In alto le spade, fiato alle cornamuse perché i guerrieri di Scozia sono tornati. In realtà, è noto a tutti, i Grave Digger provengono dalla Germania, ma quattordici anni dopo la pubblicazione di “Tunes Of War”, i becchini tornano a parlare della patria di William Wallace. “The Clans Will Rise Again” però, non va visto come un semplice sequel, perché Chris Boltendahl e compagni sin dall’inizio hanno confermato la loro volontà di pubblicare un disco con una vita ed una personalità propria e slegata dal loro best seller. Proprio con il leader e cantante ci parla del ritorno di una band che sembra non invecchiare mai.
A QUASI QUINDICI ANNI DA “TUNES OF WAR”, HAI DECISO DI TORNARE A PARLARE DELLA SCOZIA. COME MAI QUESTA SCELTA?
“So che alcuni non ci crederanno, ma tutto è nato quasi per caso. Lo scorso Natale io e gli altri membri della band ci siamo trovati a cena e, tra una chiacchiera e l’altra, abbiamo iniziato a parlare di ‘Tunes Of War’, ad oggi il nostro maggior successo discografico. Continuando il discorso abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato bello parlare di nuovo della Scozia, ma in termini differenti rispetto a quanto fatto sul vecchio disco. Così, alla fine della sera, ho lanciato l’idea di scrivere un disco che parlasse nuovamente di queste tematiche, e gli altri ragazzi si sono dimostrati entusiasti. Ho però voluto precisare sin dall’inizio che non volevo dare alle stampe un ‘Tunes Of War Part 2’, non mi piacciono queste operazioni così lontane dai fan e vicine al music business. A parte l’utilizzo delle cornamuse e le atmosfere epiche, ‘The Clans Will Rise Again’ possiede un’anima e sonorità proprie, non paragonabili al nostro vecchio disco”.
QUAL E’ STATO IL TUO APPROCCIO NEL COMPORRE I TESTI?
“Come ho detto, non volevo ripetere quanto fatto su ‘Tunes Of War’, e questa volta ho scritto dei testi più mitologici e fantastici, meno storici. Ho letto e studiato molto per documentarmi, inoltre mi ha aiutato parecchio un amico che è professore universitario di storia. Abbiamo parlato molto insieme e mi ha raccontato diverse leggende legate alla Scozia. ‘The Clans Will Rise Again’ è un disco che vive di luce propria, non si deve aggrappare a fantasmi del passato”.
PERSONALMENTE COSA TI ATTRAE DELLA TERRA SCOZZESE?
“Mi ha colpito molto la storia della lotta che gli scozzesi hanno intrapreso per la loro indipendenza. Certo, so che non è l’unico caso al mondo, ma avendo potuto visitare quel Paese, qualcosa mi è rimasto nel cuore. Saranno i castelli, il verde, i paesaggi o l’alone di atmosfera e di antico che ancora aleggia su quella Terra, ma la Scozia mi ha conquistato”.
COSA PUOI DIRCI INVECE DELL’ABBANDONO DI MANNI SCHMIDT E DELL’ARRIVO DI ALEX RITT?
“Non c’è molto da dire, io e Manni abbiamo avuto problemi di carattere prettamente personale. Manni non era soddisfatto di alcune mie scelte di gestione della band, mentre a me non sono andati giù alcuni suoi comportamenti nei miei confronti. Purtroppo non siamo riusciti a sanare le nostre divergenze e negli ultimi mesi insieme le cose sono degenerate. Fortunatamente, dopo uno show che a settembre abbiamo fatto in Messico, Manni è venuto da me dicendomi che voleva lasciare la band. Io ho accettato sin dall’inizio la sua decisione, perché se non l’avesse presa lui, sarei stato io a dirgli di andarsene. In un successivo periodo di vacanze mi sono ritrovato a pensare al successore di Manni. Devo dire che quasi subito ho pensato ad Alex, perché lo conosco da oltre vent’anni e so di che pasta è fatto. L’ho chiamato per chiedergli di suonare dal vivo in alcuni nostri show. Lui si è detto subito disponibile ed in quei giorni ci siamo divertiti molto insieme. Quei concerti fatti insieme mi hanno fatto capire che lui era l’uomo giusto per i Grave Digger. Dopo l’esperienza con Manni e la parentesi con due chitarre, sono deciso fermamente a tenere un solo chitarrista in formazione, troppi problemi di ego”.
ALEX HA PARTECIPATO ALLA STESURA DEI NUOVI PEZZI?
“Certamente, anzi sono stato io a volerlo mettere alla prova per testare le sue capacità di song writing per una band come i Grave Digger. E devo dire che Alex ha superato brillantemente l’esame perché ha continuato a mandarmi riff su riff ed un sacco di idee brillanti che abbiamo utilizzato su disco. Sono molto soddisfatto di quanto abbiamo fatto”.
OGGI SEI RIMASTO L’UNICO MEMBRO ORIGINALE DELLA FORMAZIONE. COSA SIGNIFICA PER TE?
“Significa che dopo trent’anni la mia passione per il metal e per i Grave Digger è rimasta invariata, anzi è cresciuta negli anni. Una band come la nostra comporta tempo e sacrifici, bisogna fare molte rinunce e non tutti sono pronti a prendersi questo tipo di impegni. Parlo ovviamente a titolo personale, fino a quando questa passione continuerà a piacermi io andrò avanti per la mia strada”.
AVETE SUONATO AL WACKEN OPEN AIR FESTIVAL PROPONENDO “TUNES OF WAR” PER INTERO. COSA RICORDI DI QUELLA GIORNATA?
“Non credo che dimenticherò difficilmente quel giorno, è stato uno dei momenti più esaltanti di tutta la carriera dei Grave Digger. Vedere settantamila persone sotto il palco impegnate a cantare i nostri pezzi ci ha riempito d’orgoglio e adrenalina. Proprio per questo vogliamo realizzare un DVD live di quell’evento”.
PUOI GIA’ ANTICIPARCI QUALCOSA IN MERITO?
“Sì, posso dirti che il DVD non includerà proprio tutti i pezzi che abbiamo suonato, alcuni di questi vogliamo poi riutilizzarli in futuro. Includeremo anche diverso materiale bonus come photo gallery, immagini della Scozia ed un’intervista tenuta dal sottoscritto dove racconto la storia dei Grave Digger. Sono certo che sarà un bel prodotto, non vedo l’ora che la realizzazione sia terminata”.
CHRIS, SE PENSI ALLA CARRIERA DEI GRAVE DIGGER SEI SODDISFATTO DI COME SONO ANDATE LE COSE?
“Sono molto soddisfatto, la band è viva e vegeta, forte, e può contare su una schiera di fan sempre pronti a darci il loro supporto. Come tutte le persone, abbiamo vissuto momenti belli e meno belli, abbiamo compiuto sbagli come nel periodo dei Digger, ma siamo riusciti a rialzarci e tornare più forti che prima. Credo che il futuro riserverà ancora molte sorprese ai Grave Digger. Certo, posso dire che siamo molto più fortunati noi rispetto alle giovani band, che faranno sempre più fatica a trovare un contratto a causa della concorrenza spietata e del massacro che sta facendo internet. Lavorare per mesi, investire soldi e poi trovare il proprio disco in rete un mese prima che esca nei negozi è davvero irritante, è come mandare in cenere il lavoro di una persona”.
C’E’ QUALCHE GIOVANE BAND CHE TI PIACE ASCOLTARE?
“Onestamente no, quando mi rilasso e voglio ascoltare un po’ di musica preferisco infilare nel lettore un vecchio disco dei Black Sabbath o Deep Purple. Il problema delle giovani band è che preferiscono copiare gli altri piuttosto che cercare una propria identità. Negli anni quante band cloni di Helloween, Blind Guardian o Grave Digger sono spuntate fuori? E quante di loro oggi sono ancora in circolazione? Pochissime, sono sparite nell’arco di un paio di dischi”.
FORSE E’ ANCORA PRESTO, MA STAI GIA’ PENSANDO AL NUOVO DISCO?
“Sì, ma non posso e non voglio dirti nulla in merito perché sto solo mettendo in ordine certe idee che mi frullano nella testa. Posso dirti che il prossimo disco potrebbe essere un concept e raccontare una nuova storia… ma non te lo assicuro (ride, ndr)”.