hai lavorato metà della tua vita, questo ti fa riflettere almeno un po’. D’altro canto accanto a me c’erano anche altri musicisti che hanno lavorato con me per almeno metà della mia vita… ed è anche nel rispetto di loro che aveva senso continuare. E così è valso per tutti, almeno credo”.
ALDILA DI TUTTI QUESTI DISCORSI, QUALI SONO GLI ASPETTI DELLA MUSICA IN SE CHE VI HANNO CONVINTO A CONTINUARE?
“Non ci sono aspetti precisi della musica che ci convinto a continuare. E’ stata la musica stessa ad averci convinto, non solo un suo aspetto. Penso che la gente si renderà conto di quanto essa la musica importante solo quando essa non ci sarà più. Ed è una cosa che penso non succederà mai, tra l’altro”.
ASCOLTANDO LE TRACCE DI “FIREBIRTH” E’ POSSIBILE ACCORGERSI DI UN RITORNO ALLE SONORITA’ CRUDE E VISCERALI DEL PASSATO, ALL’HARD ROCK CHE SI SENTIVA SUL PRIMO DISCO “G.”. ERA UNA VOSTRA IDEA FIN DAL PRINCIPIO O SI TRATTA DI UNA NATURALE EVOLUZIONE DEL VOSTRO SOUND?
“No, non era la nostra idea fin dal principio. Non avevamo idee musicali, se per questo. Eravamo solo convinti che ‘Firebirth’ dovesse rappresentare la rinascita dei Gotthard, o quanto meno un capitolo completamente nuovo. Dovevamo fare pulizia in tutto quello che era successo, e l’unico modo era scavare nelle nostre origini, tornare a quello stato d’animo che avevamo quando tutto è cominciato. Per poter rinascere da esso, appunto. Di conseguenza, l’unica idea fissa era quella di ricercare nelle nostre origini gli stati d’animo per quest’album, e questo ha fatto si che ovviamente il disco sia risultato rock e pieno di energia. Ed è giusto così. Noi abbiamo bisogno di energia, i nostri fan hanno bisogno di energia, dopo tutto quello che è successo, che ha tolto energia un po’ a tutti. Era importante trovare questa energia, e da qui deriva il sound che dici tu. Comunque mi preme sottolineare che ‘Firebirth’ non è solo rabbia e durezza, ha invece tanti colori e tante sfumature diverse. Questi colori, provenienti anche dalla produzione più recente, li abbiamo mantenuti e questo rende ‘Firebirth’ un disco attuale. Penso che esso rappresenti un buon punto di riferimento per il nostro futuro”.
DIAMO UN PO’ DI RIFLETTORI ANCHE A NIC MAEDER, IL NUOVO CANTANTE… COME SIETE ENTRATI IN CONTATTO? SAPPIAMO CHE E’ SVIZZERO, MA PARE CHE VIVESSE IN AUSTRALIA PRIMA DI ENTRARE NEI GOTTHARD… NON E’ UN PO’ STRANO?
“Tutto è nato grazie ad un amico che avevamo in comune. A noi ha raccontato che Nic era in cerca di un audizione, mentre a lui ha detto che stavamo cercando di contattarlo, cose che tra l’altro non erano del tutto vere. Però quello che ha fatto per fortuna ha poi fatto sì che ci fosse un incontro tra di noi e che Nic accettasse di venire in Svizzera per una prova. Piano piano è cominciato tutto… ci siamo incontrati, abbiamo cominciato a parlare di musica, e poi lui ha fatto l’audizione… insomma, tutto è andato avanti da lì. Non è stata una cosa breve, Nic ha fatto avanti e indietro dall’Australia per un po’ di volte… ci è voluto il suo tempo, insomma. Ma adesso siamo qui”.
SE DOVESSI SCEGLIERNE UNA CARATTERISTICA CHIAVE DI NIC, QUALE DIRESTI CHE E’ QUELLA CHE HA FATTO SCATTARE DEFINITIVAMENTE LA SCINTILLA FRA DI VOI?
“L’aspetto umano ha ricoperto un ruolo molto importante. Parlare con Nic sembrava come parlare ad un amico, ad un compagno, e questo succede molto raramente nella vita. Questo penso che sia stato molto importante per noi. Poi penso che ci sia piaciuto anche come si è comportato nei nostri confronti: si è sempre messo in una posizione di grande rispetto, nei confronti nostri e della posizione che avrebbe dovuto ricoprire nei Gotthard. Sì, sono convito che il lato umano abbia rappresentato una grande fetta delle motivazioni che ci hanno portato a unire i nostri percorsi. Poi, ovviamente, anche il lato musicale ha giocato la sua parte. Se ora si trova al microfono dei Gotthard significa che aveva delle qualità anche in quel senso, altrimenti ora non sarebbe qui”.
SAPPIAMO CHE NIC NON HA SOLO CANTATO SU “FIREBIRTH” MA HA ANCHE APPORTATO UNA VENTATA COMPOSITIVA NOTEVOLE CON IL PROPRIO SONGWRITING. E’ VERO QUESTO?
“Sì, certamente. Quasi tutti i pezzi sono stati composti in sessioni cui era presente anche lui, quindi la sua firma c’è, parzialmente o in toto, su quasi tutti i pezzi. E poi la parte compositiva era uno degli step fondamentali delle audizioni che abbiamo tenuto per Nic: qui ha dovuto effettuare delle sessioni di songwriting prima ancora di sapere se era nella band o meno. Tra l’altro, ben quattro dei brani che sono usciti da quella audizione sono poi finiti sull’album! Se non è questo un segno evidente di quanto bene ci siamo trovati fin da subito… Comunque una cosa che ci ha stupito è che lavorare con lui non è risulato poi così diverso rispetto a lavorare con Steve. Sono state tante le cose che hanno funzionato senza sforzo… tutte queste, insieme alle caratteristiche che ti dicevo prima, ci hanno in definitiva convinto che era la persona per noi”.
AVETE LAVORATO CON PAUL LANI IN SEDE DI PRODUZIONE… VECCHIA CONOSCENZA, AVEVA GIA’ LAVORATO CON VOI PROPRIO PER “G.” E ANCHE SU “HOMERUN”… LA SCELTA E’ STATA MOTIVATA DA QUESTA VOLONTA’ DI TORNARE AL SOUND DELLE ORIGINI?
“Ma, sai, Paul Lani ha lavorato anche su altri album oltre quelli che dici tu… Anche su ‘Human Zoo’ e ‘Open’ ,solo per dirne alcuni. Erano tanti anni che avrei voluto produrre qualcosa non lui, non solo servirmi delle sue qualità da fonico, ed è successo che dopo l’incidente di Steve è stato lui a dirmi che avrebbe voluto tanto far parte anche lui del nostro ritorno. Ovviamente sono stato felicissimo di questa proposta! E’ stato molto bello produrre qualcosa assieme, curare insieme anche l’aspetto artistico e non solo quello tecnico della registrazione. E’ stato molto interessante lavorare con lui”.
SI E’ DETTO CHE IN ALCUNE PARTI AVETE DECISO DI LAVORARE SENZA CLICK DI SORTA… QUESTO MODO PIU’ DIRETTO E LIVE ORIENTED DI LAVORARE VI HA AIUTATO?
“Beh, siamo tornati a lavorare come un tempo! Durante l’intervista abbiamo citato numerose volte ‘G.’, era il nostro primo album e a quei tempi non si usava il click! Si lasciava spazio alla musica, alle emozioni… C’è un batterista che da il tempo, e poi via, si parte tutti assieme. Anche in questo senso siamo tornati alle origini, e questa è tutta farina del sacco di Paul Lani, che ci ha spinto fermamente in questa direzione. Gliene siamo grati, infatti, perché era quello che ci voleva per recuperare le emozioni di cui ti parlavo prima. E poi chi l’ha detto che si deve lavorare per forza con l’editing e il click per fare un buon disco rock?”.
PENSI CHE QUESTA MAGGIOR NATURALEZZA NELLA REGISTRAZIONE VI RENDERA’ PIU’ FACILE IL LAVORO NELLA RIPROPOSIZIONE DAL VIVO DEI NUOVI PEZZI?
“Ti sembra che abbiamo mai avuto problemi nell’esecuzione dal vivo (ride, ndR)? No, dai, scherzi a parte, abbiamo lavorato come sempre, e i nostri pezzi sono sempre stati adatti ad essere ripresentati dal vivo. Non penso che avremo problemi nemmeno questa volta ma, comunque, per rispondere alla tua domanda, forse le canzoni nuove risulteranno nell’attitudine un po’ più simili a quelle da disco rispetto a qualche pezzo preso da ‘No Need To Believe’ o ‘Domino Effect’, dove la produzione era effettivamente abbastanza grossa. Ma è tutta qui la differenza”.
POSSIAMO IMMAGINARE CHE DURANTE I CONCERTI SARANNO IN MOLTI A CHIEDERE LE CANZONI DI STEVE… “HEAVEN” E’ SICURAMENTE UNA DI QUESTE. PENSI CHE SUONERETE QUESTI PEZZI O ANCORA RICORDANO TROPPO IL VOSTRO SCOMPARSO AMICO?
“Ci sono pezzi che faremo e pezzi che escluderemo, e ancora pezzi che non abbiamo ancora deciso. E’ ancora presto per dire cosa finirà in scaletta, o forse sono io a non volertelo dire. Sicuramente dobbiamo fare un tour promozionale per il nuovo disco e siamo qui per presentare il futuro e non il passato. Il passato comunque ci appartiene e non ci dimenticheremo di esso e nemmeno di Steve, ma è giusto che andiamo avanti con la nostra strada. Comunque, è successo ad altre band… gli AC/DC suonano ancora i pezzi con Bon Scott alla voce, no? Vedrete come andrà ai nostri concerti…”.
COMUNQUE, RIGUARDANDO INDIETRO A TUTTI QUESTI TRENTA ANNI DI ROCK’N’ROLL, VISSUTO E SUONATO… COME TI SENTI? REALIZZATO? O PENSI CHE TI MANCA ANCORA QUALCOSA? C’E’ ANCORA MOLTO DA DIRE PER I GOTTHARD?
“Dopo gli ultimi ragionamenti che abbiamo fatto, siamo tutti convinti che ci sia davvero ancora molto da dire. Faremo in modo che questo libro che abbiamo cominciato venti anni fa rimanga aperto con nuovi capitoli e non si chiuda con quello triste della scomparsa di Steve. Di questo sono convinto al 100% ”.